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C’è più traffico nel passaggio a nord ovest che sulla Salerno Reggio

Allora, spuntano fuori i resti di un vascello affondato 160 anni fa nell’Artico canadese, 600 chilometri a nord del Circolo Polare. La nave pare fosse stata mandata in soccorso di altre che cercavano di attraversare il famoso passaggio a nord ovest ma senza successo. Una parte dei componenti dell’equipaggio completò il percorso ma sulle slitte, per cui, niente targhe e pacche sulle spalle, solo un gran freddo poveracci.

Il ritrovamento però, è subito preda di dispensatori di sciagure. Sembra che soltanto ora, con il ghiaccio sempre più in forma di granita che di solidi cubetti da drink, sia stato possibile accedere all’impervia zona dell’affondamento. Dannati cambiamenti climatici! Ma come ce l’avevano portata la nave lassù, sul groppone dei marinai?

Sarà mica che 160 anni fa un pezzo di legno dalla forma oblunga e in grado di portare degli uomini da quelle parti stava a galla? Sarà mica che 160 anni fa c’è stato meno ghiaccio di oggi? Ma non era tutto “unprecedented”? Facciamo due conti, 2010 meno 160 fa 1850. Ma dai, proprio l’anno da cui si calcola il trend delle temperature dell’era moderna. Quando si dicono le coincidenze, com’era? Freddo, caldo o così così?

La prima direi, circa un decimo di grado di anomalia negativa secondo il database del GISS, cioè la bellezza di otto decimi di grado in meno rispetto alle anomalie attuali.  E come diavolo faceva ad esserci meno ghiaccio di oggi? Un bel mistero questo clima pazzerello.

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Published inIn breve

16 Comments

  1. Scusate ma non vedo il catastrofismo di cui mi accusate: non ho mai sostenuto che i Thule abbiano scavato nel permafrost, nè che esistessero alberi a quelle latitudini.
    mi sfugge qualcosa credo: il fatto che un tempo non ci fosse il ghiaccio non dà garanzie sul fatto che lo scioglimento odierno si arresti all’epoca Thule e non sommerga la zona.
    Peraltro nemmeno questa è una novità visto che si alternano glaciazioni a periodi più caldi e il mondo continua a modificarsi. però ciò non elimina il rischio di perdere importanti testimonianze di una civiltà semi sconosciuta.
    Le tesi del riscaldamenteo globale non hanno mai asserito che non ci siano state variazioni climatiche in passato nè che non ce ne saranno in futuro: il problema è la velocità maggiore del cambiamento dovuto a una causa – la Co2 emessa dall’attività umana – su cui possiamo fare qualcosa.

    • errata corrige: nè che NON esistessero alberi a quelle latitudini

  2. Luca Fava

    Leggendo questa notizia mi è tornato in mente questo altro esempio di ottuso catastrofismo.

    Alaska: «caldo» minaccia necropoli
    I ghiacci sciogliendosi restituiscono le tombe di un antico popolo. Che però ora rischiano di essere sommerse
    ALASKA (Usa) – Sepolti nel ghiaccio, poi restituiti all’aria e ora in balia delle onde. Questo il destino delle tombe degli Inupiat, popolazione indigena dell’Alaska, che dopo essere state conservate tra i ghiacci per secoli stanno progressivamente ricomparendo in superficie. E, se qualcosa non cambierà, presto verranno sommerse dalle acque sempre più calde del mare Artico. Accade in Alaska, a Nuvuk, o come si chiama ufficialmente adesso Point Barrow, il punto più settentrionale degli Stati Uniti. Una vera città-fantasma che si è trasformata in centro archeologico quando dieci anni fa il ghiaccio in liquefazione ha riportato alla luce i primi cadaveri. Per la gioia degli archeologi che ora stanno studiando il materiale riemergente. I cadaveri appartengono infatti ai residenti di Nuvuk, ed è probabile che si tratti del popolo di Thule, antenati degli odierni Inupiat.
    RISCALDAMENTO GLOBALE – L’erosione dei ghiacci, con il mare che riconquista il suolo calpestabile, rischia adesso di far naufragare le aspettative per l’importante ritrovamento. Nuvuk si trova infatti al punto di congiunzione di due mari, quello di Beaufort e quello di Chucki, e gli effetti del riscaldamento globale si fanno sentire particolarmente qui a soli duemila chilometri dal Polo Nord. Cambiamenti nelle correnti e nella temperature delle acque circostanti hanno sancito un’erosione della superficie dai ritmi galoppanti, quasi 20 metri all’anno nell’ultimo lustro. Di questo passo i siti archeologici appena ritrovati rischiano di finire in acqua. E se il ghiaccio nasconde ma conserva, l’acqua distrugge irrimediabilmente i reperti.

