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Spesa ed emissioni: GW E BIOLOGICO

Al Gore nel suo libro “La scelta” auspica che l’agricoltura intensiva mondiale si trasformi in biologica rigenerativa, ovviamente per salvare il pianeta, e cita l’azienda Rodale uno tra i più grandi produttori bio americani, impegnata anche nella ricerca:

“Il successo dell’implementazione dell’agricoltura biologica rigenerativa a livello nazionale dipenderà da due fattori:

  • una forte richiesta di cambiamento che arrivi dal basso
  • dall’alto un diverso approccio delle politiche locali e nazionali per sostenere gli agricoltori impegnati nella transizione, che dovrebbero essere pagati in base a quanto carbonio immettono e conservano nel terreno, non solo per quanti litri di frumento producono (litri? probabilmente uno dei tanti errori di traduzione)

Gli incentivi incoraggeranno la tutela delle risorse e altri sistemi attenti al carbonio, per produrre raccolti poi impiegati come cibo, mangime o fibre”.

Purtroppo molti fanno confusione sulle emissioni dell’agricoltura e della zootecnia biologica che, come vedremo, non ha nulla a che fare con le tecniche di minima lavorazione che sequestrano carbonio nel terreno chiamate da Al Gore biologica rigenerativa.

Il WWF non fa eccezione. Si sta lanciando infatti lo studio “il carrello della spesa” che dovrebbe quantificare le emissioni per ogni alimento acquistato e quindi l’impronta ambientale delle diverse diete. Il carrello della spesa virtuale del WWF è stato creato grazie alla collaborazione del prof. Riccardo Valentini dell’Università di Napoli, del quale leggiamo così: “l’attività del Prof. Valentini inoltre si è indirizzata alle questioni di politiche ambientale globale e sviluppo sostenibile. Nel 2007 è stato insignito del Premio Nobel per la Pace, insieme ad altri scienziati del Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), per le ricerche relative ai cambiamenti climatici”. Insieme a lui la prof.ssa Simona Castaldi e il dott. Mauro Moresi dell’Università della Tuscia.

Lo studio del WWF riporta, con riferimento ai generi alimentari, i dati pubblicati dagli stessi nello studio “Il contributo del settore agro-alimentare italiano alle emissioni di gas serra”.

Dal “Carrello della spesa” leggiamo:

“Privilegia prodotti biologici: L´agricoltura biologica non solo consente di disporre di cibi più sani ma comporta anche una serie di benefici ambientali sia in termini di eliminazione dell´uso di sostanze particolarmente impattanti quali pesticidi, diserbanti e concimi chimici, sia rispetto ai cambiamenti climatici in atto. È, infatti, noto come le coltivazioni biologiche siano in grado di migliorare fortemente la capacità dei suoli di assorbire e fissare il carbonio, sottraendo così anidride carbonica dall´atmosfera. Un campo coltivato con metodo biologico sequestra oltre 5 volte il carbonio di uno coltivato con metodologie convenzionali (basato su monocolture, arature profonde, con l´uso di diserbanti, concimi e pesticidi). Alle pratiche agricole biologiche sono anche solitamente associati minori consumi di energia dovuti all´impiego di tecniche e macchinari meno energivori rispetto a quelli usati nelle coltivazioni convenzionali.
Peraltro l’agricoltura biologica, preservando la diversità genetica delle colture, permette maggiori possibilità di resistenza prima e di adattamento poi ai cambiamenti climatici. Inoltre, riducendo la necessità dell´irrigazione intensiva contribuisce a salvaguardare le risorse idriche, dato che oggi l’agricoltura in Italia è responsabile di oltre il 60% dei consumi idrici nazionali.”

I media spesso fanno confusione tra consumo e utilizzo di acqua. Il consumo è il prelievo urbano da fonti e falde con scarico in mare, questo cambia il ciclo del’acqua perchè il prelievo è maggiore dell’evaporazione, mentre in agricoltura e in zootecnia l’acqua è utilizzata, non consumata, perchè l’acqua che non resta negli alimenti, ritorna in falda o evapora e quindi ritorna in breve tempo nel ciclo dell’acqua. Inoltre mi sfugge come il biologico possa fare la stessa produzione del convenzionale con meno irrigazione, sarebbe davvero una magia!

La produzione agricola biologica non ha nulla a che fare con la tecnica delle minime lavorazioni agricole, (ad es senza arare) che determinano una minore degradazione di sostanza organica nel terreno e quindi un sequestro di carbonio. Nel protocollo europeo della cerealicoltura biologica è ammessa l’aratura, mentre nell’agricoltura intensiva ad alto rendimento che utilizza la chimica e gli OGM, già in molti coltivano senza arare. Ad es il gruppo Power feed per cui lavoro, coltiva circa 400 Ha a doppio raccolto senza arare, la tecnica è conveniente, per ora, soprattutto agli allevatori, perchè non acquistano i concimi e utilizzano prodotti agricoli a ciclo più breve come i pastoni, gli insilati, e i foraggi.

Non è assolutamente vero che a parità di produzione il biologico richiede meno energia! E’ vero altresì il contrario, basti pensare nella maiscoltura, alle sarchiature aggiuntive necessarie per controllare meccanicamente le infestanti, e al fatto che per ottenere la stessa produzione si debba coltivare più terra. Anche nel biologico si deve concimare, solo che non si possono utilizzare concimi di sintesi, ma solo concimi organici la cui produzione comunque comporta emissioni sia per gli effluenti zootecnici, sia nell’estrazione, confezionamento e trasporto di guano o torba. In alcune produzioni biologiche di cereali citate dal Moresi effettivamente le emissioni risultano inferiori a quelle dell’orzo convenzionale, questo probabilmente perché grazie alla rotazioni agricole con le leguminose che fissano azoto nel terreno, in queste campi di orzo biologico probabilmente non hanno concimato, quindi le emissioni totali risultano inferiori.

Il confronto annuale però potrebbe falsare il dato perché se per l’orzo biologico si applica la rotazione, nell’arco di dieci anni per ottenere la stessa quantità di orzo convenzionale, servirebbe molta più terra. Coltivare superfici molto più estese nel biologico a parità di produzione con il convenzionale comporta maggiori emissioni per le lavorazioni e per l’irrigazione. Per una valutazione più corretta bisognerebbe (secondo me) introdurre altri tipi di misura come le emissioni della produzione decennale all’ettaro di proteina o di calorie.

Nel “carrello della spesa WWF” il prodotto biologico risulta, nel caso dei legumi, il 40% meno climalterante in CO2 equivalenti rispetto ai legumi convenzionali. E’ un dato che faccio fatica a comprendere visto che i legumi essendo appunto azoto fissatori richiedono poca concimazione, ed il biologico producendo meno richiede più terra coltivata.

Le produzioni zootecniche biologiche accrescono enormemente il consumo di mangimi e di energia a parità di produzione, ma per i prodotti zootecnici l’opzione biologica nel “carrello della spesa virtuale” non c’è, eppure sul mercato ci sono uova, yogurt, formaggi, salumi ecc biologici, probabilmente risultano più climalteranti delle produzioni convenzionali.

Gli autori del carrello della spesa citano SIMApro dove il Kg di prodotto biologico risulta essere meno energivoro. 

Gli amici ricercatori dell’ottimo blog “Biotecnologie basta bugie” citando pubblicazioni peer review, ci dicono invece che:

  • la produzione biologica, che è senza OGM, è assolutamente inefficace, e richiederebbe il 64% di terre agricole in più per mantenere la stessa produzione agricola della produzione convenzionale1.
  • I dati suggeriscono che l’agricoltura ad alto rendimento (compresa quindi anche la zootecnia intensiva,) sono quelle che permetteranno in futuro la persistenza di più specie selvatiche (biodiversità) rispetto alle produzioni biologiche2.
  • Una ricerca durata 18 anni in Svezia ha dimostrato che con la coltivazione convenzionale il rendimento, la fertilità del suolo e il sequestro del carbonio, sono superiori rispetto alla coltivazione biologica3
Fonte: "Biotecnologie basta bugie"

Questa immagine è accompagnata da un commento:

“Oggi si coltivano circa 1,5 miliardi di ettari a livello mondiale. Per produrre le medesime quantità di prodotti agricoli, non solo di cibo, senza l’uso della chimica o degli OGM, (crop protection che è il sistema biologico) ne servirebbero 4 miliardi, il che tradotto in termini planetari vorrebbe dire mangiarci praticamente tutte le praterie. Qualora si facesse una proiezione sulla richiesta di beni agricoli da parte di una popolazione mondiale, al 2025, di 8 miliardi di persone, i miliardi di ettari salirebbero a 6. (nell’immagine è la 3° colonna without crop prtotection). Con buona pace anche delle foreste.”

Alla fine, quello di associare il biologico al sequestro di carbonio come nella minima lavorazione, è un gioco di parole. Peccato che non sia vero.

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  1. http://www.ipni.net/ppiweb/bcrops.nsf/$webindex/5C4DB79980D02F8285256F9E002114F6/$file/05-1p24.pdf – By H. Kirchmann and M.H. Ryan “Nutrient Exclusivity in Organic Farming. Does It Offer Advantages?”
    Better Crops vol. 89 (2005, No. 1)  []
  2. http://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/307/5709/550 – Rhys E. Green,1,2* Stephen J. Cornell,1,3 Jörn P. W. Scharlemann,1,2 Andrew Balmford1,4 “ Farming and the Fate of Wild Nature” Science 28 January 2005: Vol. 307. no. 5709, pp. 550 – 555 DOI: 10.1126/science.1106049 []
  3. http://agron.scijournals.org/cgi/content/abstract/99/4/960 – Holger Kirchmanna,*, Lars Bergströma, Thomas Kätterera, Lennart Mattssona and Sven Gessleinb “Comparison of Long-Term Organic and Conventional Crop–Livestock Systems on a Previously Nutrient-Depleted Soil in Sweden” Agronomy journal 99:960-972 (2007) DOI: 10.2134/agronj2006.0061 []
Published inAmbienteAttualitàEconomiaNews

16 Comments

  1. […] uno studio sufficientemente ricco di imprecisioni in materia, del quale si è occupato recentemente Climate Monitor, mentre la storia della filiera corta che riduce le emissioni dei trasporti è ormai una notoria […]

  2. Piero Iannelli

    Dimenticavo “Il WWF per l’Amazzonia”..

    leggo articoli in cui si possono inviare “sms” o contributi economici per salvarla..

    State sereni, si è “SALVATA” da sola, nonostante il “WWF”!

    http://www.ilfoglio.it/cambidistagione

    Da cui estraggo:Secondo un documento del Wwf datato 2000, il 40 per cento del polmone verde del pianeta avrebbe dovuto scomparire nel giro di pochi anni. La teoria è la seguente: il riscaldamento globale porta con se una riduzione delle precipitazioni, la siccità produce una serie di giganteschi incendi che finiscono col depauperare boschi e foreste.

