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Relazione sole-clima – Parte II

Cicli di attività solare

Grazie agli studi compiuti dal XIX° secolo ad oggi sono state individuate altre ciclicità solari di breve periodo che si vanno ad aggiungere al ciclo undecennale di Schwabe e che sono:

  • il ciclo di Hale con durata media di 22 anni
  • il ciclo di Gleissberg con durata media di 70 – 100 anni
  • il ciclo di de Vries con durata media di 200 – 220 anni

Al ciclo di de Vries si potrebbe associare l’aumento dello 0.l9% della TSI e dello 0.97% dell’UV (radiazione a 0.2- 0.3 micron) dal minimo di Mounder a oggi (Lean et al. 1995).

A tali cicli di breve periodo si sovrappone una variabilità di medio periodo attestata dall’analisi delle serie storiche di Carbonio 14 presente nei tessuti vegetali e di Berillio 10 presente nei ghiacci artici. Usoskin (2008) propone il grafico dell’attività solare olocenica riportato in figura Le serie di Carbonio 14 analizzate da lo hanno portato:

  1. Ad affermare che per ritrovare una TSI analoga a quella dell’ultimo secolo si dovrebbe addirittura ritornare a 9000 anni fa, ribadendo con ciò quanto emergeva dal lavoro di Solanki et al. (2004)
  2. Ad avanzare l’ipotesi secondo cui l’elevato livello di attività solare successivo al 1940 corrisponderebbe ad un “grande massimo”, rientrando dunque in una categoria di eventi rari la cui frequenza di occorrenza è oggetto di dibattito.

Il grafico di Usoskin (figura 4), mostra con efficacia i grandi minimi ed in particolare il minimo di Spoerer (1415–1534 ) e quello di Mounder (1645-1715). Si noti anche che il periodo caldo medioevale (MWP) non è accompagnato da elevata attività solare e lo stesso emerge per l’optimum romano (intorno alla nascita di Cristo) e l’optimum miceneo (intorno all’11° secolo aC) mentre il grande optimum postlgaciale sarebbe associato ad una rilevante attività solare.

Figura 4 – Attività solare olocenica (macchie solari per decadi, allisciate con un filtro 12221) riconstruite da Usoskin (2008) in base a dati di Carbonio 14. Le aree rosse e blu sono rispettivamente gradi massimi e grandi minimi.

Esiste inoltre un trend di lungo periodo per il quale il Sole a partire dalla sua nascita (avvenuta 4.5 miliardi di anni) avrebbe incrementato la propria TSI del 30% circa. Su tale progressivo incremento di attività del Sole (stimato per analogia con quanto accade in stelle simili) non tutta la comunità scientifica è tuttavia concorde ed alcuni studiosi propendono per la sostanziale stazionarietà nell’attività del Sole lungo tutto il suo arco di vita (….).

Circa la variabilità nell’attività solare molto è stato appreso grazie ai radiometri a cavità installati su satelliti in modo da escludere le interferenze dovute all’atmosfera terrestre. Grazie a tali strumenti è stato possibile apprezzare quantitativamente la variabilità più fine, fino alla scala giornaliera e precisare le relazioni fra aspetti morfologici (facule, macchie, granuli, ecc.) e aspetti energetici (TSI e sue componenti nelle diverse regioni dello spettro). Ciò non esclude tuttavia che vi sia ancora moltissimo ancora da conoscere.