    THULE – Gli studi fin qui condotti hanno permesso di osservare che i Thule di Nuvuk venivano sepolti in casse di legno o di osso di balena e spesso venivano ricoperti con pelli e pellicce. Nelle casse sono stati ritrovati alcuni utensili e delle pietre rotonde, probabilmente d’uso ornamentale durante il rito funebre. Dagli utensili gli studiosi contano di ottenere informazioni preziose per ricostruire la storia delle popolazioni artiche. La datazione dei reperti riemersi dai ghiacci non è ancora stata effettuata ma si presume che si possa trattare di una comunità insediatasi nella zona di Nuvuk mille anni fa. Nuvuk è stata abitata fino agli inizi del secolo scorso, quando i pochi uomini sopravvissuti l’hanno abbandonata trasferendosi nella vicina Barrow.
    Gabriele De Palma
    02 gennaio 2008

    Delle tombe emergono dopo secoli dal ghiaccio…quindi secoli fa il ghiaccio non c’era…altrimenti come cavolo avrebbero fatto gli inuit a scavare la terra?

    • Filippo Turturici

      Ci vorrebbe un archeologo esperto di quella cultura, tuttavia la cultura di Thule (praticamente gli antenati degli odierni eschimesi) è molto interessante proprio per i suoi “aspetti paleoclimatici”.
      In rete non si trova gran ché, ma anche quel poco offre spunti interessantissimi; tre articoli a riguardo:

      http://www.mnsu.edu/emuseum/prehistory/northamerica/culture/canadian/thule.html

      http://www.thecanadianencyclopedia.com/index.cfm?PgNm=TCE&Params=A1ARTA0007996

      http://en.wikipedia.org/wiki/Thule_people

      Faccio innanzitutto notare una cosa: tutte le fonti pongono tra le cause della decadenza di tale cultura, il deterioramento (sic) delle condizioni climatiche durante la Piccola Età Glaciale; ed ancora più interessante è la parte del primo articolo che recita: “The Vikings soon abandoned Greenland, probably as a result of the Lesser Dryas, or Little Ice Age which precluded farming in Greenland. The closure of open water during the same period was difficult for the Thule as well who adapted by abandoning permanent coastal settlements in favor of mobile seal hunting camps on the ice.”
      Stiamo parlando di un popolo che si era stanziato letteralmente all’estremo nord delle Terre Artiche (costa settentrionale della Groenlandia, isola di Ellesmere http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/e/ef/Artic-cultures-900-1500.png ), laddove il mare è sempre gelato anche oggigiorno, anche negli ultimi “tragici” minimi estivi; nonché in tutte le isole dell’arcipelago canadese, laddove oggi si può aprire (ma era già capitato alcune volte nel secolo scorso) il “Passaggio a Nord-Ovest”, ma che rimangono acque comunque in gran parte ghiacciate pure d’estate. E d’improvviso veniva a trovarsi a dover sopravvivere ad un drastico cambiamento climatico, con il mare aperto non più libero dai ghiacci.
      Infine, dall’articolo di De Palma, prenderei un altro spunto oltre a quello ragionevolissimo di Luca Fava (provate voi a scavare tombe nel permafrost): cioè che “venivano sepolti in casse di legno”. Ora, per fare una cassa in legno, io non so nulla di falegnameria, ma ci vuole sicuramente del legname: e per ottenerlo, bisognerà avere degli alberi, e pure discretamente sviluppati nel tronco, non credo basti qualche arbusto, o no? E allora vediamo qual è il limite settentrionale degli alberi in “zona Thule”:
      http://simple.wikipedia.org/wiki/Tree_line#Arctic_and_antarctic_tree-lines
      http://www.geographicguide.net/arctic-map.htm
      e vediamo subito che attualmente in Alaska è a 68°N, nei Territori del Nord-Ovest a 69°N, mentre Point Barrow/Nuvuk è a oltre 71°N. Quindi, o c’era un commercio di legname dal Canada “continentale” alle coste artiche (che non so se sia possibile, ci vorrebbe davvero un esperto sulle culture locali) oppure all’epoca c’erano alberi che crescevano in zona senza grossi problemi.

    • Filippo Turturici

      PS ovviamente, anche un commercio dall’Alaska interna alla costa artica, non essendo l’Alaska parte del Canada ma degli USA.