    Inutile dirvi che questa teoria non è mai stata “peer reviewed” (cioè verificata da altri studiosi), ma – guarda un po’ – fu adottata dall’Ipcc nel suo famoso report del 2007 (quello dell’Himalaya che si scioglie, per intenderci).

    A questo punto è intervenuta la Nasa. Gli scienziati dell’agenzia spaziale hanno analizzato le immagini della foresta amazzonica dal satellite nel corso degli ultimi decenni. Ne è emerso che quell’ecosistema specifico presenta una notevole resilienza alla siccità, è cioè capace di organizzarsi per ricostruire se stesso dopo aver fatto fronte a quel genere di stress. C’è anche di più. Nel corso del 2005, l’anno più secco del secolo, si sono verificate esattamente le condizioni prospettate dal WWF e le conseguenze previste non ci sono state. La prima smentita proviene dunque dai fatti.

    “Il modo in cui il WWF ha calcolato questa riduzione del 40 per cento è completamente sbagliato”, ha ammesso ufficiosamente un membro dell’Ipcc, Jose Marengo.

    Serve un commento?

    Io direi solo che anche riguardo la “SICCITA'”.. avrei seri dubbi!

  3. Piero Iannelli

    COME ESTRARRE UN MANZO DAL POZZO!

    Vedo che si parla del Prof. RICCARDO VALENTINI.

    Necessarie due righe anche per lui.

    Se lo cercate curiosi, lo scoprirete col “colbacco” in testa, in linea con quanto di seguito riporto.

    Il delirio, vedrete comunque, che è trasversale e colpisce indifferentemente i vertici politici anche apparentemente di destra, che non nascondono un profondo problema culturale e di preparazione di base..

    Prendiamola alla lontana e vedrete che vi divertirete a leggere:
    A volte la soluzione di un problema è a portata di mano, nota a tutti è la polemica riguardo l’impatto ambientale delle gigantesche torri eoliche e peraltro nota è l’avversione, di molti per la scarsa ventosità, tipica della nostra penisola, che ne inficerebbe la convenienza economica.

    Al riguardo anche non essendo un tecnico perché non valutare la possibilità di vagliare nuove forme di eolico di cui trovo al riguardo un interessante articolo :

    Una soluzione potrebbe arrivare da un nuovo concetto: eliminare la torre e usare invece l’aerodinamica per tenere in quota gli elementi che raccolgono il vento.

    In sostanza, si tratta di usare degli aquiloni. L’idea è stata proposta in varie forme e, recentemente, Massimo Ippolito della Sequoia Automation S.r.l. di Torino ne ha proposto una versione semplice ed elegante. Si tratta del “Kite Wind Generator” (Kitegen) dalla parola inglese “kite” (aquilone) e “wind” (vento).

    Per capire come funziona il Kitegen, pensate a uno di quei vecchi sistemi di pompaggio dell’acqua in cui un asino azionava la pompa di un pozzo camminando in circolo e spingendo contro un palo di legno. Pensate a un palo molto grande e robusto, anzi pensate a un intero carosello di grandi barre d’acciaio connesse a un generatore elettrico. Al posto degli asini, mettete degli aquiloni che tirano le barre. Ecco il KiteGen.

    Gli aquiloni del KiteGen si spingono fino a 1000 metri di altezza e anche oltre. Il concetto è di manovrarli come se fossero le vele di una nave. Via via che la barra gira, gli aquiloni devono stringere il vento finche possono (andando “di bolina” come si dice per le navi) per poi spostarsi e cominciare a tirare dall’altra parte. E’ lo stesso principio che permette alle navi di bordeggiare per navigare controvento: un principio vecchio di migliaia di anni che ha funzionato bene per i nostri antenati che hanno navigato a vela per tutti gli oceani. Qui, il principio è ripreso in termini di tecnologia avanzata mediante un sistema sofisticato di software e sensori di posizionamento tridimensionale sviluppati dalla Sequoia automation.

    I vantaggi di questa interessante tecnologia sono facilmente immaginabili, peraltro risponde alle due principali critiche che si muovono all’eolico tradizionale in Italia.

    A 1000 e più metri il vento è molto più energico, e quindi il rapporto costi benefici è positivo, l’impatto (ambientale, paesistico e paesaggistico) ben più modesto.

    L’incontro fra un kite surfer come Ippolito e un appassionato di vela, come Mario Milanese, docente al Politecnico di Torino, ha determinato l’idea.
    Partendo non dalle gigantesche eliche delle turbine che ormai si costruiscono un po’ dappertutto, ma dagli aquiloni dei bambini, “ENERGIA”!

    Magari questa non sarà la strada, magari questa forma di eolico evolverà in altre, ma esprime una genialità che và premiata, sponsorizzata, serve attenzione a non far cadere nella depressione persone come Massimo Ippolito, proteggendoli dai “TUTELATORI DEL BENE COMUNE”.

    Bisogna tenersi strette queste menti, non lasciarle andare, non costringerle a scappare.

    Fra i tanti Massimo Ippolito fra i tanti Mario Milanese è il nostro unico futuro, bisogna favorire e facilitare i depositi dei brevetti, finanziare i progetti promettenti, e per questo basta molto meno di quanto si creda.

    Depositare un brevetto costa centinaia di euro di tasse, e peraltro si copre solo il territorio nazionale.
    Basta eliminarle e far pagare le stesse tasse, solo dopo l’eventuale utilizzazione commerciale.

    Basta istituire una commissione ministeriale, che premi i più promettenti, coprendone fino alla commercializzazione le spese per la copertura estera.
    ECCO LA TUTELA CHE TUTTI VORREMMO.

    Le tasse non pagate, frutterebbero centinaia di volte tanto, in termini di sviluppo e occupazione.

    Si darebbe a chi come me, non “girotondeggia”, la possibilità di non scappare dalla sua terra.

    Per questo mi rivolgo ai vertici politici, per sensibilizzarli ad investire sul futuro, sulla ricerca di base prima che su quella applicata.

    Ma precludere il nucleare, e dar voce a Rifkin, lo trovo un atteggiamento pericoloso e poco lungimirante, lontano peraltro dalla politica generale del “Governo”.

    Siamo al delirio generale? La politica è in mano ad “opinionisti”?
    SIAMO AI “FUTUROLOGHI”?

    Ma la crisi, avanza inesorabile e si mostra tangibile con varie serrande serrate.
    Chiuse definitivamente.

    Rifkin e Tozzi, almeno Tozzi si limita a consigliarne una diminuzione, per Rifkin la carne è da mettere al bando!

    Presentato Rifkin, sono andato curioso ad un convegno.

    Ero presente al convegno “Terra e persona: l’energia dei valori reali” voluto come leggo da Antonio Bonfiglio Sottosegretario di Stato delle politiche agricole alimentari e forestali.

    E onestamente son rimasto fortemente perplesso.
    Non riesco veramente a comprendere la presenza di Rifkin, con Alemanno Sindaco di Roma, Zaia Ministro delle Politiche Agricole e Forestali,
    Gianni De Michelis Presidente IPALMO( Istituto di ricerca e studi di politica ed economia internazionale, cooperazione economica e culturale, processi di integrazione regionale, sostenibilità ambientale e relazioni fra paesi a diverso livello di sviluppo)
    Giuseppe De Rita Segretario Generale Censis,
    Riccardo Valentini, Università della tuscia-Membro Premio Nobel,
    Giulio Tremonti Ministro dell’Economia e delle Finanze.

    Riccardo Valentini
    PREMIO NOBEL?
    L’ex vice Presidente americano Al Gore ha vinto il premio Nobel per la pace 2007 insieme al Comitato intergovernativo per i mutamenti climatici (Ipcc) dell’Onu . Quindi Valentini, nobel perché fa parte dell’Ipcc, una commissione Onu di cui fanno parte circa 3 mila scienziati, premiata col Nobel per la pace.

    Ha quindi il Nobel (PER LA PACE) in percentuale pari a :
    1 diviso 2 (la metà è di Al Gore) diviso 3000 uguale a 0,000016666667.
    COMPLIMENTI PER IL NOBEL per la “pace”, con la motivazione:
    «gli sforzi per costruire e diffondere una conoscenza maggiore sui cambiamenti climatici provocati dall’uomo e per porre le basi per le misure necessarie a contrastare tali cambiamenti».

    Sembra assodato, che i cambiamenti climatici siano provocati dall’uomo visto che si propongono il nobel per diffondere il “VERBO” Ma migliaia di reali scienziati dicono l’opposto, perché non premiare col nobel anche loro?

    Ma Riccardo Valentini lo trovo anche recentemente a Viterbo – Partito democratico –
    Il 7 aprile 2008 “Giornata del sole”. L’ambiente deve tornare ad essere un punto fondamentale della politica del centrosinistra. Al grido: Basta deleghe ad altri partiti.

    ( I VERDI SONO ESPLOSI, volatilizzati nell’”AMBIENTE PER VINCERE” branca del “PD”)

    Coerentemente un anno prima, esattamente 11 marzo 2007.
    Riccardo Valentini docente di Ecologia Forestale dell’Università della Tuscia, ADERISCE:
    ECOLOGISTI A SINISTRA PER IL SOCIALISMO DEL FUTURO.
    Riccardo Valentini – Presidente Commissione CNR Cambiamento Globale .

    Ovviamente lo trovo
    Al WWF: 40 ANNI DI VITA Roma – 27, 28 e 29 0ttobre 2006
    Presiede il Presidente Fulco Pratesi, che dal 1992 al 1994 è stato Deputato dei Verdi.
    Ma di lui ne parleremo in maniera ben più dettagliata.

    Di Valentini in stretta collaborazione con il WWF, numerosi articoli:
    Delta del Po e Circeo, ecco dove avanza il deserto. Studio di università della Tuscia, Cnr e Wwf. Le aree umide sono le più minacciate dai mutamenti del clima. (8 gennaio 2007) – Corriere della Sera

    Valentini, ecologo e direttore del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente Forestale, Università della Tuscia e Presidente della Commissione sul cambiamento globale del Cnr ha coordinato il documento per conto del Comitato Scientifico del Wwf.

    “Laddove i sistemi naturali sono degradati e vulnerabili automaticamente si abbassano le capacità di reazione anche dei nostri sistemi sociali. Dobbiamo armarci di competenze e strumenti che già conosciamo ma che non sono mai stati applicati in modo organico e per uno scopo unitario”.

    29/10/2008 la stampa titola cosi:
    C ‘è acqua solo per trent’anni Il Wwf: se non si cambia CI SERVIRA’UN NUOVO PIANETA!