Altre ricostruzioni dell’attività solare si sono basate sui nuovi dati radiometrici da satellite, in base ai quali sono stati messi a punto modelli empirici che descrivono la variabilità di TSI in funzione non solo del numero di macchie solari (numero di Wolf) ma anche all’area occupata dalle facule. In proposito si citano:

  • il lavoro di Lean et al (1995) che ricostruisce l’attività solare dal 1610 al 1990 ed il cui dataset è stato di recente portato fino al 2000 (figura 6) ed è reperibile al sito http://www1.ncdc.noaa.gov/pub/data/paleo/climate_forcing/solar_variability/lean2000_irradiance.txt
  • il lavoro di Foukal (2002) di stima dell’andamento di TSI dal 1920 al 1994 in base ai recenti dati derivati da radiometri installati su satelliti (Figura 5), utilizzati per interpretatre i dati digitalizzati dagli spettroeliogrammi dell’osservatorio astronomico di Mount Wilson.
Figura 5 – Diagramma di attività solare per il periodo 1920-1994 prodotto da Foukal (2002). Le unità di misura sono scostamenti espressi in percentuale e le serie sono allisciate con una media mobile a 11 termini. In rosso è la TSI mentre in arancio è l’emissione UV. Si noti che il massimo nell’UV fu raggiunto nel 1955 mentre al contrario il massimo di TSI è stato raggiunto più recentemente
Figura 6 – Diagramma di attività solare per il periodo 1610-2000 prodotto da Lean et al. (1995). La linea rossa indica i dati annuali mentre la linea sottile nera indica la media mobile a 11 termini applicata ai dati per allisciarli

In ambedue i lavori vengono evidenziati i buoni livelli di correlazione esistenti fra attività solare e temperature globali ed in particolare:

  • Foukal (2002) mette in luce il fatto che nel periodo 1915-1995 la temperature di superficie della terra ed il TSI presentavano una correlazione (espressa come r) di 0.91. Una correlazione più ridotta si osserva per il solo ultravioletto.
  • Lean et al. (1995) rilevano che dal 1610 al 1800 la TSI appare correlata con un r dell’86% alle temperature globali mente l’estensione fino al presente giustificherebbe circa il 50% dell’aumento delle temperature avvenuto fra il 1860 e il 1970 e circa 1/3 dell’ulteriore aumento avvenuto dal 1970.

Non è mia intenzione addentrarmi nell’indagine dei livelli di correlazione statistica fra attività solare e temperature globali. Voglio solo rilevare che:

  1. non è detto che correlazione implichi l’esistenza di un rapporto di causa-effetto fra TSI e temperature terrestri
  2. colpisce il fatto che la correlazione fra temperature globali e attività solare sia più forte di quella fra temperature globali e livelli di CO2, ma qui mi limito ad osservare che il sistema presenta molti feed-back che potrebbero spiegare tale fatto, lasciando alla discussione eventuali approfondimenti
  3. la correlazione fra due variabili dovrebbe essere indagata solo dopo aver eliminato la componente di trend che nelle serie in esame è assai rilevante (si veda in proposito l’articolo di Hammel e Lockwood del 2007, dedicato ad un ipotizzato global warming che sarebbe in atto su Nettuno)
  4. se ammettiamo per un momento che il Sole sia il solo agente casuale della variabilità delle temperature di superficie del nostro pianeta si dovrebbe ipotizzare una sensitivity di 1°C per ogni Wm-2 di incremento della TSI
  5. Per risolvere il problema di cui al punto precedente è necessario individuare un meccanismo di amplificazione. Fra le ipotesi in campo rammento quella di Shaviv e Svensmark sui raggi cosmici o quella di Erl Happ che pone l’accento sugli effetti dell’energia solare sulla stratosfera e su cui ritorneremo più avanti (quiquiqui su CM).

Per inciso rammento che il problema del meccanismo di amplificazione interessa anche la teoria AGW, in quanto CO2 è un gas serra secondario e senza alcuni feed-back positivi (nubi, vapore acqueo, ecc.) potrebbe ben poco sulle temperature planetarie essendo accreditato di un misero forcing di 3.7°C nel passaggio dal livello pre-industriale di 280 ppm al raddoppio atteso intorno al 2050 (560 ppm), che corrispondono a meno di 1°C di aumento delle temperature globali

Non è nemmeno da escludere che sulla TSI non sia attivo medesimo meccanismo di amplificazione (feed-back vapore acqueo, nubi in primis) che viene invocato dalla teoria AGW per la CO2 atmosferica.

