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Avverti i signori che il piatto non scotta

Nel film “Pane e cioccolata”, una commedia tragicomica che racconta le disavventure di un emigrante italiano in Svizzera, Nino Manfredi è in prova come cameriere e si deve confrontare con un collega turco sempre in prova. A entrambi porgono dalla cucina un piatto molto caldo e solo dopo che lo hanno preso in mano, dicono loro: “Avverti i signori che il piatto scotta!”. Manfredi farà cadere il piatto, mentre il turco resisterà, si scotterà, ma riuscirà a consegnare il piatto a tavola.

Mi è venuta in mente questa scena dopo aver letto questo articolo da Rinnovabili.it:

Il piatto che scotta!
Il rapporto della FAO “La lunga ombra del bestiame: le questioni ambientali e le opzioni” (2006) sostiene che la filiera del bestiame sia una delle principali problematiche ambientali del mondo, contribuendo con circa il 18% di gas ad effetto serra di origine antropica (GHG) al bilancio climatico. Partendo da questi dati la Commissione europea ha voluto avviare un’indagine dettagliata per il territorio europeo e ha incaricato il Centro comune di ricerca di fornire una stima delle emissioni nette di gas serra e dell’ammoniaca (NH3) generate dalla produzione animale nei Ventisette sulla base della valutazione del ciclo di vita. Nel calcolo sono stati presi in esame specie animale, prodotti alimentari e sistemi di allevamento ma anche le emissioni legate dall’introduzione di fertilizzanti minerali e pesticidi, all’energia consumata e alla terra per il pascolo e i foraggi, nonché quelle derivate dalla gestione del letame. Dal rapporto GGELS http://ec.europa.eu/agriculture/analysis/external/livestock-gas/full_text_en.pdf
si evince che la produzione zootecnica europea possiede un potenziale totale di riscaldamento globale di 661 milioni di tonnellate di CO2 eq, pari al 9,1% -12,8% delle emissioni totali dell’UE nel 2004.”

Il piatto che dovrebbe scottare invece non è manco tiepido, perché nell’ultimo rapporto della UE sulle emissioni zoogeniche (il rapporto GGELS) solo il 13% delle emissioni totali europee, è ascrivibile alla zootecnia. Eliminando tutta la zootecnia europea bisogna sostituire il cibo animale con cibo vegetale, quindi il risparmio di emissioni sarebbe solo di qualche punto percentuale, probabilmente meno di quello che si dovrebbe ottenere con il protocollo di Kyoto.
kyoto with without
In figura la proiezione del MET office inglese della mitigazione climatica che si avrebbe con la riduzione delle emissioni secondo il protocollo di Kyoto, 6 centesimi di grado 50 anni.
Nel sostituire i prodotti zootecnici bisogna considerare in equipollenza tutto ciò che viene prodotto dagli allevamenti di edibile e non edibile, i sottoprodotti e i foraggi delle aree marginali, quindi fare attenzione alle rese all’ettaro.

Il silomais,  che è il foraggio base per i bovini, ha una resa ettaro di 750 quintali (350 in ss) mentre il mais granella non arriva a 110, il mais dolce per umana (quello che si vende lesso) ha una resa reale molto più bassa perchè c’è lo scarto, i proteici invece cioè fagioli, piselli e soia, non arrivano ai 40 quintali ettaro di resa, circa 10 volte meno del silomais. L’uomo non digerisce la cellulosa, non è un gorilla, che pur essendo un primate ha sviluppato un sistema digerente adatto ad una dieta prevalentemente vegetale con l’integrazione di qualche larva di insetto. I gorilla hanno un cieco enorme dove avviene la digestione dei vegetali ad opera di batteri e protozoi, come nei cavalli, con liberazione di acidi grassi volatili che assorbiti dalle pareti intestinali vanno a costituire il nutrimento dei gorilla. L’uomo quindi, sfrutta meno la superficie agricola utile perchè non può mangiare il silomais anche se a Riffkin, Pollan, Foer, Tozzi, Veronesi, Pratesi, Maugeri ecc io una bella insalatiera di silomais gle la farei mangiare così si accorgono dove sbagliano a fare i confronti.

Sempre da Rinnovabili.it

“Se il rapporto è letto attraverso i valori emissioni/kg di carne si scopre che sono i ruminanti quelli ad avere le emissioni medie nette più elevate (22,2 kg di CO2 eq per il bovino e 20,3 kg per la carne di pecora e capra), mentre la produzione di carne di maiale (7,5 kg) e di pollo (4,9 kg) ha associato un valore emissivo significativamente inferiore, soprattutto a causa di un processo di digestione più efficiente e l’assenza di fermentazione enterica.”

Anche in questo rapporto ci sono differenze enormi tra le emissioni dei ruminanti e quelle dei suini, questo è dovuto al solito errore sul CO2 equivalente, cioè conteggiare come CO2 equivalente il metano lordo delle emissioni dei bovini e ovini, come se fosse tutto aggiuntivo e determinasse una forzante radiativa, mentre questa è data solo dal metano netto, cioè quello che realmente aumenta in atmosfera. Nel caso della zootecnia europea, che è in declino, è molto meno. Tutte le analisi sull’impronta del carbonio fatte sui prodotti zootecnici, quindi su tutta la filiera, sono viziate da gravissimi errori di fondo nella stima delle emissioni zoogeniche, come già detto più volte e spiegato qua dove trovate tutti i link per gli approfondimenti.

Andiamo avanti

“Si abbassano ancora di più le medie emissive per i prodotti caseari: 1,4 kg di CO2 eq per il latte di mucca e 2,9 kg per quello ovino”

Sembrano le barzellette di Pierino, ma come sempre fanno i confronti a kg e non in equipollenza proteica o calorica. In realtà produrre latte in equivalenza energetica o proteica comporta più emissioni rispetto a produrre carne bovina o ovina, come spiegato qui.

Nel rapporto GGELS, migliorano la stima delle emissioni perché finalmente stornano dal totale delle emissioni gli effluenti zootecnici cioè letami, polline e liquami, perché in UE si devono utilizzare come fertilizzanti, quindi si sintetizzano meno concimi minerali risparmiando emissioni, ma non stornano pelli, lana e piumini.
Un’altra novità è stima dell’ammoniaca come gas climalterante in quanto precursore del protossido d’azoto e degli aerosol nitrati (che ancora devo scoprire che ruolo abbiano). Il peso dell’ammoniaca sul totale delle emissioni non è poco perché per i suini, supera quello del trasporto della carne.
Il rapporto è però molto importante perchè stabilisce che nel caso in cui tutti gli europei fossero costretti ad una dieta vegana, senza carne, latte, formaggi, e uova la riduzione delle emisisoni sarebbe di pochi punti percentuali, quindi noi dovremmo rinunciare a : crudo, cotto, mortadella, bresaola, gorgonzola, pecorino, carbonara, milanese, fiorentina, amatriciana, pizzaiola, spezzatino, polpettone, mozzarella, pizza, grigliatine, e branzino (allevato) ecc ecc ….
per una manciata di centesimi di grado a secolo!
Eppure ci sono quelli che affermano che dovremmo smettere di mangiare carne entro il 2050, per salvare l’umanità dall’estinzione di massa.

Il WWF vorrebbe ridurre il consumo di carne in Gran Breatagna dell’80% nei prossimi anni e il prima possibile, quindi prima che il fanatismo ambientalista renda la carne proibitiva per salvare il pianeta, vi consiglio di gustarla con una ricetta tipica delle mie parti che vi allego. Buon Appetito!

MANZO ALL’OLIO

Carne bovina (scamone o cappello del prete) da dosi per 1 kg: un bicchiere d’olio d’oliva, due bicchieri di vino bianco caldo, uno spicchio d’aglio, prezzemolo tritato, rosmarino tritato, pepe e sale, brodo, 4 cucchiai di pan grattato.
La preparazione deve avvenire il giorno precedente a quello in cui s’intende consumare il piatto. In una pentola alta si mettono l’olio e la carne, si lasciano insaporire appena con i profumi sopra elencati, quindi si aggiungono sale e pepe, si versa il vino e lo si lascia un poco evaporare a fuoco vivace. Si aggiunge il brodo e si copre il tutto. La carne deve cuocere a fuoco moderato per due ore abbondanti, quindi la si taglia a fette e le si fa riprendere la cottura per almeno un’ora con il pan grattato. Delicatamente le fette vengono poi accomodate in un piatto ovale profondo e lasciate riposare coperte con il loro sugo.

Storia: Il manzo all’olio è una ricetta tipica di Rovato in Franciacorta (BS), questa è tratta dalla raccolta di Veronica Porcellaga della metà del 1500. A Rovato c’è un mercato del bestiame antichissimo nel quale confluivano tra gli altri, i manzi allevati in val camonica. Quelli dal mantello marrone, cioè i figli della vacca bruna alpina, erano chiamati i frati, quelli dal mantello nero cioè l’incrocio tra la bruna alpina e il toro della frisona, erano chiamati i preti. Questi incroci ormai sono stati abbandonati. Dopo il mercato, si poteva dire: “andiamo a mangiarci i frati e i preti.”

Riferimenti

  • http://ec.europa.eu/agriculture/analysis/external/livestock-gas/full_text_en.pdf
  • Adrian Leip1, Franz Weiss1, Tom Wassenaar2,4, Ignacio Perez3,5, Thomas Fellmann3, Philippe Loudjani2, Francesco Tubiello2, David Grandgirard2,6, Suvi Monni1,7, Katarzyna Biala1,8 (2010): “Evaluation of the livestock sector’s contribution to the EU greenhouse gas emissions (GGELS) –“ final report. European Commission, Joint Research Centre.
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Published inAmbienteAttualitàClimatologiaEconomia

5 Comments

  1. Claudio Costa

    Ormai ho la certezza che discutere con la Coyaud (oca sapiens) non serve a nulla perchè o non capisce ciò che scrivo, o fa solo propaganda, quindi replico qui alle sue accuse