    L’allarme arriva dal Rapporto internazionale sul pianeta del Wwf, un lavoro biennale che viene presentato questa mattina a Roma dal suo direttore scientifico Gianfranco Bologna, da Riccardo Valentini del Cnr, dal segretario generale dell’Aspen Institute Angelo Maria Petroni e da Piero Angela.«Oltre la recessione economica,il mondo rischia quella ecologica».

    L’articolo “TRANQUILLIZANTE”, ci spiega che occorrono 15500 litri d’acqua per un chilo di manzo dalla stalla al piatto, e che in Somalia nel frattempo qualcuno muore di sete.
    Ecco in sintesi credo di capire che dobbiamo consumare meno acqua in Italia, e “MENO MANZO”!
    Cosi in Somalia potranno trovare nei pozzi quella che noi non consumiamo qua, e forse anche il “MANZO”!

    Ma il manzo, dubbioso mi chiedo : “sarà difficile estrarlo dal pozzo?”

    Anche a me servirebbe un nuovo pianeta, dove non prolifera il WWF.
    Dove prima di parlare, e scrivere, magari si attiva non dico il cervello ma almeno un neurone.

    Rifkin ha fatto la sua lezione, sul tema “L’agricoltura nella Terza Rivoluzione Industriale” e considerando quanto “NEGATIVAMENTE” dichiara di Berlusconi, per quanto mi possa sforzare non riesco a comprendere l’opportunità di tale intervento e della sua presenza.

    Non riesco a comprendere le “meccaniche politiche”, non riesco a comprendere lo spazio lasciato a Rifkin, abile “saggista” “FUTUROLOGO”, che sostiene utopiche e fantascientifiche tesi sull’energia, senza peraltro essere qualificato a farlo, visto che è laureato in economia.

    Un “ECONOMISTA” ci spiega perché non costruire centrali nucleari, costringendoci a dipendere dalla Francia, e nel contempo ci spiega che le mucche inquinano, e che pertanto sarebbe da bandire la carne.

    Ecco perché questa mia lettera è spedita anche a tutte le associazioni degli allevatori.

    Queste affermazioni, riguardo la messa al bando della carne, non sono suffragate da reali studi scientifici e pertanto sono solo demagogia, filosofia, utopia, “ASTROLOGIA”?.
    Sono tesi ampiamente e da varie fonti contestate.

    Rifkin peraltro come “ECONOMISTA” propone l’idrogeno come carburante del futuro e a tal riguardo è chiarificatore quanto leggo in articoli scritti da chi di idrogeno, forse ci gonfia i palloncini: Guardando poco indietro nel tempo vedo che:
    Il 10 aprile 2008, Il profeta americano della rivoluzione industriale “verde” Rifkin è a Roma per presentare un progetto della Regione, con il ministero dell’Ambiente Nasce in Puglia l’Italia ad idrogeno

    Con Rifkin per l’energia pulita di ANTONIO CIANCIULLO
    ROMA – “Questo è un grande momento per l’Italia: adesso l’obiettivo idrogeno è più vicino. Nascerà una rete di energia diffusa che alleggerisce il peso del trasporto, l’impatto inquinante e la bilancia commerciale. Si potrà viaggiare leggeri, con un carburante regalato dal sole e dal vento”. Jeremy Rifkin, il profeta della rivoluzione industriale verde, è a Roma per presentare un progetto messo a punto in tre anni grazie ai 5 milioni di euro investiti dal ministero dell’Ambiente e dalla Regione Puglia e al contributo tecnico dell’Università dell’idrogeno.

    L’Università dell’idrogeno: 6 febbraio 2009 “Finalmente si può partire”
    ROMA – “Finalmente si può partire con le auto a idrogeno e a metano-idrogeno. Ora però l’Italia adotti subito una normativa che si uniformi a quella europea e la Puglia sia avanguardia per la rete dei distributori”. Così il presidente dell’Università dell’Idrogeno H2U, Nicola Conenna, sul pacchetto di provvedimenti del governo sulla crisi dell’auto. “Ora e’ tempo di agire e occorre accelerare la transizione a quella che Jeremy Rifkin definisce la Terza rivoluzione industriale”.

    Di ben diverso avviso, a motivato parere e con ben altre competenze specifiche il prof. Ugo Bardi dell’Università di Firenze, Presidente dell’AspoItalia, branca italiana dell’associazione internazionale che studia il picco petrolifero.
    Confessioni di un idrogenista pentito
    Quando cominciò l’ “uragano Rifkin”, nel 2002, mi trovavo a essere uno dei pochi in Italia che avevano veramente esperienza pratica sui concetti tecnici dell’economia basata sull’idrogeno. Mi invitavano alle conferenze a parlarne. Non sono il solo a pensarla così; ho conosciuto diverse persone che hanno dedicato anni di vita alle pile a combustibile e all’idrogeno ma che poi hanno abbandonato il campo, delusi. Siamo gli “idrogenisti pentiti”, persone che hanno lavorato, e magari anche creduto, nella promessa dell’idrogeno ma che poi si sono resi conto che – se magari non la possiamo proprio definire una bufala – è una cosa talmente difficile e lontana nel tempo che non ha nessuna rilevanza per la soluzione dei problemi attuali.
    Ci sono moltissimi problemi con il concetto di “economia basata sull’idrogeno” ma uno dei principali è la conversione dell’idrogeno in energia utile – ovvero energia elettrica. Farlo con un motore termico è possibile, ma l’efficienza è terribilmente bassa. Quindi il concetto ruota molto intorno alla possibilità di usare pile a combustibile che promettono efficienze molto maggiori. Ma le cose non sono facili.
    Le PEM hanno ancora bisogno di platino e una PEM dell’ultima generazione richiede qualcosa come 1000 dollari al kW di solo platino; una vettura a pile a combustibile dovrebbe contenere platino per un costo superiore alla vettura stessa! Non c’è abbastanza platino su questo pianeta per costruire pile PEM in numero sufficiente a rimpiazzare gli attuali veicoli su strada e a realizzare l’idea dell’ “economia basata sull’idrogeno”. Era una cosa che sapevamo già nel 1980 e che non è molto cambiata da allora.
    Uno degli ultimi “nuovi sviluppi” è stato, indovinate un po’, usare leghe di platino! Proprio la cosa che facevo io.
    Magari queste leghe funzioneranno meglio delle nostre, magari questi qui (di Brookhaven) sono più bravi di come eravamo noi al Lawrence Berkeley Lab; chi lo sa? Si riuscirà mai a produrre una pila a combustibile che usa poco (o per niente) platino e che si vende a un prezzo ragionevole? Non è impossibile, ma sembra molto difficile. Sono ormai più di trent’anni che si parla di pile a combustibile “moderne” ma ancora ci sono soltanto prototipi.
    Se ce ne sono in vendita o sono giocattoli dimostrativi oppure sono a prezzi tali che li possono comprare solo istituti di ricerca.

    Riguardo la follia dell’IDROGENO VERDE” è da chiarire che
    al mondo non esistono giacimenti di idrogeno, a parte qualche traccia mescolata assieme agli idrocarburi, quindi deve essere prodotto partendo dalle fonti primarie come il metano, la idrossidazione del carbone o dalla energia elettrica, quest’ultima utilizzata per dissociare l’acqua con l’elettrolisi.

    Il bilancio energetico, in tutti i casi è negativo, ovvero si consuma molta più energia primaria di quanta poi viene resa disponibile all’utilizzo finale.
    Anche il bilancio complessivo di emissioni di CO2 non è convincente poiché l’adozione dell’idrogeno aumenta complessivamente le emissioni del gas serra, anche se in luoghi diversi da quelli del consumo diretto.

    Perché la ottima e nobile energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, dovrebbe attivare un processo chimico, quello dell’idrogeno, che alla fine ci lascia con circa un quarto della energia inizialmente investita.

    Questo é uno spreco incompatibile con il concetto del risparmio energetico.
    Ma compatibilissimo con sperperi di soldi pubblici, tutti abbandonano l’utopia dell’idrogeno, noi ci affoghiamo?

    Perfettamente compatibile con la mentalità dei nostri ESPERTI GOVERNANTI, E DEI LORO PROFUMATAMENTE PAGATI e qualificati “CONSULENTI”.

    L’energia elettrica e la forma più evoluta di energia, la più flessibile, la più facilmente trasportabile, la piú pulita e non di meno la più sicura.

    Ed è bene ricordare che l’idrogeno è altamente infiammabile, e fortemente esplosivo. Ricordate la tragedia del dirigibile Hindenburg che è stato il più grande oggetto volante mai costruito.
    L’Hindenburg era stato pensato per essere riempito con elio, ma un embargo militare statunitense su questa sostanza, costrinse i Tedeschi ad utilizzare l’altamente infiammabile idrogeno.
    Conoscendo i rischi che l’idrogeno comportava, gli ingegneri impiegarono diverse misure di sicurezza per evitare che l’idrogeno causasse incendi in caso di perdite, ma tutti sappiamo che finì in tragedia.

    La fiducia del pubblico nelle aeronavi venne mandata completamente in frantumi.
    L’evento segnò la fine dell’epoca del trasporto passeggeri sui dirigibili.

    Ma a bruciare in un solo minuto fù l’idrogeno e di 245 m di lunghezza rimase solo cenere.

    La storia si ripete?
    L’ITALIA intera e le sue risorse in fumo dietro l’idrogeno?

    Rifkin ha convinto la commissione europea con i contenuti del suo libro sull’economia dell’idrogeno, molti funzionari e politici ci hanno creduto avallando lo stanziamento di molti, forse troppi soldi per esperimenti improbabili, dalla Panda a idrogeno alla BMW a idrogeno, le cucine a idrogeno, celle a combustibile al platino ecc. negando fondi ad altre iniziative promettenti di produzione energetica e non di consumo e dissipazione.

    Rifkin dopo un periodo di silenzio ha recentemente cambiato parzialmente la propria versione, sostenendo che l’idrogeno ha un senso solo se prodotto da fonti rinnovabili e non dal carbone, adottando il concetto di “idrogeno verde”.

    Dimenticandoci di dire che l’energia da idrogeno in tutti i casi, costerá sempre almeno quattro volte rispetto ad altre soluzioni.

    E che la stessa energia è difficilmente utilizzabile, per problemi di trasporto e di conversione.

    In sintesi, costa ottenerlo, difficile, e molto rischioso trasportarlo quanto utilizzarlo, peraltro impossibile su larga scala, se non si trovano sostituti al platino.

    Ora in Puglia 5milioni di euro a cosa servono?
    La rete di distribuzione per quali e quante macchine?

