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Ma quanto è sicuro il nucleare? – Parte I, Norme di Costruzione

L’energia atomica ha di recente conosciuto una nuova e forte richiesta, dopo diversi anni in cui la costruzione di nuove centrali è stata pressochè bloccata a livello mondiale. Oggi infatti possiamo enumerare, fra i Paesi che hanno già  iniziato la costruzione di nuove centrali o che almeno ne hanno annunciato il programma, diverse nazioni: USA, Russia, Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Argentina, Finlandia, Regno Unito, Francia, Italia; inoltre, la Germania ha bloccato la programmata dismissione dei suoi impianti nucleari.

La moratoria de facto sull’energia atomica fu una decisione cui concorsero motivi sia economici che politici. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’incidente di Three Mile Island (1979), pur se dimostrà come le centrali occidentali fossero progettate per evitare fughe radioattive di rilevante entità  anche in caso di incidente gravissimo, segnò il fallimento economico dell’impresa che aveva in gestione l’impianto; inoltre, gli alti investimenti richiesti per costruire impianti atomici, unitamente al basso prezzo dei combustibili fossili, non rendevano più appetibile tale investimento ai privati (anche se a lungo termine rimaneva un affare remunerativo). L’incidente di Chernobyl (1986), che invece causò la fuoriuscita del materiale radioattivo del nocciolo fuso, provocò una “reazione a catena” politica che portò in pochi anni, insieme al crollo del blocco sovietico nel 1989-1991, ad una moratoria generale sulla costruzione di nuove centrali, ed in Italia addirittura alla dismissione completa di quelle già  esistenti.

Norme di costruzione

Questi motivi, come si vede, hanno avuto come comune denominatore il problema della sicurezza negli impianti nucleari, che ora andremo ad approfondire.

Bisogna fin da subito sgombrare il campo da possibili malintesi: la normativa in materia nucleare prescrive i più elevati standard di qualità  e sicurezza sui materiali e sulle strutture, al fine di minimizzare ogni possibile incidente. Ogni nazione ha le proprie normative, e in ambiti come quello europeo esistono normative sovranazionali; tuttavia a carattere globale le norme di riferimento sono quelle americane1. Ad esempio, solo le aziende certificate dall’ASME come “N”, a livello nazionale ed internazionale, possono operare nella costruzione di centrali, o anche solo nella produzione e qualifica dei componenti necessari; tale certificazione è annualmente rivista e risponde a criteri rigidissimi, che per legge devono essere gli stessi negli USA come nel resto del mondo.

Questo però non e di suo sufficiente: il progetto di ogni centrale deve comprendere tutti i possibili casi d’incidente, per quanto improbabili, nonchè la necessaria schermatura verso emissioni radioattive pericolose per l’ambiente esterno, o anche solo per i tecnici ivi operanti. Anche in questo caso, ad esempio, la legge americana impone tassativamente che le proprie industrie lavorino all’estero secondo gli stessi regolamenti e le stesse leggi sotto i quali opererebbero in patria. Oggigiorno poi sono gli stessi operatori del settore a richiedere elevatissimi criteri di sicurezza, anche ben oltre quelli stabiliti a normativa.

Dunque, proprio a causa dell’elevato fattore di pericolosità , degli elevati costi di investimento e dell’elevata sensibilità  dell’opinione pubblica, l’industria nucleare ha sviluppato negli anni i più avanzati e rigidi criteri di sicurezza e di controllo della qualità: ogni fallimento sarebbe insostenibile sul piano umano, economico e politico.

Per questo ogni possibile incidente deve essere previsto, sia sulla base di precedenti esperienze che a tavolino, ed adeguatamente considerato, sia come probabilità  di accadimento che come rischio e quindi misure di sicurezza: grande o piccolo che sia, riferito all’isola nucleare come alle altre parti della centrale. Noti casi generali d’incidente possono essere: rottura di componenti a causa di vari tipi di carico ovvero di vari difetti, il loro mancato od errato funzionamento, il sisma e gli eventi meteorologici estremi (es. tornado), l’impatto di missili od aerei, il LOCA (Loss Of Coolant Accident, la perdita del fluido refrigerante dal circuito primario) e la fusione del nocciolo.

Il progetto di ogni sistema, sottosistema e componente deve dunque accompagnarsi all’analisi ed al controllo di essi: il reactor vessel (il contenitore del nocciolo), i generatori di vapore, le tubazioni, le pompe, gli edifici di contenimento, le valvole, la turbina ecc. Al fine di prevenire gli incidenti, oltre alla progettazione ingegneristica, sono dunque previste ispezioni periodiche, con eventuali revisioni, riparazioni e sostituzioni dei componenti; la vita utile delle centrali, che negli anni ’60-’70 era prevista in circa 20 anni a progetto, si è potuta estendere in molti casi a 40 anni grazie alla revisione e sostituzione di alcuni componenti (es. i generatori di vapore), mentre è oggi portata a 60 anni già  nel progetto iniziale.

