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Il sassolino antartico

Il 2010 sarà l’anno più caldo di sempre. Attenzione, l’uso del tempo futuro è d’obbligo, perché l’anno non è finito, né i dati sono consolidati, ma quelli bravi ci hanno già fatto sapere che sarà così, anche se le probabilità che questo accada sono piuttosto scarse. Certo, si possono mettere la mani sui dataset, scaldando di qua, raffreddando di là e generando finalmente la curva desiderata.

Del resto, le serie di temperatura non servono a sapere se fa caldo o se fa freddo, ma per essere sottoposte a continui ed opportuni “aggiustamenti” alla bisogna, perché, si sa, questo è un campo dove le sorprese non mancano mai. E questo non vale solo per le temperature globali, ovvero per la media di tutto quanto misurato sul Pianeta, ma anche per quelle di regioni particolari, ancor meglio se si tratta di zone del mondo dove la teoria delle origini quasi interamente antropogeniche del global warming -leggi indotto dai gas serra di origine fossile- fatica a stare in piedi perché si ostinano a non subire gli assalti dei gas suddetti.

Antartide, quell’immenso continente interamente coperto di ghiaccio, quella massa enorme che – ci dicono- se dovesse decidere di scaldarsi un po’ e trasformarsi anche solo in parte in acqua ci darebbe non pochi grattacapi. Per lunghi anni, per lo più dominati dal consenso scientifico sull’AGW, l’Antartide ha costituito il tallone d’Achille (uno dei tanti) di questo consenso. laggiù le temperature non aumentavano, fatta eccezione per la propaggine più occidentale del continente, la Penisola Antartica.

Poi, nel 2009, esce un lavoro (Steig et al., 2009), una revisione (neanche a dirlo) degli scarsissimi dati disponibili per quella zona del mondo, che, con l’applicazione di un particolare procedimento statistico, arrivava a chiarire secondo loro che in realtà il riscaldamento era molto più esteso, addirittura copriva gran parte del settore ovest del continente. Una svolta epocale, tanto da far guadagnare allo studio la copertina di Nature, con la più remota zona del mondo tinta di un rosso minaccioso, chiaro indice del fatto che la longa e maldestra manus dell’uomo era arrivata anche laggiù.

Su CM ne avevamo parlato qui, non senza sollevare qualche dubbio, e poi ancora in altre occasioni successive. I dubbi venivano dal fatto che la tecnica statistica utilizzata, oltre a generare di fatto dei dati ove non ne esistevano, fosse una versione evoluta di quella impiegata per produrre il celeberrimo Hockey Stick, l’icona del riscaldamento globale antropogenico, costata però a chi l’ha realizzata una delle più grosse brutte figure che la ricerca scientifica in questo settore abbia conosciuto.

Il problema era sempre lo stesso, la scelta dei dati a cui dare maggior peso perché in grado di evidenziare la propria tesi, a danno di quelli che invece l’avrebbero sovvertita, rendendo vani gli sforzi di mettere un po’ di cemento sui piedi d’argilla dell’AGW. Questi dubbi e queste critiche, ci sono costate gli strali di parecchi sostenitori dell’AGW stesso, un coro di “vergogna, come vi permettete, con quale autorità pensate di poter criticare e/o confutare il lavoro serio di cotanti scienziati” etc. etc..

Bene, lì per lì, incassa e porta a casa, perché giustamente ognuno dice la sua. Ora però, siccome le acque dei fiumi, lente se in secca, impetuose se in piena, scorrono comunque portando prima o poi a valle quel che devono portare, è giunto il momento di togliersi il sassolino dalla scarpa, anzi, un sassolone grande come l’Antartide.

Al termine di un estenuante processo di referaggio – ben 88 pagine di prove richieste dai revisori, guarda caso implicati nel lavoro di cui sopra- è stato finalmente accettato per la pubblicazione un lavoro che fa il classico “rebuttal” della ricerca di Steig et al., dimostrando che semplicemente (si fa per dire), sciegliendo dei componenti principali diversi e più statisticamente appropriati, il risultato per il continente antartico è molto diverso. Torna a scaldarsi ben bene la Penisola Antartica e non si scalda, anzi, si raffredda (com’era prima del resto), quella parte che Steig e soci avevano passato al forno e Nature al pennello.

Dopo la cura e dopo l'antidoto

E sì che appena quattro giorni dopo la pubblicazione di Steig et Al., dalle pagine di Real Climate, il bastione dell’AGW, Gavin Shmidt aveva avuto modo di sottolineare che le critice al lavoro del suo collega erano state molto deboli, chiaro indice, secondo lui, della debolezza del fronte della critica all’ipotesi AGW. Sempre secondo lui, questa debolezza avrebbe dovuto avere un po’ di attenzione mediatica. Per dirla con Mc Intyre, che compare tra le firme di questo rebuttal, forse la vanagloria di Shmidt era un po’ prematura, e forse anche questo meriterebbe un po’ di attenzione mediatica.