    ROMA: PRIMO AUTOBUS A IDROGENO
    Durante la presentazione del bus, il Ministro dell’ambiente Altero Matteoli: “Credo molto nell’idrogeno perché rappresenta il futuro e produce un inquinamento pari allo zero. Bisogna trovare altre risorse per investire nella ricerca e più investiamo prima possiamo avere a disposizione le auto ad idrogeno” (fonte Adnkronos 25 febbraio 2005).

    Vedo Matteoli, nato nel 1940 ancora oggi sulla breccia, (diplomato in ragioneria), attualmente ministro al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ma è stato anche Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, quindi mi auguro che gradirà questa mia particolareggiata missiva.

    Scrivo anche a lui, scrivo per informare, per denunciare queste clamorose bufale, truffe, ipocrisie.
    Caro Ministro Matteoli diplomato in ragioneria:
    Le auto forse un giorno andranno con le “flatulenze”nostre o delle mucche!

    MA A MENO DI RIVOLUZIONARIE SCOPERTE, sicuro, non potranno mai con l’idrogeno di Rifkin.

    Infatti mediamente l’uomo rilascia mediamente dai 0,5 a 1,5 litri di gas al giorno suddivisi in 11-25 flatulenze circa. Una flatulenza è composta principalmente da gas inodori come l’azoto, l’ossigeno, il metano e anche l’IDROGENO!

    Concordo in parte con quanto dichiarava all’elezione di Alemanno evidenziandolo.
    Altero Matteoli: “Si profila un successo di Alemanno e di tutto il nuovo centrodestra senza precedenti. La capitale d’Italia ha compreso la necessità del cambiamento, stanca com’era dei fallimenti di Veltroni e del cosiddetto ‘modello romano’ della sinistra”. “Alle politiche – continua l’esponente di An – Veltroni attribuì l’insuccesso a Prodi, oggi il grande sconfitto è soprattutto lui. Spetta alla giunta Alemanno, con il valido aiuto del governo Berlusconi, ridare speranza a Roma e farla rivivere come grande capitale europea”.

    Ecco dateci la SPERANZA, alle conferenze sull’energia invitiamo chi di “energia” vive, lavora, crea.

    Invitiamo chimici illustri, biologi di chiara fama, scienziati veri e concreti, BASTA FUTUROLOGI, basta milioni per le reti di distribuzione di idrogeno se non ci sono le macchine a idrogeno, se non basta tutto il platino del pianeta per questa “giostra”!

    Basta leggere di impianti al parco dell’Aspromonte:
    Restano negli annali i 650 mila euro spesi per un impianto per la produzione di idrogeno
    nel Villaggio De Leo MAI REALIZZATO.

    BENE:
    Il Presidente Marrazzo inaugura il Polo Idrogeno a Civitavecchia 01/12/2008
    «Bisogna tenere insieme, sviluppo, lavoro altamente qualificato e tutela dell’ambiente»
    Infatti è a pochi metri da una centrale appena riconvertita a CARBONE!

    Pochi si soffermano a riflettere che il carbone è radioattivo ( Contiene tracce di elementi, come l’arsenico, il mercurio, uranio e altri isotopi radioattivi naturali, sebbene in tracce, bruciando grandi volumi di carbone ne vengono rilasciate quantità significative: una centrale a carbone, durante il suo funzionamento, emette nell’aria più radioattività di quella che emette una centrale nucleare di pari potenza.

    Il vero pericolo sono queste strade intraprese, cavalcando l’onda della moda, del consenso elettorale, spesso non tengono conto delle conseguenze a lungo termine, spesso ci si trova a combattere con un “mostro” ampiamente descritto da esperti a cui non si è dato credito per puri interessi di parte.

    “Dubitare di tutto e credere a tutto sono due soluzioni,ugualmente comode, che ci dispensano, l’una come l’altra, dal riflettere” attualissimo “pensiero” di Jules Henri Poincaré, matematico, fisico teorico e filosofo francese.

    Ma non sono il solo “critico non addetto ai lavori”, leggete quanto scrive una cittadina ben informata che ricalca in parte quanto ho già ampiamente spiegato:
    Con tanto di fanfare e il solito prototipo di pulmino da x milioni per fare il giretto, Marrazzo ha inaugurato il “Polo dell’idrogeno” a Civitavecchia.

    Una bella cosina pulita, a pochi metri da una centrale elettrica appena riconvertita… a CARBONE.

    Il Polo è finanziato dalla Regione Lazio, ovvero dai nostri quattrini, e non sono pochi: 9 milioni di euro in tre anni.
    Il Polo si propone ovviamente di non produrre nulla, ma di “fare ricerca” (l’unica cosa davvero inesauribile dell’idrogeno), e come sostiene Marrazzo tutto contento “E’ anche un modo per non costringere i nostri ricercatori ad andare all’estero”. Ah beh, se dobbiamo fare la beneficenza ai ricercatori che sicuramente non hanno null’altro da ricercare di più importante, allora siamo tutti d’accordo.

    Intanto il New Scientist , che qui nel Lazio non deve avere una gran diffusione, pubblica un articolo dal titolo “Che diamine è accaduto dell’economia all’idrogeno?”. Era the next big thing nel 2000, e ora non ne parla più nessuno. In tutti il mondo i progetti dormono, persino in Islanda che era il Paese più avanzato in questo settore, sono fermi a una baleniera e una stazione di servizio. La California, che aveva promesso 200 stazioni di rifornimento per il 2010, si sta leccando le ferite della crisi ed è ferma a sei. A Londra si è rinunciato.

    Far andare le auto ad idrogeno era un’assurdità qualche anno fa e lo è ora.

    Pannelli fotovoltaici, ricorda l’articolo, che producono 10 mila kWh l’anno, potrebbero avere un output di seimila se collegati a celle a combustibile. Inutile, insomma.

    Per non parlare dell’indispensabile platino: ben 100 grammi per la cella di un’auto, equivalenti a 3000$ al prezzo corrente.

    E di platino ce ne è pochissimo, come spiega qui Ugo Bardi che la sa lunga sull’idrogeno. Solo cinque miniere in tutto il pianeta.
    Vogliamo finire a fare guerre per il platino?
    Chissà se qualcuno lo ha detto a Marrazzo.

    Pannelli fotovoltaici, che meriterebbero ben ulteriori precisazioni, ma che mi limiterò a descrivere così IN SINTESI:
    Paghiamo 45 centesimi il kilowattora elettrico “fotovoltaico”.
    Alla borsa elettrica il kWh è quotato 8 centesimi e “noi”, tasse incluse lo pagahiamo, al consumo, circa 16 centesimi..

    Onestamente mi sentivo fuori posto, e fuori tempo e fra le ebeti espressioni che applaudivano al convegno e cercavo disperato un mio “simile”..

    Recenti preoccupanti conferme mi vengono da:
    G8 agricolo: la dieta mediterranea come antidoto alla crisi
    19/04/2009
    “I problemi sul tappeto in questo vertice confermano ciò che anche economisti di fama internazionale come Jeremy Rifkin sostengono da tempo, ossia che una buona soluzione alla crisi è la Dieta Mediterranea”.

    “Secondo le stime della Fao, la produzione agricola dovrebbe raddoppiare per sfamare i 6 Mld di cittadini del mondo, che saliranno a 9 miliardi entro il 2050. Questo ci costringe ad una riflessione importante sulla necessità di arrivare ad una nuova cultura del cibo, fondata sulla salubrità e la qualità.

    Garantire la sicurezza alimentare a tutte le popolazioni, infatti, non significa solo fare in modo che vi siano sufficienti approvvigionamenti per tutti, ma anche che il cibo di cui ci nutriamo abbia adeguate proprietà nutrizionali”.

    “In questo senso la Dieta mediterranea, ossia un regime basato su frutta, verdura, legumi, pesce e cereali, e su un uso “MODERATO” di carne, costituisce il modello alimentare più salubre, vicino ad un modello di agricoltura biologico e sostenibile”.

    Che dire? Almeno si tengono linee più miti, e a Rifkin che propone tasse sulla carne e la eventuale messa al bando si propone “UN USO MODERATO DELLA CARNE”.

    Ma circondarsi di premi Nobel, come Riccardo Valentini
    ECOLOGISTa A SINISTRA PER IL SOCIALISMO DEL FUTURO.

    (Giustamente immortalato col “COLBACCO”..)

    Senza dare spazio a voci comunque autorevoli, ma di diverse opinioni non credo possa essere giudicato positivamente anche dagli stessi democratici.. prima della “quercia” dell'”ULIVO” dell'”ASINELLO” della “MARGHERITA”..

    Quanto era più semplice un tempo chiamarli “comunisti”..

    Cordialmente.

    Piero Iannelli

    pieroiannelli@gmail.com
    N. Cell.: 339’8513962

  4. Piero Iannelli

    Ma che bel dibattito che si stà proponendo!

    Praltro vedo che si toccano i vari “punti” salienti che necessariamente ruotano intorno a questo unico generale tema:
    La “sinistra-verde”.

    Del mio prossimo articolo vorrei vi restasse questa unica frase:
    “Il dolore e la sofferenza che (il movimento ambientalista – ndr) infligge alle famiglie dei Paesi in via di sviluppo non può più essere tollerato”.

    No, non sono parole mie, ma di chi ora “pentito”, cerca di riparare ai danni.. il fondatore di “GRENPEACE”

    Affrontare i vari argomenti separatamente, è però limitativo e non dà una panoramica generale del problema.

    Anche se non è questo il luogo, dove poter disquisire dell’insieme senza scrivere 5/600 pagine.. e non scherzo…

    Pertanto mi limiterò ad apportare dei singoli sprazzi, al tema in ogetto, evitando collegamenti che sarebbero comunque necessari.

    Bene.. “AGRICOLTURA BIOLOGICA”? Al bando il “DDT”

    “Ecoimperialisti e profeti di sventura”.Un lungo articolo da cui estraggo alcune considerazioni.
    Come ha sottolineato Maria Teresa Cometto in un articolo pubblicato su Corriere Economia (2 febbraio 2004), il Ddt è però “ostracizzato dai gruppi ecologisti occidentali, Greenpeace e Wwf in testa, e dal Pesticide Action network, secondo cui il Ddt è dannoso per la salute umana e soprattutto per l’ambiente”.

    Secondo gli organizzatori del convegno questo tipo di battaglia delle associazioni ambientaliste è un esempio drammatico degli estremi a cui può arrivare l’ecoimperialismo, “un movimento ideologico animato essenzialmente da benestanti, che vuol imporre il suo punto di vista a milioni di poveri, disperati, africani, asiatici e latino-americani, incurante del loro diritto a una vita migliore”. Roger Bate dell’American Enterprise Institute ha spiegato che il bando del Ddt è costato 10 milioni di vite negli ultimi decenni.

