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La “To do list”

Voi la usate? Io addirittura ne abuso. Vivo circondato da fogli e foglietti, agende, scadenzari digitali e non che mi ricordano continuamente cosa devo fare. Dai progetti di lungo periodo alla classica lista della spesa, un ballo continuo di promemoria. Pensavo di essere un po’ fobico, ora sono almeno sicuro di essere in buona compagnia, anzi direi ottima compagnia.

Leggo da Fox News, ma la faccenda è presente un po’ ovunque sulla rete anche se più o meno sempre nella stessa forma, a riprova che in effetti non se ne sa molto e, soprattutto, non è trapelato nulla di ufficiale. Vi starete chiedendo cos’è che dovesse trapelare e da dove. La location è un paesino delle Alpi austriache, il luogo dove in occasione dell’ultimo Labor Day il Segretario Generale delle Nazioni Unite e una sessantina di fedelissimi alti funzionari hanno trovato il loro buen retiro.

Motivo, metter giù una lista di cose da fare. Fox News scrive che lo scopo era quello di ideare una strategia per portare l’ONU al comando dell’agenda del mondo, un po’ forte come affermazione, però qualcuno mi deve spiegare perché si dovrebbe discutere di quanto segue:

how to restore “climate change” as a top global priority

come riportare il “cambiamento climatico” alla condizione di prima priorità globale

E perché? Oppure ancora:

[…] the impacts continue to be worse than predicted

[…] gli impatti continuano ad essere peggio di quanto previsto

Ma dove? Quando? Come?

Siamo in presenza di un acceso dibattito scientifico, politico e diplomatico, al quale prendono parte giustamente scienziati di alto livello, leader quasi tutti democraticamente eletti e loro rappresentanti che di fatto rappresentano quell’elettorato. Le basi scientifiche non sono definite, le implicazioni economiche finanziarie e sociali sono un problema con cui le nazioni devono confrontarsi nell’interesse dei propri cittadini e della comunità internazionale, il problema, insomma, è aperto.

Se tutte queste dinamiche hanno fatto scendere il problema nella classifica delle priorità una ragione ci sarà, anzi, ce n’è più d’una, ma la più importante è che i posti in classifica questo “problema” li ha scalati per effetto di una strategia di comunicazione portata avanti proprio dall’organismo delle Nazioni Unite, l’IPCC, le cui difficoltà e le cui debolezze sono venute prepotentemente a galla una volta sottoposte ad analisi dettagliata con il rapporto presentato dall’Interacademy Council il 30 agosto scorso.

Dobbiamo aspettarci un resumé di questa strategia? Perché si dovrebbe continuare a considerare “top priority” un problema che non lo è e che soprattutto è anni luce dietro le difficoltà endemiche della specie umana quali la fame, la povertà e gli innumerevoli conflitti che affliggono centinaia di milioni di persone? Ma c’è davvero qualcuno che crede che pale eoliche e pannelli fotovoltaici nel primo mondo daranno da mangiare a chi vive nel terzo?

Che dire? Avranno discusso di come fare, speriamo che non abbiano trovato una soluzione.

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Published inAttualitàNews

3 Comments

  1. Pompilio Sammaciccio

    Bell’articolo.
    Quello che succede oggigiorno mi ricorda l’inizio 800, quando nel campo geologico c’era la disputa tra catastrofisti ed evoluzionisti (con Darwin in testa). Sappiamo a chi la scienza ha dato ragione. Ma la storia si ripete…

    Ilio

    • E’ peggio in realtà, perché la storia non si ripete mai, al massimo fa la sua caricatura.
      gg

      Ps: ovviamente la frase non e’ mia, e’ di Karl Marx.

  2. Guido Botteri

    Di una cosa sono convinto, che la politica ambientalista non solo non darà molto da mangiare al terzo mondo, ma ne ridurrà enormemente le possibilità e il benessere, che già ora non sono al top, ma che, progresso permettendo, sarebbero certamente migliorati.
    Non a caso sempre più persone chiamano ecoimperialismo, o ecocolonialismo le politiche ambientali, che di fatto rallentano il progresso economico di quelle nazioni.
    Chi è ambientalista convinto e in buona fede, e non dubito che lo sia la stragrande maggioranza degli ambientalisti, prenda atto di questo:
    fame e progresso sono inversamente collegati,
    più progresso significa meno fame, e viceversa.
    Invocare la de-crescita o il de-sviluppo, vuol dire augurarsi meno cibo per le persone.
    Quanto produce una zappa, che, dati alla mano, ha una bellissima impronta ecologica ?
    Quanto produce invece un bel trattore moderno, e l’applicazione delle ultimissime tecniche agricole ?
    Eppure questo ha una pessima impronta ecologica…
    Facciamo così, dividiamo un campo in due parti uguali, un ambientalista ne coltiva una metà con la zappa, e con solo uso di tecniche “naturali”, ed un agricoltore moderno ne coltiva l’altra metà, con i mezzi più moderni, e con un’impronta ecologica “cattiva”.
    Poi vediamo quanta gente sfama l’uno, e quanta l’altra.
    E l’impronta ?
    Io saprei cosa farne, ma per rispetto taccio mormorando tra me e me… 🙂
    Perché le risorse non sono quella torta che pensa chi ha una visione statica e non sa, o finge di non sapere che il mondo evolve dinamicamente, e con esso le tecnologie, e ciò che si può produrre oggi non è quello che si potrà produrre domani.
    La prova ?
    Presto fatto:
    non possiamo viaggiare nel tempo in avanti,
    finché Shelburn non proverà la sua teoria fantascientifica dei viaggi nel tempo 🙂
    ma possiamo viaggiare con la fantasia nel passato, e confrontare se finora sia stato vero quello che ho appena affermato.
    Fatelo voi, che a me mi vien che ridere, e poi me lo raccontate, se è vero che le risosrse siano sempre aumentate.
    Non fate i furbi però, perché se dite che un campo produce tot risorse, dovete dimostrarlo, e dovete dimostrare che non sia possibile produrne di più, cosa che finora è stata costantemente smentita.
    Secondo me.

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