E’ necessario infine domandarsi come si traduca in termini circolatori tale supposta amplificazione fra TSI e temperature. La domanda è legittima perché è l’energia del sole a mettere in moto il sistema climatico della Terra, il quale è spinto dall’ineguale ripartizione dell’energia del Sole sulla superficie terrestre, con l’eccesso di energia proprio della zona intertropicale compensato principalmente dalla circolazione atmosferica, responsabile per oltre l’80% di trasporto di energia verso i poli, mentre il restante 20% del trasporto è dovuto alla circolazione oceanica. Da tale ruolo chiave della circolazione, messo in luce in modo sintetico dal diagramma in figura 7 discende che se non si appropria di strumenti di analisi della circolazione non è in alcun modo possibile discutere del clima del nostro pianeta.

Figura 7 – Diagramma che illustra la relazione fra radiazione entrante e uscente del pianeta Terra. Si noti che la radiazione emessa è latitudinalmente assai più omogenea della radiazione in ingresso (es: i poli ricevono mediamente 50Wm-2 e ne emettono 200), il che illustra il ruolo chiave della circolazione atmosferica nel determinare lo stato energetico del pianeta). Si osserva inoltre che l’emissione media del pianeta è di 235 W m-2, che secondo la legge di Stefan Boltzmann corrisponde all’emissione di un corpo nero a 253 K (–19°C). La differenza fra i –19 dello strato emittente e la temperatura di superficie di +14 si deve al benefico effetto serra.

Ad un tale schema si richiamano ad esempio Ottera et al. (2010) che nel loro articolo dal titolo accattivante “External forcing as a metronome for Atlantic multidecadal variability” evidenziano che attività solare e vulcanica potrebbe agire sul clima attraverso un meccanismo che vede coinvolta la AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation).

AMOC è il grande fiume d’acqua che in superficie e a basse profondità si muove da latitudini tropicali verso l’artico e che in vicinanza del Labrador libera l’energia in essa contenuta e sprofondando innesca una corrente profonda che scorre incessantemente verso i tropici a profondità di 2000-3000 m. AMOC è responsabile dell’Atlantic Multidecadal Oscillation (AMO) e cioè dell’oscillazione delle temperature di superficie dell’oceano Atlantico che a sua volta agisce sul regime delle grandi correnti occidentali, descritto dalla North Atlantic Oscillation (NAO) o, che è lo stesso, dall’Arctic Oscillation (AO).

In sostanza dunque la TSI agirebbe su due fenomeni oceanici (AMOC e AMO). Tali fenomeni modulano un fenomeno atmosferico (Grandi correnti occidentali) chiave per il clima terrestre perché responsabile degli scambi energetici fra la fascia tropicale (cella di Hadley) e le alte latitudini.

Uno meccanismo più complesso è quello proposto da Erl Happ (mettere riferimento a quanto già discusso in CM) e che attribuisce un ruolo chiave alla stratosfera. In figura 8 riporto uno schema da me prodotto per riassumere il modello a base chimico-fisica proposto da Happ.

Figura 8 –Schema che illustra il modello di Happ delle relazioni fra attività solare e temperature di superficie. Il modello chiama in causa sia fenomeni chimici sia alcuni importanti fenomeni circolatori globali (vortice polare, dinamica a celle)

Si noti che all’aumento della TSI (ed in particolare della componente UV) consegue un’intensificazione del vortice polare e come risultato finale un aumento della temperatura di superficie. Debbo rilevare che il modello di Happ, per quanto affascinante, non è supportato da bibliografia e credo che ciò discenda anche dall’assai frammentaria conoscenza esistente circa le interazioni fra mesosfera e stratosfera invocate da Happ come anello chiave della catena causale che a suo avviso sarebbe alla base del cambiamento climatico.