    “Nel 1996 il Sudafrica ha voluto entrare nel club occidentale che non usava il Ddt – ha dichiarato Bate – ed in una stagione i casi di malaria sono passati da poche migliaia a 65 mila. La reintroduzione del Ddt nel 2000 ha diminuito i casi di malaria dell’80 per cento in 18 mesi. La malaria porta via 1 milione di africani all’anno, soprattutto giovani”.

    Gar Smith, del Earth Island Institute, considera assurdo che 2 miliardi di persone nel mondo vivano senza elettricità, e poi le associazioni ambientaliste si oppongono alla costruzione di dighe ed impianti idroelettrici. “Essi, oltre a fornire energia, potrebbero contribuire all’erogazione di acqua pulita, a fronte di 6 milioni di vittime all’anno per infezioni intestinali”.

    Patrick Moore, già co-fondatore di Greenpeace, ha ammesso:
    “I movimenti ambientalisti hanno perso la loro obiettività, moralità ed umanità”. Nel suo intervento al convegno del Core ha concluso: “Il dolore e la sofferenza che (il movimento ambientalista – ndr) infligge alle famiglie dei Paesi in via di sviluppo non può più essere tollerato”.

    Michael Crichton, nell’appendice del suo ultimo libro Stato di Paura, scrive di un filo diretto che lega le teorie eugenetiche degli anni ’20 e ’30 con la teoria del “riscaldamento globale” dei nostri giorni. “Entrambe razziste, avversano lo sviluppo e il progresso delle popolazioni povere”.

    Ma ovviamente i vertici non disprezzano di arricchirsi!

    Come leggo da:
    Greenpeace fra terrorismo ecologista e affari
    Tuttavia, nonostante la crisi, le casse della multinazionale verde sembrano mantenere una certa consistenza, specie stando a un’inchiesta giornalistica condotta in Francia, che calcola in 73,9 milioni di dollari i “fondi neri” di Greenpeace, riserve strategiche a cui soltanto tre persone avrebbero accesso, tramite una rete inestricabile di fondazioni e di associazioni depositarie di conti in Svizzera e praticamente impossibili da identificare.

    Un documentario “proibito”
    Informazioni ancora più dettagliate iniziano ad affiorare il 14 novembre 1993, quando, nonostante i tentativi di Greenpeace di bloccarne la messa in onda, TV2 Denmark, emittente televisiva statale danese, trasmette The Man in the Rainbow, un filmato che, a tutt’oggi, nessun’altra emittente televisiva risulta che abbia potuto riprendere sui propri palinsesti.

    Anche in Italia, nulla da fare. Una videocassetta contenente una copia del documentario, consegnata a eminenti direttori di testate giornalistiche televisive, sia pubbliche che private, non è riuscita a ottenere l’approvazione per la messa in onda.
    Questo, se da un lato conferma che si tratta di un argomento scottante, testimonia anche del terrore che l’apparentemente ingenua organizzazione “verde” incute ai responsabili dei mezzi d’informazione.

    Il contenuto, confrontato con le notizie riportate a proposito della multinazionale ecologista, getta effettivamente una luce inquietante sull’ideologia, sulla natura e sugli scopi di Greenpeace, oltre che sui mezzi illeciti per conseguire gli scopi stessi.

    La vicenda è raccontata da testimoni che potremmo definire “pentiti verdi”, che cioè non rinnegano il proprio impegno ambientalista, non si schierano a favore dei test nucleari e non fanno concorrenza a Greenpeace. Sono semplicemente suoi ex aderenti che denunciano una situazione sulla quale dovrebbe forse fare chiarezza la magistratura di quei paesi, come l’Italia, dove Greenpeace opera.

    Interviene con una testimonianza anche Ron Arnold, scrittore ed editore statunitense, studioso dei movimenti ecologisti, che spiega le motivazioni di fondo dell’ideologia verde definendola “catastrofista” poiché è basata sulla convinzione che ogni intervento umano provochi una catastrofe ambientale. L’estrema conseguenza di queste premesse, secondo Ron Arnold, conduce a “fermare gli umani”.

    Stando a questo documentario, i leader di Greenpeace hanno trasferito decine di migliaia di dollari, donati dai loro benefattori, in conti bancari privati.

    Lo afferma Frans Kotte, ex economo di Greenpeace in Olanda.

    Dalla sua base di Amsterdam, Frans Kotte lavorava un tempo a stretto contatto con gli uffici contabili di Greenpeace International ed era in grado di controllare i flussi finanziari attivati dal movimento in diverse nazioni.

    Frans Kotte testimonia dell’esistenza di conti bancari privati per decine di milioni di dollari, costituiti dalle offerte date alle campagne di Greenpeace.

    I conti bancari servivano per costituire holding accessibili esclusivamente ai vertici dell’organizzazione, compreso l’ex presidente David McTaggart, presidente onorario di Greenpeace International dal 1991.

    Secondo il documentario, il denaro è stato raccolto con i contributi di diverse campagne, come Salviamo le balene, Salviamo le foreste pluviali e Salviamo la fascia di ozono.

    Inoltre, il servizio televisivo fa emergere le complicità di Greenpeace con organizzazioni terroristiche internazionali, in particolare con Earth First!.

    I documenti mostrati nel filmato fanno stato di un imponente flusso finanziario che va da Greenpeace a Earth First!, “Prima la Terra!”, un gruppo specializzato in “ecotaggio”, vale a dire in atti di sabotaggio a difesa della “Madre Terra”.

    Bene, così come avrete letto, non possiamo scindere da questo argomento il fantomatico riscaldamento globale, strettamente correlato alla visione catastrofista.

    AL GORE

    Ci spiega che siamo vicini alla CATASTROFE!

    E lui apre una “società” per “mercanteggiare” le quote di CO2″?

    E “LUI” Premio Nobel 2007 per la pace?..
    E’ vero, Nobel, insieme alComitato intergovernativo per i mutamenti climatici (Ipcc)

    E’ importante la “MOTIVAZIONE”:
    «gli sforzi per costruire e diffondere una conoscenza maggiore sui cambiamenti climatici provocati dall’uomo e per porre le basi per le misure necessarie a contrastare tali cambiamenti».

    Il grande “PREDICATORE” del surriscaldamento globale “PROVOCATO DALL’UOMO” ?

    Ci avverte che ci restano appena dieci anni per contrastare l’effetto-serra ed evitare una catastrofe planetaria.

    Peccato che questo fantomatico surriscaldamento sia una colossale “BUFALA”!

    I dati erano contraffatti, vi sono ampie dimostrazioni, nonchè scambi di mail fra gli stessi scienziati “catastrofisti”

    In quelle mail gli scienziati esprimono dubbi sulla teoria del riscaldamento globale che loro stessi portano avanti e, cosa ancora più grave, ammettono allegramente di aver manipolato le prove scientifiche.

    Il capo del CRU, il professor Phil Jones, racconta di aver usato un «trick», cioè un trucco, per nascondere il “CALO” nelle temperature.

    I modelli climatici usati dagli scienziati dell’IPCC, il potentissimo Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico che lavora sotto l’egida dell’ONU, premiato nel 2007 addirittura con un premio Nobel e i cui dati costituiscono «verità assoluta» sul tema, non sono condivisi da migliaia di loro colleghi nel mondo non meno bravi o qualificati di loro.

    Il”NIPCC”, organismo «non governativo» ha prodotto una stroncatura scientifica delle teorie secondo cui la responsabilità del riscaldamento globale sarebbe solo e unicamente dell’uomo:

    700 pagine pubblicate nel 2009 “Climate change reconsidered” firmato da oltre 31.000 scienziati.

    Vi chiederete PERCHE’?

    Perchè al nome di Al Gore si associano nomi di aziende dai nomi altisonanti come la Chicago Carbon Exchange (CCX)
    Cari signori ci si fanno i “DINDINI” con il “RISCALDAMENTO?

    Una allegra brigata di ambientalisti ed ecologisti ma, soprattutto, finanzieri d’assalto..

    E il premio “NOBEL” per le “CLIMATICHE BUFALE” si permette di venire a “sindacare” in casa nostra sulla mancanza di democratica informazione qui in Italia.

    Lui parla della corretta informazione ?
    Dichiarando: “In Usa impensabile sospendere talk show pre elettorali come in Italia”

    Restasse allora a far “affari” in America!
    Qui le sveglie dal collo non le portiamo più, a parte quattro “gitotodeisti” professionisti.

    Ma servono anche i “VERDI” .. a far folclore..con scioperi della fame e omicidi in diretta!

    “IL RISCALDAMENTO GLOBALE”?

    Si certamente se ne parla, ma notizie riguardanti le “compromettenti mail” diciamo compromettenti dei fra i vari sostenitori, intaccano il nocciolo duro.
    Pongono un “DUBBIO”.

    Ma allora cos’è che determina il clima?

    QUESTA E’ INFORMAZIONE:

    Qui entra in ballo il sole: il sole ha un volume che è un milione, trecento tre mila e ottocento volte più grande di quello della terra e con i propri cicli di macchie solari può determinare il clima terrestre in modo molto più diretto di quanto non possano farlo le attività dell’uomo.

    Recenti studi astronomici hanno dimostrato che negli ultimi due secoli le temperature sono aumentate, così come sulla terra, anche in tutti gli altri pianeti del sistema solare: eppure su Marte, Giove, Venere e Saturno non esistono fabbriche che emettono sostanze nocive.

    Quando scrivevamo dell’assolutismo che appartiene ai catastrofisti climatici, infatti, ci riferivamo ad alcuni casi di “fascismo verde” come quello di George Will. Il fatto che nel mondo scientifico si fanno sempre più forti le teorie sulla scarsa influenza delle attività umane nel determinare i cambiamenti climatici non può che dare fastidio all’ambiente allarmista e catastrofista che delle “colpe” dell’uomo nei rapporti con il clima faceva, e ahimè fa ancora, un cavallo di battaglia quotidiano.

    (In testa il WWF, che annuncia “STOP CLIMATE CHANGE BEFORE IT CHANGES YOU” Ossia fermate il “cambiamento climatico” prima che questo cambi voi.. )

    Ma guai a dissentire! Tutti coloro che mettono in evidenza questo tipo di realtà scientifica vengono tacciati d’ignoranza e “oscurantismo”: insultati, offesi e criticati.
    E’ ciò che hanno dovuto subire i 34 firmatari Pdl della mozione poi approvata in Senato: gliene hanno dette di tutti i colori, come si può vedere dalle dure reazioni espresse subito dopo la presentazione della mozione, prima della discussione e del voto in aula, e quelle successive alla votazione.

