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Un pianeta cotto al vapore

Dicono che la cottura al vapore sia salutare, non me ne intendo, ma mi sorge il dubbio che una simile accezione positiva non si adattabile al funzionamento del sistema clima.

Forse non proprio tutti sanno che le proiezioni di inarrestabile e pericoloso riscaldamento del pianeta, pur avendo all’origine una accresciuta concentrazione di anidride carbonica derivante dal massiccio uso di combustibili fossili, si basano essenzialmente sul cosiddetto feedback da Vapore Acqueo, cui si dovrebbe appunto l’effetto amplificante della nota ma minimale parte di accresciuto contenimento del calore operata dalla CO2.

Concettualmente il feedback del vapore acqueo è semplice ed intuitivo, in quanto è noto che una massa d’aria calda può contenere una maggiore quantità di vapore di un pari volume a più bassa temperatura, così come è noto che aria più calda a contatto con le superfici oceaniche ne può accrescere il rateo di evaporazione. Dal momento che il vapore acqueo è di gran lunga il gas serra più efficiente -molto più della CO2- ed è presente in atmosfera in concentrazione ad essa molto superiore, si presume che il feedback da esso innescato sia esclusivamente positivo, ovvero amplificante, proprio come rappresentato nei modelli di simulazione climatica (GCM).

In un documento pubblicato da Roy Spencer sul suo blog, ho trovato però delle interessanti riflessioni su questa ipotesi, una serie di considerazione che solleva più di qualche dubbio al riguardo, per l’esattezza ben cinque.

Il comune denominatore di una presunta non assoluta positività del feddback del vapore acqueo è l’alterazione dei processi precipitativi che si può innescare per effetto di una maggiore disponibilità di questo gas in atmosfera. Infatti, se più vapore acqueo vuol dire più effetto serra, è pur vero che più vapore acqueo può anche voler dire più nubi e maggiori precipitazioni, note, queste ultime, per innescare un feedback negativo, cioè mitigante piuttosto che amplificante.

Evaporazione e precipitazioni

Quanto vapore acqueo può esserci in atmosfera? Qusta quantità è strettamente dipendente dal rapporto tra evaporazione precipitazioni. Sappiamo quanto la prima aumenti all’aumentare della temperatura, ma non sappiamo, né si sa come spiegarlo ai GCM, come possa cambiare l’efficienza delle precipitazioni.

Un feedback da vapore acqueo negativo può sussistere anche con accresciuta quantità di vapore acqueo in atmosfera

La maggior parte del vapore acqueo è “imprigionata” negli starti più bassi dell’atmosfera, sotto il cosiddetto “Planetary Boundary Layer” (PBL), ma è il vapore acqueo contenuto sopra di esso, nella libera troposfera, ad essere importante nel processo di interazione con la radiazione ad onda lunga uscente e nei processi precipitativi. Perciò, un aumento di vapore acqueo in basso ed una sua diminuzione in alto, pur restituendo un saldo positivo, possono comunque innescare un feedback negativo indotto dalle precipitazioni. Di questo, come rappresentato da Miskolczi (Miskolczi 2010) in un lavoro di cui Luigi Mariani ci ha proposto la disamina (qui il post e qui il pdf), ci sono in effetti alcune interessanti evidenze osservative.

Rapporto causa ed effetto

Questo è un autentico cavallo di battaglia per Spencer, un aspetto che ha approfonditamente esplorato tanto nel suo libro quanto nella sua ultima pubblicazione scientifica. E’ noto che gli anni più caldi siano caratterizzati da una maggiore concentrazione di vapore acqueo in atmosfera, ma, ancora una volta, in presenza di altri numerosi fattori in grado di indurre delle modifiche ai processi precipitatitivi, quali lo shear del vento e la distribuzione delle masse d’aria, chi ci dice che il riscaldamento non sia indotto dal vapore in eccesso piuttosto che il contrario come si ritiene debba accadere?

Evidenza delle radiosonde

Dalle osservazioni fatte con i radiosondaggi si evince che in un periodo di riscaldamento e umidificazione del boundary layer quale quello delle ultime decadi, ci sia stata una progressiva diminuzione dle vapore acqueo nella libera troposfera. Questo genere di misura comporta certamente molte difficoltà e non sempre risulta affidabile, ma questa affidabilità è difficile che possa oscurare una generalizzata inversione di tendenza della concentrazione di vapore acqueo sempre alla stessa quota, ossia sopra il boundary layer.

