Salta al contenuto

Deepwater Horizon, la marea nera ed il clima.

Sono passati ormai più di due mesi dall’incidente occorso alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. Il flusso delle notizie che riguardano l’evoluzione degli eventi, pur essendo ancora molto abbondante, riguarda ormai quasi esclusivamente aspetti di carattere economico. Da un lato le stime dei danni, le promesse di risarcimento, le richieste di assunzione di responsabilità, dall’altro le vicissitudini finanziarie della BP, la compagnia petrolifera che aveva in appalto l’impiego della piattaforma.

Quel poco che resta è giustamente correlato alle enormi problematiche ambientali che si stanno fronteggiando nell’area. Da qualche giorno a questa parte, inoltre, hanno cominciato a circolare voci di un possibile risvolto “climatico” che lo sversamento di petrolio nelle acque del golfo potrebbe avere nel medio e nel lungo periodo.

Andiamo con ordine, la mia attenzione è stata catturata da questo lancio dell’Ansa, riguardante la nota di un ricercatore italiano Gianluigi Zangari, fisico teorico del sincrotrone di Frascati ed esperto di sistemi complessi. Questi il titolo ed il sottotitolo dell’agenzia (la nota vera è propria è qui in versione pdf):

Marea nera, stravolto l’equilibrio naturale

Secondo uno studio italiano la chiazza di petrolio avrebbe bloccato la corrente del Golfo del Messico, vale a dire uno dei motori che contribuisce a riscaldarla

In pratica il problema sarebbe che il petrolio fuoriuscito dalle falle nei condotti di estrazione avrebbe “esercitato una pressione fisico chimica sul flusso delle correnti. L’immissione di un liquido molto denso, vischioso e non miscelabile come il petrolio in una soluzione salina molto leggera, come l’acqua di mare, ha generato il vortice che si è separato dalla Loop Current“.

Cerchiamo di capire. La Loop Current è una corrente di acqua molto calda che entra nel Golfo del Messico attraverso il Canale dello Yucatan, il tratto di mare compreso tra l’omonima penisola e l’isola di Cuba, pescando calore da latitudini più meridionali. La corrente piega leggermente verso est all’interno del golfo per poi virare a ovest e tornare verso Cuba, costeggiando la quale si riversa nell’Atlantico attraverso lo stretto di Florida, finendo così per alimentare la Corrente del Golfo, cioè l’enorme nastro trasportatore di calore che scorrendo attraverso l’oceano regola e mitiga il clima europeo. L’acqua trasportata dalla Loop Current è molto più calda del contesto delle acque del golfo, ne risulta quindi un dislivello importante con le acque circostanti per espansione termica (anche 60cm), il che facilità l’osservazione del fenomeno anche con radar altimetri, oltre che, ovviamente, con sensori di temperatura.

Il fisico dell’ENEA, attraverso una tecnica di analisi delle immagini da lui stesso sperimentata (la trovate qui), avrebbe individuato una interruzione nel flusso della corrente, che si sarebbe divisa in un vortice che gira in senso orario all’interno del golfo e in un flusso secondario che scorre lungo le coste di Cuba, riducendo così la capacità della corrente di alimentare la Corrente del Golfo. Di questa divisione, come detto, sarebbe responsabile la contaminazione delle acque con il greggio fuoriuscito a causa dell’incidente alla piattaforma di estrazione. La breve relazione di Zangari, termina con un paragrafo alquanto eloquente:

E’ ragionevole prevedere la minaccia che la rottura di una corrente calda così cruciale come la Loop Current, possa generare una reazione a catena di imprevedibili fenomeni critici ed instabilità di natura fortemente non lineare che potrebbero avere serie conseguenze sulle dinamiche dell’azione di termoregolazione che la Corrente del Golfo esercita sul clima globale“.

Messa così la faccenda è in grado di destare più di qualche preoccupazione. Del resto i risvolti climatici sono più che mai chiari nel titolo dello studio. Sul quale, però, sarebbe necessario avere qualche chiarimento.

