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Un rosso che osservava il verde

Marx ed Engels sono prevalentemente conosciuto per quanto scritto a livello politico e filosofico.

Pur essendo la loro epoca lontana cronologicamente dall’IPCC ed i recenti studi sugli effetti del riscaldamento globale, è interessante ed istruttivo leggere la lettera di Marx ad Engels del 25 marzo 1868 in cui, commentando un libro del botanico e agronomo tedesco Karl Nikolaus Fraas (qui e qui) e dal titolo tradotto in italiano“Clima e regno vegetale nel tempo, un contributo alla storia di entrambi”. Marx scrive:

“Very interesting is the book by Fraas (1847): Klima und Pflanzenwelt in der Zeit, eine Geschichte beider, namely as proving that climate and flora change in historical times. He is a Darwinist before Darwin, and admits even the species developing in historical times. But he is at the same time agronomist. He claims that with cultivation — depending on its degree — the ‘moisture’ so beloved by the peasants gets lost (hence also the plants migrate from south to north), and finally steppe formation occurs. The first effect of cultivation is useful, but finally devastating through deforestation, etc. This man is both a thoroughly learned philologist (he has written books in Greek) and a chemist, agronomist, etc. The conclusion is that cultivation — when it proceeds in natural growth and is not consciously controlled (as a bourgeois he naturally does not reach this point) — leaves deserts behind it, Persia, Mesopotamia, etc., Greece. So once again an unconscious socialist tendency!”

traduzione “veloce”:

“E’ molto interessante il libro di Frass (1847) ‘Clima e regno vegetale nel tempo, un contributo alla storia di entrambi’, per la dimostrazione che in epoca storica clima e flora cambiano. Egli è darwinista prima di Darwin e fa sorgere le specie stesse in epoca storica. Ma allo stesso tempo è agronomo. Sostiene che con la coltivazione – secondo il grado di questa – va perduta la “umidità” tanto cara ai contadini (per questa ragione le piante migrano dal sud al nord) e subentra infine la formazione di steppe. I primi effetti della coltivazione sono utili, ma infine devastanti a causa del disboscamento ecc. Quest’uomo è eruditissimo come filologo (ha scritto libri greci) e lo è altrettanto come chimico, agronomo ecc. La conclusione è che la coltivazione, procedendo naturalmente e non dominata consapevolmente (a tanto non arriva naturalmente come borghese) lascia dietro di sé i deserti. Persia, Mesopotamia, ecc., Grecia. Di nuovo quindi una inconsapevole tendenza socialista!”.

Interessante l’osservazione che all’epoca la natura cambiava e la desertificazione avanzava,  ad esempio in Grecia all’epoca l’intervento umano sulla natura era la coltivazione e non l’emissione (di cui si discuterà dopo poche decine di anni), è possibile evincere anche come temi legati alla natura possono trovare una riflessione e “dimostrazione” del pensiero in campo politico-filosofico.

Dopo che Stalin è stato osservatore meteorologico, è curioso notare che anche Marx s’interessava di clima. Per chi desidera approfondire i vari aspetti può essere di stimolo questa lettura.

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5 Comments

  1. Luigi Mariani

    Bè, diciamo che per Chateaubriand (o Catelbriante, per dirla se non erro con Foscolo) fra il bosco e il deserto ci è scappata una bistecca…lo stesso che faceva il buon Kit Carson: una bistecca alta tre dita e una montagna di patatine fritte…e con questo l’OT ha vinto su tutta la linea).

  2. Guido Botteri

    Scusate, non resisto, lo so che è OT, ma è sempre un granello di coltura, e quando sento parlare di Chateaubriand mi viene in mente il mio corso di francese, quando il signorino sedeva a tavola nel gran ristorante di lusso e gli servivano “une chateaubriand et des frites”
    qui la ricetta:
    http://www.psicocucina.com/ricette/filchateau/fil_chateau.html

    • Guido Botteri

      ehm, la fretta è una brutta bestia, e devo fare una correezione alla mia brevissima espressione francese. “bistecca” in italiano è femminile, ma le cose, cambiando lingua, spesso cambiano sesso, e questo è un mistero interessante ma che ci allontanerebbe però dai temi di CM. Sta di fatto che “bifteck” è maschile, e quindi anche la bistecca alla Chateaubriand, in francese, è maschile, “un bistecco” o, se preferite “un bisteccone” e quindi “un chateaubriand”

  3. Luigi Mariani

    Caro Fabio,

    non conosco il lavoro di Fraas e dunque mi è impossibile esprimere un giudizio. Tuttavia so che il concetto “la foresta precede l’uomo e il deserto lo segue” fu espresso da Chateaubriand (1768-1848), per cui si tratta di un portato della temperie culturale di quel tempo, portato che ancora oggi ha buona stampa (anche se sulla sua veridicità vi sono parecchi se e ma…).