E’ utile ripetere che ogni componente, pur se progettato a “vita infinita”, va periodicamente controllato; ciò che è già  stato controllato, ricontrollato; e soprattutto che i controlli non iniziano in centrale, ma già  in fabbrica, dove OGNI componente deve essere corrispondente a ciò che prescrivono le normative. Non è ammesso il “pressapochismo”, nè si può risparmiare su tali misure di sicurezza: ad esempio, il reactor vessel viene oggi costruito sulla base di soli 3 pezzi saldati, invece che di diversi pezzi come una volta; grazie ai progressi tecnologici, per cui un’azienda come la Japan Steel può oggi forgiare un lingotto d’acciaio del peso di 500 tonnellate. Ciò diminuisce i controlli da farsi, dato che le saldature sono una delle parti più delicate, ma anche incrementa la sicurezza: questo però non toglie che il suddetto lingotto, prima ancora della forgiatura, sia accuratamente controllato, che ogni cricca rilevabile venga quindi asportata per molatura, ed il materiale mancante riportato con vari strati di saldatura sotto stretto controllo.

Sono infine previsti adeguati sistemi di sicurezza perchè, nel caso tali incidenti si verifichino, possano essere rapidamente contenuti senza ulteriori problemi. Un metodo ovunque applicato per aumentare la sicurezza è la ridondanza dei sistemi, affinchè nel caso di guasto dell’uno possa subentrare l’altro: ad esempio, tutte le valvole e tutte le pompe devono essere previste “doppie”. Esistono poi due tipi di approccio al problema, detti “attivo” e “passivo”: il primo preferisce mantenere tutti i sistemi di sicurezza attivi, cioè azionati esternamente (in maniera automatica o manuale), ad esempio nei circuiti di raffreddamento d’emergenza del nocciolo; il secondo punta invece alla semplificazione di tali circuiti, usando meno attuatori e sfruttando forze “naturali” (di gravità  o di pressione), che non rischiano di “fallire” al contrario dei componenti elettro-meccanici. Il concetto della “difesa in profondità”, cioè di prevedere multipli sistemi di sicurezza a valle nel caso quelli a monte non riescano a contenere l’incidente, è altresì usato.

Un esempio finale sui risultati di tali progettazione e controllo qualità  può dunque essere quello riferito alla probabilità  di un gravissimo incidente come quelli di classe IV (danneggiamento del nocciolo): se per la NRC tale probabilità  non dev’essere superiore a 10-4 eventi su anni di funzionamento del reattore (cioè 1 evento ogni 10mila anni di funzionamento) nei reattori attualmente in uso si è intorno a 10-5; nei reattori di generazione III+, di cui è iniziata la costruzione (AP1000 ed EPR), si arriva a 10-6-10-7; nel reattore (si pensa pronto intorno al 2015) IRIS si arriverebbe a 10-8, come anche nell’ESBWR (sotto approvazione da parte dell’NRC)2. (continua)

NB: per le sigle e gli acronimi impiegati vi rimandiamo a questa tabella esplicativa

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  1. ASME (American Society of Mechanical Engineers) nelle parti III e XI; ACI (American Concrete Institute) 318 e 349; AISC (American Institute of Steel Construction) N690, S335-1989, 303-05; e poi ANSI (American National Standards Institute); ASCE (American Society of Civil Engineers) 4-98 e 7-98; AWS (American Welding Society) D.1.1, 2000, e D.1.4, 1998; NUREG (norme della Nuclear Regulatory Commission, NRC) per citare le principali []
  2. Si ringrazia il prof. Carlo Lombardi, consigliere scientifico dell’ENEA, già  docente di Impianti nucleari presso il Politecnico di Milano e responsabile italiano del programma IRIS, il cui libro “Impianti nucleari” è stato una preziosa fonte di informazioni per alcune parti di questo articolo. []
Published inAttualitàEnergiaNewsVoce dei lettori

