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E’ sorto il sole…

Alba - Image courtesy of Morguefile.com…Ma non scalderà più di tanto, non più di quanto non abbia atto già fatto finora. L’astro cui mi riferisco è invece un altro, non certo una meteora, quanto piuttosto uno dei pianeti del firmamento mediatico nazionale. Gira e rigira, il Sole 24 Ore è entrato nell’orbita della critica costruttiva al fondamentalismo ambientalista, o, se preferite, della catastrofe climatica imminente.

Chi è appassionato di meteorologia e di clima conosce il vento e sa quanto possa essere capriccioso, quanto possa cambiare in fretta, seguendo a volte una precisa catena di eventi o con un comportamento apparentemente casuale. Sta di fatto che cambia e chi ha le vele le spiega per migliorare la propria velocità che, in questo caso, si chiama capacità di penetrazione nel mercato dell’informazione.

Tre articoli in rapida successione che forse non avremmo immaginato di poter leggere, vista la piega che sembravano aver preso le cose negli ultimi tempi. Il primo, che potete scaricare da qui, affronta con giusto piglio critico le recenti non-decisioni del G8 in tema di clima, per giungere a sollevare molti dubbi sulla attendibilità ed obbiettività delle valutazioni dell’IPCC, sottolineando gli scarsissimi risultati delle passate scelte in materia di cambiamenti climatici, molte delle quali sono ancora in fase attuativa. Un pezzo che si chiude con l’esortazione a perseguire altro genere di obbiettivi, ben più solidi della lotta al cambiamento climatico.

Questo accadeva il 9 luglio scorso e ieri il quotidiano c’è tornato su in modo ancora più diretto. Titolo del pezzo “Co2, il made in Italy rischia molto”. Scopriamo in queste righe che mentre tutti urlano che bisogna correre ai ripari, tutto il mondo investe sulla capacità di aumentare lo sfruttamento dei combustibili fossili. Del resto non stupisce, questa corsa al rialzo dei prezzi avrà certamente un effetto positivo sulle risorse disponibili, prima di tutto il petrolio, perchè risulterà sempre più conveniente andare ad estrarlo dove prima non sarebbe stato remunerativo. Quindi scordatevi il taglio delle emissioni, almeno nel breve periodo. Peccato che anche questa nuova tendenza rischia di coglierci impreparati, data la struttura degli accordi e le caratteristiche del nostro sistema energetico ed industriale (leggere per credere).

Poi i botti finali, con un articolo che solleva una critica all’atteggiamento intransigente del presidente dell’IPCC, che ha liquidato quelli che il settore del dibattito sul clima conosce come scettici, ponendo a suo dire fine alla necessità di approfondire la ricerca per affrettarsi ad agire con politiche dispendiose e probabilmente inutili (scaricate qui il pdf)

I miei commenti si fermano qui. Era ora!

Zemanta Pixie
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Published inAttualità

10 Comments

  1. @ Max
    La ratio di questi provvedimenti, pur da te evidenziata, è comunque di difficile comprensione. Denota sì volontà di rilanciare un settore, ma anche, a mio modesto parere, presa di coscienza dell’impossibilità di applicare certe norme di “semplice” civiltà in un contesto di ognun per sè e Dio per tutti che regna sovrano nel nostro sistema di relazioni. Impossibilità per altro contemplata anche dalla norma cancellata, che prevedeva la possibilità di derogare all’obbligatorietà della certificazione con un semplice accordo tra le parti (acquirente e venditrice)…Vale a dire “mettiamoci d’accordo”…
    Stessa ratio, diverso stile. Quando la sostanza conta poco è sempre una questione di stile.
    Grazie Max per lo spunto di riflessione.
    g.

  2. max pagano

    leggermente fuori tema, ma nemmeno troppo:

    dalla finanziaria 2008:

    Chi vende o affitta un’abitazione senza il documento non rischierà la nullità del contratto

    La manovra finanziaria, recependo un emendamento del governo, ha cancellato l’obbligo del certificato energetico per vendere o affittare immobili.
    Il certificato è un documento, firmato da un tecnico, che indica il consumo di energia di ogni immobile.

