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Ciliegie fuori stagione

Già, c’è il rischio che si gelino di questi tempi, specie se prelevate dalla torta. Il cherry picking è quella pratica molto di moda che vede impegnate in modo assolutamente bipartisan entrambe le sponde del fiume della divulgazione climatica a mettere in evidenza notizie a supporto delle proprie tesi anche se lo sono soltanto in parte.

Il caso vuole che da qualche giorno su queste pagine abbiamo deciso di occuparci di dati di prossimità, cioè quelle informazioni impiegate come surrogato delle temperature osservate per arrivare ad avere un’idea del clima che fu. Tra le tante possibilità, carotaggi nel ghiaccio, analisi di sedimenti marini e lacustri, stratificazioni rocciose etc etc, il gradimento maggiore degli studiosi di paleoclima va senz’altro ai dati dendrologici, cioè agli anelli di accrescimento degli alberi. E così, appena la settimana scorsa abbiamo commentato il lavoro di Loehle sul problema della divergenza, che qui riassumiamo forse in modo un po’ troppo semplicistico con una casuale e spesso accentuata discontinuità nel modo con cui le piante rispondono alle variazioni di temperatura (curve stimate e curve osservate che tendono a divergere appunto).

Neanche a farlo apposta ci capita per le mani un altro lavoro (Büntgen et al., 2011), nel quale avvelendosi di serie di dati, è stato ricostruito il clima degli ultimi 2500 anni sull’area europea. Lo studio è di per se interessante, perché tenta di mettere in relazione le oscillazioni della piovosità e delle temperature con particolari periodi storici, che hanno certamente avuto un peso importante per la storia del vecchio continente e quindi anche per il mondo per come oggi lo conosciamo.

Lo studio non è, e non potrebbe essere, per le ragioni che tra poco vedremo, un documento che testimoni il fatto che le temperature misurate in tempi recenti sull’area europea siano senza precedenti, questo, malgrado lo scrivano gli stessi autori e sia stato scritto anche qui, dove ne viene fatta una disamina efficace ma un po’ di parte. Di qui l’incipit delle ciliegie.

Andiamo con ordine. Nell’abstract leggiamo:

“Recent warming is unprecedented, but modern hydroclimatic variations may have at times been exceeded in magnitude and duration. Wet and warm summers occurred during periods of Roman and medieval prosperity. Increased climate variability from ~250 to 600 C.E. coincided with the demise of the western Roman Empire and the turmoil of the Migration Period. […].”

“Il recente riscaldamento non ha precedenti, ma le attuali variazioni idroclimatiche potrebbero in alcuni casi essere state superate in ampiezza e durata. Estati calde e umide sono occorse durante i periodi di prosperità Romano e Medioevale. L’aumento della variabilità climatica dal 250 al 600 D.C. coincise con il declino dell’Impero Romano d’Occidente ed i tumulti del Periodo delle Migrazioni […].”

Le piante, si sa, crescono solo in alcuni mesi dell’anno e infatti questa ricostruzione è relativa ai mesi di aprile, maggio e giugno per le precipitazioni e giugno, luglio e agosto per le temperature. Questa nuova ricostruzione è quindi limitata al solo periodo estivo ed alla sola area da cui provengono i proxy. In questo senso le temperature attuali risultano comunque più alte di quelle del passato, Periodo Caldo Medioevale incluso. Ma sappiamo anche che impiegando dati dendrologici, ci sono altissime possibilità che non vengano intercettati periodi con temperature più alte di quelle del periodo di calibrazione, proprio perché c’è la divergenza. Sappiamo anche che ci sono molti altri studi a questo paragonabili in quanto riferiti ad aree limitate, che dicono esattamente il contrario, guarda caso, senza impiegare dati dendrologici (ne abbiamo parlato qui, commentando un lavoro di Luigi Mariani e Uberto Crescenti).

L’impennata delle temperature nelle ultime decadi del secolo scorso credo possa provenire solo da dati osservati aggiunti alla serie. Questa pratica non è nuova nella scienza del clima, è lo stile dell’Hockey Stick di Mann che fornisce l’effetto speciale a supporto dell’affermazione “unprecedented”.