11 Comments

  1. Filippo Turturici

    Il problema portato dal sig. Bettanini è, benché poco probabile, assolutamente serio.
    Prendendo in esame un reattore come l’AP1000, i terroristi dovrebbero impadronirsi di tutte e 3 le sale di controllo (tutti i sistemi sono doppi, tripli o addirittura quadrupli nei reattori nucleari) per escludere ogni intervento dei sistemi di sicurezza.
    Per sperare quindi di creare un danno permanente e gravissimo, dovrebbero entrare nel contenitore interno, dove dimorano nocciolo, generatori di vapore ecc. ammettendo che siano terroristi suicidi, questo vorrebbe comunque dire bucare una parete metallica progettata per reggere l’impatto d’un missile o d’un aereo. E poi far fondere il nocciolo in modo che buchi anche il recipiente in pressione.
    Infine, non basterebbe escludere i sistemi di sicurezza interni, ma dovrebbero anche sabotare l’enorme serbatoio d’acqua posto sul tetto, che garantisce il raffreddamento del contenimento interno per le prime 72h di fusione del nocciolo.
    E’ evidente che, oltre a questi sistemi di sicurezza, è anche doverosamente previsto uno stretto coordinamento con le forze di sicurezza del Paese ospitante: se una tale organizzazione non fosse fermata prima che entri nell’impianto, un rapido intervento la neutralizzerebbe comunque prima che possa causare un incidente molto grave.

    Il problema delle scorie, benché limitato, è altrettanto serio, e verrà rapidamente esaminato nei prossimi articoli (uno per quanto riguarda la radioprotezione, uno sull’economia delle centrali) sia come pericolosità che come metodi di smaltimento/riprocessamento.
    La dismissione delle centrali sarà anch’essa accennata negli articoli sull’economia, ma non è un costo reale: infatti il suo prezzo viene pagato grazie ad un accantomento annuale nel corso della vita della centrale. Ovviamente, vi saranno anche qui rifiuti lievemente radioattivi: nulla tuttavia di più pericoloso di quanto non sia in circolazione già oggi anche senza nucleare, e dunque smaltibili senza dover ricorrere a sistemi di sicurezza estremi; per non parlare di cementi come le pozzolane, legali in Italia.
    Condivido ovviamente la preoccupazione di Lucas in linea di principio: tuttavia, il campo nucleare è sotto stretto controllo internazionale; e tutto il ciclo del combustibile, incluso quello esaurito, deve essere fatto sotto controllo IAEA.

    A voler essere cinici, ricordiamoci che un incidente molto grave non sarebbe la morte del nucleare solo in Italia, ma anche nel resto del mondo occidentale: l’interesse, persino per chi vi specula sopra, è tutto l’opposto; anche perché i grossi guadagni derivati dalle centrali atomiche cominciano a venire fuori solo dopo il 12-15° anno dall’inizio della costruzione (della centrale).

    • gbettanini

      Discreta ipotesi… ma lei non ragiona come un ‘buon’ terrorista il cui obiettivo è il massimo risultato con minimo sforzo.

    • Signori possiamo parlare di eventuali malintenzionati? Anzi, possiamo restare sugli aspetti tecnici?
      gg

    • gbettanini

      In che senso?
      Intendevo dire al buon Turturici che un terrorista se vuole massimizzare i suoi risultati con minimo sforzo non avrà certo come obiettivo il nocciolo di un reattore che è separato dall’ambiente da uno spesso strato d’acciaio e da due di cemento armato…. e questa è una questione tecnica assolutamente fondamentale.

    • Hai ragione, semplicemente l’aspetto “terroristico” mi è del tutto indigesto. Scusate.
      gg

    • gbettanini

      No, scusami tu…. non avevo pensato alle tristi notizie di oggi.

  2. Lucas

    Altro problema da trattare…lo smaltimento delle scorie, e la dismissione delle centrali ormai chiuse!

    Gianluca

    PS: aspetto la continua!

    • gbettanini

      Segregazione o smaltimento delle scorie e decommissioning delle centrali in realtà non sono un grosso problema… sebbene la ‘vulgata’ ambientalista tenda ad indicare questi come problemi insormontabili nella realtà dei fatti (dal punto di vista tecnico ed economico)sono facilmente risolvibili ed il loro peso economico sul costo del kWh nucleare è piuttosto basso.

    • Lucas

      Questo sicuramente! ma in un paese come l’Italia, dove corruzione e malavita hanno le mani dappertutto, credi davvero che il problema dello smaltimento sia così irrilevante???
      E poi, “ancora oggi non c’è nessun posto di stoccaggio definitivo in tutto il mondo” (parole di Carlo Tozzi)!!!

  3. gbettanini

    Intanto… bentornati on line!

    Sulla sicurezza nucleare Filippo Turturici ha scritto cose giustissime…. ma a mio parere non si deve ragionare pensando ai criteri di sicurezza con approccio ‘vecchio’ come ha fatto lui. Sulla sicurezza intrinseca di un reattore di nuova concezione (EPR, AP1000) non ci sono dubbi.
    Ma criterio più ‘moderno’ per decretare se questi reattori sono sicuri o meno è valutare se con il reattore completamente in mano per 24-48 ore ad un gruppo di una ventina di terroristi preparati in grado di saldare tubi, bloccare valvole, escludere sistemi di sicurezza è impossibile che si possa causare una fuoriuscita di una notevole quantità di materiale radioattivo in atmosfera.

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