L’assenza dell’”hot spot” troposferico

Il presunto massimo riscaldamento della media troposfera in presenza di un forcing antropico dominante, il cosiddetto “hot spot”, così efficacemente rappresentanto nei modelli di simulazione, ma del tutto assente nella realtà delle osservazioni, è un frutto del segno positivo assunto nei moelli per il feedback del vapore acqueo. In pratica più si considera forte il feedback positivo del vapore, più deve decrescere, ovvero assumere segno negativo, il feedback del gradiente termico verticale (perché si scalda la media troposfera). Ma se questa diminuzione non c’è, così come è assente l’hot spot, può voler dire che il feedback del vapore acqueo è basso o addirittura negativo.

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Questi aspetti, dice Spencer, non vogliono necessariamente confutare quanto si ritiene acquisito nel mainstream scientifico, ma pongono certamente qualche interrogativo che ho trovato utile estendere ai lettori di Climate Monitor.
Se credete, la discussione è aperta.

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Published inAttualitàNews

6 Comments

  1. Luigi Mariani

    Un test convincente della capacità di autoregolazione del sistema climatico si può cogliere nel potentissimo evento di El Nino del 1998. In quel caso le temperature planetarie (si veda ad esempio la voce “global temperatures” in http://www.climate4you.com/) salirono considerevolmente anche a seguito delle grandi quantità di vapore acqueo immesse nella troposfera da El Nino, che pur essendo fenomeno squisitamente tropicale presenta notevoli ripercussioni planetarie in virtù della eccezionale attività convettiva che lo accompagna.
    A questo punto avremmo dovuto attenderci un aumento ulteriore del vapore acqueo, con conseguente aumento delle temperature che avrebbero stimolato un’ulteriore cessione di vapore acqueo dagli oceani all’atmosfera e così via, con una reazione a catena che avrebbe condotto in breve tempo il pianeta alla “cottura a vapore” di cui parla Guido (un fenomeno che in gergo è detto di “runaway greenhouse effect”).
    Il fatto che ciò non si sia verificato e che invece l’atmosfera si sia rapidamente liberata dell’eccesso di vapore acqueo attraverso e precipitazioni, ritornando alle temperature tipiche delle fasi extra nino, meriterebbe attenzione poiché ci rimanda dritti dritti alla teoria dell’iride adattivo di Lindzen e ci mostra che l’atmosfera terrestre è sede di meccanismi di autoregolazione assai efficaci e solo in parte noti. Concludo segnalando che senza meccanismi di autoregolazione non si spiega il fatto che nel pleistocene (ultimi 2.5 milioni di anni) le temperature del pianeta siano variate all’interno di limiti ben precisi manifestando una ragguardevole stabilità.

  2. teo

    E oggi ho scoperto che anch’io ho commesso un errore! No, non che non ho mai usato la famosa brillantina, ma che ha vinto Ed e non David!!
    Acc…come in Italia…mai convincersi dei risultati prima dell’ultimo seggio completamente scrutinato altrimenti ti freghi con le tue mani!
    Scusatemi Voi, e anche Ed, per l’errore.

  3. Luigi Mariani

    Conclusione del discorso di Teo: Roy Spencer non potrà mai diventare leader dei laburisti inglesi….

  4. teo

    Caro GG, come al solito mi re-introduci la pericolosissima meteorologia (talvolta peggio ancora parli di strato limite), il contenuto di vapore in una massa d’aria e, orrore massimo, anche i passaggi di stato. Guarda che tutto era ormai cosi’ chiaro, persino al Miliband che ha appena battuto il fratello di 0,000qualcosa il fratello alla testa del partito laburista: the physics of climate change is simple!! Parola!
    Per fortuna che molti blog nazionali ed internazionali ci avevano gia’ avvertito di questa specie di deriva genetica che impone ai meteorologi di essere ‘skeptical inside’. Questa voglia di interpretare il clima a colpi di termodinamica anziche’ di trend statistici. Ma perche’ andarsi a rovinar la vita con le equazioni, i feed-back, il contenuto di vapore, quando la verita’ e’ cosi’ semplice, come dice il neo-leader del Labour, David, che basta guardare un grafico e (zac!) capisci tutto?
    Guarda, secondo me anche nel filmato dell’hail storm di Hoklahoma City, e’ evidente che alla fine l’acqua nella piscina e’ calata a causa del riscaldamento globale. Questione di feeling

    • Teo che ci vuoi fare, ogni tanto una scivolata d’ala ci scappa. 🙂
      gg

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