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Cosa rimane oggi del mito della NASA?

Che la Nasa sia stata un mito per molte persone della mia generazione (quella della fine degli anni 50) è, credo, un fatto incontrovertibile. La Nasa della mia infanzia era infatti il simbolo più alto della supremazia tecnologica statunitense, l’ente che progettava e realizzava le grandi missioni nello spazio, quelle che nel 1969 avrebbero portato al primo allunaggio, seguito per noi in diretta dagli indimenticabili Tito Stagno e Ruggero Orlando.

Il mito della Nasa e con lui quello della supremazia tecnologica statunitense è, ahimè, da tempo appannato; me ne accorgo ad esempio quando assisto al fatto, per me inconcepibile, che gli Usa attendano per mesi e senza muovere un dito che una società britannica ripari sul loro territorio una perdita di petrolio in fondo all’oceano. E me ne accorgo pure quando scruto impotente le incursioni di Hansen e C., ricercatori della Nasa, in campo climatologico, le cui conseguenze sul piano mediatico sono sotto gli occhi di tutti.

All’azione di Hansen e C. è da attribuire ad esempio lo scoop del 2010 come anno più caldo degli ultimi 160 anni, cui era dedicata un’intera pagina sul Corriere della Sera del 14 gennaio 2011, tutta basata sulle serie storiche delle temperature annue globali di fonte NASA – Giss, le quali come ben sappiamo differiscono per alcuni rilevanti particolari (in primis la la sottostima delle temperature del 1998) rispetto a:

  • serie storiche delle stazioni al suolo della Climate Research Unit dell’East Anglia University (UK)
  • serie storiche delle stazioni al suolo dell’NCDC (USA)
  • serie storiche di dati da satellite (sensore MSU) della Università dell’Alabama – Huntsville (USA).

Per un confronto fra le quattro fonti basato su dati mensili, invito gli interessati a guardare la figura qui sotto ovvero ad andare alla voce di menu “Global temperatures” del sito www.climate4you.com (gestito dal geografo dell’Università di Oslo Ole Humulun) e di osservare le interpolanti a media mobile che mostrano con evidenza che a valle del 1998 le temperature globali sono in sostanza stazionarie, avendo raggiunto una sorta di plateau che non si concilia in alcun modo con le “previsioni” fornite dai GCM.

Naturalmente fra le diverse fonti immediatamente accessibili via internet, il Corriere ha scelto di utilizzare quella più “catastrofica” onde avvalorare la tesi di un Global Warming inarrestabile e che produce a getto continuo alluvioni e siccità. E per convincere fino in fondo il pubblico, la pagina del Corriere era “condita” dalla foto di un bambino che si dibatte in acque limacciose e dall’analisi dello “scienziato” di turno, il professor Maracchi, del quale cito le lapidarie parole di chiusa dell’articolo: “Il riscaldamento globale sta modificando tutto questo e sta cambiando non solo il clima in generale ma anche il tempo atmosferico che interessa ogni giorno tutti noi.”

In sintesi, dunque, da un lato la stazionarietà sostanziale delle temperature a valle del 1998 che emerge dai dati, dall’altro gli scoop che deformano tale realtà in nome di una sorta di “verità mediatica superiore”, il che sul piano etico è a mio avviso una vera schifezza.

Ciò detto, mi fa piacere tuttavia ricordare che la Nasa del mito sopravvive in alcuni studi di grande interesse che ancor oggi vengono condotti. E’ a questa Nasa che si deve una scoperta davvero interessante: il telescopio spaziale Fermi, sensibile ai raggi gamma, ha rilevato fasci di antimateria emessi verso lo spazio dai temporali. Agendo come enormi acceleratori di particelle, i temporali possono infatti emettere lampi di raggi gamma (i TGF), elettroni ad alta energia e positroni. Gli scienziati ora pensano che siano i TGF a produrre fasci di particelle e di antimateria.

Per cogliere la rilevanza di tale fenomeno si deve considerare che in ogni istante sono in atto sul nostro pianeta alcune centinaia di temporali che si rivelano fra l’altro cruciali per rigenerare il campo magnetico terrestre (maggiori informazioni e filmati sull’argomento sono reperibili sul sito della NASA.

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Published inAttualitàNews

4 Comments

  1. Luigi Mariani

    Per completezza di informazione in tema di Scoop della NASA e attendibilità dei dati da stazioni al suolo, ritengo utile segnalare le considerazioni di Roger Pielke Sr apparse il 16 gennaio sul suo blog (http://pielkeclimatesci.wordpress.com/2010/01/16/nasa-giss-inaccurate-press-release-on-the-surface-temperature-trend-data/) sotto il titolo
    “NASA GISS INACCURATE PRESS RELEASE ON THE SURFACE TEMPERATURE TREND DATA”.
    Per evidenziare la vanità di questi tipi di scoop, Pielke fa in particolare riferimento al lavoro scientifico del 2009 “Klotzbach, P.J., R.A. Pielke Sr., R.A. Pielke Jr., J.R. Christy, and R.T. McNider, 2009: An alternative explanation for differential temperature trends at the surface and in the lower troposphere. J. Geophys. Res., 114, D21102, doi:10.1029/2009JD011841.”, liberamente scaricabile da internet (il link è indicato sul blog di Pielke) e da cui si evince:
    – che fra serie globali di temperatura ricavate da stazioni al suolo (Ncdc, Giss, Hadley center – Cru) e dati da satellite (sensori MSU) persiste una sensibile differenza, nel senso che il trend 1979-2008 è più ridotto nei dati da satellite
    – che la differenza riscontrata è di segno opposto rispetto a quanto ci si dovrebbe attendere (in teoria l’aumento di temperature nella bassa troposfera rilevato da satellite dovrebbe essere superiore rispetto a quello rilevato al suolo, in virtù del “principio” di conservazione del gradiente pseudoadiabatico che non può essere violato pena il collasso della circolazione globale)
    – che le ragioni di tale differenza sarebbero soprattutto da da ricercare in fenomeni che globali non sono e che interessano soprattutto le terre emerse (es: minore stabilità dello strato limite, effetti di pulviscolo e aerosol).
    Poichè l’articolo citato mi è parso un’efficace summa degli effetti alle diverse scale che governano una variabile complessa come la temperatura al suolo, invito gli interessati a queste tematiche a leggerlo e a commentarlo.

  2. Mi sono letto in proposito un articolo da The Register, e la pagina originale NASA. I TGF sono fenomeni noti e la sonda Fermi e’ stata progettata anche per osservarli, quindi non e’ una scoperta inattesa (come invece avvenne per i satelliti Vela e i GRB).

    Poi in effetti sembra proprio che siano i raggi gamma a produrre positroni, insieme naturalmente a elettroni. I positroni stessi riescono non solo a raggiungere le quote della sonda Fermi, ma addirittura a correre un po’ lungo le linee del campo magnetico. Visto le moltissime occasioni perche’ lungo il tragitto i positroni possano collidere con le normali componenti dell’atmosfera, e dunque essere annichiliti, evidentemente sono probabilmente prodotti in grandissimi numeri.

    http://www.theregister.co.uk/2011/01/13/nasa_antimatter_storms/
    http://www.nasa.gov/mission_pages/GLAST/news/fermi-thunderstorms.html

    Domande: quanti TGF non sono visibili alla Fermi? Ci vorrebbe una rete di rilevazione a terra. E ci possono essere conseguenze di queste scoperte per la teoria di Svensmark?

  3. Ahinoi! Il Global Warming sta aumentando la frequenza dei temporali! E quindi invece di morire arrostiti, friggeremo in una pioggia di radiazioni!

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