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Il potenziometro del clima – Aggiornamento

Il prof Agostino Mathis, di cui abbiamo recentemente ospitato un intervento, mi ha segnalato un articolo uscito su Science il 14 ottobre scorso, chiedendomi di aprirci su una discussione1. Naturalmente accogliamo più che volentieri l’esortazione, anche perché in effetti, l’articolo non era passato inosservato e vale certamente un approfondimento, visto che è stato da più parti recepito come “chiarificante” circa il contributo che i gas serra con una importante componente di origine antropica – tra tutti naturalmente la CO2- possono aver dato e potranno dare in futuro al riscaldamento del pianeta.

Il titolo che ho voluto dare a questo post, deriva direttamente dai contenuti dell’articolo, in quanto, come si può leggere già dal titolo, l’obbiettivo di questo lavoro è quello di assegnare alla CO2 un ruolo determinante e preponderante nelle dinamiche del clima in termini di contributo all’effetto serra. In pratica si vuole dimostrare che il vapore acqueo e le nubi, accreditate del 75% almeno del contributo all’effetto serra, debbano essere ritenute in realtà dei feedback e non dei forcing, essendo questo ruolo assegnato esclusivamente ai gas serra non condensanti, quali ad esempio la CO2 ed il Metano.

La differenza, secondo gli autori, scaturirebbe dal fatto che la reazione ad un forcing qualunque del vapore acqueo e delle nubi è sempre molto rapida, non di lungo periodo come quella dei GHG appena citati. Per dimostrare questa ipotesi, si ricorre all’utilizzo di una simulazione per mezzo di un modello climatico, sottraendo istantaneamente tutti i GHG non condensanti dall’atmosfera ed analizzando il comportamento del sistema nel tempo. Il risultato, come si può immaginare, è catastrofico. La Terra piomba nel giro di pochi decenni in una glaciazione. Va da sé, che se invece di sottrarli questi GHG li aggiungo (come sta avvenendo da un secolo e mezzo a questa parte), mi devo attendere sempre una catastrofe ma di segno opposto, che potremmo volendo definire “climarrosto”, oppure, in modo molto più politicamente corretto “degradazione degli ecosistemi terresti e marini, aumento del livello dei mari e inevitabile disfacimento delle infrastrutture socioeconomiche e di produzione delle risorse alimentari”, come si legge nelle conclusioni dell’articolo.

La CO2, quindi, sarebbe il “potenziometro del clima”.

Su CM stiamo preparando una serie di interventi che andranno ad analizzare uno per uno tutti gli aspetti più “scottanti” dell’ipotesi dell’AGW, tra questi, naturalmente, anche il famigerato effetto serra, e le approssimazioni e/o affermazioni scientificamente errate su cui poggia questa ipotesi, per cui, nel commentare questo articolo, non entreremo nel merito degli errori sul concetto di effetto serra che contengono le assunzioni che costituiscono la base di questo lavoro. Tra queste, ma ripeto ci torneremo su in seguito, il fatto di considerare questo effetto in modo semplicistico e riassuntivo per mezzo delle semplici proprietà radiative dei gas che ne sono protagonisti, tralasciando tra l’altro di fare un tentativo di attribuzione del singolo contributo (come del resto nessuno ha mai fatto malgrado le tonnellate di pagine che sono state scritte sull’AGW), e dimenticando completamente che l’effetto serra, o meglio il comportamento termico di un pianeta che serra non è come il nostro, avviene principalmente per mezzo della convezione che ridistribuisce il calore in un’atmosfera che funge da capacità termica, e, nella convezione, il ruolo del vapore acqueo e delle nubi è, spero che su questo non ci siano dubbi, assolutamente fondamentale.

Su questi argomenti tuttavia torneremo presto, ora occupiamoci più direttamente di questo lavoro. Nel farlo, ci facciamo aiutare da Roy Spencer, che un paio di settimane fa ha pubblicato un post proprio ad esso dedicato sul suo blog (sì, lo so, non è un lavoro peer reviewed, ma, si condividano o meno le ragioni addotte, lo stesso Spencer dice apertamente di avere zero possibilità di veder pubblicato un lavoro provi a confutare le ipotesi avanzate in questo lavoro).