    Dunque i proprietari non sono più tenuti a sottoporre a check up energetico le proprie abitazioni.
    O meglio in linea teorica l’obbligo di dotarsi del certificato è rimasto, di fatto, però, la manovra ha eliminato l’unica sanzione che spingeva alla certificazione: la nullità dei contratti, di vendita o di affitto, stipulati senza il documento. Difficile che i proprietari, senza tale rischio, spendano del denaro per la verifica energetica. Il certificato resta vincolate, in definitiva, solo per i nuovi edifici.

    L’operazione è stata messa in campo per eliminare l’ennesimo onere che grava sugli immobili e per rilanciare un mercato che sta mostrando segnali di sofferenza.
    D’altro canto, è fortemente penalizzante per le politiche di risparmio ed efficienza energetica del paese. Alla luce del nuovo provvedimento, c’è da scommettere che molti interventi volti a ridurre gli sprechi, saranno rinviati da proprietari e condomini. E non solo. L’abrogazione dell’obbligo della certificazione energetica rischia di essere in contrasto con la direttiva europea 2002/91/Ce, che stabilisce l’obbligo di informare i cittadini, tramite l’attestato di certificazione energetica, sui consumi dell’edificio.
    Inoltre la manovra penalizza quelle regioni che hanno già reso operativa la certificazione, mandano in fumo i soldi già investiti per la riqualificazione del patrimonio immobiliare locale.

    ora, mi domando:
    quale intelligenza sta alla base di queste scelte?
    è così che si spinge verso l’innovazione tecnologica anche delle abitazioni e verso il risparmio energetico?

  3. max pagano

    anche l’articolo del Sole 24Ore prende spunto dal lavoro di Lomborg, sul quale mi sono già espresso, e che, ripeto, è nulla più di un simpatico ma inutile giochetto di formulette di analisi statistica, dato che la persona in questione, per sua stessa ammissione, non ha alccuna competenza specifica in materia di scienze ambientali, ecologia e dintorni…..

    ciò non toglie che le questioni, prima di fare sparate allarmistiche, vadano studiate meglio e per più tempo, e soprattutto senza paraocchi…

  4. Caro Guido,
    quando uno vuole fare scienza si deve sottoporre alle sue “regole del gioco”, che nel caso discusso si esplicitano nella verifica del rigore e della validità scientifica di ciò che si presenta in un articolo. E’ troppo facile sparare sul metodo di peer-review per dare valore, indirettamente, anche ai propri risultati presentati, magari, solo su un sito web.
    Sono consapevole del fatto che il metodo sia perfettibile e che possa essere condizionato marginalmente da simpatie o antipatie (siamo uomini). In ogni caso la dialettica scientifica vera si svolge su quelle riviste ed è proprio questa dialettica la forza della scienza, perchè permette di sottoporre a critica, correzioni e osservazioni tutti questi lavori, tanto che se la peer-review fa passare un lavoro scadente o addirittura con risultati sbagliati, stai certo che nel giro di poco tempo il suo autore sarà smascherato.
    Per quanto riguarda le presunte linee editoriali delle riviste scientifiche internazionali, è chiaro che esistono delle leggi di mercato anche per queste, ma si tratta in generale di un mercato “chiuso”, cioè rivolto agli scienziati. In questo contesto ciò che conta (anche per venderla) non è il sensazionalismo o la “linea editoriale” che punti a sostenere determinate opinioni. Ciò che conta è il prestigio della rivista e la sua “indispensabilità” per i ricercatori (questa è la vera linea editoriale). E questo prestigio dipende generalmente dalla qualità degli articoli che vengono pubblicati, garantita a sua volta dal metodo di peer-review.

  5. Caro Antonello
    ho letto con piacere anche il tuo pezzo più recente. Non era nel post per semplici ragioni cronologiche. Non posso che essere concorde sulla necessità di rigore scientifico, sono però perplesso sulla tua convinzione che questo possa essere riconosciuto solo se avallato dalle riviste scientifiche più accreditate, perchè, ahimè, sono anche queste ultime a rischio di condizionamento editoriale. Posto che quanti scrivono lo fanno comunque in buona fede, perchè leggiamo da qualche anno solo articoli pro AGW nonostante il tema sia ancora molto dibattuto? Chi sceglie cosa pubblicare e cosa no? Se il peer review se lo fanno in casa siamo al punto di partenza, e l’IPCC di certo non ha brillato in chiarezza al riguardo. Un caso per tutti: la “climate sensitivity”, ovvero la risposta del clima ai feed-back, oltre ad essere paradossalmente considerata un input e non un output delle simulazioni, non ha ricevuto alcuna classifica del livello di comprensione scientifica. Perchè? Perchè in tutto l’AR4 c’è un solo paper che affronta questo argomento, scritto da uno dei lead authors e peer-reviewed da due commentatori dello stesso working group, il primo per l’esattezza. Tutto ciò spacciato per “overall consensus”. Saranno stati pure rigorosi, però insomma….
    g.

