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Le previsioni con le gambe corte ed il naso lungo

Stavolta non parliamo di clima ma di previsioni in un settore al confronto molto più semplice, la previsione della necessità di forza lavoro in un determinato settore. Forse non tutti ricordano l’allarme inizio anni ’90 sull’eccessivo numero di laureati in medicina e quindi la ineluttabilità della scelta del numero chiuso per evitare un’enorme quantità di dottori disoccupati e demotivati. All’epoca le condizioni iniziali rispecchiavano anche le previsioni. Dopo anni di numero chiuso, secondo il Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 entro il 2018 mancheranno 22.000 medici a causa del calo progressivo di laureati in Medicina. Il prof. Giuseppe Novelli, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Tor Vergata di Roma, ha affermato: “Il problema non è delle Università, ma della cattiva programmazione del fabbisogno”.

Lo ha anche detto il ministro Fazio in un question time alla Camera lo scorso 15 settembre. In Italia cresce l’allarme medici, soprattutto in prospettiva di un calo nelle immatricolazioni universitarie nelle lauree abilitanti in Medicina e Chirurgia. Entro il 2018, infatti, ne mancheranno circa 22 mila, ma già dal 2012 si toccherà il saldo negativo tra pensioni e nuove assunzioni.

Sempre secondo il Piano, nei prossimi anni si passerà da 3,7 a 3,5 medici “attivi” per 1.000 abitanti, contro una media europea di 3,11.

Dobbiamo inoltre tener conto che con i tempi amministrativi per effettuare delle modifiche ed i tempi per laurearsi, eventuali scelte anche fatte domani difficilmente porteranno a cambiamenti sensibili nel 2018.

Quindi le previsioni con cui si è fatta la programmazione, seppur facili relativamente a quelle climatiche, alla verifica sperimentale sono risultate errate. Tanti sulla base di quegli scenari hanno deciso di laurearsi o non laurearsi in medicina. Può darsi che molti di loro non siano riusciti a seguire la propria vocazione, i propri sogni, aspirazioni, speranze. La selezione era meglio che l’avesse fatta “la vita” o l’amministrazione sulla base di una pianificazione?

Le previsioni, come le bugie secondo Collodi, hanno le gambe corte o il naso lungo, nel senso che fanno poca strada (fino alla scadenza) o risalta subito se sono sbagliate. I politici romani usavano gli oracoli per imporre delle scelte giustificandole con gli scenari voluti dagli dei, oggi può capitare che i politici facciano delle scelte giustificandole con gli scenari fatti dai grandi centri di calcolo. Per le previsioni che descrivono cosa accadrà tra mezzo secolo e più è difficile che qualcuno dei contemporanei riuscirà a verificarle. Per le altre è opportuno domandarsi chi è il “colpevole” se alla prova dei fatti le scelte risulteranno sbagliate? Il politico o il “profeta”? Chi pagherà i danni? Nel caso dei medici per l’ultima domanda la risposta è facile: i giovani delle famiglie più povere, visto che in Italia è sempre più frequente che i figli facciano il lavoro dei padri.

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  1. http://www.vitadidonna.org/sanita/dal-ministero/medici-in-calo-conferme-dal-nuovo-piano-sanitario-5236.html []
Published inAttualitàNews

12 Comments

  1. […] sta perdendo valore rispetto alla previsione. Ne abbiamo già scritto su CM ad esempio in “Le previsioni con le gambe corte ed il naso lungo” oppure “Tranquilli, se avete freddo è solo […]

  2. Maurizio

    Dov’è il problema? Se in Europa la media è 3,1 e noi siamo a 3,7 3,5 per 1000 abitanti, o in europa sono scarsi o noi ne abbiamo ancora più del necessario… Boh?

    • Fabio Spina

      Se si trattasse di idraulici o muratori, credo anche tecnici, non ci sarebbero problemi, se non si accettasse “lo scambio” si parlerebbe di razzismo. Quando però si tratta di medici o notai entra in gioco la garanzia della qualità, l’affidabilità, etc. e tutti sembrano crederci. Ora conosco molti che stanno andando in Croazia per rifarsi i denti a prezzi molto minori di quelli italiani, scommettiamo che a breve uscirà il problema garanzia materiali? La competizione, il mercato e la meritocrazia vanno bene se applicate agli altri, mi pare che gli ordini professionali importanti riescono a farle applicare solo “agli altri”. Ciao

  3. Qualcosa di simile, ma senza effetti evidenti, è successo anche per ingegneria elettronica / informatica. Negli otto anni che ho bazzicato l’università (laurea e dottorato) si passava dal “ci saranno troppo pochi ingegneri, bisogna stimolare le iscrizioni” al “ci saranno troppi ingegneri, perché verrà tutto delocalizzato”. La fisarmonica è proseguita negli anni seguenti. Parlando di strategia nelle tecnologie e nei mercati, non ci prende di nuovo nessuno. Nel 1988 nessuno prevedeva seriamente l’economia delle dot.com; lo scoppio della bolla nel 2000/2001 fece morti e feriti, il che vuol dire che arrivò non prevista.