Il lavoro è stato presentato ad una assemblea dell’Associazione Geofisica Italiana, è in forma di nota e, al di là delle ipotesi altamente incerte circa le conseguenze che quanto accaduto potrebbe avere, necessita certamente di un successivo approfondimento, ovvero di altre informazioni che potranno arrivare solo con il tempo e con l’osservazione nel prossimo futuro. Identificare la causa del distacco del vortice nell’alterazione delle proprietà fisico-chimiche delle acque trasportate, è un’ipotesi basata sullo studio delle velocità della corrente, lo studio è però essenzialmente un’analisi condotta con tecniche di imaging e non con eventuali studi di campionamento delle acque stesse.

Per capirci di più ho fatto qualche ricerca sulla Loop Current. Sul sito della NASA sono disponibili delle immagini che mostrano come nel maggio scorso una parte pur minima del greggio fuoriuscito sia stato “catturato” dalla corrente, tuttavia, successivamente, la NOAA avrebbe fatto sapere che le dinamiche della corrente stessa avrebbero tenuto il greggio al di fuori del flusso principale, scongiurando così il pericolo che questa ne potesse essere “contaminata”.

Questi aspetti sono però secondari rispetto al nocciolo del problema, ovvero la formazione di un vortice distaccatosi in modo anomalo dalla corrente indebolendone il potenziale di trasporto del calore.

Dalle pagine dell’Università di Boulder in Colorado, ho scaricato un documento (pubblicato sul Journal of Climatology) che chiarisce il fatto che il distacco di vortici anticiclonici dalla sommità della corrente è un fenomeno molto frequente, inizialmente si pensava fosse ciclico, ora con frequenza di occorrenza ritenuta più randomica. Il periodo di distacco, comunque sempre difficile da identificare, si aggirerebbe attorno alle 4 settimane, pur con episodi significativamente più lunghi. Il periodo di osservazione risale al 1973. Nel lasso di tempo in cui sono avvenuti distacchi con intervalli di parecchi mesi non è mai stata osservata la distruzione della Loop Current, né ci sono state importanti alterazioni della Corrente del Golfo e, visto che questa è responsabile della mitigazione del clima europeo, dovremmo nel caso specifico aver assistito a fenomeni piuttosto evidenti, almeno con riferimento al vecchio continente.

Una prima verifica può essere piuttosto immediata, perché sempre sul sito dell’università di Boulder, è disponibile un tool che consente di scaricare le immagini giornaliere delle osservazioni radar altimetriche del progetto Topex-Poseidon. Così ho fatto. Quelle che seguono sono le animazioni delle settimane immediatamente successive all’incidente e dell’ultimo episodio di distacco di un vortice osservato esattamente un anno fa più o meno nello stesso periodo. Gli eventi sembrano essere molto simili.

2010
2009

Quel che resta da capire, e qui è doveroso il beneficio del dubbio sostenuto dall’uso di tecniche di analisi di immagini molto più sofisticate, è se questo ultimo distacco seguirà la sorte di quelli che lo hanno preceduto oppure no, ovvero se sarà riassorbito dal normale corso della corrente. Sembra un po’ strano però, che nessuna delle fonti ufficiali tra quelle che osservano e analizzano da sempre questa corrente abbia fatto alcuna ipotesi che si avvicini al contenuto del lavoro con cui abbiamo aperto la discussione. E’ difficile che si tratti di distrazione, dal momento che gli occhi di tutto il mondo sono focalizzati proprio su quella zona in questi mesi. Almeno sin qui, sembra che questo episodio sia considerato del tutto normale. Inoltre, da quel che si legge sulla stampa estera, sarebbe stata proprio la formazione del vortice ad evitare che la parte di greggio giunta fino al settore più meridionale del golfo, fosse catturata dalla Corrente del Golfo. Qualcuno ha scritto anche che questa è stata una fortuna, anche se una valutazione del genere appare sinceramente fuor di luogo.

Di queste e di altre perplessità ho chiesto conto direttamente al Dott. Zangari, il quale ha prontamente risposto. Nel confermare le sue preoccupazioni e nell’essere ovviamente d’accordo che la situazione debba essere monitorizzata con attenzione, ha anche detto di aver identificato nella formazione di questo vortice delle differenze importanti rispetto alle dinamiche descritte nel documento del Journal of Physical Oceanography. Di qui la possibilità che l’evoluzione di questo distacco segua un destino diverso da quelli che lo hanno preceduto.