(2 – fine)

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RIFERIMENTI RIPORTATI NEL TESTO

  • Foukal P., 2002. A comparison of variable solar total and ultraviolet irradiance outputs in the 20th century, Geophysical Research Letters, vol. 29, n°. 23, 2089, doi:10.1029/2002GL015474, 2002
  • Foukal P., Frohlich C., Foukal P., Spruit H., Wigley T. M. L. , 2006. Variations in solar luminosity and their effect on Earth’s climate, Nature, Vol 443|14 September 2006|doi:10.1038/nature05072.
  • Foukal P., 2010. How Reconstruction of Solar Irradiance Variation Helps Us Understand Climate Change Heliophysics, Inc., Solar Observer, n. 1/2010, 34-36 (www.heliophysics.com/documents/Solar%20Observer_Final.pdf).
  • Hammel H.B. e Lockwood G.W., 2007. Suggestive correlations between the brightness of Neptune, solar variability, and Earth’s temperature, Geophysical Research Letters, vol. 34, L08203, doi:10.1029/2006GL028764, 2007
  • Happ E., Wolk C. 2009. General theory of natural climate variation supported by observation of the changing temperature of the atmosphere and the sea between 1948 and September 2009. (http://climatechange1.wordpress.com/2009/11/08/the-climate-engine/)
  • Newton H.W., 1958. Il volto del Sole, Sansoni, 301 pp.
  • Ottera O.H., Bentsen M., Drange H., Suo L., 2010. External forcing as a metronome for Atlantic multidecadal variability, Nature geoscience, Vol. 3, October 2010, published online the 12 SEPTEMBER 2010 |DOI:10.1038/NGEO955
  • Solanki S.K., Usoskin I.G., Kromer B., Schussler M., Beer J., 2004. Unusual activity of the Sun during recent decades compared to the previous 11,000 years, Nature, vol. 431, 28 OCTOBER 2004, 1084-1087.
  • Usoskin I.G., 2008. A History of Solar Activity over Millennia, Living Rev. Solar Phys.,5, (2008), 3, 1-88 (diponibile gratuitamente a http://www.livingreviews.org/lrsp-2008-3)
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Published inAttualità

12 Comments

    • Luigi Mariani

      Proprio a quello. All’epoca se ne parlò su CM ed io per chiarirmi le idee disegnai lo schema che ora trovi pubblicato in figura 8.

  1. Claudio Costa

    @ Luigi

    Ottimo Luigi, fig 4 INEQUIVOCABILE!

    Ma non mi è chiaro qui il dato di 3,7

    “Per inciso rammento che il problema del meccanismo di amplificazione interessa anche la teoria AGW, in quanto CO2 è un gas serra secondario e senza alcuni feed-back positivi (nubi, vapore acqueo, ecc.) potrebbe ben poco sulle temperature planetarie essendo accreditato di un misero forcing di 3.7°C nel passaggio dal livello pre-industriale di 280 ppm al raddoppio atteso intorno al 2050 (560 ppm), che corrispondono a meno di 1°C di aumento delle temperature globali”

    • luigi mariani

      Caro Claudio,
      grazie per la segnalazione di un refuso che mi era sfuggito: il forcing di 3.7 ha come unità di misura i W m-2 e non i °C!
      Luigi