    E’ tutto talmente complicato che non ha molto senso fare previsioni tanto a lungo termine, specialmente se non vengono aggiornate costantemente. Il che vuol dire che è necessario avere modelli fortemente adattivi.

    Sull’università, va solo detto che il numero chiuso è necessario, non per la previsione di eventuali inflazioni di posti, ma per garantire un funzionamento efficiente delle strutture didattiche.

    • Guido Botteri

      Personalmente penso che il numero chiuso sia utile a quegli studenti che dopo aver passato parte della loro vita migliore sui libri, si ritrovano poi a fare lavori non corrispondenti agli sforzi fatti, o magari del tutto diversi. Anni buttati via, colla consolazione di sapere qualcosina di più, ma colla beffa di vedere chi è uscito prima passargli davanti, con anni e anni di stipendio alle spalle, ed esperienza.
      Se ci sono tot posti, che fine fanno quelli che sono in più ? Faranno lavori che avrebbero potuto fare senza aver frequentato l’università (se non gli saranno fregati da chi è più giovane di loro…ulteriore beffa, essere più vecchi, ma senza utile esperienza…).
      Per tutta questa gente è molto meglio essere fermata prima, che essere beffati dopo.
      Naturalmente il numero giusto non lo sa nessuno, né tra un anno, né tantomeno tra i 4 o 5 (più eventuali fuoricorso). Mica è così facile come indovinare cosa farà il clima tra cento anni ! 🙁
      (Almeno così dicono, che si possa fare, e quindi chi non si lascia convincere da certe previsioni sarebbe sicuramente un “negazionista pagato dalle lobby”)
      Concluderei augurandomi una certa elasticità, ma con la mente anche a quei poveracci illusi da chi, come Lucignolo li manda allo sbaraglio facendogli credere di frequentare l’Università dei Balocchi, dove chi entra esce dottore con il contratto in tasca.
      E invece dal portone di uscita si sentono certi ragli…
      Secondo me.

    • Fabio Spina

      Francamente finora non ho mai visto una previsione di posti di lavoro che si è verificata. Il boom dell’informatica aveva attratto ingegneri, fisici, matematici, informatici, etc. Ora sono quasi tutti commerciali, se non in mobilità. Quale sicurezza gli ha dato il numero chiuso? Sono solo false illusioni che fanno crescere senza pensare che la vita è sacrificio, pazienza, capacità di adattamento, etc. Poi i ragazzi vissuti in questa ovatta, escono dall’Università dottori e dopo sei mesi si ritrovano disoccupati, senza capire come mai non trovano lavoro se c’era il numero chiuso.Ciao

    • Fabio Spina

      Ciao, sono d’accordo in gran parte con quello che dici, solo che a garantire il funzionamento delle strutture pubblice, anche quando c’era il “baby boom”, è sempre stata la selezione. Al mio esame di Fisica all’università di 367 partecipanti passammo in 11, i laboratori bastarono ed avanzarono anche se all’inizio tutti erano preoccupati per i troppi iscritti. L’importante è che la “scuola” offra pari opportunità a tutti indipendentemente dal reddito famiglia e “qualifiche dei genitori”, poi a garantire il futuro non è il numero chiuso ma la preparazione che offre l’università. La selezione è dura, ma credo sia l’unico vero metro. Posso assicurare che quando non c’era il numero chiuso, non ho mai visto nessuno dei laureati con buona votazione rimanere a spasso. Purtroppo invece oggi si vuole la falsa sicurezza che subito ci sia garantito il futuro, l’esame iniziale fa selezione su materie che non sono quelle formative e poi quasi nessuna selezione avviene sulle materie formative. Il massimo della qualità per l’Università è che tanti ne entrano e tanti ne escono, possibilmete tutti in corso. Sai decenni fa quante persone ho visto iscirversi ad una facoltà e poi cambiare finché non hanno trovato quella dove ce la facevano? Eppure nessuno è morto, tanti hanno proprio lasciato, si può vivere anche senza essere chiamati dottore. Purtroppo credo che il compito pricipale della scuola non è fare integrazione, come si dice sempre più spesso oggi, ma se deve creare una classe dirigente dovrebbe essere “dura” e selettiva. Una Università di alto livello garantirebbe il futuro degli iscritti senza numero chiuso, non ci sarebbe lo spauracchio del falso problema della “fuga dei cervelli” perché ci sarebbe “lo scambio dei cervelli”; la vera anomalia attuale è che nessuno straniero vuole venire da noi, né studente né professore. Invece ormai, come negli USA, una laurea non si negherà a nessuno, se si rimane indietro qualche privato garantirà di fare 7-8 esami per anno. Gli ordini professionali forti si garantiranno la retribuzione con numeri ridotti in ingresso (casualmente poi entreranno solo i figli dei figli), naturalmente tutto sulla base degli scenari futuri.
      Per tutti gli altri, sicuramente un posto in qualche università si troverà, molti s’iscriveranno a psicologia e scienza della comunicazione. Alla fine i laureati saranno tanti, purtroppo per molti sarà solo un pezzo di carta, tanto che per molti sembra normale non dargli più un valore legale. Ciao

  4. Bruno Stucchi

    Come diceva il mio rimpianto collega ( -:) ) Niels Bohr: “Prediction is very difficult, especially about the future”.

