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Il lupo perde il pelo, ma si mette la parrucca!

Senza farla troppo lunga, a costo di sentire un coro di “Oh no, ancora!” parliamo di climategate. Calma, non lo faremo nel modo consueto, anche se probabilmente se ne è parlato sempre troppo poco, questa volta, ci occuperemo di una derivata del climategate, ovvero del panel internazionale che la University of East Anglia ha costituito per far luce sulla vicenda.

Ma neanche di questo panel ci occuperemo direttamente, anche perché è ormai noto che con un lavoro alla velocità della luce, questo board di esperti ha già emesso il suo verdetto di non colpevolezza, pur con qualche distinguo che abbiamo altrettanto velocemente trattato qui.

Prima qualche nome. Steve McIntyre, Ronald Oxburgh, Phil Jones, tanto per cominciare. Forse per i lettori meno addentro alle vicende climatiche questi nomi diranno poco o nulla, ma in effetti si tratta di personaggi di primissimo piano, che rappresentano praticamente tutte le parti in causa, la ricerca ufficiale, il cosiddetto mainstream, il dissenso informato, espresso principalmente nella forma del blogging, e gli interessi industriali nel settore della green economy. Il primo, McIntyre, è la spina nel fianco dei sostenitori della teoria del riscaldamento globale antropogenico, uno statistico che che nel tempo ha mosso più di qualche giustificato rilievo ai lavori della CRU ma non solo. Con milioni di letture sul suo blog, è’ anche colui che si è visto rispondere picche praticamente ogni volta che ha richiesto di acquisire delle informazioni dalla stessa CRU, nel nome della replicabilità dei procedimenti scientifici e della libertà d’informazione. Il secondo, Oxburgh, è stato chiamato a presiedere il panel suddetto, un uomo di grande levatura culturale che quando non investiga sulle ricerche altrui fa il capo del settore energie rinnovabili del gruppo Falck, non proprio al di sopra delle parti, ma tant’è. Il terzo, Jones, è il capo della CRU, l’uomo con la corrispondenza più letta del pianeta, primato che ha conseguito dopo la pubblicazione (forzosa e colposa) delle sue e-mail ad opera di non meglio specificati pirati informatici. E’ anche colui che ha detto che, sì, in effetti le temperature negli ultimi quindici anni non hanno subito variazioni statisticamente significative. Interessante, peccato che questa affermazione sia giunta quando gli è stato chiesto conto delle frasi poco ortodosse contenute nelle sue mail e non nelle innumerevoli occasioni in cui da leader del gruppo di ricerca di punta del settore del clima avrebbe potuto farlo.

Accade che McIntyre, che proprio non ne vuol sapere mollare, chieda a Oxburgh di chiarire alcuni aspetti del rapporto di cui è stato principale firmatario, ovvero di conoscere quali fossero i termini di riferimento per le valutazioni del panel, quali fossero le pubblicazioni scelte dalla Royal Society per valutare il lavoro della CRU e perché, su quale documento comparisse una valutazione di “appropriatezza” di quelle pubblicazioni all’oggetto dell’indagine, nonché se esistessero delle note contenenti i colloqui che i membri del panel o parte di essi hanno avuto con i ricercatori della CRU per cercare di comprendere la correttezza o meno del loro operato. Tra questi, naturalmente, Phil Jones. Tutte queste informazioni nel report non compaiono.

La risposta è stata che l’unico documento scritto che il panel ha prodotto è il report, nessun termine di riferimento è stato fissato se non a voce, documenti che spieghino le ragioni per cui quegli undici lavori siano stati ritenuti rappresentativi non esistono, o, a quanto pare, ove si tratti di note personali degli alotri membri della commissione, non sono nella disponibilità del presidente del panel. Tutto è stato fatto a voce, neanche uno straccio di lista di questi lavori presi ad esempio, né delle valutazioni (è bene dirlo, procedurali e non di merito) che il panel ha creduto bene di fare. Tra l’altro, tra le righe della risposta di Oxburgh si legge che in qualche modo il verdetto era atteso, e non si prospettavano eventi clamorosi, altrimenti -egli dice- l’università avrebbe dato forma ad un’indagine ufficiale in grado, eventualmente, di prendere provvedimenti disciplinari nei confronti delle persone coinvolte. Una cosa tranquilla e informale dunque, che dovrebbe anche servire da supporto al lavoro della commissione indipendente chiamata ad investigare oltre che sul metodo, anche sul merito delle determinazioni della CRU. Del resto, il presidente del panel, come tutti gli altri membri, sembra che abbiano accettato di svolgere questo incarico a condizione che la cosa non li avrebbe distolti eccessivamente dalle loro principali attività. Ora che hanno prodotto il rapporto, figuriamoci se possono avere il tempo di spiegarcelo.

Incredibile. Il climategate poggia tutto sul rifiuto della trasparenza, sull’ostinazione a non voler concedere accesso ai dati su cui si basano le determinazioni. Per capire se di fatto c’è stato o no un climategate, si mette in piedi un panel internazionale di studiosi (di cui molti non addetti ai lavori, ma del resto dovevano valutare il metodo, non i dati) che di trasparente sembra abbia solo l’intenzione di non prendere troppo sul serio la faccenda e che non concede accesso ai propri dati perché ha pensato bene di non conservarli. Nel frattempo l’altra commissione indipendente avrebbe dovuto produrre qualcosa già per questa primavera, ma sul sito web ufficiale dichiara di essere ancora all’opera. Staremo a vedere.