  3. Bernardo Mattiucci

    basta un semplice controllo su Wikipedia per constatare che

    1) quella trovata non e’ la nave Investigator, semplicemente perche’ quella nave si trovava in Australia.
    2) la spedizione delle navi Terror e Erebus, di fatto, ha fallito il tentativo di attraversare il “passaggio a nord-ovest”.
    3) la spedizione di soccorso, composta da 2 navi, ha fallito il tentativo di soccorso alle prime 2.

    Il “passaggio a nord-ovest” era CHIUSO!

    • Grazie Bernardo, ci dai gli estremi delle informazioni che hai?
      Comunque, Investigator o no, era una nave, e lì ci era arrivata in qualche modo. Direi che il succo del discorso è questo no?
      gg

    • Maurizio

      A meno che i neghisti non abbiano trasportato ed affondato il relitto apposta…

  4. uberto

    “Are the fires torching hot and dry British Columbia and Russia, Pakistan’s record floods and the newly reported century-long decline of plankton — the tiny creatures that support the oceans’ food chain — early results of the disastrous human experiment? We don’t know yet, but we’re acting determined to find out.”

    I sono su questa posizione. Meglio allarmisti che rischiare l’unico pianeta che abbiamo.

    • Maurizio

      Ma l’unico pianeta che abbiamo ha già rischiato parecchio da solo anche quando non c’eravamo noi.
      Va da sè che se di pianeti ne avessimo due non se ne parlerebbe proprio di rischiarne uno, e anche con tre pianeti ogni abitante di pianeta direbbe agli altri di rischiare il proprio, tale e quale alla sindrome NIMBY… Insomma non se ne esce col principio di precauzione! Il problema è valutare razionalmente il rischio. Ma in questi casi di razionale c’è rimasto poco, è tutto un atto di fede.

  5. agrimensore g

    Il libro di Svensmark/Calder sull’influenza dei GCR sul clima parte proprio da questo tipo di considerazioni: prende ad esempio delle rovine romane costruite a livello di un ghiacciaio nei pressi una cittàdina svizzera di Thun. Per anni gli abitanti si sono chieste perchè diamine i romani avessero costruito lì in alto, finchè, quando il ghiacciaio ha cominciato a ritirarsi, si è scoperto a poco a poco che nel corso dei secoli, fino al medio-evo, quello era un passo alpino utilizzato per andare da una vallata all’altra. Le rovine erano un punto di ristoro.

  6. Guido Botteri

    In altre parole, se nel 1850 una nave galleggiava in quella zona, partendo dal 1880, come fa Hansen, sparisce anche il dato, e si può far credere alla gente che un caldo così non ci sia MAI stato.
    “MAI” per Hansen significa “mai DAL 1880”
    “MAI” per la gente comune significa “mai” e basta.
    Credo che siano questi i fraintesi che portano tanti consensi, e sarebbe ora che la gente lo capisse.
    Secondo me.

  7. Guido Botteri

    il 1850 è stato bocciato da Hansen, con tutti,tutti gli anni precedenti.
    Cancellando il passato, e quindi anche il 1850, si vuol far credere che non ci sarebbe mai stato un caldo così. Non ci sarebbe stato, non perché non ci sia veramente stato, ma perché le verità scomode vengono seppellite, insabbiate (come si dice), ed è come quando vuoi capire come è nato un goal, e ti fanno vedere solo la palla che entra in rete. Che puoi capire, se non sai cos’è successo prima ? Ecco l’importanza di non sapere, di non ricordare, di perdere i dati. I serristi sono bravissimi in questo…vedi la vicenda di Phil Jones, pluriperdonato, e che ha potuto perdersi dati fondamentali come se niente fosse.
    Già i giovani non amano la storia, non studiano il passato, e quindi sono più facilmente manipolabili, e gli si può far credere quello che si vuole, a patto, appunto, di non mettergli a disposizione l’esperienza del passato che contraddice i catastrofisti.
    Per questo esorto i giovani allo studio del passato, allo studio della storia, e a far frutto dell’esperienza altrui.
    Solo così capiranno quando qualcuno sta cercando di fargli credere quello che vuole.
    Secondo me.

  8. Luca Fava

    L’ultima frase dell’articolo è paradigmatica “Ma ora, a causa del riscaldamento climatico, torna a essere accessibile”.
    TORNA AD ESSERE ACCESSIBILE…appunto. Allora era già accessibile 160 anni fa.
    Fanno i catastrofisti, ma non si rendono nemmeno conto di quello che dicono….

  9. Maurizio

    Che sia un “proxy” anche questo? Very likely, of course…

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