    • Fabio Spina

      Un altro collega ha coniato il Paradosso della previsione: “Una previsione è tanto più utile quanto è precisa; ma la probabilità che sia errata aumenta con la precisione, rendendola non solo inutile ma dannosa”C.S.Gray. Nella vita le scelte più importanti siamo sempre chiamati a farle in condizioni d’incertezza, generalmente nessuno però è preoccupato. Saluti

  5. PIERO IANNELLI

    C’è in questo art. una domanda: “Chi pagherà i danni?”

    Ovvio che la risposta è la “COLLETTIVITA'”, perchè la riduzione di CO2 viene trasformata in “TASSE” da applicare ad ogni attività.

    Passa in sordina questa notizia:
    “Eco-tassa sugli aerei, accade in Germania”

    Ma a questo punto sarebbe opportuno “SOTTOLINEARE” che non certo i governi, intascheranno le ECO-TASSE.

    “CHI” ?

    Lo scrive Christopher Booker del Telegraph :

    ..permettere al WWF ed ai suoi partners di condividere la vendita di crediti di emissione di anidride carbonica per un valore di 60 MILIARDI DI DOLLARI, per permettere alle compagnie industriali di continuare ad emettere CO2 esattamente come nel passato..

    FONTE:
    http://www.notiziegenova.altervista.org/index.php/te-lo-nasondono/1446-la-truffa-di-qlegambienteqmolto-business-poca-salvaguardia-e-grande-avidita

    […]

    MIGLIAIA DI MILIARDI DI DOLLARI che implicano la eco-giostrina della CO2 passano in secondo piano, anzi no.

    Non passano proprio.

    “BUNGA BUNGA”.. a tutti.

    Cordialmente

    Piero Iannelli

    Commento moderato.
    Admin

  6. Guido Botteri

    In ogni intervento c’è un rischio, e, se va male, la moda attuale, gonfiata dalle grancasse dei media, è quella di partire subito colla denuncia.
    Così il mestiere di medico diventa sempre meno ambito, roba per vocazioni assolute, ma non per persone “normali”, e quindi è normale che la gente si orienti su carriere più tranquille.
    Così qualche tempo fa uscì la notizia di una mancanza di vocazione per carriere mediche più a rischio di denuncia.
    Che ci possano essere errori medici, anche gravi, è vero, e l’ho pagato cogli affetti più cari, ma credo che bisognerebbe guardare a queste cose con animo più sereno.
    Questo in generale, ma per rispondere più sul tema, credo che il numero chiuso sia giusto in certe condizioni, e dopo aver fatto un serio studio di previsione, che andrebbe aggiornato, se non eliminato, perché le situazioni evolvono nel tempo.
    Se ci si addormenta, la situazione scappa di mano.
    Quanto tempo fa è stata fatta l’ultima previsione ? Quanto tempo fa è stato aggiornato il numero chiuso ? C’è un meccanismo di aggiornamento perché il numero chiuso risponda al corso dei tempi ?
    C’è un modo per cui chi ha sbagliato paghi ?
    Non conosco le risposte a queste domande, che non sono retoriche, perché quello medico non è il mio campo, ma, dal mio punto di vista esterno, queste notizie di cattiva previsione e cattiva programmazione mi fanno pensare non ad un singolo evento sbagliato, ma ad una cattiva gestione perdurante nel tempo, e quindi alla necessità di una profonda revisione, che non potrà aver efficicia in tempi brevi, ma che dovrebbe partire il più presto possibile.
    A latere di questa questione medica però, mi vien da pensare al concetto stesso di previsione, magari in altri campi, dove è ancora più facile sbagliare, e dove ci si atteggia a detentori della verità (“the debate is over”, “negazionisti”). E vorrei che chi ci legge, riflettesse sull’imponderabile leggerezza della previsione, sulla sua capacità di sbagliare, e sulla necessità delle persone di Scienza (quella colla S maiuscola) di essere sensibili e attenti alle critiche, che non si possono etichettare abusivamente e senza prova alcuna come provenienti da lobby di petrolieri, come fa costantemente qualcuno, solo perchè scomode, come le parole del grillo parlante al quale un Pinocchio che aveva torto lanciò il martello. Quel Pinocchio, poi, nel Paese dei Balocchi, fece una brutta fine.

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