In primis gli aspetti concettuali. Come accade in molto lavori che sostengono l’ipotesi AGW, il primo errore è concettuale: l’approccio stesso al tema trattato contiene delle assunzioni che anticipano le conclusioni. Questo garantisce il successo – leggi raggiungimento del proprio target- ma lo fa attraverso un ragionamento circolare. In questo caso il giro è questo: la CO2 è la causa del riscaldamento globale perché il riscaldamento globale è causato dalla CO2; tutto il resto non conta in quanto afferente ad un sistema dotato di una sua stabilità intrinseca, per nulla soggetto a variabilità endogena e quindi alterabile esclusivamente da forcing esogeni. L’aumento della concentrazione di CO2 è un forcing esogeno, per cui è sicuramente al comando delle dinamiche del clima. Abbiamo un modello guidato dalla CO2, lo facciamo correre nel tempo e poi quando prende una direzione diversa diciamo che è accaduto a causa della CO2.

Ma sbaglio o lo sapevamo dall’inizio?

L’assunto errato, in questo caso, riguarda anche le proprietà del vapore acqueo e delle nubi. Il fatto che siano soggetti a oscillazioni ad alta frequenza non esclude affatto che possano avere anche delle variazioni di lungo periodo che non siano indotte necessariamente dalla temperatura. Un esempio? La temperatura stessa. Se le variazioni a breve escludessero quelle di lungo periodo, non esisterebbe il concetto di global warming, e ci troveremmo a disquisire di semplice variabilità interannuale. Questo tanto per dirne una.

Focalizzare tutta l’attenzione sugli unici fattori soggetti ad acclarata variazione non naturale aiuta senz’altro a convincersi e convincere che il sistema sia destinato all’immutabilità salvo contributi esterni, escludendo ogni forma di perturbazione endogena, quali quelle che possono essere prodotte appunto dal vapore acqueo e dalle nubi, che non variano al solo variare della temperatura, ma rispondono anche ad altri elementi condizionanti che, come detto, concorrono ugualmente a determinare lo stato termico del sistema.

L’esperimento, di per sé interessante, è comunque viziato da questo paradigma. Il forcing che si applica al modello è solo quello dei GHG antropici, ma se si fosse fatta la stessa cosa con il vapore acqueo o con le nubi, il risultato sarebbe stato lo stesso: un decisivo impatto sulla temperatura.

Tecnicamente, Spencer individua anche un altro errore concettuale molto condivisibile: togliere il 100% della CO2 (e degli altri GHG non condensanti) istantaneamente, produce un forcing di 30 W/m2, cioè 8 volte il forcing che si produce aggiungendo (e non istantaneamente ma per fine secolo) il 100% della CO2. Questo è acquisito in ragione del cosiddetto effetto logaritmico, secondo il quale all’aumento della concentrazione di CO2 corrisponde un effetto di accrescimento del calore trattenuto in basso sempre minore. Come si può accettare che le conseguenze drammatiche di questo esperimento siano trasferibili sul piano opposto, cioè verso un drammatico riscaldamento, quando il test impiega un forcing venti ordini di grandezza superiore a quello sin qui esercitato dall’accrescimento antropico della concentrazione di CO2?

Ma non è finita. E’ opinione generale che la nuvolosità in genere contribuisca a raffreddare il pianeta. Infatti nell’esperimento il feedback della nuvolosità indotto dal raffreddamento iniziale per perdita di GHG (tutti tranne il vapore acqueo) è nettamente positivo, cioè amplifica il raffreddamento. Nonostante ciò, lo stesso modello assegna un feedback positivo, cioè amplificante, anche in presenza di un riscaldamento. Praticamente si sono dati torto da soli smentendo uno dei capisaldi dell’AGW, ovvero la generale prevalenza dei feedback che amplificano il riscaldamento rispetto a quelli che lo mitigano. Infatti, se così fosse, cioè se il feedback delle nubi cambiasse di segno, non si capisce come potrebbe reggere l’ipotesi di potenti feedback positivi che avrebbero tirato fuori il pianeta dalle precedenti glaciazioni, ipotesi molto cara alla stessa corrente di pensiero che ha prodotto questo lavoro.