Non lo vedremo su Nature questo lavoro, né in sommario né in copertina, lo vedremo sul Journal of Climate e magari qualcuno di quelli che viaggiano sul fiume vorrà dargli un’occhiata, chissà che questo non aiuti a raggiungere la riva prima che la corrente diventi troppo forte.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

8 Comments

  1. teo

    Tempo addietro su CM comparve anche un articolo dove si faceva la ‘strana storia’ di un rebuttal di un gruppo di amici di CM (tra i quali compariva anche il mio nome) che tento’ di far pubblicare le stesse critiche (piu’ o meno) alle stesse riviste. I rebuttal furono ributtati, le critiche non comparvero, nonostante referate sostanzialmente positive (ultima parola resta agli editori nevvero).
    Alcuni commenti ai nostri complains furono: capita di vedersi rifiutare un lavoro. Commenti corretti ma in una prospettiva sbagliata: capita ma non per decisione ‘politica’ dell’editore.
    Fa piacere vedere moooooolto tempo dopo che anche ad altri la puzza di bruciato e’ risultata insopportabile, il che ti fa anche capire che il consenso scientifico e’ poco piu’ poco meno di una sceneggiata.
    Restano pero’ aperti cosi’ molti interrogativi su: risultati della scienza, consenso della scienza, sistema di revisione paritaria, e… carriere scientifiche basate su sistemi bibliometrici.
    Riassumendo: a chi e’ in mano la scienza????

    Reply
    A quelli che discutono dei dettagli Teo.
    gg

  2. Alessio

    “è stato finalmente accettato per la pubblicazione un lavoro che fa il classico “rebuttal” della ricerca di Steig et al.”

    Interessante ed oculata la scelta delle parole per presentare il tutto, Guido. Ora, l’autore stesso dice (si probabilmente aveva i men-in-black dei pro AGW che gli puntavano la pistola alle spalle):

    “Overall, we find that the Steig reconstruction overestimated the continental trends and underestimated the Peninsula – though our analysis found that the trend in West Antarctica was, indeed, statistically significant. I would hope that our paper is not seen as a repudiation of Steig’s results, but rather as an improvement.”

    “In my opinion, the Steig reconstruction was quite clever, and the general concept was sound. A few of the choices made during implementation were incorrect; a few were suboptimal. Importantly, if those are corrected, some of the results change. Also importantly, some do not.”

    In genere e’ cosi’ che la scienza va avanti. Uno fa una ricerca e quello dopo la migliora. Non facendosi le linguacce come all’asilo.

    Reply
    E allora perché fai le linguacce? 🙂
    gg

    • CarloC

      Devo dire che sono un po’ stufo del linguaggio ispirato ad estrema prudenza e fair play di cui Alessio riporta un esempio nel suo commento. In parte e’ sicuramente corretto e fisiologico negli ambienti scientifici; in parte secondo me segnala il quanto sia forte il potere del mainstream e quanta prudenza sia costretto a mostrare di questi tempi chi corregge al ribasso una previsione catastrofista. Non mi sembra di vedere altrettanta cautela invece quando le previsioni sono al rialzo, e alla fine quello che arriva sui media non specialistici e’ un’impressione di piena concordia sul disastro imminente, anche quando in realta’ gli studi si contraddicono.
      By the way, un altro fenomeno che mi pare mi sia capitato di osservare, e’ quello articoli scientifici che, demolendo qualche previsione catastrofista, si premurano di precisare che rimangono mille altre ottime ragioni per contrastare i cambiamenti climatici. Le quali ragioni, a loro volta, sono magari demolite da altri studi i cui autori si affrettavano a precisare che tuttavia.. ecc. ecc, in una specie di circolo vizioso in cui nessuno ha il coraggio di dire che il re e’ nudo.

    • E quindi, visto che è un improvement e in scienza non ci si fa le linguacce, questo vuol dire che vedremo presto il nuovo lavoro in copertina di Nature, giusto?

    • Poi, se si vogliono citare passaggi, lo si faccia con interezza. Dal citato link di Mc Intyre:

      Despite the efforts of Reviewer A, four authors from critical blogs managed to run the gauntlet and publish both an improvement and refutation of Steig et al 2009. An improvement in the sense that the PC retention policy of Steig et al 2009 lacked any foundation and smeared Pensinsula warming into West Antactica. A refutation in the sense that the distinctive claims of Steig et al 2009 ( as compared to predecessor views of Monaghan for example) about West Antarctica are shown to be an artifact of their methodology.

      E’ un po’ un improvement, ma chiaramente anche una refutation quando si dice che “the distinctive claims”, cioè le conclusioni quantitativamente significative, sono un “artifact of their methodology”. Non mi piacciono le linguacce in scienza, ma non mi piace neanche il linguaggio politichese che vuol dire tutto e non vuol dire niente. La dichiarazione di Mc Intyre mi pare sinteticamente appropriata e in conseguenza il modo con cui Guidi l’ha riportata mi pare onesto.

    • Guido Botteri

      Alessio, se vuoi dire che la Scienza non è ancora “settled” io sono d’accordo con te, ma dillo a bassa voce, non sia mai ti sentissero Al Gore o il terminator (dell’economia californiana) Arnold Schwarzenegger, quelli del “the debate is over”… 🙂

  3. Ad ogni modo si parla di variazione di decimi di grado in un contesto che vede la temperatura stare al di sotto dello 0° di alcune decine di gradi. Potrebbe sempre essere una tendenza, ma si sa che per sciogliere il ghiaccio continentale ci vuole un po’ di calore costante, etc. etc.

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