  6. Bè, come giornalista di Nòva e del Sole-24 Ore (e blogger interessato al tema), potete anche notare le domande che da tempo tempesto, personalmente, su questo blog. Abbiamo il dovere di sentire e di dare spazio a tutte le campane. Possiamo solo fare domande, come giornalisti, e esporre fatti e analisi qualificate. E riconosco che negli ultimi tempi l’Ipcc dovrebbe rispondere a un non piccolo numero di questioni. Nonostante ciò, per quanto mi riguarda, dato il rischio che resta non nullo ,consiglio ancora di tenere la guardia alta.

    http://blogs.it/0100206/2008/07/22.html#a8148

    In ogni caso continuerà a leggere questo blog e, eventualmente e serenamente, a fare le mie domande.

  7. Caro Angelo,
    le luci della ribalta sono luci per tutti, anche per gli scienziati…
    La maggior parte dei ricercatori, però, credo come me, danno retta ai dati scientifici e non ai “teatrini”, che, per inciso ci sono sia tra i catastrofisti che tra i cosiddetti scettici (par condicio).
    Il problema, ancora una volta, è quello di affidarsi a risultati Scientifici con la S maiuscola. Compito degli scienziati è mostrarli e dovere dei politici è tenerne conto.
    Tutto il resto sono chiacchiere!

  8. Angelo

    @Pasini
    Concordo con Lei circa le tecniche di validazione dei dati e delle affermazioni dei presunti esperti se non della verifica degli stessi “esperti”.
    Nel caos dell’attuale mondo dell’informazione, mi verrebbe da dire solo italiana ma credo si possa estendere generosamente ad altre nazioni, esistono un sacco di persone che hanno trovato la patente di “esperti” nell’uovo di pasqua.
    Per esibizionismo, per ideologia o per interesse (anche se non escludo la buona fede di qualcuno) tanti giurerebbero anche il falso…
    Del resto abbiamo assistito per anni, questo forse più in Italia che all’estero, ad un teatrino ove i partecipanti, politica accompagnata dalla ossequiente informazione scientifica e non, ci hanno stordito col racconto di eventi catastrofici e ad ogni catastrofe naturale il “memento” circa l’AGW (ricordo molto bene lo tsunami nell’oceano indiano di qualche anno fa, subito qualcuno si affrettò a “testimoniare” che i cambiamenti climatici avevano contribuito).

    Posto questo, a volte mi viene da pensare che qualcuno abbia preso a sfiducia le istituzioni anche per questi teatrini che, certo, non hanno nulla a che vedere con le istituzioni del mondo scientifico ma per la gente comune hanno la stessa autorità.
    Poi la politica, forse oggi più che mai, ha bisogno dell’avvallo del mondo accademico non avendo altri valori “forti” a cui appigliarsi… e forse non tutti del mondo accademico hanno saputo mantenere le distanze.

    Che ne pensa Pasini?

    Grazie

  9. velazquez

    Effettivamente mi era diventato difficile riuscire a leggere gli articoli del sole 24 ore. Ho notato quindi con piacere questa sensibile, quanto auspicata, variazione di rotta del quotidiano nazionale sulle tematiche ambientali. Probabilmente la nuova Presidenza di Confindustria è riuscita lì dove altri hanno fallito, portare una brezza fresca di novità. Ho così letto con piacere l’articolo dell’ottimo Pasini, che cita testualmente “gli interessi economici dietro questo tema sono enormi”, forse a sottindendere che, in questi ultimi anni, nell’ambito clima si sia parlato più degli aspetti economici che di quelli scientifici. Son convinto che nel prossimo futuro leggeremo sempre più spesso questi articoli in “controtendenza”.
    Un famoso aforisma di Oscar Wilde recita: “chi dice la verità, prima o poi, viene scoperto”.

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