Per collezionare queste informazioni ed avere un quadro completo della situazione mi ci è voluto un bel po’, e credo di aver appena grattato la superficie del problema, mentre la notizia, nell’unica forma del lancio d’agenzia ha fatto il giro del mondo, però ad oggi non sono riuscito a trovare nulla di più approfondito di quanto ho riportato sin qui.

E’ senza dubbio una situazione che andrà seguita molto da vicino, seppur nell’unica forma -purtroppo- di spettatori. Lo faremo, come sempre, qui su CM.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAmbienteAttualitàClimatologiaNews

8 Comments

  1. Alvaro de Orleans-B.

    Leggo nell’Abstract del Dott. Zangari:

    “Since comparative analysis with past satellite data until may 2010 didn’t show relevant anomalies, it might be therefore plausible to correlate the breaking of the Loop Current with the biochemical and physical action of the BP Oil Spill on the Gulf Stream.”

    Mi sento un pò timido nel commentare le affermazioni di persone certamente più preparate di me, ma forse val la pena soffermarsi su quanto segue:

    1. Rileggendo l’Abstract, mi domando cosa voglia dire esattamente: “…it might be therefore plausible to correlate…”?

    Correlare, in un contesto scientifico, è una operazione matematica, mi dà un numero, che poi interpreto nel contesto del fenomeno che sto esaminando. Come già detto in queste pagine, l’elevata correlazione delle minori nascite e delle minori cicogne in Germania è calcolabile numericamente, ma non pare ragionevole trarne delle conclusioni, almeno di indole scientifica.

    Forse, “plausible to correlate” vorrebbe dire, in un linguaggio meno scientifico, “mettere plausibilmente in relazione”? D’accordo, ma allora dovrei almeno dare uno straccio di giustificazione sul perchè lo faccio, per non restare nel campo “cicogne e neonati in Germania”.

    Questa giustificazione non l’ho trovata, a meno che non sia reperibile nella frase citata dal Col. Guidi: “L’immissione di un liquido molto denso, vischioso e non miscelabile come il petrolio in una soluzione salina molto leggera, come l’acqua di mare, ha generato il vortice che si è separato dalla Loop Current”.

    Qui, però, avremmo un’altro problema: il petrolio sarebbe “molto denso”, e la soluzione salina “molto leggera”? Ahem… circa 1 g/cm3 per tutti e due, con un delta densità media minore del 10%… e questo piccolo delta potrebbe causare che (teniamoci larghi) 1E06 tonnellate di greggio fuoriuscito in pochi giorni avrebbe influito sull’inerzia di (teniamoci stretti) 1E15 t di massa d’acqua di Loop Current, “generando un vortice separato”? Credo che nemmeno la più ottimistica applicazione di, per esempio, un effetto Coanda fluidodinamico permetta di crederci. Per capire quel “vortice separato”, forse è meglio rispolverare Kolmogorov, che, in questo contesto, ci aiuta anche con questa sua citazione: “Every mathematician believes he is ahead over all others. The reason why they don’t say this in public, is because they are intelligent people”.

    2. Comunque, l’Abstract vuole avvertirci di una possibile variazione significativa della Corrente del Golfo (CdG) e del suo impatto climatico, ma mi sorge un dubbio, se vale ancora il principio di conservazione dell’energia: in parole semplici, se nel Golfo del Messico entra acqua calda dallo Yucatan, o si scalda il golfo, o il calore entrato dal sud dovrà pur uscire da qualche parte, e, con o senza vortici, sembra che lo abbia sempre fatto in gran parte tra la Florida e Cuba. Quindi, o presento una congettura che mi alteri questo stato di cose, o, con o senza oil spill, non credo che la CdG sia in pericolo, almeno come trasporto termico — come pulizia, resta da vedere! Insomma, abbiamo un vortice separato — where’s the beef?

    3. Salendo un gradino per ampliare la prospettiva, resta la domanda implicita nel titolo dell’Abstract: L’oil spill può causare un impatto climatico? Buona domanda — qui ho una curiosità personale che mi trova impreparato per soddisfarla, e che nasce dalla seguente considerazione: abbiamo visto che, come masse in gioco, l’oil spill potrebbe essere trascurabile, ma dove il suo effetto potrebbe forse essere signifcativo, è nell’alterazione della interfaccia mare/atmosfera.

