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L’adattamento degli organismi marini ai cambiamenti climatici e ambientali

Su sky tg24 alla fine del 2009 nel programma “Verso Copenhagen” dissero che i coralli si sono ridotti già del 60% e sono destinati a sparire presto, nello stesso periodo (03/11/2009) Al Gore ospite di David Letterman disse che l’uomo sta distruggendo la barriera corallina, che i coralli sono in via di estinzione e che l’uomo sta causando la 6° estinzione di massa.

Le cose per The encyclopedia of earth non stanno proprio così:

“Le barriere coralline stanno subendo dei danni da un certo numero di fonti. Si stima che il 10% di tutte le barriere coralline siano già degradate al di là di ogni possibile riparazione (sbiancamento)..le cause sono naturali e antropiche”.

Il fenomeno si chiama sbiancamento perchè le zone con i coralli morti appaiono più chiare. Le cause più importanti dello sbiancamento delle barriere sono l’aumento delle temperature e il calo del pH a causa dell’incremento del CO2 atmosferico. Tra le cause antropiche vi è anche la pesca di cui pochi parlano. Senza squali, tonni e sgombri, i pesci “mangia-coralli” proliferano ed erodono maggiormente la barriera; nel mar rosso c’è una pesca assurda e indiscriminata agli squali per il mercato orientale delle pinne (che per inciso fanno schifo), agli squali amputano le pinne prima di ributtarli a mare. Altre cause di danni alle barriere corallini sono i maremoti, gli uragani e l’inquinamento da idrocarburi, nitrati e metalli pesanti.

Il 60% delle barriere distrutte è solo una proiezione per il 2050, in realtà però nessuno conosce la capacità di adattamento dei coralli e le specie di coralli che saranno effettivamente danneggiate rispetto a quelle che saranno avvantaggiate.

Molti scienziati sono preoccupati perchè temono grandi difficoltà di adattamento delle barriere coralline nei prossimi decenni sia perché i fattori di cambiamento sono molti e simultanei, sia perchè sono repentini, però in quello che ho letto prevale la cautela, a partire dal lavoro molto citato di H. Wood et al1 i quali affermano che l’acidificazione può essere sopportata molto bene dagli organismi marini, ma questo ha un costo energetico per gli organismi che calcificano. Questo nel lungo periodo determinerà cambiamenti nella biologia marina.

Il meccanismo per cui gli organismi marini saranno svantaggiati dagli oceani più acidi (o meglio meno basici) è spiegato bene qui; in pratica l’abbassamento del pH rende più difficile la calcificazione quindi la formazione di scheletri, gusci ecc.

In un lavoro di A Thomas et al2 sulle scogliere di Thaiti, si dice che i cambiamenti della deglaciazione furono rapidi ed innestati da forzanti naturali ancora non conosciute perché le forzanti stimate dell’insolation (cicli di Milankovitch) non bastano a giustificarli. A questi cambiamenti di temperatura, alcalinità e salinità, delle acque i coralli riuscirono ad adattarsi bene. Il migliore esempio di adattamento è proprio la barriera corallina del Mar Rosso dove i coralli vivono rigogliosi a temperature e salinità più alte rispetto agli altri mari come l’oceano indiano e pacifico.

Un recente studio ha evidenziato che alle vongole per adattarsi a temperature molto più alte basta una mutazione che codifica una proteina, come al contrario la sintesi di una particolare proteina protegge i pesci artici dal gelare. Proteina antigelo che qualcuno erroneamente pensa sia stata inserita nelle fragole o nei pomodori OGM.

Gli organismi a scheletro calcificato dovrebbero essere svantaggiati dall’acidificazione, ci sono però vari organismi marini che sono avvantaggiati dal calo di pH. Sono ad esempio favoriti alcuni pesci3 e le specie di coralli “molli” rispetto a quelle con lo scheletro “duro”4. Tra l’altro i coralli duri (scheletrici) stanno calando in Pacifico ma aumentano ai caraibi5, mentre le stelle marine sono avvantaggiate sia dall’aumento delle temperature sia dal calo del pH6.

Justin Ries dell’University del North Carolina ha esposto nei laboratori 18 specie a livelli atmosferici di CO2 di molto superiori al livello pre-industriale (2850 ppm,). L’acidificazione delle acque ha determinato nelle aragoste, nei gamberi, e nei granchi blu un esoscheletro più grande e individui più pesanti, mentre i gusci di capesante, vongole e ricci si sono assottigliati e gli organismi ne sono stati danneggiati, anche molto7.

Jason M. Hall-Spencer et al8 studiando le zone molto acidificate vicino ai vulcani sottomarini italiani, hanno verificato che l’abbassamento del pH favorisce alcune specie (alghe) e ne limita altre (ricci). Langdon C. et al9 però smentiscono l’ipotesi che le alghe prevalgano sulle barriere soffocandole in caso di acidificazione degli oceani.