    Addirittura Roberto Della Seta, (sempre ricordo laureato in Storia dei partiti politici) capogruppo del Pd in Commissione Ambiente al Senato, ha tacciato il Pdl di “un negazionismo ridicolo, più o meno come scrivere nero su bianco in un atto parlamentare che Darwin diceva il falso” dimenticando che ai tempi di Darwin, Galileo Galilei e altri grandi scenziati precursori dello sviluppo culturale contemporaneo, la società li condannava al rogo .

    Oggi la situazione scientifico/culturale, altrettanto bigotta, dogmatica, ignorante e modaiola, sembra identica: senza documentarsi in modo approfondito, le masse seguono i punti di riferimento più alla moda (vedi Al Gore) e come tante pecorelle si convincono di quelle che non sono altro che semplici falsità.

    Anche la comunità scientifica Italiana è attiva nella lotta al catastrofismo climatico, a partire da alcuni dei più eminenti e professionali rappresentanti dell’Aeronautica Militare con il ClimateMonitor di Guido Guidi o anche, Massimo Morico, che in tutti i convegni ha sottolineato l’esagerazione del catastrofismo e l’incertezza sulle responsabilità dell’uomo nella determinazione dell’andamento climatico planetario.

    Se il catastrofismo climatico non ha, comunque, ragione d’esistere e di riscuotere consensi, a maggior ragione visto l’andamento climatico degli ultimi dieci anni ci viene da pensare quanto siano forzate e in mala fede alcune strabilianti “uscite” di fantomatici “esperti” del settore.

    Dal 1998 al 2007, infatti, le temperature del pianeta sono rimaste mediamente stazionarie, secondo le analisi satellitatri della NASA. Addirittura dal dicembre 2007 ad oggi (è quindi ormai quasi un anno e mezzo) stanno lentamente diminuendo.

    Il Protocollo di Ky?to è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il riscaldamento globale che è stato sottoscritto nella città giapponese di Ky?to l’11 dicembre 1997, un anno esatto prima che le temperature del pianeta iniziassero a smettere di aumentare e, poi, dal 2007, addirittura a diminuire.
    Un occhio ingenuo potrebbe pensare che se le temperature non stanno più aumentando è merito di quel famoso e discusso protocollo.

    In realtà solo studiandolo si può innanzitutto capire che è entrato in vigore soltanto nel 2005, quando già da 7 anni le temperature non crescevano più, e poi soprattutto dev’essere chiaro che il Protocollo di Ky?to non prevede che ci sia un taglio complessivo delle emissioni di anidride carbonica! Assolutamente!

    E la vera “catarsi” catastrofica si può leggere in questo articolo:27/01/2010 – 17.27
    AMBIENTE: BONELLI INIZIA SCIOPERO DELLA FAME CONTRO MANCANZA DI INFORMAZIONE”Stiamo assistendo ad un vero e proprio omicidio in diretta per le grandi questioni ambientali”.

    E’ VERO ? Certo che Bonelli non mangia è vero!
    Ma stanno allo 0’8% comprensibile il richiamare l’attenzione..

    Ma è anche vero che:
    Trentotto anni fa esatti, circa venti milioni di americani parteciparono al primo Earth Day. La Quinta Strada di New York fu chiusa al traffico per permettere a centomila persone di riunirsi e celebrare l’evento. Più di duemila università interruppero le loro proteste contro la guerra nel Vietnam per manifestare il loro dissenso alla distruzione delle foreste, la crescita della popolazione, l’inquinamento atmosferico.

    Il fumo delle ciminiere, gli scarichi degli aerei, le polveri e il vapore – si diceva – avrebbero coperto la Terra di una coltre tanto spessa da impedire ai raggi del sole di riscaldare a sufficienza il pianeta. A detta di autorevoli scienziati, in trent’anni la temperatura media sarebbe crollata di cinque o anche di dieci gradi, catapultando l’umanità in una nuova era glaciale.

    Questo raffreddamento globale, com’è noto, non si è verificato: anzi, la temperatura pare sia aumentata di un quarto di grado negli ultimi trenta anni e – a leggere le stime dell’IPCC (la commissione internazionale costituita nel 1988 dall’Onu per studiare i cambiamenti climatici in atto) – dovrebbe continuare a salire nei prossimi decenni.

    Dovrebbe, ma non si può affermarlo con certezza; come rimane qualche dubbio che l’eventuale aumento della temperatura globale abbia come effetto determinante il livello di emissioni antropiche.

    Se la prima edizione dell’Earth Day fu dunque dedicata al global cooling, da qualche anno protagonista dell’evento è il global warming, il suo esatto opposto.

    Un particolare curioso ma poco rassicurante, che testimonia come la questione ambientale sia dominata da un approccio più emotivo che scientifico, un coacervo ideologico fatto di diffidenza per la scienza e la tecnologia, nostalgia per l’autarchia e vagheggiamenti sulla necessità di politiche “denataliste”.

    Anche quest’anno l’Earth Day rischia di promuovere politiche per l’ambiente ispirate a teorie “anti-sviluppiste”, anziché a soluzioni “laiche” che puntino all’innovazione tecnologica, alla crescita economica e che non siano avverse al mercato.

    Mai come in questi ultimi tempi si è palesato il cortocircuito di questo ambientalismo: il massiccio investimento nei biocarburanti “puliti” ha sottratto terra alla produzione per la filiera agro-alimentare, contribuendo all’aumento dei prezzi; l’ostilità preconcetta allo sviluppo degli OGM frena la possibilità di sperimentare nuove vie per un rapido adeguamento dell’offerta alimentare mondiale alla crescita della domanda; in tema di riscaldamento globale, il catastrofismo degli scenari si scontra con la inadeguatezza di molte soluzioni proposte (se è vero quanto ci prospettano, converrebbe puntare su strategie di adattamento del territorio agli effetti del riscaldamento globale piuttosto che perseguire costosissime politiche di mitigazione del clima); in campo energetico, rimane una dichiarata ostilità alla più pulita delle tecnologie, il nucleare.

    Come vedete, gli argomenti sono molteplici, ma il tema resta “univoco”.

    Ridurre nel medio periodo le emissioni inquinanti, (CHE NON E’ LA CO2!) su scale locale e globale, è un obiettivo fondamentale, ma le soluzioni adottate devono tenere conto anche delle analisi costi/benefici e della necessità di prefigurare risultati effettivamente conseguibili.

    Fissare obiettivi irrealistici per acquietare le coscienze non rappresenta mai una buona politica.

    Nel nostro paese, le preoccupazioni dei cittadini sul futuro del pianeta sono state fino ad oggi monopolizzate da minoranze rumorose e aggressive che, in base ad analisi semplicistiche, hanno propugnato soluzioni irrealistiche e hanno trasformato la questione ambientale in una critica pregiudiziale all’industria, alla tecnologia, al mercato.

    Vale per il riscaldamento globale, ma vale anche per la qualità dell’aria dei centri urbani, il ciclo dei rifiuti, la produzione di energia, la tutela del patrimonio naturale, la sicurezza alimentare.

    Le elezioni hanno portato alla bruciante sconfitta di questo ambientalismo del “No”.

    La conquista di una piena cittadinanza dell’ambientalismo nelle fila dello schieramento liberale, dunque, impone alla nuova maggioranza la responsabilità di realizzare, in chiave locale e in proiezione globale, una politica sull’ambiente alternativa e “laica”.
    Il governo Berlusconi è chiamato a rilanciare come centrali le politiche per l’ambiente, in chiave liberale, sulla scorta delle piattaforme ecologiche che caratterizzano in Europa i programmi dei partiti moderati.

    Si tratta di una sfida culturalmente decisiva ai “teoremi ideologici” della sinistra, a partire da quello che vorrebbe dimostrare, contro ogni evidenza e contro lo stesso buon senso, che “difendere la Terra” significa combattere l’innovazione scientifica, il progresso tecnologico e la modernizzazione produttiva: è vero l’esatto contrario. Benedetto Della Vedova 23 Aprile 2008

    Fortunatamente da parte del Senato Italiano si può aprire una nuova stagione in cui il rapporto tra la politica e la climatologia sarà molto più serio.

    Leggo dal sito del Senato:..

    a) l’Italia e l’Unione europea promuovano la costituzione di un centro d’eccellenza per l’approfondito dibattito scientifico in materia, che conforti o smentisca sulla fondatezza e sulla certezza della teoria del riscaldamento globale causato dall’uomo e sull’efficacia delle misure proposte in seno al Protocollo di Kyoto, in particolare con riferimento al rapporto costi/benefici e che costantemente aggiorni il dato scientifico ed i risultati della ricerca in tema di climatologia

    b) fermo restando l’obiettivo di ridurre la dipendenza energetica dell’Europa da fonti esterne e non rinnovabili e di ridurre gli utilizzi diseconomici dell’energia, l’Unione europea tenga conto degli esiti di tale dibattito nella determinazione della propria politica ambientale ed energetica.

    Lucio Malan, uno dei firmatari della mozione del Popolo delle Libertà sui mutamenti climatici, risponde così:
    “non c’è nessun negazionismo da parte nostra. Semplicemente chiediamo che, in materia, si promuova un approfondito dibattito scientifico senza atteggiamenti dogmatici, cioè l’esatto opposto dell’oscurantismo che Belisario ci addebita. Non neghiamo i cambiamenti climatici – spiega Malan – ma, al contrario, ricordiamo che ci sono sempre stati sul nostro pianeta. Su un punto siamo d’accordo con il senatore dell’Idv: che la strada scelta dall’Unione Europea non permette ripensamenti. Proprio per questo chiediamo che, prima di avviarci definitivamente su di essa, con i suoi costi enormi e la perdita di competitivita’ che comporta, si prendano in considerazione non soltanto le decine di scienziati e le centinaia di politici che la sostengono, ma anche le centinaia che la avversano”.

    Non mi sembra poi così folle da giustificare le IRE del “WWF” e vari accoliti della sinistra democratica.

    Mi leggo”Il catastrofismo climatico è sempre più delirante, contagioso e assolutista. Dal parlamento Italiano arriva un importante segnale di svolta che esalta la scienza”.
    Un lungo articolo da cui estraggo alcune considerazioni interessanti. Ovviamente interviene tutta la “sinistra verde catastrofista” di cui Della Seta Laureato in Storia dei partiti politici dell’ associazione “Legambiente” dichiara: “Quelle della maggioranza sono affermazioni che fanno a pugni con il consenso scientifico e politico maturato in tutta Europa sui mutamenti climatici e danno la misura della marginalità del governo italiano rispetto al modo in cui i principali paesi industrializzati stanno organizzandosi per rispondere alle due crisi che si intrecciano: la crisi economica e la crisi climatica” Pubblicato da peppecaridi su 3, Aprile, 2009

    Della Seta dimentica che negli ultimi trent’anni abbiamo assistito ad un proliferare di catastrofisti mai visto prima:
    “Venezia sarà sommersa entro il 2005
    Dichiaravano alcuni pseudo-scenziati tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90.