Ma potrebbe esserci un’altra spiegazione: questo team ha trovato il sistema di superare il problema della divergenza ed è quindi arrivata fino ai giorni nostri con i soli dati proxy. Tra le firme, appare infatti Jan Esper, che ha scritto anche di recente su questo argomento. Però nello studio, così come nei dati supplementari, non c’è traccia alcuna del termine “divergenza”, né ci sono indicazioni che siano state effettuate tutte le operazioni che Esper ha suggerito con i suoi studi per scoprire se i dati con cui si sta lavorando siano o meno “divergenti”.

Interessante, sempre nell’abstract (ma nel corpo della letter è ovviamente spiegato meglio) anche il fatto che si ipotizzi che le oscillazioni idroclimatiche del passato siano state più accentuate di quelle attuali. Il concetto non mi torna. In un mondo non più caldo (warming unprecedented) c’erano variazioni più accentuate del ciclo idrologico. Curioso, avrei detto esattamente il contrario, come recita proprio l’ipotesi AGW.

Meritevoli di attenzione anche le prime sei righe della letter vera e propria:

“Continuing global warming and its potential associated threats to ecosystems and human health present a substantial challenge to modern civilizations that already experience many direct and indirect impacts of anthropogenic climate change.”

“La continuazione del global warming e la sua associata potenziale minaccia agli ecosistemi ed alla salute umana rappresentano un pericolo sostanziale per le civiltà moderne che stanno già sperimentando numerosi impatti diretti e indiretti del cambiamento climatico di origine antropica.”

Innanzi tutto il GW è fermo da 10, forse anche 15 anni, periodo nel quale non c’è stato alcun trend significativo nelle temperature medie superficiali globali. Se per minacce si intendono le conseguenze degli eventi atmosferici avvenuti in questo contesto di mancanza di riscaldamento, ho paura che anche qui si voglia dare per scontato quello che non è, e cioè che questi eventi siano appunto originati dal riscaldamento.

Tutta da leggere la chiusura (ripresa pari pari dall’abstract):

“The historical association of precipitation and temperature variation with population migration and settlement desertion in Europe may provide a basis for questioning the recent political and fiscal reluctance to mitigate projected global climate change, which reflects the common societal belief that civilizations are insulated from variations in the natural  environment.”

“L’associazione storica delle variazioni di precipitazioni e temperature con le migrazioni e l’abbandono di insediamenti in Europa potrebbe fornire una base per affrontare la controversia sulla recente riluttanza politica e fiscale nel mitigare il previsto cambiamento climatico globale, che riflette la comune convinzione che le società siano scollegate dalle variazioni dell’ambiente naturale.”

Capito? Questi nostri risultati potrebbero fornire le basi per superare la riluttanza politica e fiscale a mitigare il previsto cambiamento climatico. Non più solo scienza e politica, ora è un trittico: scienza, politica e…ghe pensi mi.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

2 Comments

  1. teo

    No summer desiccation YET. Basta scrivere questa breve frase su google per avere una idea precisa di quello che Pascoli descrive nella sua ultima frase. io continuo a pensare che la parola ‘yet’ e’ la negazione del concetto stesso di scienza. Poi, qui mi fermo per non finire nei brutti e cattivi…e sapete che non ci tengo.

  2. giovanni pascoli

    Tra i vari metodi indiretti per ricostruire concentrazione di Co2 e clima del passato mi sembra doveroso ricordare gli studi sugli stomata fossili.

    http://www.geocraft.com/WVFossils/stomata.html
    http://debunkhouse.wordpress.com/2011/01/25/catastrophism-anthropocentric-science-run-amok/
    http://wattsupwiththat.com/2010/12/26/co2-ice-cores-vs-plant-stomata/

    per quanto riguarda l’articolo commentato nel post mi sembra abbastanza chiaro che gli autori hanno agito da perfetti cerchibottisti, assicurandosi cosi anche una pubblicazione rapida al riparo da eccessive revisioni. Insomma dire le cose come stanno senza far troppo arrabbiare “il padrone”.
    Durante uno scambio di commenti con un conoscente (straniero e direttore di centri di ricerca) proprio su quest’articolo si diceva come la frase riportata nel post sarebbe coerente con l’articolo semplicemente se si togliesse la parola “reluctance”. Inoltre si discuteva proprio del fatto che vi fosse questa intromissione e deriva politica ( evidneziata nelle conslusioni) da parte di un articolo scientifico pubblicato su una rivista scientifica.

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