In un lavoro molto importante R. Metalpa et al10 hanno fatto crescere in acquari di laboratorio dei coralli tipici dei mari temperati con temperature e concentrazioni di CO2 crescenti. Gli autori hanno dimostrato che con temperature più alte fino a 3°C e più CO2 fino a 700 ppm questi coralli crescono e calcificano di più, perché aumenta il loro metabolismo. Quindi si presume che si diffonderanno su zone più ampie all’aumento della temperatura. Interessante il dubbio che lanciano gli autori, cioè che questa crescita potrebbe esserci anche nei coralli tropicali, e che se finora questo non è stato riscontrato potrebbe dipendere dal fatto che i dati vengano male interpretati o le incubazioni negli acquari siano troppo corte.

Sorprendete la capacità di adattamento all’aumento dell’acidità, riscontrato circa 120 milioni di anni fa durante la prima parte del periodo Cretaceo e dovuta ad una serie di eruzioni vulcaniche che pomparono enormi quantità di CO2 nell’atmosfera terrestre, descritta su Science da Elisabetta Erba et al11.

paleoclima

Secondo la ricostruzione di R Berner la concentrazione del CO2 nel cretaceo era intorno ai 2700-2800 ppm, circa 7 volte più di ora come si vede dal grafico. Durante questa fase di acidificazione oceanica alcune specie di piccoli organismi marini si estinsero del tutto mentre gli scheletri di alcune specie si deformarono o si ridussero in dimensioni che sono già forme di adattamento. Il fatto più sorprendente per gli autori è che la maggior parte di questi organismi si sia adattato ai processi di acidificazione degli oceani.

Alcuni organismi marini saranno svantaggiati dalla dealcalinizzazione altri favoriti, così per le diverse specie di coralli, altrimenti non si spiega come i coralli abbiano superato periodi della terra con cambi repentini delle concentrazioni atmosferiche di CO2. I coralli infatti vivono sulla terra da 600 milioni di anni in un continuo susseguirsi di specie diverse!

Se l’aumento del CO2 atmosferico danneggia gli organismi marini che necessitano di calcificazione, non bisogna però dimenticare che globalmente l’azione del CO2 è fertilizzante (basti l’esempio delle serre arricchite di CO2) favorendo tutta la biomassa vegetale compresa quella degli organismi marini che captano CO2 o che si nutrono di biomassa vegetale marina. Infatti è nei periodi caldi e ricchi di CO2 che si riscontra la massima concentrazione di vita sulla terra, ma anche nel mare e sulle barriere coralline, da Wikipedia:

Per tutta la storia della Terra, poche migliaia di anni dopo il primo sviluppo di scheletri o gusci mineralizzati, e quindi solidi, da parte di organismi marini, si sono quasi sempre costituite delle biocostruzioni tipo barriere coralline oggi rinvenibili fossilizzate nei sedimenti che si depositavano negli antichi mari, sempre in condizioni di acque calde temperate, senza apporti di sedimenti terrigeni.
I periodi di massimo sviluppo di queste costruzioni sono stati nel Cambriano medio (513-501 Milioni milioni di anni fa), Devoniano (416-359 M a) e Carbonifero (359-299 M a), principalmente ad opera dei tetracoralli che si estinsero alla fine del Permiano, Cretaceo superiore (100-65 M a) e Neogene (23 M a fino all’attuale), ad opera degli Scleractinia.

Dal grafico sopra si può verificare come in questi periodi sia la temperatura sia la concentrazione del CO2 fossero molto più alti di ora.