    Non ci risulta che il M.O.S.E. sia ancora stato realizzato, comunque anche grazie agli stessi ecologisti.

    “Sparirà la neve dalle nostre stazioni sciistiche, non potremo più praticare il turismo invernale, dimentichiamoci del freddo”

    Nell’inverno 2008/2009, le Alpi hanno raggiunto (e in alcuni casi superato) il record storico di innevamento degli ultimi 120 anni che apparteneva all’inverno 1950/1951.

    “La Sicilia si sta desertificando, diventerà un piccolo Sahara nel cuore del Mediterraneo”: Infatti negli ultimi anni in tutta la Sicilia si sono quadruplicate le piogge

    Un anno fa, di questi tempi, sentivamo dire che “durante l’estate i ghiacci del Polo Nord si scioglieranno completamente”.
    Ecco i ghiacci dell’Artico che hanno guadagnato spessore rispetto all’anno precedente.

    E nessuno parlava dell’Antartide, nel Polo Sud, che contemporaneamente raggiungeva il record di massima espansione della superficie ghiacciata.

    John Beddington, secondo cui “tra vent’anni ci sarà la fine del mondo per colpa dei cambiamenti climatici”. Beddington capo dello staff scientifico del governo britannico?

    “fine del turismo nel Mediterraneo a causa dell’avanzata verso nord del deserto del Sahara”?

    Questo allarmismo ha la capacità di contagiare l’opinione pubblica e di esprimersi in forma assolutista, aggredendo coloro che con numeri, dati e ricerche scientifiche, realisticamente valutano la realtà.

    Giampaolo Giuliani, tecnico geofisico ricercatore ai Laboratori nazionali del Gran Sasso da anni sostiene di aver elaborato un metodo in grado di prevedere eventi sismici.
    Giuliani ha scatenato una vera e propria psicosi da terremoto in Abruzzo, tra L’Aquila e Sulmona, prevedendo l’imminenza di un violentissimo fenomeno sismico.

    Ora è indagato per ’procurato allarme’: perchè non si prendono gli stessi provvedimenti per tutti i catastrofisti climatici?
    Procurano allarmi ancor più deleteri, sugellando convinzioni assolutamente false nell’opinione pubblica di tutto il mondo.
    Il catastrofismo climatico ha contagiato anche il nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama, e anche il Wwf che ha lanciato negli anni scorsi la campagna ’Stop Climate Change. Before it changes you’.

    Nel corso della storia, il clima non è mai stato statico, immobile e piatto. Ben prima della nascita delle industrie, delle bombolette spry e delle emissioni di anidride carbonica da parte degli esseri umani.

    Per la follia del catastrofismo moderno l’uomo non deve interferire nei processi naturali del nostro pianeta, ma intervenire per modificare quelli che sono in atto!

    Il cambiamento climatico non è negabile.
    Sono pochi i dubbi degli scienziati sul fatto che il pianeta si stia riscaldando.

    Anche se alcuni esperti hanno studiato in modo molto approfondito il rapporto tra l’urbanizzazione delle aree in cui sono presenti stazioni meteo e l’aumento di temperatura, dimostrando che in fondo alcuni dati sono falsati proprio dall’urbanizzazione delle aree territoriali ad esempio New York, dopotutto i dati satellitari, in alta quota sui rilievi, e i radiosondaggi confermano che il pianeta si sta riscaldando.. ma parliamo di oscillaioni insignificanti e peraltro fisiologiche, quanto altalenanti. Per inciso negli ultimi 10 anni si è verificato un calo delle temperature medie!

    Ma non lo sta facendo in modo così esagerato come alcuni strombazzano.

    E non lo sta facendo in modo continuato, ma piuttosto con cicli lenti e graduali intervallati da periodi in cui invece le temperature diminuiscono.
    Dopotutto l’Europa e un pò tutto l’emisfero settentrionale sta venendo fuori dalla famosa P.E.G., la Piccola Era Glaciale che tra 1.500 e 1.800 ha attanagliato, per tre secoli abbondanti, il territorio nel freddo e nella neve.

    E’ quindi normale che venendo fuori da questo tipo di fase climatica, le temperature aumentino.
    Deve essere chiaro che però tutti i cambiamenti climatici sono lenti, graduali, appena percepibili dagli esseri umani considerando la nostra vita media.

    La climatologia, a differenza della meteorologia, è una scienza che analizza quegli stessi parametri meteorologici (temperatura, umidità, venti, precipitazioni ecc. ecc.) però su larga scala geografica e in un ampio lasso temporale.

    Non si possono fare analisi climatologiche fossilizzandosi in analizi provinciali e territoriali, oppure di breve durata.

    Dopo la vergognosa brutta figura di gennaio, l’avrà capito anche Mario Tozzi!

    La domanda da porsi non è tanto, quindi, se le temperature stanno aumentando o meno. Potremmo farlo, perchè comunque neanche quello è scontato, se l’ambiente di discussione fosse più sereno, disteso, scientifico e meno interessato.

    Ma ci sono tanti altri luoghi comuni molto molto più gravi e pesanti da smentire. E allora la domanda da porsi è la seguente: i cambiamenti climatici in atto sono provocati dalle attività umane, o sono naturali?

    Gli scienziati, però, (generalizzazioni e forzature a parte) sanno che la realtà è ben diversa perchè studiano.
    E studiando si scopre che in realtà solo il 2% della superficie terrestre è occupato da insediamenti urbani! Se parlassimo, invece, del volume verremmo a scoprire che gli insediamenti urbani non riescono a superare lo 0,003% del volume del nostro pianeta!

    Chi può pensare che le attività di una così piccola e insignificante forza (l’essere umano) possano dettare i ritmi e i meccanismi dell’intero pianeta ?

    Molti scienziati, infatti, non credono che sia l’uomo a determinare i cambiamenti climatici.

    Basta pensare a quelli che la settimana scorsa si sono rivolti a Omaba: “”Mr President, sul clima ha torto”: 114 scienziati e premi Nobel di 13 nazioni differenti hanno voluto provare a spiegare al nuovo Presidente degli U.S.A. che non è assolutamente scontato che sia l’uomo a determinare i cambiamenti climatici in atto.

    La “catarsi” è davanti la “rai” Angelo Bonelli.. non mangia..!

    “Gaia” stà un pò inquinata, (su questo non discuto) ma la “FEBBRE” non c’è!

    State tranquilli.

    Cordialmente.

    Piero Iannelli

    pieroiannelli@gmail.com
    N. Cell.: 339’8513962

  5. Un bell’articolo, complimenti. Aggiungerei che il biologico non è più sano a meno che non sia colto e mangiato. L’assenza di trattamenti nelle fasi di stoccaggio, trasformazione, confezionamento e trasporto favorisce l’insorgere di muffe e tossine (sempre che poi questi prodotti non vengano in realtà usati, dato che i controlli degli enti certificatori sulle aziende biologiche (come la mia) avvengono solo sulla documentazione cartacea, come fatture, ddt, etc.

  6. Fabio

    Un esempio di pranzo biologico “salva pianeta” per cassaintegrato: http://magazine.quotidianonet.ilsole24ore.com/ecquo/ecquo/2009/04/27/ricevimento-bio-per-carlo-e-camilla-a-villa-wolkosnky/

    Un tipico pranzo proletario, infatti il produttore afferma:”“Stiamo cercando di educare i consumatori, ma ci vuole tempo”……NO, CE VONNO I SORDI. Se poi qualcuno nota che non è possibile nutrire 9 miliardi di persone con lenticchia di Castelluccio, mele biologiche, lardo di colonnata, etc. la risposta è semplice:non è il cibo che è poco ma le persone che sono troppe, specie i poveri extra-comunitari.

    • Fabio

      Esponenti della Corona Inglese, e di molti altre Corone, sono stati tra i fondatori dei movimenti ambientalisti come WWF, etc. E’ chiaro che siamo i massimi sponsor di quei modelli che cercano di proporre a tutela del “radical chic” peggiore, della conservazione dello status quo che significa per loro rimanere al vertice gozzovigliando a bio mentre i “proletari” del terzo mondo non debbono sviluppare per evitare di emettere CO2.

    • Luigi Mariani

      “Non hanno pane, che mangino brioches”
      se lo dicono i nobili, passi; il fatto che oggi lo dica Capanna (fervente non solo del biologico – che è quantomeno razionale anche se scarsamente produttivo e dunque molto costoso – ma anche del biodinamico che è magia allo stato puro) dovrebbe scatenare una risata tale da sommergerli tutti….
      E’ che di risate non c’è traccia, e questo inizia davvero a preoccuparmi.

      Luigi

    • Le mode, il conformismo, la pigrizia mentale non sono forse tra i peggiori mali della società occidentale?

      Grazie Luigi, i tuoi numeri ci portano sempre al livello del terreno.
      Peccato che gli altri volino sempre così in alto, alto, alto.

    • Luigi Mariani

      Caro Paolo, grazie dei complimenti.

      E’ che quando si citano dati è possibile rispondere con altri dati e dunque, in modo dialettico, salire un poco più in alto nel livello di comprensione dei fenomeni.
      Per inciso, era questa l’idea degli illuministi: scelte politiche fondate su una preventiva analisi della realtà.

      Esempi pratici:
      1. Quando il governo della Repubblica Cisalpina chiese a Melchiorre Gioia di esprimere un giudizio sullo stato delle foreste del Nord Italia, Gioia si fece un giro di tutta l’area (cosa che allora era molto più difficile rispetto ad oggi) e realizzò un inventario forestale come base per le decisioni.
      2. Analogamente nel secondo ottocento il conte Stefano Jacini, allora ministro dell’agricoltura, si propose di impostare una politica di sviluppo per l’agricoltura italiana (allora assai depressa, con le campagne afflitte dalla malnutrizione, dalla malaria e dalla pellagra). A livello propedeutico Jacini realizzò un’inchiesta nazionale che ancor oggi è il punto di partenza imprescindibile per chi voglia analizzare a livello storico quel periodo.

      Questi gli esempi illuminati che vengono dal nostro passato. Oggi trovo che il mondo sia pieno di gente che valuta le cose per partito preso, ti dice che una certa cosa è il male assoluto e ti lascia completamente spiazzato, anche perché tale approccio si configura come un regresso a prima della rivoluzione scientifica ed inibisce qualsiasi forma di dialogo.

      Luigi

      PS: per gli eventuali interessati, sia l’inchiesta Jacini sia l’inventario di Gioia sono stati pubblicati circa 20 anni fa da Einaudi.