Non è esistito il climategate, non è esistito neanche il panel, tranquilli, non è successo niente, siamo tutti bravi.

Addendum

Sembra che non sia finita qui, a giorni Maurizio Morabito  ci farà sapere qualcosa di nuovo. Aspettiamo, del resto il “tempo” è galantuomo no?

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Published inAttualitàNews

4 Comments

  1. Fino al 16, acqua in bocca. Poi, vedremo: se non salta fuori nient’altro, ci saranno gli estremi per uno scandalo molto grosso…

  2. Donato

    E’ da poco tempo che seguo questo blog. Fino ad oggi ho seguito quasi esclusivamente il blog NIA ma ho sempre avuto l’impressione di trovarmi di fronte ad un gruppo di “complottisti” e “freddofili” tutti tesi a dimostrare l’infondatezza dell’AGW. Poi, sempre su NIA, ho saputo dell’esistenza di questo blog ed ho cominciato a seguirlo. E’ meno frequentato di NIA ma molto più specialistico e, soprattutto, offre spazio anche a chi la pensa in modo diverso: la discussione scientifica è sempre accettata ed anche le opinioni contrarie sono ospitate anche se in qualche caso poco rispettose delle tesi asserite nei vari articoli del blog. Nello stesso periodo ho avuto modo di leggere un editoriale del prof. Bellone pubblicato su “Le Scienze” e la sdegnata (e boriosa) replica di alcuni climatologi, ricercatori, ecc.. Sono rimasto sorpreso dal fatto che questo blog, il prof. Bellone e gli articolisti di NIA (che ho rivalutato) sono unanimi nel mettere in dubbio la fondatezza scientifica delle tesi dell’IPCC. Oggi ho letto questo articolo e sono rimasto di sasso. Possibile che l’intero mondo scientifico ed accademico mondiale sia rimasto vittima di un inganno così macroscopico? Possibile che in ambienti ove la “revisione tra pari” è la norma (NOAA, NASA, Università, ecc.) non sia saltata all’occhio la mancanza di dati certi e la verificabilità dei risultati delle ricerche alla base di teorie che possono determinare il futuro della nostra civiltà? Mi sembra strano, anzi incredibile. Non sono uno scienziato, ma ho una formazione scientifica (sono ingegnere) ed insegno matematica e fisica nelle scuole superiori. Se ciò che viene descritto nell’articolo è vero, e non ho nulla per sostenere il contrario, la prossima volta che mi troverò di fronte agli studenti proverò imbarazzo a parlare di rigore e di metodo scientifico. Ho una difficoltà enorme a credere che quattrocento anni dopo Copernico, Galilei e tutti gli altri ideatori del metodo scientifico siamo ridotti in questo stato.
    Dott. Guidi, non me ne voglia, ma io spero ardentemente che lei abbia torto. So che la speranza è “l’ultima dea” ma, prima di arrendermi all’evidenza, voglio ancora sperare che la stragrande maggioranza del mondo accademico e scientifico non ci abbia preso in giro o, almeno, non lo abbia fatto in malafede.
    Cordialmente, Donato.

    • duepassi

      Caro Donato, sono anch’io d’accordo con Lei, e penso anche il tenente colonnello Guido Guidi, che, per quello che mi son formato l’idea frequentando il suo sito, mi sembra che abbia, si, una sua idea, ma la sua idea principale, quella a cui non rinuncerebbe mai, non è se sia vera o non vera la AGWT, ma la ricerca della verità, qualunque essa sia.
      Anch’io, nel mio piccolo, sono più interessato a capire che ad esprimere giudizi.
      La Scienza non ha bisogno di dogmi, né a favore, né contro.
      Ha bisogno di animo sereno e sgombro da pregiudizi, e mente e cuore pronti ad accogliere la verità qualsiasi essa sia.
      Sarà poi un caso, ma da quando mi sono interessato all’AGWT, le mie iniziali perplessità, i miei dubbi iniziali si sono solo ingigantiti, e mi son trovato sempre più a contestare i metodi del mainstream.
      Ma questo non mi condizionerà mai al punto da “triccare” un dato autentico, che sia eventualmente contrario alle mie idee.
      Spero che anche dall’altra parte ci sia chi faccia lo stesso, e spero che ci si possa incontrare e confrontare su queste pagine, dove la verità si cerca, e nessuno pretende di averla già in tasca.
      Secondo me.

    • Donato,
      come sempre credo la verità sia nel mezzo. La scienza del clima è molto complessa e poco nota, e ci sono migliaia di addetti ai lavori che sudano sette camicie per cercare di capirci qualcosa di più. A questi, indistintamente, sono dovuti rispetto e fiducia. E’ altresì vero che alcuni, hanno spesso “dimenticato” di avere a che fare con un sistema così complesso, almeno nel rendere pubblici i risultati del proprio lavoro. A questi va ricordato che così non può funzionare. Il caso vuole che questi pochi siano quelli che menano le danze, e questo va ancora meno bene.
      gg

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