  2. luigi Mariani

    Caro Donato,
    sull’optimum miceneo c’è un vecchio lavoro di Rhys Carpenter pubblicato in italia nel Nuovo Politecnico di Einaudi nel 1978 con il titolo “Clima e storia, una nuova interpretazione delle fratture storiche nella Grecia antica”. Vi si avanza l’ipotesi che la fine delle civiltà micenea sia da associare non tanto all’eruzione di Santorini quanto ad una grande siccità che avrebbe chiuso l’optimum miceneo nell’XI secolo a.C.
    Secondo l’autore a tale evento climatico sarebbero da associare anche il tramonto dell’impero Ittita e la conseguente migrazione dall’Anatolia degli Etruschi e dei Popoli del Mare.
    Quando lessi quel lavoro l’ipotesi mi parve affascinante.
    In rete su google books ho trovato or ora questo commento di Lamb al lavoro di Carpenter:
    http://books.google.it/books?id=0Nucx3udvnoC&pg=PA156&lpg=PA156&dq=Rhys+Carpenter+climate+and+history&source=bl&ots=5kdlJq4WO8&sig=e8v8JOG3Ib3j33va1vCEtbVpAcg&hl=it&ei=B2X9TMbACMGUOqnb3NQK&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=2&ved=0CCcQ6AEwAQ#v=onepage&q&f=false
    Per inciso il commento attesta l’estrema erudizione di Hubert Lamb (che fu fondatore della Climate research Unit dell’East Anglia University).

    Luigi

  3. Donato

    La seconda parte dell’articolo completa degnamente la prima e, come mi ero augurato commentando la prima parte, essa ha contribuito a chiarire molti dei miei personalissimi dubbi.
    Ne voglio citare, a puro tipo esemplificativo, due.
    Ho trovato interessante il dato relativo all’optimum miceneo. Personalmente sono stato molto incuriosito dai continui riferimenti ai leoni che caratterizza l’arte micenea. Mi ha fatto riflettere, quest’estate, il commento di un archeologo che, riferendosi all’onnipresente leone che caratterizza l’iconografia micenea, avanzava l’ipotesi che il grosso felino potesse trovarsi ancora nella parte meridionale della penisola balcanica durante l’epoca micenea. Oggi il dato osservativo conferma questa ipotesi: il clima caldo di quel periodo ha, forse, consentito la permanenza del leone in quelle aree anche se in misura endemica e in fase di progressivo e netto declino.
    Molto interessante, infine, la considerazione che, tra l’altro, ci accomuna su questo blog: “colpisce il fatto che la correlazione tra temperature globali e attività solare sia più forte di quella tra temperature globali e livelli di CO2 …”. Concordo con questa conclusione per il semplice fatto che essa dimostra in modo evidente che non è solo UNO l’elemento che determina il GW. Il clima terrestre, infatti, è un fenomeno talmente complesso che farlo dipendere da un’unica variabile è, francamente, ridicolo. Concordo, pertanto, con Giovanni Pascoli circa l’importanza di comprendere il giusto peso che i vari elementi che caratterizzano il clima terrestre hanno nella sua variabilità. In poche parole l’approccio a tale fenomeno deve essere complesso come è complesso il fenomeno stesso.
    Ciao, Donato.

  4. giovanni pascoli

    Per completezza bisogna anche ricordare che la correlazione tra attività solare e clima terrestre non è diretta nè lineare, inoltre dal punto di vista della “fonte di influenza” cioè il sole vanno tenuti presente anche le intensità e le ampiezze dei cicli solari e quindi delle variazioni deel’intensità del campo magnetico solare. Inoltre sembra che vi sia una correlazione con l’attività e la circolazione atmosferica e il campo magnetico terreste.
    Per questo la figura 4 e il suo commento
    ………..il periodo caldo medioevale (MWP) non è accompagnato da elevata attività solare e lo stesso emerge per l’optimum romano……..
    IN qualche modo possono essere fuorvianti. Buone correlazioni tr attività solare e temperatura sono dimostrate anche per periodi più antichi. Bisogna tener presente che parametro si analizza in quanto attività solare è un termine generico per definire un’insieme di emissioni elettromagnetiche del sole. Nella fig 4 in particolare si fa riferimento al sun-spot number, in altri studi si ricorre alla misurazione degli isotopi del C piuttosto che alle concentrazioni di berillo o a altri paramentri in grado di darci indicazioni dell’attvità magnetica del sole e della Terra. Quindi se da un lato è infantile cercare uan correlazione CO2 T semplicistica e deterministica come vorrebbero gli AGW, dall’altro non si deve cadere nella “trappola” di correlazioni semplicistiche tra T e attività solare in generale. COn sette note si possono coporre musiche infinite (rimanendo nel campo dell’armonia), e il concetto è che con 7 o più variabili climatiche ( rimanendo sempre nel campo realistico che esclude una terra copeta di ghiaccio come una terra ridotta ad un cerino) vi saranno infinite possibilità di combinare queste variabili ottenenedo dei cicli climatici per quanto simili, sempre un po diversi uno dagli altri e a loro modo irripetibili.
    http://www.searchanddiscovery.net/documents/2007/07005gerhard/images/08.htm
    http://acsys.npolar.no/meetings/final/abstracts/posters/Session_2/poster_s2_092.pdf
    http://www.agu.org/pubs/crossref/2005/2005GL023429.shtml
    http://www.trendlines.ca/science.htm
    http://www.24kt.us/sunspot-cycle-geomagnetic-storms.PNG

