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Nel corso del 2010, grazie ad una serie di sondaggi, ne ha parlato anche Nature, è emersa una tendenza generale ad un crescente disinteressamento delle persone sulla questione del riscaldamento globale di natura antropica. Preciso fin da subito che non è affatto una buona notizia, nè per chi è fautore della ancora non verificata ipotesi del riscaldamento antropico, nè per chi è assestato su posizioni scettiche di natura scientifica.

Come mai non è una buona notizia? Tutto sommato vorrebbe dire che le persone si stanno occupando, probabilmente, di questioni più contingenti (per esempio, la sempre pungente crisi economica globale). Non è una buona notizia, non lo è affatto, perchè negli ultimi decenni è stata portata avanti l’equazione che mette insieme il clima, l’ambiente, i consumi (non solo energetici), gli stili di vita e la filosofia ecologista. Dentro questo immenso calderone è finito di tutto: dalle energie alternative, alle politiche pro-abortiste, alla decrescita economica, passando attraverso la salvaguardia degli ecosistemi e alla restrizione delle libertà personali.

E come in ogni buona equazione, se salta un fattore, salta tutto. Quella visione del tutto, che come ci dicono i sondaggi, è ormai saltata in aria ed invisa ai più, si è trasformata in una serie di schegge impazzite, ormai incontrollabili. Salvo il fatto che, come vedremo, a volte si tratta di schegge talmente impazzite da diventare un boomerang ulteriore per i sostenitori della causa.

Eppure l’inizio del decennio scorso era stato scandito dagli annunci dell’IPCC, sempre più seriosi, allarmati e ricchi di consenso scientifico. Cosa può essere successo in questo lasso di tempo, dal momento che alla fine del decennio ci troviamo in una sorta di palude mediatica, con il consenso sempre più sfaldato, e una atteggiamento catastrofista ormai estremizzato oltre ogni immaginazione?

I più attenti analisti in circolazione imputano questa clamorosa débâcle ad una serie di (gravi) errori di immagine e di comunicazione. Il più stridente, ed è sotto gli occhi di tutti, è la crescente ipocrisia che permea i summit sul clima. Da questi consessi elitari dovrebbero uscire misure atte a modificare i nostri stili di vita, eppure quegli stessi consessi sono lo specchio primo di tutte le assurdità del consumismo occidentale.

A questo si aggiunga la brutta abitudine di giocare al rialzo, in una gara (?) dove vince chi urla di più: e se siamo partiti con l’uomo che modifica il clima terrestre, siamo giunti all’estinzione di tutte le specie viventi (sempre per mano dell’uomo). E tutto questo in un decennale stillicidio, dove ogni problema, dall’acne giovanile, alla depressione, per passare attraverso le turbe sessuali dei mufloni himalayani, è tutta colpa dell’uomo e del suo riscaldamento globale.

Diciamocelo: la gente si è stufata. O, peggio ancora, si è saturata al punto da rimanere indifferente a questi messaggi. La soluzione? Beh, ce la ricordiamo tutti, qualche genio del marketing ha deciso di alzare ulteriormente i toni, ed ecco che hanno preso il via campagne pubblicitarie shock: bambini col cappio al collo, le capitali del mondo sotto decine di metri di acque e infine, coup de théâtre, lo spot che ha definitivamente (si spera) affossato questa perniciosa forma di comunicazione: gli ambientalisti duri e puri che fanno saltare in aria quei bambini (e quegli adulti) che hanno commesso un unico errore: non conformarsi al pensiero unico ecologista.

Bum.

Un esplosione di sangue, e il problema è risolto.

Dopo tutto questo sangue e questa distruzione, qualche altro genio del marketing deve aver pensato: “Ehi, qual è l’industria più florida sull’internet? E se invece di mostrare esecuzioni di massa di scettici inermi, mostrassimo signorine discinte, e molto hot, in un ambiente molto cold?”. Chissà se passa il messaggio. Fate un po’ voi.

Swimsuit Issue: The Photos You Didn’t See from Up Here Magazine on Vimeo.

Siamo al polo, ma fa talmente caldo, ormai, che le signorine girano in costume.

La domanda finale, che tutti a questo punto sono certo che si stiano ponendo, è: una ipotesi scientifica per diventare teoria, di cosa necessita: di campagne pubblicitarie stravaganti, oppure di tanta sana e onesta e trasparente ricerca?

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Published inAmbienteAttualità

3 Comments

  1. Mah… se il messaggio viene recepito nella solita forma di consequenzialità tipo “l’AGW provoca più donne in bikini”, temo che si rivelerà un boomerang. Più seriamente, spero che sia una campagna che verrà lanciata in primavera: se la stanno già facendo vedere in quelle parti degli USA, dell’Europa o della Russia che sono ancora nella morsa del ghiaccio, qualcuno s’incazzerà anche…

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