Nel complesso, e chiudo sempre con le valutazioni di Spencer, più che una chiarificazione del ruolo della CO2 nel sistema, questo lavoro chiarisce quali assunzioni soggettive e quante capriole si debbano fare per dimostrare che questo ruolo sia determinante, fallendo, tra le altre cose, di aggiungere alcunché di innovativo circa quanto i GHG antropici possano aver contribuito effettivamente al riscaldamento del recente passato e quanto ancora potranno farlo in futuro.

NB: qui su WUWT trovate anche il pdf dell’articolo.

Aggiornamento

Sul blog di Roger Pielke Sr., si è sviluppata un’interessante discussione, con la prima firma dell’articolo pubblicato da Science, Andy Lacis, che ha pubblicato due guest post (qui e qui, il primo è in pratica l’articolo già pubblicato, e il secondo è un commento aggiuntivo) e con Pielke stesso che risponde qui. E’ interessante notare come le posizioni non siano poi così lontane nell’attribuire un ruolo ai gas serra non condensanti – e quindi essenzialmente al loro accrescimento per cause antropiche-, quello che che non si riesce a capire, e che Pielke chiede con insistenza, è quale sia questo ruolo, un’informazione che sia in qualche modo utilizzabile ai fini del processo decisionale e che descriva il comportamento del sistema per come è nella realtà, non nelle simulazioni.

La duiscussione continuerà, staremo a vedere.

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  1. Atmospheric CO2: Principal Control Knob Governing Earth’s Temperature – Lacis et al. – Science 15 October 2010: 356-359 – DOI: 10.1126/science.1190653 []
Published inAttualitàClimatologiaNews

2 Comments

  1. L’esperimento di Lacis, Gavin & c. è un puro lavoro didattico senza altra utilità.
    Ipotizzare una Terra senza CO2, o senza il Sole, o senza le Montagne Rocciose, o senza l’Atlantico, non ha alcuna utilità nel capire come sarà il clima prossimo venturo.

    Come ha ben detto Roger Pielke il 15 ottobre
    ( http://pielkeclimatesci.wordpress.com/2010/10/15/comment-on-the-science-paper-atmospheric-co2-principal-control-knob-governing-earth%E2%80%99s-temperature-by-lacis-et-al-2010/ )
    è un lavoro di cui non si capisce la novità ed il perchè Science ne abbia permesso la pubblicazione.

    Togliere la CO2 e accorgersi che la Terra ghiaccerebbe, e magari stupirsene, ha una finalità che va al di là della scienza. Si sta facendo politica, cercando d’incutere nel lettore poco preparato, come già detto, la paura per gli effetti di un futuro raddoppio della concentrazione.

    Lacis inoltre ha avuto un guest post da Pielke
    http://pielkeclimatesci.wordpress.com/2010/11/03/guest-post-co2-the-thermostat-that-controls-earth%E2%80%99s-temperature-by-andy-lacis/

    ed oggi è apparso un nuovo suo commento
    http://pielkeclimatesci.wordpress.com/2010/11/03/guest-post-co2-the-thermostat-that-controls-earth%E2%80%99s-temperature-by-andy-lacis/

    Domani Pielke dirà nuovamente la sua.

  2. agrimensore g

    Secondo me, è proprio questo il tema centrale: quali sono i feedback positivi e quali quelli negativi, e quanto contano. Alla fine, molto si gioca sulla formazioni delle nubi. Ecco perchè tutti gli studi sulle nubi, a cominciare dalla teoria di Svensmark e dall’esperimento Cloud sono, a mio parere, decisivi per capire come stanno le cose.

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