    • Luigi Mariani

      Non era mia intenzione avvallare una visione semplicistica delle relazioni sole-terra e sole-clima; intendevo solo evidenziare quello che dal diagramma di Usoskin non si mostra, il che non esclude che si stia semplicemente guardando la variabile sbagliata o che il passo temporale delle misure alteri in modo irreparabile il segnale. Sottoscrivo dunque pienamente quanto da lei scritto ed in particolare la frase “non si deve cadere nella “trappola” di correlazioni semplicistiche tra T e attività solare in generale”.

    • giovanni pascoli

      non intendevo criticare, ma “completare” in ogni caso apprezzo il post e il lavoro svolto

  5. agrimensore g

    Articolo tra i più interessanti ed efficaci, da un punto di vista didattico. Complimenti!

    Una domanda: perchè l’effetto dei GCR è considerato un’ “amplificazione”? Voglio dire, l’amplificazione è intesa come mera moltiplicazione, o come feed-back positivo? A me sembra che GCR + TSI sono processi che viaggino “parallelamente” al contrario dei processi previsti per CO”, T, vapor acqueo, ove, secondo l’AGWT, l’aumento di una di queste grandezze, innesca l’aumento di un’altra.

    • Luigi Mariani

      I GCR secondo la teoria di Shaviv e Svensmark agirebbero stimolando la nucleazione ed incrementando le nubi basse e medie, le quali incrementando l’albedo planetario riducono l’energia solare che perviene alla superficie diminuendo la temperatura planetaria di superficie.
      Secondo la teoria stessa i Raggi Cosmici Galattici (GCR) vengono deflessi dal vento solare per cui quando il sole è più attivo (TSI alta) la quantità di GCR che perviene al pianeta è inferiore per cui si hanno meno nubi medio basse (NMB) e le temperature di superficie (ST) sono più alte.
      Pertanto usando gli acronimi sopra esposti si avranno i casi seguenti (spero che l’incolonnamento si mantenga):
      TSI GCR NMB ST
      + – – +
      – + + –
      In ogni caso non si tratterebbe comunque di un feed-back, nel senso che entrambi i flussi (TSI e GCR) sono forzanti esterne, su cui il nostro sistema climatico non può agire.
      Nel caso invece di un feed-back sarebbe l’effetto (in questo caso NMB o ST) che dovrebbe andare a rafforzare o viceversa a indebolire la causa.
      Francamente non avevo mai avuto occasione di riflettere su questi aspetti; mi confermi se condivide queste mie considerazioni.

    • agrimensore g

      Sì, è esattamente quello che volevo dire.

      Tra l’altro non ho mai capito perchè il libro di Svensmark/Calder, The chilling stars, non l’hanno mai tradotto in italiano (o l’hanno fatto?): è godibilissimo, chiunque potrebbe leggerlo, anche senza un grosso background scientifico.

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