  7. Luigi Mariani

    Scusate ma vorrei meglio porre in risalto il mio pensiero. Anzitutto mi pare evidente che un atomo d’azoto è sempre un atomo d’azoto, provenga esso da letame o dalla sintesi operata in uno stabilimento chimico.

    E’ altresì evidente che il nostro dovere è oggi quello di dare alle piante coltivate una nutrizione azotata confacente rispetto alle loro esigenze, perché la loro risposta in termini di cibo e beni di consumo (cotone per gli abiti, ecc.) sia confacente alle nostre necessità.

    Se tale nutrizione può essere ottenuta tutta con concimi organici quali il letame va più che bene, altrimenti occorrerà ricorrere a urea, nitrato d’ammonio o ad altri concimi chimici.
    Analogamente se con mezzi non chimici si possono contenere i parassiti o le malerbe ben venga; altrimenti anche la chimica (i fitofarmaci, i diserbanti) deve avere la sua parte, come ce l’ha con ognuno di noi quando siamo colpiti dal mal di testa o da una influenza.

    In sostanza rispetto al dualismo “biologico si, biologico no” occorre a mio avviso che tutti noi si acquisisca una visione più laica, che ci spinga ad esempio a un uso molto più razionale di quella massa d’azoto che viene dalle deiezioni umane ed animali. Ipocrita è quel cittadino che magari crede nel biologico e poi lascia che le proprie deiezioni non chiudano il loro ciclo ritornando ai campi. E qui un bel “merde” di cambronniana memoria ci sta più che bene.

    Luigi Mariani

  8. Luigi Mariani

    L’agricoltura biologica (o agricoltura organica, come viene più correttamente chiamata nei paesi anglossassoni, perché l’agricoltura in toto è attività biologica per eccellenza) non è di per sé un male, nel senso che ripropone lo schema di agricoltura medioevale, in grado di produrre cibo per alcune centinaia di milioni di abitanti del pianeta.

    Oggi che siamo 6.7 miliardi la sua riproposizione su vasta scala sarebbe dunque un disastro in quanto condannerebbe alla morte per fame alcuni miliardi di esseri umani (e questo, Claudio, l’hai adeguatamente sottolineato).

    Per apprezzare quantitativamente questa affermazione si può ad esempio ragionare nel modo seguente:
    le esigenze di un essere umano adulto si collocano intorno ai 340 kg l’anno di cereali e a tali esigenze si sopperisce oggi grazie ad una produzione media ettariale che nei paesi ad agricoltura evoluta, che sono oggi i veri e propri granai del mondo (Europa, Stati Uniti, Australia, Argentina, ecc.) si colloca sulle 6 tonnellate per il frumento e sulle 12 per il mais.
    La granella dei cereali contiene grossomodo il 2% di azoto il che (nell’ipotesi che quanto viene asportato dal campo sia la sola granella) comporta un apporto medio ettariale netto di 120 kg di azoto per il frumento e di 240 kg per ettaro per il mais, che salgono rispettivamente a 150 e 290 kg se si aggiunge un 20% di perdite per lisciviazione.
    Visto che un letame di buona qualità contiene il 5 per mille di azoto per arrivare a 290 kg di azoto si dovrebbero apportare 580 q di letame per ettaro, un quantitativo già oggi proibitivo da mobilitare, spandere e interrare.
    A ciò si aggiunga:
    1. che il rilascio dell’azoto da questa montagna di letame sarebbe lento e non in fase con le richieste della coltura
    2. che FAO indica la necessità di raddoppiare le produzioni entro i prossimi 40 anni onde far fronte al passaggio della popolazione da 6.7 a 9.5 miliardi attesi per il 2050, il che porterebbe a raddoppiare ulteriormente il letame….
    3. Che l’agricoltura biologica, rifiutando i mezzi chimici, rinuncia a molti strumenti efficaci per lottare con fitopatie che non solo decurtano le produzioni ma possono introdurre nei cibi tossine (es: micotossine). In proposito ricordo i milioni di morti che nel medioevo si verificavano a seguito dell’ingestione di farine di cereali inquinate da Claviceps purpurea (sindrome nota come ergotismo).

    Tutto ciò porta a ritenere irrealistica l’idea di un biologico generalizzato. E’ bene che il biologico continui a restare produzione di nicchia e per un pubblico di elite (Gore sarà immagino un cliente di tale agricoltura).

    Si tenga infine conto che l’uscita di Cina e India dallo stato di penuria alimentare un cui versavano fino a 20-30 anni fa è avvenuto grazie all’agricoltura evoluta e che si giova dell’ausilio della chimica.

    Aggiungo un’ultima considerazione: per acchiappare (sequestrare) molta CO2 atmosferica occorre usare colture evolute e molto produttive. Basta infatti pensare che un ettaro di mais convenzionale allo “stato dell’arte”, in grado cioè di produrre 14 tonnellate di granella per ettaro, garantisce l’assorbimento annuo di ben 42 tonnellate di anidride carbonica, oltre 3 volte più di un ettaro di mais “biologico” che di tonnellate di granella ne produce magari 4.
    E’ solo grazie ad un “gioco delle tre tavolette” basato sul fatto che il prodotto agricolo diviene alimento e viene quindi riemesso in atmosfera (per cui la CO2 che introita non conta) che si potuta nascondere l'”enorme” capacità di assorbimento da parte delle colture più produttive. In tal modo il biologico viene oggi additato come soluzione al problema del Global Warming, senza rendersi conto che emette poca CO2 perché poca ne assorbe (e quindi poco produce).

    Luigi Mariani

  9. Pietro

    Non capisco questa demonizzazione dei consumo idrico urbano, solo nelle località costiere i depuratori (ammesso che ci siano) scaricano in mare. Nell’entroterra scaricano nei corsi d’acqua contribuendo nella stagione secca a garantire il deflusso minimo vitale. Inoltre le acque reflue dopo gli opportuni trattamenti possono essere riutilizzate a scopo irriguo; in Italia non è una pratica molto diffusa, ma in paesi più aridi è una necessità.
    Riguardo ai consumi domestici c’è quest’idea messa in giro dagli ambientalisti che dovremmo portarli a livelli da terzo mondo, magari a 30-40 l/ab. giorno, così, per solidarietà con i bambini del Chad, visto che non possiamo certo portargli l’acqua di casa nostra.
    Non voglio assolutamente fare un’apologia dello spreco, ma dobbiamo considerare che se i consumi civili nelle nostre città son attorno ai 400-500 l/ab. giorno, in realtà, solo 100-180 sono consumi domestici, per il resto sono consumi di attività industriali, artigianali, commerciali, uffici, servizi,usi pubblici; infine in questa cifra sono conteggiate anche le perdite. Riducendo molto i nostri consumi non faremmo questo gran servizio neanche ai depuratori perché aumentando il valore del BOD in ingresso, aumenterebbe conseguentemente anche il tempo di permanenza nei reattori biologici del refluo.
    I problemi di approvigionamento idrico in Italia sono dovuti a una carenza cronica di investimenti e di manutenzione. Non si fa altro che parlare delle tariffe che sono aumentate, quando sono in realtà tra le più basse d’Europa; con i ricavi delle bollette le società riescono a mala pena a garantire la gestione ordinaria, figuriamoci se hanno le capacità finanziarie per investire. Né si può sperare che i soldi vengano da comuni che non riescono più nemmeno a tappare le buche sulle strade. Gli oneri di urbanizzazione sulle concessioni edilizie che per legge dovrebbero essere riscossi dai comuni proprio per i servizi, oggi vengono utilizzati per far cassa. Si arriva a situazioni paradossali per cui la regione blocca ai comuni il piano strutturale (e quindi lo sviluppo urbanistico) perché non si garantisce ai nuovi insediamenti una dotazione idrica soddisfacente.
    Oggi poi, da destra, partendo dall’assioma neoliberista che il privato funziona sempre meglio del pubblico, si pensa di affidare gli acquedotti a società interamente private, assicurandogli un margine di guadagno garantito, cosa peraltro bizzarra visto che il privato dovrebbe puntare a crearsi un guadagno razionalizzando la spesa, assumendosi quindi un rischio industriale. Questo margine andrà preso da qualche parte, o si aumentano le tariffe o si taglia quel poco di manutenzione che ancora viene fatta. Gli investimenti? I piani industriali? Non si costruiscono certo con la demagogia, né di destra, né di sinistra.

  10. Pablo R.

    Per ciò che attiene il suino c’è uno studio importante che mostra come la produzione biologica abbia un impatto maggiore, considerando i modelli produttivi di importanti Paesi come Germania, Olanda e Danimarca (oltre alla meno significativa Inghilterra)

    Carbon footprints of conventional and organic pork : assessments of typical production systems in the Netherlands, Denmark, England and GermanyCarbon footprints of conventional and organic pork : assessments of typical production systems in the Netherlands, Denmark, England and Germany

    http://edepot.wur.nl/50314

    • Claudio Costa

      Grazie della segnalazione

  11. Claudio Costa

    Aggiungo alcune puntualizzazioni:

    – Anche Mauro Moresi è un professore universitario non è solo un dott come scritto.

    – le produzioni biologiche hanno rese in calare nel tempo perchè si sviluppano le infestanti e i parassiti sui campi che sono difficli da controllare biologicamente, quindi la produzione annuale è molto diversa dalla media decennale.

    – I terreni agricoli sono stati mondati dalle infestanti e dai parassiti dalla preistoria fino agli anni 40 50 con metodi biologici cioè zappando estirpando e schiacciando gli insetti con le mani. Dopo il controllo è stato fatto in modo molto più efficace con diserbanti antiparrasitari, e in abbinamento agli OGM che a mio giudizio è la tecnica migliore e meno impattante dal punto di vista ambientale.
    Quindi gli attuali terreni in europa cina e india sono abbastanza puliti, presentano pochi semi di infestanti pochi insetti rispetto a terreni vergini delle zone tropicali, dove è molto diffiile ottenere le rese descritte dal Moresi con coltivazioni biologiche, anzi è più facile non ottenere raccolto. Perchè le infestanti e i parassiti hanno la meglio (specie sull’ortofrutta) ho visto foto di campi di mais completamente sommersi dalla zucchina selvatica e in Brasile infestanti infestanti che erano veri e propri arbusti.

    – gli animali in produzione biologica sono quelli che soffrono di più e che hanno la mortalità più alta perchè in pratica si lesina sulle medicazioni, e non c’è alcun modo di controllare in modo biologico le parassitosi. Come già scritto gli animali più colpiti dalla rogna che io abiia mai visto erano quelli di un allevamento biologico.
    Nel documentario “La Carne” di report si ipotizzava un controllo miracoloso delle verminosi nelle pecore al pascolo attraverso i prododtti omeopatici. Ma una sostanza se ha un’azione farmacologica efficace in vivo, è un farmaco, altrimenti è una truffa!

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