    La superficie (possibilmente) alterata di questa interfaccia è significativa, forse 1E06 km2, lo 0.2% del pianeta. Domanda: sappiamo già qualcosa della variazione di albedo, di rateo di evaporazione, ecc. di una interfaccia mare/atmosfera “sporca” di petrolio? E questa variazione, applicata ad un milione di km2, potrebbe avere un effetto climatico avvertibile? Qualcuno su CM potrebbe dare un parere?

    Grazie,
    Alvaro

  2. Scusatemi se sono sempre un po’ polemico, ma l’unica cosa che mi viene da dire è che il dott. Zangari ha avuto il suo momento di celebrità.
    Ormai ho abbastanza esperienza (e un po’ di presunzione) per nasare lo strano odore che fanno questo tipo di previsione, soprattutto se poi sono condite da un po’ di disastri futuribili.
    Tra poco, quando tutto sarà rientrato come al solito nella normalità, ci saremo scordati di Zangari e non lo chiameremo a rispondere delle sue errate previsioni. Se anche lo facesse, qualche buon motivo per avere sbagliato l’analisi sarà sempre possibile trovarlo.

    Per Donato.
    La Corrente del Golfo può benissimo bloccarsi.
    Ti do le tre possibilità per le quali ciò possa accadere, scegli te la più probabile:

    1) fermare la rotazione terrestre;

    2) spianare le Montagne Rocciose;

    3) spegnere il Sole.

    Tanto per aiutarti, ti dico subito che l’ipotesi numero 2 è quella che ha meno influenza sulla CdG, però è quella che rende il clima europeo ancora più mite.
    In senso assoluto l’Europa è mite perché ha l’oceano dalla parte giusta e non per la Cdg.

    • Donato

      Ringrazio per l’attenzione.

      p.s. Ho apprezzato il tono della risposta.
      Donato Barone

  3. Donato

    Nel leggere il post ho potuto notare che alla Corrente del Golfo viene assegnato un ruolo molto importante nella regolazione del clima europeo. Ciò concorda con buona parte della bibliografia da me conosciuta. Qualche anno fa, però, ho potuto leggere un articolo divulgativo pubblicato sulla rivista “Le Scienze” in cui l’importanza della Corrente del Golfo ai fini della regolazione del clima europeo veniva fortemente ridimensionata. Il problema, in estrema sintesi, era posto nei seguenti termini. Si ipotizzava uno scioglimento rapido (conseguente al GW) della calotta glaciale groenlandese e l’immissione repentina di grosse quantità di acqua dolce nell’oceano. Tale acqua dolce determinava un blocco del nastro trasportatore oceanico per cui veniva meno il trasporto di grosse quantità di acqua calda verso le alte latitudini. L’articolista, eminente studioso di climatologia di cui non ricordo il nome, però, non attribuiva grande importanza a tale circostanza ai fini del clima nord-europeo. Secondo lui, infatti, il clima europeo più che dalla Corrente del Golfo, era influenzato dalle masse d’aria fredda di origine polare che le correnti a getto convogliano sulle aree continentali dell’America settentrionale e, successivamente, attraverso l’Atlantico, sull’Europa. Questa descrizione, che ho riassunto in modo drastico, in quanto l’articolo teneva conto anche delle condizioni orografiche del nord America, mi fece ricordare alcune considerazioni del compianto col. Bernacca. Egli, durante le sue memorabili previsioni meteorologiche, metteva in relazione le ondate di freddo nell’America settentrionale con quelle europee: le distanze temporali tra i due eventi oscillano intorno ai 20 giorni. Da allora, però, il dubbio mi è sempre restato: la Corrente del Golfo è in grado di influenzare il clima europeo in maniera tale che un suo blocco determinerebbe l’avvento di condizioni climatiche rigide in Europa? O, viceversa, la sua influenza sul clima europeo è secondaria rispetto ad altri agenti climatici (soprattutto di tipo atmosferico)? Vorrei conoscere il parere degli autorevoli articolisti del blog.

    p.s. Questo commento è forse OT rispetto all’articolo, però, riflette una personale esigenza di chiarezza.
    Donato Barone

  4. Luca

    Grazie dott. Guidi per quanto ci propone con cadenza quasi quotidiana.

    Lo stesso ringraziamento va a tutti gli autori degli scritti qui pubblicati, espressione della parte più nobile di quella scienza immune dagli interessi di parte.

    Continuerò a leggervi con un interesse sempre crescente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »