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Il “rischio zero” non esiste

Il “rischio zero” non esiste. Semplicemente, non fa parte del nostro mondo reale, e inviterei tutti a prenderne le distanze, perché, oltre ad essere irrealizzabile, non è nemmeno auspicabile, secondo me, e ne spiegherò le ragioni. Chi lo enuncia evidentemente non fa i conti con la realtà, né col proprio presente, né col proprio passato. Figuriamoci con quale credibilità potrebbe sentenziare sul futuro.

Consideriamo il mestiere di poliziotto, per esempio. potrebbe mai essere fatto attenendosi al “rischio zero”? Qui non stiamo parlando di “rischio minimo” che è tutt’altra cosa e certe volte è sensato ed auspicabile, mentre altre volte non è la scelta migliore (chi ama il calcio se ne può dare un’immediata conferma considerando la tattica del catenaccio che risponde al concetto di “rischio minimo” – e non di “rischio zero”, perché non garantisce di non subire goal – e che, però, non è la tattica migliore che si possa usare, ed anzi, l’usassero tutti, sarebbe la morte del calcio). Dunque, un poliziotto non sarebbe un poliziotto se si attenesse al “rischio minimo”. Non parliamo di “rischio zero”, che non è realisticamente possibile anche se un poliziotto disonesto e pusillanime ci si volesse attenere. Per essere un buon poliziotto, egli “deve” accettare ed affrontare i rischi del mestiere.

Quando ero di guardia alla caserma “Lupi di Toscana” sentimmo, io e il capoposto, dei lamenti che non avevano nulla di umano. Ci sentimmo gelare, ma, dopo il primo  momento di paura, mi riscossi e dissi: “Siamo noi di guardia, dobbiamo andare a vedere” e così, perché questo ci imponeva il dovere, ci dirigemmo verso la fonte di quei lamenti disumani. E
“disumani” erano davvero, perché erano emessi da uno dei lupi in gabbia che erano ospitati nella caserma.

Quando c’è un incendio, un pompiere può forse rifiutarsi di andare perché non c’è “rischio zero” ? Sarebbe forse auspicabile che si attenesse ad una condotta di “rischio zero” ? Che ce ne faremmo di un pompiere così, del tutto inutile? Quante persone muoiono nel corso di operazioni rischiose connesse ad un mestiere come questo (ed altri più o meno simili) essenziale, dignitosissimo, onestissimo, ma intrinsecamente pericoloso? E vorreste forse che il medico che può salvare voi, o un vostro caro, con una operazione, si rifiuti perché quell’operazione non è a rischio rigorosamente zero? Nessuna operazione è a rischio assolutamente zero, neanche la più innocua e banale.

Una condotta accorta, prudente, e sensata NON è una condotta “a rischio zero” e spesso nemmeno “a rischio minimo”. A volte i rischi vanno affrontati, se necessari in considerazione degli obiettivi. Potrebbe un magistrato attenersi al rischio zero? L’arresto di una persona NON è mai un’azione a rischio zero. Non lo è per definizione. Se non fosse così, non ci sarebbe bisogno di processi, che a loro volta NON sono infallibili. Una condanna o un’assoluzione “definitiva” di un tribunale umano NON è prova assoluta, davanti a Dio, della colpevolezza o dell’innocenza di una persona…cose che son note solo al nostro Signore, sempre che esista (come io credo).

Può un politico attenersi al rischio zero ? Ditemi, esiste forse decisione umana che sia priva di rischi, più gravi, meno gravi, ma rischi, comunque? Chi vive nel mondo del lavoro privato conosce bene il concetto di “rischio d’impresa”. Senza rischio, non è concepibile alcuna attività, perché ad ognuna di esse è inevitabilmente correlato un rischio, maggiore o minore che sia.

Se ci si volesse attenere al “rischio zero” non ci sarebbe dunque NESSUNA attività. E nello sport ? Chi ha praticato pugilato ed Arti Marziali, come me, conosce bene i rischi (quelli che subisce, e quelli che farebbe correre al suo o ai
suoi avversari con un suo comportamento scorretto), ma non ci sarebbe gara di nessun tipo, a cominciare da quelle automobilistiche, ma senza esclusione alcuna, se ci si volesse attenere al rischio zero. Ma a doversi attenere a quel deleterio e sciagurato principio, non sarebbe possibile alcuna attività umana, anche non lavorativa e non sportiva. A
causa del rischio (nemmeno così basso) sarebbe proibito entrare in pericolosi luoghi di incidenti, come il bagno o la cucina di casa propria. Sarebbe proibito fare perfino una passeggiata, per il rischio di rapine, investimenti ed altro, che certamente non è un “rischio zero”. Non si potrebbe nemmeno stare in una qualsiasi stanza della propria casa, come hanno esperimentato purtroppo sulla loro pelle migliaia di Giapponesi in quest’ultimo tsunami che li ha travolti mentre erano in casa propria, annientando le loro case, e la loro vita!

Mi domando poi se ci sia su questa Terra un posto in cui le radiazioni siano rigorosamente zero. Ma anche se ci fosse, che facciamo nel resto del pianeta dove le radiazioni sono comunque maggiori di zero? Ci sarebbe ancora molto da dire, ma credo che questo sia abbastanza per illustrare come il concetto di “rischio zero” sia fuori dalla realtà, risibile, ridicolo, e cervellotico.

Secondo me.

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Published inAttualità

39 Comments

  1. Guido Botteri

    Per Fabrizio Mafessoni.
    La ringrazio per la Sua risposta, che fa fare un passo avanti al discorso, e questo mi fa molto piacere, nel senso che potremo parlare della scala di certi valori. Nessun dato ha senso da solo, e comunicare un dato senza riferimenti è porre base a fraintesi anche gravi (e potrei dir di peggio). Quindi penso che appena tornerò, potremo esplorare con soddisfazione il territorio dei rapporti tra i problemi, inquadrandoli in una ottica relativa, e non in quella manichea abituale a certo ambientalismo (da cui nascono affermazioni come “l’unico rischio ammesso è quello zero”, che non hanno alcun senso, e portano solo a conclusioni sballate).
    Abbia pazienza, perchè ho impegni che non posso rimandare, in questo momento. A presto e grazie ancora.

    • Guido Botteri

      Egregio Fabrizio, Lei scrive: “Come e’possibile comparare Africa e stati occidentali e Giappone” ? Infatti, non c’è paragone, e perché ? Lei spiega:
      “malnutrizione, AIDS, guerre e altro tutto insieme” e poi “i progressi in campo biomedico, di prevenzione, la migliore alimentazione e tutto”… non mi metterò a discutere se siano queste le ragioni precise o ce ne siano anche altre…non ha importanza qui. Quello che risulta anche da quello che Lei sostiene è che ci siano altre motivazioni che influenzano la speranza di vita molto più delle centrali nucleari. Questo è un risultato comune che mi soddisfa.
      Converrà a questo punto che sia fondamentale non compromettere quei fattori, per non fare un danno maggiore della malattia che la cura vorrebbe guarire.
      Lei dice anche “Ottimizzare le produzioni di energia non vuol dire rinunciare a queste conquiste” e anche qui mi trova d’accordo, nel senso che si debba ottimizzare “all’interno” di quelle conquiste, e cioè senza comprometterle. Mettiamo quindi in chiaro che ci sono delle conquiste da difendere, e che sono queste che ci garantiscono un livello di vita, ed un’aspettativa di vita migliori.
      Compromettere ciò significherebbe un salto all’indietro, verso i livelli da cui lo Zambia sta cercando di sollevarsi, giustamente.
      Sul nucleare si può discutere, e non pretenderò di avere ragione io (per prendere doverosamente atto di non essere il massimo esperto, né un guru dalla parola magica e incontestabile), ma deve essere chiaro l’obiettivo di risolvere i problemi nell’ottica di aumentare e non di diminuire la speranza di vita globale.
      Posta così la cosa, si possono portare gli argomenti pro e contro, perché se io dico (o altri dicono) che il nucleare aumenta quella speranza, Lei potrà negare questi aspetti, e ci potremo confrontare su dati e ragionamenti, e, a questo punto, anche sui dati e gli studi che Lei cita, se vuole. A patto di avere ben chiaro in quale scenario (spero comune) ci muoviamo. Come Lei ammette onestamente “Ha ragione, l’effetto del nucleare sulla salute e’ minore di tutti questi fenomeni insieme, sicuramente, nessuno dice il contrario.”…appunto.
      Lei si scandalizza perché io non leggo quegli studi. Io ho solo detto che non li leggo “io”, ora come ora. Non sono un medico, ma un ingegnere, e non saprei valutare quanto sia credibile quel risultato, che altri contestano. Non sta a me giudicarlo, perché non ne ho la competenza. Ho una certa diffidenza, lo ammetto, perché vedo un proliferare di risultati strani, che non mi tornano. Parlo per esempio degli effetti che un aumento di meno di un grado avrebbe “già” causato, a sentire centinaia e centinaia di studi.
      http://www.numberwatch.co.uk/warmlist.htm
      Ho cercato di documentarmi, ma non ne ho trovato ancora uno, e dico uno (ci sarà pure, ma non tra quelli che ho cercato di leggere) che abbia spiegato il meccanismo attraverso il quale quell’aumento di temperatura così minimo (in passato ce ne sono stati di ben maggiori) possa causare quegli spaventosi effetti che ci raccontano, ma che ci risulta difficile constatare in giro.
      Viene il sospetto che quest’attribuzione di ogni male ad un’aumento di meno di un grado in 130 anni, sia frutto di cose diverse da un’osservazione scientifica, ovvero che la causa che gli è attribuita non sia frutto di ragionamenti rigorosi. Ragionamenti che non trovo mai esplicitati, e quindi non saprei come confermare o smentire.
      Attribuire una morte a questa o quella causa è cosa in genere difficile, come ci insegna anche la cronaca criminale di questi giorni, dove anche dopo accurate autopsie si hanno tanti dubbi e smentite.
      Figuriamoci quando delle morti sono attribuite ad una causa che non è matematico collegare al decesso… Non sarà mica che chi lo fa abbia altre motivazioni, magari in buona fede, pure, eventualmente, ma ideologiche, o di altri vari motivi che ognuno può immaginare senza che io sforzi la mia fantasia ? Mio padre aveva l’infarto e gli fu diagnosticato erroneamente un attacco di itterizia. Mia madre è morta di cancro, e anche le ultime analisi, ritirate dopo l’intervento che ne decretò l’impossibilità di cura a causa di metastasi che avevano raggiunto praticamente ogni parte del suo povero martoriato corpo, sentenziavano tutt’altro. E invece il cancro c’era ed era mortale e diffusissimo. Mi permetta di risparmiarmi altre dolorose citazioni, e mi creda, La prego, se dico che di errori se ne fanno, in buona fede, in quantità industrale, figuriamoci quando ci aggiungiamo una motivazione ideologica o di interessi personali. Per cui ecco perché mi fido di più dei risultati olistici, che mi dicono che nei Paesi, come la Francia o il Giappone, dove ci sono tante centrali nucleari, si vive più a lungo dei Paesi dove si pratica (magari per necessità) uno stile di vita più consono ai dettami dell’impronta ecologica… che a me sembra un’impronta per morire più presto e più poveri.
      E poi è certamente vero quello che dice Lei, non c’è solo la ragione nucleare (ma il ragionamento, se vale per me, vale anche per Lei).
      E’ certamente vero che difficilmente una centrale nucleare aumenti la speranza di vita di per sé. Glielo concedo. Ma i benefici indiretti, il maggiore progresso, i maggiori benefici economici, si traducono, come è evidente, ed anche Lei se ne rende conto, in quei miglioramenti che conducono ad una vita più lunga. Perché la salute, i servizi sociali, i nostri stessi diritti, hanno più forza in un’economia florida, che non in una depressa. Il progresso, NON la recessione, ci garantisce più lavoro, più ammortizzatori sociali, più servizi. Sono i poveri che si imbarcano a spese dei loro risparmi, su fragili gommoni per venire nei Paesi ricchi e sviluppati, e non gli occidentali a fuggire nei Paesi poveri. Il lavoro c’è dove c’è progresso, NON dove c’è la recessione, dove, anzi, aumenta inesorabilmente la disoccupazione. Questi sono fatti anche sotto i Suoi occhi, egregio Fabrizio, e credo che ne debba prendere atto, nella sua onestà intellettuale. Ecco dunque il ruolo dell’energia nucleare, garantire quei livelli di progresso ed economia che fanno salire poi la speranza di vita. Siamo al picco del petrolio, con cosa vorrebbe sostituire il petrolio ? Lo si dovrà fare con una fonte competitiva nei prezzi e nelle quantità. L’unica fonte rinnovabile decente (ai miei occhi), l’idroelettrico, non può dare questo salto…non abbiamo fiumi, non possiamo costruire pericolose dighe in un Paese a così alto rischio sismico, non possiamo costringere le popolazioni ad abbandonare le loro case e le loro terre per costruire una diga. Faccio notare che in Giappone le centrali nucleari avevano retto bene il terremoto, è stato lo tsunami a causare i problemi.La diga è stata un disastro, con mille morti.
      L’eolico io lo vedo come il fumo negli occhi, perché non capisco (e questa è una mia opinione strettamente personale) perché in nome di un contrasto ad un aumento (minimo) di temperatura, si vada ad indebolire il sistema di raffreddamento ad aria (il vento) del nostro pianeta. Le dimensioni del fenomeno ? Non sono in grado di valutarle, ma chi crede che sia stato l’uomo a causare il riscaldamento globale, dovrà parimenti credere che aumentare in maniera sproporzionata l’eolico non potrebbe che togliere energia al sistema di raffreddamento del Paese. I due fenomeni sono sugli stessi ordini di grandezza, e quindi sono veri o falsi entrambi, insieme. Secondo me.
      Del resto si chiamano “ecologici” i biocarburanti, e qualcuno mi dovrebbe spiegare perché la CO2 emessa dai biocarburanti dovrebbe essere buona, mentre non lo è quella emessa da altre fonti…non sarà (mi scusi il pensiero maligno) che chi manovra queste politiche creda nel suo intimo all’AGW quanto ci credo io, e cioè niente ?
      Colgo l’occasione per scusarmi per il ritardo della risposta e per ringraziarLa per la sua cordialità.

  2. Giampiero Borrielli

    Sarebbe interessante un confronto tra i dati statistici sulle leucemie riscontrate in vicinanza di centrali nucleari e altri insediamenti industriali, tipo petrolchimica di Porto Torres etc. Mio zio paterno e morto di leucemia fulminante ( sei mesi dopo la prima diagnosi)e lavorava appunto al petrolchimico. Si, sono proprio curioso di analizzare le due statistiche di tali incidenze….

  3. Filippo Turturici

    Al momento non posso leggere il link fornito dal sig. Mafessoni (spero di non sbagliare il titolo).
    Si parla di leucemie infantili: c’è un solo studio che ne documenta l’aumento legato alle centrali nucleari, il cosiddetto KiKK, condotto in Germania su dati dubbi e con metodologie discutibili; contro oltre 50 studi, a livello globale, che non trovano alcun nesso. Ed infatti, è questo è un dato certo, nemmeno la commissione per la radioprotezione tedesca (SSK) considera tale studio come veramente attendibile:
    http://blog.forumnucleare.it/top-stories/commissione-per-la-radioprotezione-tedesca-lo-studio-kikk-non-prova-correlazione-tra-le-radiazioni-da-centrali-e-casi-di-leucemie/
    (mi scuso per il link “di parte”)

    Infine contribuisco con un link, fatto abbastanza bene, sulle dosi di radiazione derivate da varie fonti, naturali ed artificiali, fino ai principali incidenti nucleari:
    http://xkcd.com/radiation/

    • Guido Botteri

      Caro Fabrizio, è in genere buona norma leggere gli interventi precedenti, prima di scrivere, ma capisco che a volte non se ne ha il tempo. Sei una persona impegnata, probabilmente, e non puoi perdere tempo a leggere quel che si scrive qui, così vieni a onorarci della tua superiore cultura. ti ringraziamo lo stesso, ma sei stato preceduto da Dari Ona, che aveva fornito lo stesso identico link che fornisci tu, e al quale ho dato un’esauriente risposta.
      Se fossero veri gli studi che tu gentilmente ci proponi, la speranza di vita degli Stati non sarebbe quella che, olisticamente, constatiamo. Ergo, anche una persona intelligente come te dovrà convenire che quegli studi sono probabilmente (per qualche ragione su cui per ora stendo un velo pietoso) inadeguati a rappresentare la vera realtà, che non è evidentemente quella che loro vorrebbero farci credere. Perderei anch’io il mio preziosissimo tempo (anch’io, come te, sai, ho gravosi impegni) a leggere studi forse ideologici, forse pregiudiziali, forse che non mettono in conto parametri importanti per la valutazione degli effetti, o forse che hanno preso fischio per fiasco, visto che gli effetti decantati NON sono quelli che si rilevano nella realtà. Leggo volentieri ciò che scrive chi non la pensa come me, di solito, e mi son studiato l’AGW su corsi di persone rigorosamente sostenitrici di quella ipotesi, ma in questo caso temo che sarebbe una totale perdita di tempo. Non sta a me cercare dove abbiano sbagliato, mi basta la constatazione che evidentemente hanno clamorosamente sbagliato, e quelle cartine lo provano.
      Grazie comunque del tuo interessamento, che in ogni caso apprezzo, ma che avrei apprezzatio ancora di più se avesse fatto sèguito ad una lettura più attenta di quello che scriviamo.
      Cordiali saluti.

    • Ha ragione signor Botteri, avrei dovuto leggere maggiormente, mi era sfuggita la risposta precedente. Tuttavia leggendola la trovo tutto tranne che esauriente, e credo quelle pubblicazioni abbiano ancora più significato. Trovo assolutamente ovvio far notare che in questo caso “olisticamente”, come dice lei, significa approssimativo. Le cartine in cui si mostra l’aspettativa di vita (più alta in europa e in america che in africa!!..sarà per le centrali nucleari????!!!!) dicono ben poco. E non è tanto per la risoluzione, dove ovviamente dire che in germania si vive più che in congo, non credo dica molto sulle centrali..ma persino se la risoluzione fosse maggiore (e cmq non sarebbe nei 10 km di alcuni di quegli studi), l’aspettativa di vita dice ben poco quando si comportano diverse aree con una miriade di fattori concorrenti ad alterarla (il paragone germania – africa è chiaro, ma sarebbe comunque impreciso germania – stati uniti, tra dieta e molto altro). Le pubblicazioni internazionali citate contengono invece analisi statistiche accurate, su cose molto puntuali. Tipo leucemie infantili e cancri vari. Inoltre fatte su scale più ragionevoli, con campioni di controllo omogenei. Ne consiglio la lettura..anche se non sono “olistici”. Esistono evidenze concordate da tutti i maggiori giornali medici di una qualche influenza di molte centrali su queste patologie, anche in assenza di chernobyl varie. E in alcuni casi effettivamente anche se si osserva un aumento non si arriva alla significatività statistica. Quindi forse dipende da fenomeni puntuali, non voglio dire che sia stato osservato per tutte le centrali del mondo (la maggior parte non credo nemmeno siano studiate da questo punto di vista). Comunque il dato c’è, che le piaccia o no.

    • Guido Botteri

      No, caro Fabrizio, “olistico” non vuol dire “approssimativo”. Vuol dire che tiene conto di tutto, che è ad un livello maggiore, dove non si analizza il dettaglio, non si ipotizzano parametri, non si inseriscono leggi, non si dimenticano o ignorano fattori o leggi, ma si valuta il risultato nel suo totale.
      Faccio un esempio: potrei calcolare il peso di una corona stimando i volumi delle varie pietre preziose, e conoscendo il peso specifico di ogni pietra, calcolando temperatuira e pressione e via dicendo…
      o posso semplicemente, olisticamente, pesare la corona.
      Quale valore del peso sarà più vero ?
      Quello calcolato valutando tutti i parametri, e, nel caso, tutti i pesi specifichi, i volumi e via dicendo…
      o quello pesato ?
      A volte la semplicità è straordinariamente più vera del ricorso a tecniche raffinate…
      Preferiresti vivere nella nuclearizzara Francia o in Zambia ?
      Non rispondere in fretta, pensa che le politiche ambientaliste stanno dirigendo il mondo verso il modello Zambia…e i lati buoni del progresso si perdono quando crolla la politica che li sorregge.
      Una economia fallimentare farà fallire anche i sofisticati ospedali che ora sono l’orgoglio dell’Occidente più avanzato. Creerà milioni di disoccupati (la…green economy…straordinariamente vera – omen nomen – nel senso che ci lascerà…al verde).
      Non sottovalutare, dunque, la visione olistica, non farti abbagliare dal singolo elemento…per vedere un panorama nella sua interessa bisogna salire in alto.
      Cordiali saluti.

    • Lo ribadisco più sinteticamente se non fosse chiaro. Quelle pubblicazioni non sbagliano, mostrano dei dati, e documentano leucemie infantili (cosa diversa dall’aspettativa di vita), che comunque sono in percentuali piccole rispetto alla popolazione, quindi basta poco rumore (o semplicemente una risoluzione bassa come le cartine da lei riportate) per coprire il dato. Spero di essere stato chiaro. Saluti.

    • Guido Botteri

      Caro Fabrizio,
      quello che voglio farti capire è che la salute della popolazione (vogliamo chiamarla così ?…è una questione di nomi, in fondo, alla fin fine, ma il dato finale è quello, quanto a lungo vive quanta più gente) dipende da molti fattori. Ci possono essere fattori in contrapposizione, e cioè qualcuno che aumenta e qualcuno che diminuisce la salute pubblica. Alla fine, quando parlo di dato olistico, dico che invece di andare a farsi studi particolari su aspetti particolari (ben vengano, ma andrebbero giudicati in un’ottica particolare e non come dato generale) è più vero verificare la salute totale, e la speranza di vita è un indicatore di questo. Mi pare ovvio che un Paese dove essa sia maggiore abbia infine una salute pubblica migliore, qualsiasi ne sia un aspetto particolare che anche fosse in controtendenza. Un decisore politico deve muoversi con direttive che aumentino la salute opubblica TOTALE e non che la diminuiscano.
      E per giudicare vanno bene le statistiche sulla salute pubblica, che ci dicono dove si vive di più e dove possono vivere più persone.
      E forse un caso, secondo te, che la gente fugga dai Paesi modello dal punto di vista dell’impronta ecologica (dove la speranza di vita è pessima) e emigrino verso i Paesi dove essa, la speranza di vita, è maggiore, e cioè proprio quei Paesi che hanno perseguito politiche di progresso ?
      Ahimè, se questi stessi Paesi si faranno abbagliare dalle utopie ambientaliste, quella speranza di vita precipiterà di nuovo a livelli da impronta ecologica modello !
      Se quel dato viene “coperto” dal rumore, come dici tu, è perché è un dato di poco valore numerico rispetto ai benefici che raggiunge la massa della popolazione, creando infine una maggiore salute pubblica.
      Un decisore politico deve puntare su ciò che crea più lavoro, più salute, più progresso, più vita. Non esiste, che io sappia, una medaglia che non abbia l’altro lato, ma mi pare che si debba puntare sul lato che abbia sulla salute totale della popolazione gli effetti maggiori. E una sana, efficiente politica economica permette una maggiore salute pubblica. Dove non ci sono denari non ci cantano messe, si dice, e non si creano ospedali efficienti, e si curano per malati di AIDS gente che non ha quella terribile sindrome. (Ti renderai conto di come siano pericolose certe cure estremamente drastiche per una persona che in realtà è sana.) Perché, dove non ci sono abbastanza denari, non si possono fare costose ricerche, e si condanna una persona sana a essere curata per un AIDS che non ha perché si prende per malattia quello che malattia non è. Questo succede in Africa, ma non nel ricco (per ora) Occidente, dove le analisi sono molto più accurate (e più costose).
      Voglio dire che, indirettamente, una politica economica sana consente di salvare molte più persone che non una politica economica che porti alla recessione e alla povertà, come sono le politiche “per salvare il pianeta” da un pericolo che è solo ipotetico, con azioni però che deprimono l’economia e creeranno i presupposti perché non si possa sfamare tutta la popolazione. Già in Cina due ricercatrici hanno trovato il modo di ricavare (simil)petrolio dalle patate (posso fornire la fonte, se interessa). Al posto di sfamare le persone si pensa a produrre energia “pulita” dalla CO2, che NON è un inquinante, ma il gas che permette la vita su questo Paese (attraverso la sintesi clorofilliana).
      Cordiali saluti.

    • Va bene prendere il lato globale se vuole comparare “globalmente” zambia e germania. O olisticamente se preferisce. Nessuno dice che si viva meglio in Zambia. Ma se vuole vedere gli effetti della salute di un singolo fattore prende campioni omogenei, alcuni in cui c’e’ quel fattore, altri dove non c’e’. Lei porta la discussione ad un livello in cui non sta piu osservando gli effetti del nucleare, ma di mille altre cose. Non mi interessa questionare su un eventuale discorso globale. Voglio solo ricordare che nei pressi di molti siti nucleari sono stati rilevati aumenti di casi di leucemie infantili e tumori in maniera rilevante anche statisticamente. Poi, come vuole inserire in un discorso globale questo dato di fatto, e’ a sua discrezione.

    • Dottor Botteri, ho rieditato in modo migliore il post precedente, mi spiace per averle inviato una bozza non precisa. Se vuole puo’ pubblicare questa invece delle due precedenti.

      Infine, persino a livello, globale, od “olistico” se preferisce, il suo discorso e’ piu’ che approssimativo. Come e’ possibile comparare Africa e stati occidentali e Giappone e sostenere che il fatto che la speranza di vita e’ maggiore nei paesi col nucleare (cioe’ Europa e Stati Uniti in confronto con Africa e terzo mondo!!) significhi che non c’e’ un effetto significativo sulla salute? Sentir dire ““possso fare a meno di leggere i dotti studi che mi citi”” per una ragione simile mi inquieta, sinceramente. Vuol dire che per prendere in considerazione dei dati riportati sulle leucemie infantili e i tumori legati alle centrali necessita che questi abbiano un effetto “olistico” sull’aspettativa di vita pari a quella di malnutrizione, AIDS, guerre e altro tutto insieme. Ha ragione, l’effetto del nucleare sulla salute e’ minore di tutti questi fenomeni insieme, sicuramente, nessuno dice il contrario. Ha bisogno che sia cosi’ macroscopico per considerarlo e leggere uno studio? L’uso di asbesto, che ha causato nella sola Olanda 52.000 morti e ne causera’ altri 300.000 nei prossimi 35 anni, con il suo metodo non sarebbe stato definito pericoloso e bandito, perche’ nell nelle sue cartine non avrebbe cambiato molto.
      E se l’aspettativa di vita in occidente di vita e’ piu alta non e’ per il nucleare o per l’ “”energia “pulita” dalla CO2, che NON è un inquinante, ma il gas che permette la vita su questo Paese (attraverso la sintesi clorofilliana)””, come lei sostiene. Banalmente invece, per i progressi in campo biomedico, di prevenzione, la migliore alimentazione e tutto. Ottimizzare le produzioni di energia non vuol dire rinunciare a queste conquiste. Il progresso non e’ una massa informe, e’ fuorviante mettere tutto insieme. Esistono aspetti buoni e irrinunciabili ed altri che possono essere ottimizzati. La produzione di energia e’ uno di questi. A me personalmente sconvolge che una risposta possa essere un invito a guardare cartine con l’aspettativa di vita per paese (tra l’altro con una scala piu che discreta) e la dichiarazione senza vergogna di non prendere neanche in considerazione dei dati reali. Forse il nucleare e’ conveniente economicamente, forse ha ragione, non credo ma e’ possibile, posso concederglielo. Ma che per questo si decida di ignorare volutamente dati tossicologici e scientifici e’ deprecabile.

    • Guido Botteri

      Mi ero accorto che i due link erano uguali, perché avevo appena finito di leggere il primo, veramente interessante. Il secondo mi sembra molto chiaro e comprensibile. bellissimo questo punto
      [ the number of initiating events is roughly proportional to the mass of the animal; more DNA targets means more hits. Thus, the simple theory predicts the cancer risk to be proportional to the mass of the animal. But experience indicates that the cancer risk in a given radiation field is roughly the same for a 30 gram mouse as for a 70 000 gram man, and there is no evidence that elephants are more susceptible than either. ]
      Se l’insorgere di un cancro fosse secondo come lo paventano, e cioè causato dal numero di radiazioni, un topo dovrebbe ammalarsi molto più difficilmente di un uomo, che ha una massa corporea molto più grande…e che dire di un elefante…
      (la “simple theory” a cui si riferisce è la LNT, quella data per buona dal mainstream.)

    • Fabrizio Giudici

      Mah… io leggo qui (http://en.wikipedia.org/wiki/Radiation_hormesis) che l’UNSCEAR dopo 16 anni di studi non ritiene dimostrata l’ormesi radiattiva. Francamente, se devo fidarmi dell’UNSCEAR per il calcolo dei realtivamente pochi morti a Chernobyl, allora devo fidarmi anche per lo scetticismo sull’ormesi. Sennò stiamo facendo cherry picking.

    • Guido Botteri

      Scusami, Fabrizio, sono andato a leggere il tuo link, e NON mi pare che il senso di quella pagina sia di negare l’hormesis, ma semmai ne riporta le prove e le contestazioni (mi pare un atteggiamento corretto).
      Oltre a chi l’esclude, c’è chi ne ammette l’esistenza, come puoi constatare in questo brano dal tuo link:
      [ The Académie des Sciences — Académie nationale de Médecine (French Academy of Sciences — National Academy of Medicine) stated in their 2005 report concerning the effects of low-level radiation that many laboratory studies have observed radiation hormesis.[6][7] However, they cautioned that it is not yet known if radiation hormesis occurs outside the laboratory, or in humans.[8] ]
      cioè, non avranno certezza che succeda “fuori dei laboratori” ma ammettono che, nei laboratori, questo fenomeno sia confermato.
      Sempre dal tuo link:
      [ However, they also point out that approximately 40% of laboratory studies on cell cultures and animals report some sort of radiobiological hormesis.[8] They state:
      “…its existence in the laboratory is beyond question and its mechanism of action appears well understood.” ]
      cioè “la sua esistenza nei laboratori è FUORI QUESTIONE”.
      Mi pare un’affermazione forte, o no ?
      Ci sono poi tutta una serie di spiegazioni che non si possono liquidare d’autorità, ma a cui, chi non crede nell’hormesis, dovrebbe dare risposta, e le tralascio per brevità, ma puoi leggerle ai link.
      Del resto il tutto si regge sul meccanismo della reazione del sistema immunitario, che non mi pare cosa incredibile dell’altro mondo, da scartare a priori.
      Ci sono poi delle inconguenze della LNT (la teoria antagonista”) che dovresti spiegarmi…
      Io non dico che l’hormesis sia vera, come non dissi che lo fosse l’idea del petrolio abiotico. Dico solo che fino a prova contraria mi pare che ci siano elementi per approfondire il discorso.
      Nel caso del petrolio abiotico l’elemento era la presenza di metano negli altri pianeti. Pascoli scrisse però un post che mi ha convinto a perdere le speranze sui vasti giacimenti che speravo potessero esserci su questo pianeta. Rimango dell’idea che esistano fonti abiotiche (negli altri pianeti per esempio), ma non nelle profondità di questo pianeta.
      Come vedi, sono persona che, se gli porti i giusti argomenti, ti dà ragione. Non mi basta il parere di un’organizzazione, perché non sarebbe la prima volta che anche autorevolissime organizzazioni prendano cantonate. Voglio argomenti, prove, come quelle che fornì Pascoli, non dichiarazioni autorevoli.

    • Fabrizio Giudici

      Guido,

      giuste osservazioni, ma i termini del discorso mi paiono diversi. Dobbiamo capire cosa stiamo facendo: discutendo di teorie scientifiche per nostra cultura personale oppure focalizzando il discorso sulla valutazione del rischio del nucleare. O dell’AGW, tanto per mantenerci generici e in topic con questo thread. Tutto ciò ha che fare con il discorso degl unknown unknowns che facevo prima.

      Esempio: trovo interessante la discussione sul petrolio abiotico. Francamente, però, non sono in grado di valutare le diverse posizioni. Detto meglio: non sono in grado di quantificare una probabilità sul fatto che quella teoria sia vera o falsa. Mi dico che, ad oggi, se devo fare un piano energetico e prevedere disponibilità e costi futuri del petrolio, non posso tirare in ballo quella variabile. Quindi considero solo il modello standard. Parimenti, se devo valutare il rischio sul nucleare, la singola cosa più importante in assoluto è capire quanto costa in termini di vite e salute umana un incidente ad una centrale, in modo che si possa confrontare con i rischi delle scelte alternative. Analogamente a prima, non vado a complicarmi il calcolo tirando in ballo una teoria che può benissimo essere vera, ma in questo momento non posso valutare, come l’ormesi. Insomma, per me petrolio abiotico e ormesi sono interessanti discussioni scientifiche, ma volerle tirare in ballo per una valutazione del rischio è nei fatti l’opposto del principio di precauzione (non so come chiamarlo: che so “principio dell’ottimismo”). Il principio di precauzione è prendere una cosa che non sappiamo valutare e farmi portare verso una conclusione worst-case. Il principio dell’ottimismo è prendere una cosa che non sappiamo valutare e farmi porare verso una conclusione best-case.

      Rimane poi una questione puramente dialettica, ripeto, nessuno di noi è capace di fare i conti. Se si fida di quelli fatti dall’UNSCEAR in un caso, deve fidarsi dell’UNSCEAR anche negli altri casi. Il motivo è semplice: se io non ho una fiducia/sfiducia su chi fornisce il dato e non so peraltro rifarmi i calcoli, allora alla fine è evidente che andrò a ritenere affidabile quello che è più consono con la mia valutazione corrente, pro o contro nucleare, e inaffidabile il resto. E per l’appunto è cherry picking, o – se vuoi – illudersi di fare una valutazione il più possibile oggettiva, mentre invece stiamo solo cercando di consolidare un pre-giudizio.

  4. Alvaro de Orleans-B.

    Il fenomeno del “troppo poco” in inglese si chiama hormesis, ed i suoi studiosi la contrappongono alla LNT (Linear No-threshold Theory, letteralmente Teoria Linea priva di Soglia), teoria che oggi guida i valori massimi permessi per l’esposizione a radiazioni ionizzanti.

    Per una introduzione divertente (ma non frivola) alla hormesis:

    http://www.alamut.com/proj/98/nuclearGarden/bookTexts/Rad_hormesis.html

    Per una comparazione tra la LNT e la teoria dell’hormesis:

    http://www.alamut.com/proj/98/nuclearGarden/bookTexts/Rad_hormesis.html

    Molti altri link su google: hormesis e google: LNT radiation

    Il tema è senz’altro affascinante!

    • Guido Botteri

      Avevo già letto studi simili, e mi dispiace di non ritrovare il link.
      Sembrerebbe che, come tutte le cose, esista un troppo, ma esista anche un troppo poco.
      Fosse confermato questo assunto, saremmo perfettamente in accordo col tema. Infatti, a ridurre le radiazioni al di sotto della radiattività naturale, rischieremmo un aumento, e NON una diminuzione, dei casi di cancro.
      Credo dunque che prima di avviarci a conclusioni affrettate, sarebbe il caso di ragionarci su e documentarsi.

    • Guido Botteri

      io invece ti consiglio la comparazione tra questa cartina
      http://www.euronuclear.org/info/map-worldwide.htm
      che mostra dove sono situate le centrali nucleari, e questa
      http://it.wikipedia.org/wiki/File:Life_Expectancy_2005-2010_UN_WPP_2006.PNG
      che mostra la distribuzione della speranza di vita.
      Ti avviso che i colori sono fuorvianti, e il rosso, per esempio, degli stati africani corrispondono a speranze di vita molto basse, mentre il rosa di Canada, Francia, Giappone e Svezia corrisponde ai valori massimi…e guarda caso la Svezia, Paese nucleare, è messa meglio della confinante Norvegia, Paese NON nucleare, e la Francia, Paese moolto nucleare, è messo meglio di Portogallo e Irlanda, Paesi vicini NON nucleari.
      Questo mi convince che possso fare a meno di leggere i dotti studi che mi citi, visto che il risultato olistico mi dimostra che quello che mi vorresti dimostrare non è olisticamente vero, direi.
      Quale ne sia la spiegazione non spetta a me dirlo, non sono abbastanza preparato e intelligente per rispondere a una simile domanda. Mi limito a pensare che probabilmente nella speranza di vita entrino molti fattori, di cui, quello nucleare, è evidentemente “poco significativo”, olisticamente parlando.
      Un saluto, in ogni caso, e grazie comunque per avermi fornito dei link.

  5. Alvaro de Orleans-B.

    Sono in ASSOLUTO disaccordo con il Dr. Botteri !!

    Il rischio zero esiste, e quindi lo voglio, lo esigo, la società me lo deve riconoscere ed assicurare — anzi, mentre scrivo ho deciso di fondare la LIDARZ, la Lega per Il Diritto Al Rischio Zero, e di redigere una piattaforma rivendicativa.

    Anzitutto, aboliamo subito la maternità, che produce soggetti afflitti da un rischio di mortalità pari al 100%.

    Poi, aboliamo ogni atto che, rendendo incinte le donne, produce i rischi di cui sopra.

    Mmmm… non sono più tanto convinto, forse al Dr. Botteri un pò di ragione gliela devo proprio dare.

    Ma come faccio? E se mi sbagliassi?

    In fondo, perchè debbo assumermi la responsabilità di scegliere, di decidere?

    Perchè, per esempio sul nucleare si o no, dovrei faticare per informarmi, per conoscere i dati reali della mortalità diretta ed indiretta per KW/h provocata da ognuna delle varie fonti energetiche, invece di seguire l’illuminato persuasore che pensa tanto bene per me?

    In fondo, tipi come quel Galileo sono solo dei disturbatori dell’ordinato procedere, e andrebbero trattati come tali. Il mio tenore di vita non dipende certo dalle sue idee e dai suoi metodi, che per fortuna stiamo ricominciando ad ignorare.

    Mi resta solo un dubbio da risolvere, ma ormai, avendo rinunciato a pensare, mi sembra troppo complicato: cosa voleva dire mio padre, quando mi raccontava che il vero motore del miracolo economico dopo l’ultima guerra stava nella frase “la fame aguzza l’ingegno”?

    Tutti mi assicurano che la fame, dalle nostre parti, è stata abolita per sempre… e che, di consegeuenza, l’ingegno non è più necessario.

    Basta, forse il Dr. Botteri con i suoi ragionamenti starà tentando di farmi riflettere, ma io preferisco tornare a vedere l’Isola dei Famosi.

    E l’ultimo, prima di uscire, non spenga la luce, tanto si spegnerà da sola.

    ———————–

    Scherzi a parte, Dr. Botteri, grazie per le Sue riflessioni!

    • Guido Botteri

      Grazie, Alvaro. Mi sa che, se continua così, quel che ti raccontava tuo padre (che il vero motore del miracolo economico dopo l’ultima guerra stava nella frase “la fame aguzza l’ingegno”) diventerà realtà.
      Torneremo ad avere fame (e chissà se sia davvero necessario, o se ci stiamo masochisticamente autoannientando per niente), e speriamo che questo ci aguzzi l’ingegno a sufficienza, se non sarà troppo tardi (ahimè).
      Certo, potrebbe anche essere vero quello che dicono, che dobbiamo diventare brutti e poveri, e magari cedere tutti i nostri beni ad altrui (magari a quelli che non si lasciano incantare da paure come le nostre ?)…
      ma,
      prima di buttare questa nostra Civiltà alle ortiche e al dimenticatoio (vedi che fine hanno fatto le statue di Buddha coi talebani…) vorrei però esserne certo.
      Vorrei poter ragionare serenamente sulla situazione attuale, sui possibili rimedi, e vorrei che qualcuno si spremesse le meningi per vedere se si trovano efficaci contromisure ai problemi che si sono palesati (quelli veri…perché non c’è gusto a risolvere problemi che non esistono, come la CO2…).

    • Fabio Spina

      C’è un solo posto a rischio zero: il cimitero da morto. Mi sono sbagliato! Purtroppo dopo il trafugamento delle salme, come successo a Mike BUongiorno, neanche più quello è senza rischio. 🙂
      Va a finire che la vita è proprio un’avventura! Buon fine settimana.

  6. giovanni pascoli

    UN breve commento, purtroppo (!) come spesso accade sono d’accordo con Claudio Costa. Qui il punto non è tanto il rischio zero, ma è il rischio reale o fittizio oltre che la sua quantificazione. Io sono dell’idea che il nucleare sia stato rilanciato proprio dai catastrofisti climatici, da enti come l’IPCC che con la loro politica terroristica sull’AGW stanno facendo passare una cosa secondo me pericolosissima il fatto che una molecola di CO2 si a più pericolosa di un atomo di uranio o peggio di plutonio. Non ho mai sentito parlare di bombe alla CO2 ne ho mai visto i loro effetti ma ho visto e sentito di quelle nucleari. NOn ho mai visto un persona morire di CO2 (anche se quacuno si sarà anche ammazzato di bibite gassate) ne ho viste morire di contaminazione da radionuclidi ( almeno ho letto documenti e visto immagini in tv). Se esplode una centrale a carbone o a gas chiaro che produrra morte e devastazione però non ho mai sentito della necessità di evacuare popolazioni nel raggio di decine-centimaia di km, di aree contaminate per secoli o decenni, dove l’uomo non potrà più avvicinarsi a causa di uan centrale “convenzionale”. MI sembra che per un pericolo inesitente (quello della CO2) ma pompato e montato ad arte per interessi vari si stia invece sdoganando una cosa invece molto più pericolosa. lE teconologie per rendere meno inquinanti centrali a carbole petrolio e gas ci sono, purtroppo costano allora ci va una volontà politica ed “economica” per adeguarle e renderle meno inquinanati, senza demonizzarle. Poi io sono dell’idea che il problema dell’neergia è legato anche alla sua produzione troppo centalizzata ed industirale. Come succede in Svizzera e in Gemania bisogna diversificare al produzione in base al tipo di domanda. Certo che geotermico idroelettrico eolico solare non posso sostituire nucleare e fossile in toto però possono essere fonti altenative adeguate a certi contesti. Con il solare non faccio andare avanti un impianto siderurgico ma non mi sembra nemmeno il caso di avere una centrale nucleare per alimentare un’abitazione. Come può essere assurdo avere una centrale a gas per dare energia a paesi che sorgono su una solfatara. La soluzione per me è anche la diversificazione e l’adattamento al contesto territoriale. Sistemi di produzione più piccoli e diversificati, adattati alle esigenze di consumo, differenziando il consumo domestico, da quello industriale ed agricolo e differenziando di conseguenza le fonti di produzione.

    • Guido Botteri

      Trovo giusto quello che dici.
      La mia intenzione non era quella di discutere “nucleare sì, o nucleare no”, ma solo di sgombrare il campo da argomenti ideologici e inaccettabili come il “rischio zero”, e, più in generale, l’uso improprio del principio di precauzione.
      Tu dici che il rischio c’è e che va valutato, e io sono d’accordo. Tu concludi che non ne valga la pena, io sono invece per un mix di fonti, compreso il nucleare. Ma ovviamente la discussione su questo punto è aperta. Non ho opinioni preconcette, trovo giusto valutare le cose per come sono e per come possano evolvere.
      Dici anche che la CO2 è stata demonizzata per lanciare il nucleare, ed è quello che penso anch’io. Infatti, tolte le fonti che realisticamente non possono competere con le fonti fossili, rimane solo il nucleare, che è l’unico che non emette CO2. Basta demonizzare la CO2, come hanno fatto, e il gioco è fatto.
      Per questo concordo con te che l’argomento dell’energia “pulita” (come se la CO2 fosse inquinante) sia un argomento risibile e fasullo.
      Sono favorevole all’energia nucleare (e lo dico in un momento difficile, perché chi ama la verità non si tira indietro solo perché c’è un’aria sfavorevole) perché nei Paesi in cui c’è… la speranza di vita è più alta di Paesi dove non c’è (vedi lo stesso Giappone, dove la speranza di vita è superiore a quella dell’Italia…).
      Questo mi convince che tutte quelle storie sulla pericolosità delle centrali, nel corso del loro normale funzionamento, sono frutto di pregiudizio e ideologia.
      Diverso è il fatto dell’incidente con fuga di nube radioattiva.
      La sfida è la capacità di elaborare strategie che che rendano questi incidenti, se non matematicamente impossibili, realisticamente quasi impossibili. Siamo capaci di fare ciò ? Questa è la domanda che dobbiamo porci, tenendo conto di quanto abbiamo visto e imparato dalla tragedia del Giappone.
      Terremoti di quella intensità, mi insegni, non avvengono al centro delle placche. Ma anche così, non è stato il terremoto in sé a causare i danni alle centrali, ma lo tsunami.
      Indubbiamente qualcosa va fatto. Ma le centrali erano vecchie. Vale la pena di fermare tutto, quando abbiamo (come mondo, non come Italia) centrali di concezione più moderna ?
      Potrebbero delle opportune modifiche porre riparo ai problemi che sono venuti fuori ? E’ così irrealizzabile un sistema di raffreddamento, magari multiplo, magari basato su più princìpi, in modo che venendo meno qualcosa, comunque funzioni ?
      E’ così impossibile ridurre gli effetti degli tsunami, almeno in corrispondenza di punti sensibili ?
      Sarebbe una grave sconfitta del genere umano se la risposta fosse sì. Ok, dovremmo chiudere il capitolo nucleare, ma dovremmo anche, per il principio di precauzione, sgombrare tutto ciò (New York compresa) che si trova a ridosso di una costa…
      Mi pare uno scenario apocalittico, surreale, e, quindi, impraticabile.
      E allora, io ho fiducia nell’ingegno umano, e nella sua capacità di imparare dalle tragedie, e di porvi rimedio.
      Lo so, è una sfida.
      Ma capisco anche le vostre posizioni, e le rispetto.

  7. Fabrizio Giudici

    Allora, ovviamente accettando il tuo invito a ragionare in generale sul “rischio zero” e dintorni, sì, hai ragione, il problema è chiaramente non solo per il nucleare, ma per tutto, visto che dall’altra parte c’è un sistema ideologico che, dichiarata la dualità uomo-natura, vede nell’uomo tutti i mali (parafrasiamo: tutti i rischi) e nella natura tutto il bene. Se l’uomo adottasse uno stile di vita “naturale” (poi il significato varia a seconda dei comodi di ciascuno) vivrebbe tutta la vita in beata pace ed armonia. Per questo, credo, chi salta fuori e cerca di dire che lo tsunami è legato al riscaldamento antropogenico, non lo fa solo per moda, o per convenienza, ma perché deve – magari anche inconsciamente – nascondere il fatto che lo tsunami è un evento naturale ed un male che sta fuori dall’uomo. Questa purtroppo è metafisica mascherata (dico mascherata perché poi molti sostenitori negano che ci sia un pre-concetto dietro).

    Se mi permetti di sviluppare un concetto che mi è caro, perché lo ripeto un po’ come Rain Man, il modo per combattere il principio di precauzione è spiegare bene le cose, con trasparenza. D’altronde, è un po’ come combattere le superstizioni. Ho già detto che non possiamo pensare di risolvere il problema fino in fondo, perché fa parte del lato emozionale dell’uomo e la matematica del rischio non è comprensibile a tutti.

    Però una delle cose che ho imparato nel mio lavoro è un modo di schematizzare la conoscenza in modo da evitare, come dici tu, la “dispersione” del pensiero. Me ne parlò anni fa il direttore R&D di un’azienda per conto della quale stavo realizzando un sistema informatico che doveva essere resiliente a vari tipi di inconvenienti, in modo notevolmente diverso da quanto si trova tipicamente in applicazioni aziendali. Il concetto consta degli “unknown unknowns”, cosa che poi ho ritrovato ben spiegato in “letteratura”, per esempio da questa pagina di Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/There_are_known_knowns

    La formulazione del concetto, un po’ scioglilingua, è:

    [T]here are known knowns; there are things we know we know.
    We also know there are known unknowns; that is to say we know there are some things we do not know.
    But there are also unknown unknowns – the ones we don’t know we don’t know.

    Ci sono cose conosciute note: le cose che sappiamo di sapere.
    Sappiamo anche che ci sono incognite conosciute: le cose che sappiamo di non sapere.
    Ma ci sono anche incognite sconosciute: le cose che non sappiamo di non sapere.

    Per la cronaca, il concetto è stato portato alla ribalta grazie a un discorso di Rumsfield riferito ad una specifica tematica della politica estera degli USA di qualche anno fa, ma che ovviamente ha valenza generale – indipendentemente dalle idee che possiamo avere a proposito di quella politica o di Rumsfield stesso. Infatti l’idea i “incognita sconosciuta” è citata da un lavoro di Clausewitz sui wargame, ma specialmente da una ricerca della NASA sui rischi dell’esplorazione spaziale (ci sono i riferimenti al link citato) che fa l’esplicita classificazione nelle tre categorie.

    Dal mio punto di vista, questa classificazione è un modo molto elegante per focalizzare (e far focalizzare) all’interlocutore le aree di rischio e dove siamo più o meno confidenti su una certa questione. In particolare, il principio di precauzione si può facilmente sconfiggere nelle prime due categorie; rimane ostico nella terza, ma almeno ci si può confinare, impedendo ad un interlocutore in malafede di lasciarlo libero di scorrazzare nella discussione. Ovviamente, lavorando molto sugli “unknown unknowns” il loro impatto si può mitigare e la terza categoria si può ridurre.

    C’è però un’implicazione inevitabile: ammettere di non sapere tutto. Questa ammissione io non la vedo molto in giro, né nei dibattiti televisivi né su quelli in carta stampata. Temo che molti la vedano come un possibile segno di debolezza, o un punto di appiglio per le obiezioni dell’avversario, e preferiscano ignorare la cosa. Purtroppo, però, per la legge di Murphy prima o poi qualche incognita sconosciuta si materializza e scassa tutto: a quel punto, secondo me, chi ha voluto negarne l’esistenza (il calcolo dei rischi non c’entra niente con le incognite sconosciute, in quanto si può fare solo sulle cose note) si trova sulla difensiva.

    Credo di poter fare un esempio di “incognita sconosciuta” (vista non nella prospettiva di un esperto, ma dalla mia personale di cittadino che cerca di informarsi) in quello che sta succedendo a Fukushima, ma è presto per dirlo.

    PS2 Scusate, speravo di farla breve ed è venuto un po’ un pippone, spero che almeno se ne capisca il senso.

    • Guido Botteri

      Il tuo discorso è chiaro, e lo condivido.
      Ti farò un esempio di trattamento di unknown unknowns, e, guarda caso, è proprio il global warming, dove qualcuno ha fatto credere ai decisori politici che la sua scienza è definitiva, immutabile ed immortale… “the debate is over”.
      Chi l’ha detto e ripetuto forse non ne ha il necessario livello scientifico per avvalorare queste sue convinzioni, ma non è stato seccamente smentito da chi, profondo conoscitore della scienza, aveva certamente certezza di avere a che fare ancora con known and unknown unknowns, ma ha lasciato che circolasse la favoletta del “debate is over” perché così gli fa comodo. E questo non mi sembra corretto.
      Mi fermo qui, perché dall’esempio, che era in tema, rischiamo di scivolare in un OT.
      Quanto poi alla valutazione dei rischi è addirittura comico (o sconfortante) che tanta gente si senta autorizzata a lanciarsi in progetti per contrastare un ipotetico problema retto solo dal principio di precauzione, proponendo megaprogetti in cui quello stesso principio è molto più violentemente calpestato. Mi riferisco a certi progetti di bioingegneria aventi lo scopo di ridurre i presunti effetti dell’AGW. Cure di gran lunga peggiori del presunto male.
      Secondo me.

  8. Claudio Costa

    @ Botteri

    Non capisco cosa vuoi dire
    certo che il rischio zero non esiste, ma esitono rischi alti e meno alti.

    I giapponesi sul nucleare si sono distini in passato per aver mentito sia sui rischi sia su quello che era relamente successo. Ad esempio non hanno smantellate le vecchie centrali ( diciamo tipo cernobyl) malgrado si siano dimostrate ad alto rischio, ma questo è successo e succede ovunque nel mondo. L’italia ha comprato dei reattori slovacchi ( mi pare 8) del tutto simili

    Poi sempre sui rischi il presidente dell’agenzia nucleare ha detto che in Giappone è successo l’impensabile.
    Non è vero!
    Cosa c’è di non prevedibile?
    Non hanno previsto che fare una centrale a valle di una diga in un paese ad alto rischio sismico era un rischio?
    non hanno previsto sistemi meccanici di raffreddamento ( le nuove centrali invece ce li hanno) se li aveesero avuti nulla sarebbe successo ecc ecc

    Quello che voglio dire è: ma perchè mai dovremmo accettare i rischi (alti) del nucleare, inteso come tutta la filiera compresa la gestione delle scorie, quando nel mondo c’è carbone ancora per secoli e le centrali a carbone pulito presentano senza dubbi rischi più bassi e un costo kWh certo e per molti più basso di quello reale del nuke

    • Lorenzo

      Sottoscrivo.
      Infatti ciò che ho detto sulle centrali a gas a ciclo combinato può essere replicato, e forse anche a maggior ragione, per le centrali a carbone pulito.

    • Guido Botteri

      Il discorso che fate voi, Claudio e Lorenzo, è un discorso assolutamente logico. Si può essere d’accordo o dissentire, ma non lo si può definire “ideologico”.
      La scelta del nucleare è una scelta importante, se ne può discutere e si discuterà, senza che nessuno possa pretendere di avere la verità in tasca.
      Quello che mi premeva, invece, qui, era sgombrare il campo da fondamentalismi ideologici, del tipo “il massimo rischio accettabile è il rischio zero”, o il famigerato principio di precauzione.
      Se mi contestate che ci sono dei rischi, mi sta bene. Se mi fate notare che la prudenza è una virtù cardinale, sono con voi, ma questo non vuol dire voler passare il principio di precauzione come una legge a cui ci si debba attenere, NON LO E’.
      Prudenza e precauzioni sono cose sagge che devono esserci (quasi) sempre, ma che non possono e non devono impedire le attività umane.
      La scelta se intrapprendere un’attività o no deve poter essere fatta valutando il rischio, di volta in volta, e non sulla base di un tabù irrazionale ed ideologico.
      Ovviamente non ce l’ho con voi, che siete persone razionali, ma con chi agita princìpi che non conosce e non capisce, come fossero dogmi di fede.
      Secondo me.