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  1. http://rspb.royalsocietypublishing.org/content/275/1644/1767.abstract
    Hannah L Wood1*, John I Spicer2 and Stephen Widdicombe “Ocean acidification may increase calcification rates, but at a cost” doi: 10.1098/rspb.2008.0343 Proc. R. Soc. B 7 August 2008 vol. 275 no. 1644 1767-1773 []
  2. http://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/324/5931/1186
    Alex L. Thomas, Gideon M. Henderson, Pierre Deschamps, Yusuke Yokoyama, Andrew J. Mason, Edouard Bard, Bruno Hamelin, Nicolas Durand, and Gilbert Camoin. Penultimate Deglacial Sea-Level Timing from U/Th Dating of Tahitian Corals. Science, 2009; DOI: 10.1126/science.1168754 []
  3. Checkley Jr., D.M., Dickson, A.G., Takahashi, M., Radich, J.A., Eisenkolb, N. and Asch, R. 2009. “Elevated CO2 enhances otolith growth in young fish.” Science 324: 1683 []
  4. Timothy Wootton1, Catherine A. Pfister, and James D. Forester – Dynamic patterns and ecological impacts of declining ocean pH in a high-resolution multi-year dataset PNAS December 2, 2008 vol. 105 no. 48 18848-18853 []
  5. Carricart-Ganivet, J.P. 2004. Sea surface temperature and the growth of the West Atlantic reef-building coral Montastraea annularis. Journal of Experimental Marine Biology and Ecology 302: 249-260 []
  6. Rebecca A. Gooding,1, Christopher D. G. Harley and Emily Tang “Elevated water temperature and carbon dioxide concentration increase the growth of a keystone echinoderm” PNAS June 9, 2009 vol. 106 no. 23 9316-9321 []
  7. http://news.sciencemag.org/sciencenow/2009/12/01-01.html
    DeLene Beeland “Acidic Oceans May Be a Boon for Some Marine Dwellers” Science now 2009 []
  8. Jason M. Hall-Spencer Riccardo Rodolfo-Metalpa1, Sophie Martin2, Emma Ransome1, Maoz Fine3,4,Suzanne M. Turner5, Sonia J. Rowley1, Dario Tedesco6,7 & Maria-Cristina Buia8 Volcanic carbon dioxide vents show ecosystem effects of ocean acidification Vol 454| 3 July 2008| doi:10.1038/ nature 07051 []
  9. Langdon, C., Broecker, W.S., Hammond, D.E., Glenn, E., Fitzsimmons, K., Nelson, S.G., Peng, T.-S., Hajdas, I. and Bonani, G. 2003.” Effect of elevated CO2 on the community metabolism of an experimental coral reef.” Global Biogeochemical Cycles 17: 10.1029/2002GB001941 []
  10. http://www.biogeosciences-discuss.net/6/7103/2009/bgd-6-7103-2009.pdf (full test) Rodolfo-Metalpa, R., Martin, S., Ferrier-Pages, C. and Gattuso, J.-P. 2010. Response of the temperate coral Cladocora caespitosa to mid- and long-term exposure to pCO2 and temperature levels projected for the year 2100 AD. Biogeosciences 7: 289-300 []
  11. http://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/sci;329/5990/428 Elisabetta Erba,1,* Cinzia Bottini,1 Helmut J. Weissert,2 Christina E. Keller2 Calcareous Nannoplankton Response to Surface-Water Acidification Around Oceanic Anoxic Event 1a Science 23 July 2010: Vol. 329. no. 5990, pp. 428 – 432 DOI: 10.1126/science.1188886
    Spiegata meglio qui
    http://news.sciencemag.org/sciencenow/2010/07/marine-creatures-survived-ancien.html []
Published inAmbienteAttualitàNews

7 Comments

  1. Alessandro

    Altre conferme sull’adattamento dei coralli e la loro selezione naturale, studio di giugno 2015:

    http://www.sciencemag.org/content/348/6242/1460

    Probabile che già dal 1976 i coralli abbiano iniziato ad adattarsi a temperature oceaniche più elevate e all’acidificazione degli oceani.

  2. Claudio Costa

    Altre cause antropiche di sbiancamento delle barriere coralline

    Una famiglia di lumache marine dette tritoni marini (famiglia Ranellidae), è I’unico nemico naturale della stella marina “corona di spine” (Acanthaster planci,) che da sola è in grado di divorare fino a sei metri quadrati di superficie corallina in un mese. Purtroppo i tritoni marini dichiarati specie protette sono stati quasi sterminati a livello mondiale, sia per esser mangiati sia perchè i loro gusci sono molto richiesti sui mercati di tutto il mondo perché molto belli e variopinti. Private dei loro unici nemici, le stelle corone di spine si sono moltiplicate senza controllo sia alle Maldive sia a Bali, e la conseguenza di questa alterazione dell’equilibrio della natura è stata purtroppo la distruzione di enormi tratti di reef.

    In Nuova Zelanda i biologi marini hanno constatato che l’enorme differenza tra le zone morte della barriera corallina dove era ammessa la pesca e quella delle riserve marine dove qualsiasi tipo di pesca è vietata da 40 anni in un raggio molto ampio, è la proliferazione dei ricci di mare. La pesca di aragoste e pesci snapper (famiglia Lutjanidae) e i pesci pappagallo che si nutrono di ricci di mare determina uno squilibrio demografico nelle popolazione dei ricci che nutrendosi di barriere coralline, le distruggono provocando lo sbiancamento.

  3. Crescenti Uberto

    Concordo pienamente con le conclusioni di Claudio Costa ed in particolare con la tesi che la forzante che ha dominato i cambiamenti climatici durante l’Olocene è il flusso magnetico solare. Il ruolo dei gas serra è quasi certamente molto modesto. Il mio parere è soprattutto basato sulla storia del clima,che ci informa sugli effetti e non sulle cause dei cambiamenti cimatici e ci racconta senza ombra di dubbio che durante il trascorso millennio si sono succeduti il periodo caldo medioevale (con teperature di almeno 1 o 2 gradi superiore alle attuali) e la piccola era glaciale, fasi cancellate come ben noto dalla curva a mazza da hockey, perchè scomode per le tesi dell’IPCC. Ritengo che lo studio del passato sia fondamen tale per tentare previsioni climatiche per il futuro.

  4. Claudio Costa

    stamane a Rai Radio3 scienza ho sentito parlare il climatologo Sergio Castellari tra le altre cose ha parlato anche dei problemi di acidificazione degli oceani per plancton e coralli.
    Forse non aveva ancora letto le ricerche qui citate ..ora gle le mando

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