    Voglio poi segnalarti che in quei tempi stava accadendo una vera e propria rivoluzione in ambito chimico-agronomico, con scoperte che avrebbero posto le basi dell’enorme incremento in quantità e qualità delle produzioni agricole che ha caratterizzato il 20° secolo, sconfiggendo le cupe prospettive Malthusiane.

    Più in particolare:
    1. nel 1804 il biologo svizzero Nicolas Theodore De Saussure scopriva che la nutrizione carbonica delle piante aveva luogo ad opera della CO2 assorbita dall’atmosfera
    2. nella prima metà dell’800 il grande chimico tedesco Giusto Liebig poneva le basi della nutrizione minerale dei vegetali, scoprendo in particolare il ruolo chiave dei macroelementi primari (fosforo, potassio e azoto) assorbiti dal terreno a opera delle radici. Per avere un’idea dei lavori sperimentali di Liebig puoi vedere ad esempio qui:
    http://books.google.it/books?id=ba85AAAAcAAJ&printsec=frontcover&dq=liebig+giusto&source=bl&ots=mb2PGamdQt&sig=V9TbbSXcmxJHdkmOMV0j5bSrM94&hl=it&ei=9267TKKwMIWLswbWx8HYDQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=2&ved=0CBgQ6AEwAQ#v=onepage&q&f=false
    (per inciso ti segnalo che fu lo stesso Liebig a riscoprire dopo 40 anni dalla sua pubblicazione il lavoro di De Saussure del 1804).

    Ti risulta che di questi enormi progressi nel settore agro-chimico si siano mai accorti Marx & Engels (M&E)? Potrebbe essere interessante conoscerlo perché a quanto ne so il socialismo scientifico era mosso da una notevole e assai positivistica fiducia nella tecnologia e nel progresso scientifico come mezzi per liberare l’uomo dalle catene dello sfruttamento.
    E qui per dovere storico non possiamo sottacere il risvolto tragico della questione: la teoria di M&E, messa alla prova per 70 anni nei Paesi del “Socialismo Reale”, ha prodotto sofferenze e sfruttamento a non finire e una indelebile scia di sangue fra proletari e comunisti, trasformando il “paradiso del proletariato” in un vero e proprio inferno.

    Luigi Mariani

    • Fabio Spina

      Per ora non so nulla sull’interessante argomento che solevi, se trovo qualcosa al riguardo te lo faccio sapere prontamente. Su “I DISASTRI ECOLOGICI DEL SOCIALISMO REALE” si è scritto molto, ad esempio su http://www.roma1.infn.it/rog/pallottino/articoli%20divulgativi/percorsi%20ecologia%20est.html e sulla visione di Marx di Capitalismo&agricoltura su http://www.pmli.it/leninkarlmarx.htm . Naturalmente la visione non di Marx ma del PCI dell’ecologismo era molto diversa da quella della sinistra attuale, basta rileggere “l’imbroglio Ecologico” (Einaudi, Torino1972 )scritto nel 1972 da Dario Paccino http://it.wikipedia.org/wiki/Dario_Paccino per come, scrisse Lui, opera in cui insinuò dubbi sulla predicazione di una nuova morale ecologica che veniva dagli Stati Uniti di un Nixon che impiegava i defoglianti nel Vietnam; dalla Fondazione Volkswagen che finanziava le ricerche del Club di Roma tese a raccomandare limiti alla crescita di popolazione e consumi (dunque anche delle auto); dall’Eni cui era affidata la prima “Relazione sullo stato dell’ambiente in Italia” da cui sarebbero dovuti emergere gli inquinamenti dovuti al petrolio, “core business” dell’azienda. Paccino dedica il suo lavoro « a coloro che per guadagnarsi il pane devono vivere in habitat che nessun ecologo accetterebbe per gli orsi del Parco nazionale d’Abruzzo e gli stambecchi del Parco Nazionale Gran Paradiso: gli operai di fabbriche e cantieri. Assunto dell’opera, la proposta di mettere l’ecologia con i piedi sulla terra, la terra di tutti gli uomini, e perciò anche delle loro verità e ideologia: il sistema dei rapporti di produzione. E ciò in polemica sia con quegli ecologi che si librano al di sopra delle parti, sia con quei materialisti storici che accolgono la riduzione idealistica della storia naturale alla storia umana». http://scaloni.it/popinga/dario_paccino_un_antesignano_del_movimento_ecologico/ oppure http://www.parks.it/federparchi/rivista/P45/17.html . A presto

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