    • Filippo Turturici

      Mi spiace ma c’è un grave errore.
      I reattori RBMK, tipo Chernobyl, non hanno visto alcun esemplare al di fuori dell’ex-URSS, né alcun equivalente occidentale dopo gli anni ’50.
      I reattori giapponesi più obsoleti e da sostituire (siamo d’accordo) non hanno però alcun confronto con quel genere di reattori, e sono molto più sicuri come dimostrato a Fukushima.
      Anche in Slovacchia, i reattori sono del tipo VVER, molto più simili a quelli occidentali dell’epoca.

      Consiglio a tale proposito:

      http://www.climatemonitor.it/?p=11303

      http://www.climatemonitor.it/?p=10222

  9. Lorenzo

    Dal momento che il rischio zero è utopico, ragion vorrebbe che si evitassero rischi evitabili, soprattutto quando ciò che si rischia, come nel caso del nucleare, è di enorme valore.
    Ecco perchè è ragionevole andare a votare sì al referendum, proprio come farebbe Giudici, al quale mi pare di capire sia sfuggito trattarsi di un referendum abrogrativo 😉
    Per inciso, come ho già scritto altre volte su climatemonitor, sicurezza a parte, tornare al nucleare in questo momento storico non ha alcun senso, neanche economico.
    Infatti, se proprio non si è convinti delle potenzialità delle rinnovabili come lo sono io, una bella centrale a gas a ciclo combinato presenta molti meno rischi a livello finanziario poichè richiede un investimento molto minore e tempi di realizzazione molto più brevi. Oltre al fatto che le riserve accertate di gas naturale hanno una previsione di durata molto maggiore delle riserve accertate di uranio.

  10. Fabrizio Giudici

    “(Credo però che per dire “sì” al nucleare bisognerà dire “no”…secondo le solite astruserie della burocrazia referendaria).”

    Azz… grazie per la precisazione, ovviamente il mio intento era: al referendum voterò per il nucleare. Quando si parla dei referendum è sempre meglio evitare il riferimento al sì e al no…

  11. Guido Botteri

    Ringrazio coloro che hanno commentato, con commenti che condivido.
    (Credo però che per dire “sì” al nucleare bisognerà dire “no”…secondo le solite astruserie della burocrazia referendaria).
    Quando sento enunciare, però, con aria solenne princìpi risibili, come questo, o come il principio di precauzione, sento subito una gran voglia di far ragionare le persone.
    Tutto questo non c’entra col tema in se stesso del nucleare sì, nucleare no.
    Quello è un tema più vasto, di cui questo mio articolo tratta solo un punto, quello del fantomatico “rischio zero” di cui si riempiono la bocca alcune persone.
    Schopenhauer mi ha insegnato a non disperdere gli argomenti, se no si fa solo confusione. Vorrei che si potesse arrivare ad un punto fermo, però, su questo principio, e cioè al suo rigetto totale. A meno che qualcuno non porti argomenti convincenti che oggi non saprei immaginare.
    Sull’incidente nucleare c’è già un altro tema, e credo sia meglio trattarlo lì. Sulle possibili vie da percorrere, nel dopo incidente, si possono aprire altri temi. “nucleare sì o no” o “cosa fare per rendere più sicure le centrali”, per esempio.
    Qui mi farebbe piacere se si potesse sistemare la faccenda di questa frase, per me senza senso, del “rischio zero”.
    E’ notizia recente che i livelli di radioattività di Roma sono sei volte maggiori di quelli di Tokyo:
    http://www.daw-blog.com/2011/03/16/clamoroso-roma-piu-radioattiva-di-tokyo/
    …e allora, che si fa, si abbandona Roma ?…e tutti i posti dove la radiazione naturale non è “zero” ?
    Insomma, il mio è un tentativo di mettere i piedi per terra, mettere dei paletti a certe assurdità in libera circolazione.
    E credo che anche chi è contrario al nucleare, su questo punto, possa, in onestà intellettuale, acconsentire.
    Secondo me.

  12. Fabrizio Giudici

    Tutto giusto, ma non basta. E’ giusto che noi, che a vario titolo possediamo un background razionale, facciamo il nostro sforzo per dare lo 0.01% di contributo razionalistico al dibattito. Ma non possiamo ignorare che il legno storto dell’umanità non è razionale, ma prevalentemente emozionale. Ignorarlo e pretendere di cambiarlo è un errore analogo a quello delle grandi ideologie che hanno provato a piegare l’umanità in questa o quella direzione.

    Detto questo, la politica, purtroppo, non può che essere emozionale. Io penso proprio che molti nuclearisti, di quelli che hanno da perdere politicamente, abbiano iniziato a rifarsi un po’ i conti, anche perché il timing di questo evento è stato micidiale. D’altronde basta leggere l’ultimo editoriale di Ferrara o il commento di Testa sul Corriere per farsi un’idea dei primi riposizionamenti. Il governo, che fino a una settimana fa poteva procedere tranquillo scommettendo sul fallimento del referendum di Di Pietro, ora sicuramente si sta facendo qualche conto preoccupato sulle conseguenze politiche di quel referendum. Non mi stupirò a vedere mezze marce indietro, più o meno mimetizzate.

    La terza cosa, che di nuovo riguarda il mondo scientifico-tecnologico, è che un conto dire che il rischio zero non esiste, un conto è sapere rispondere con una decente precisione a chi ci ascolta e ci chiede: ok, ma quanto è? Be’, mi pare chiaro che i calcoli della settimana scorsa non valgono. Non mi riferisco solo all’origine del problema, il terremoto e lo tsunami, la centrale vecchia, eccetera, ma al modo di gestirlo. E’ un insegumento continuo: prima il livello è quattro, poi è cinque, poi è sei e in questo momento non si può dire che è ancora finito. Diamo pure per scontato che dopo un’ora dalle ondate là si è rotto tutto, ma la sensazione a proposito delle operazioni di emergenza è che si è dovuto improvvisare sin dall’inizio (non c’erano pompe, non c’era carburante, alla fine è dovuto intervenire lo Zio Sam – e questo fa un po’ impressione per un’emergenza _tecnologica_ in _Giappone_). E’ inappropriato usare parole come “disastro” o “catastrofe” in questo momento per descrivere la situazione: ma la parola “disastro” per descrivere l’effetto mediatico è invece più che azzeccata. E qui certamente c’è l’ignoranza scientifica, la stampa sensazionalistica, tutto quello che volete, ma anche l’industria nucleare che si è sparata nei piedi da sola presentando all’opinione pubblica una situazione non completa.

    Questo non vuol dire che uno debba arrendersi, se è convinto ancora delle proprie posizioni. Personalmente, ad oggi voterò ancora sì al referendum. Ma, realisticamente, il governo dovrebbe preparare un piano energetico B, qualora il nucleare risultasse, come temo, politicamente irrealizzabile in questo paese. E visto che solare ed eolico non stanno in piedi per una politica energetica nazionale, il piano B non può che essere carbone e gas, lavorando per differenziare le fonti il più possibile e ridurre i rischi geopolitici. Il che implica che non ci rompano le scatole con una cosa che è ben lungi dall’essere dimostrata come il riscaldamento globale.

  13. CarloC

    Un paio di riflessioni molto rapide:

    1) Gli incidenti nucleari in Giappone per il momento stanno avendo un effetto davvero paradossale: hanno fatto passare in secondo piano una tragedia costata 15000 morti rispetto a una che, finora, non ha provocato vittime. Dovrebbe inoltre essere un’occasione di riflessione per i fautori del “rischio zero”: dimostra che i rischi posti dalla tecnologia sono ordini di grandezza inferiori rispetto a quelli posti dalla natura.
    2) Mi piacerebbe sapere quante persone sono morte, in Europa e nel mondo, negli ultimi vent’anni, cadendo dal tetto su cui stavano installando un pannello solare. Secondo me, sono più delle vittime di Chernobyl (65 morti accertati).

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