    OC :“Spesso lo zootecnico Claudio Costa lamenta che la sua associazione di categoria lo lascia solo a difendere allevamenti e mangimi industriali. Senza chiedersi il perché della propria solitudine, il 27 marzo scrive su Climate Monitor che sta alle bufale come le Grandi Pianure stavano ai bisonti:“L’uomo quindi, sfrutta meno la superficie agricola utile perchè non può mangiare il silomais anche se a Riffkin, Pollan, Foer, Tozzi, Veronesi, Pratesi, Maugeri ecc io una bella insalatiera di silomais gle la farei mangiare così si accorgono dove sbagliano a fare i confronti.”Dato che la “superficie agricola utile” cresce soprattutto mangime, a sbagliare le misure sono pure gli scienziati, ovvio!”

    Il silomais è foraggio e non mangime, si smentisce da sola il link hostato a “pure” dice:
    “Livestock production accounts for 70 percent of agricultural land use, and feed crop production uses 33 percent of total arable land.”
    Il che vuol dire che il bestiame occupa il 70% delle terre agricole compreso le enormi estensioni dei pascoli-altrimenti-non- produttivi, mentre occupa il 30% dei terreni arabili che potrebbero essere coltivati per umana.
    Ma senza zootecnia bisogna sostituire il cibo e tutti i prodotti zoo prodotti sui pascoli e il cibo zoo prodotto con i sotto prodotti per farlo non possono bastare le attuali terre arabili visto le rese bassissima dei proteici soia piselli e fagioli, e visto che non si possono sfruttare le altissime rese dei foraggi silomais orzo silos, erba silos, erba medica ecc bisogna ulteriormente deforestare.
    Il link hostato a “scienziati” invece apre ad una ricerca sulle emissioni lorde dei bovini: APPUNTO. Nulla da dire su quello che emettono i bovini solo che il metano aggiuntivo è solo quello lordo quindi conosciuto il lordo va stimato il netto e solo su quello bisogna fare il CO2 equivalente. Non capire malgrado lo abbia spiegato con 20 articoli è qualcosa di diabolico (vedi “ Il paradiso del diavolo”)

    OC: in combutta con i feroci ambientalisti che cercano di strapparci la braciola di bocca “il WWF vorrebbe ridurre il consumo di carne in Gran Breatagna dell’80% nei prossimi anni e il prima possibile”Ennesima bovina. L’Associazione britannica della sua categoria dice che C. Costa confonde emissioni e consumi.”

    AH SI ? Lo vada a dire Colin Butfield, responsabile delle campagne informative del WWF http://www.climatemonitor.it/?p=15616
    Che cito
    “In Gran Bretagna è stato calcolato che ogni individuo consuma in media 79 chili di carne all’anno. Il WWF vorrebbe portare questa quantità a 10 kg annuali, che equivalgono a circa 203 grammi ogni settimana”

    Nel link hostato a consumi si descrive un incontro tra gli allevatori e il WWF perché il WWF Italia non organizza un incontro con me?
    che vi spiego per bene perché state facendo enormi errori ambientali a voler ridurre la zootecnia

  2. Claudio Costa

    aggiungo alcuni link
    qui http://www.climatemonitor.it/?p=15616
    spiego la livewell diet tratta dall’articolo del guardian qui
    http://www.guardian.co.uk/environment/2011/jan/30/livewell-plate-diet-nutrition?INTCMP=SRCH
    , mi hanno criticato dicendo che è la dieta che ha come obiettivo ridurre da 80 a 10 i kili di carne consumati all’anno dagli inglesi, e non il WWF.
    Ma la dieta è stata commissionata dal WWF che l’ha approvata e che l’ha appoggiata cito l’originale
    Scientists from the Rowett Institute of Nutrition and Health at Aberdeen University have produced a report which they say has established the ideal diet to balance healthy eating with sustainable food. Calling it the Livewell Plate, the researchers, commissioned by the conservation charity WWF, have drawn up a shopping list and a suggested weekly menu to make Britain’s dinners greener. They will now lobby the government and the food industry to use the Livewell diet as a blueprint.
    il they non è riferito ai nutrizionisti ma proprio al WWF quindi in ultima analisi è corretto quello affermato da politica ambiente che citavo nell’articolo e che riporto
    “Lo studio, commissionato dal WWF, servirà ora come base scientifica per una campagna di persuasione a livello nazionale e internazionale”

    ed è corretto quello scritto da ecologiae che citavo nell’articolo e che riporto:
    “In Gran Bretagna è stato calcolato che ogni individuo consuma in media 79 chili di carne all’anno. Il WWF vorrebbe portare questa quantità a 10 kg annuali, che equivalgono a circa 203 grammi ogni settimana”

  3. DAVIDE BERTOZZI

    …caro sig.Costa,quello che lei scrive sarà anche vero,ma la carne
    sprattutto se proviene da allevamenti intensivi fa male alla nostra
    salute!inoltre non ritiene una crudeltà tenere il bestiame in box
    ridottissimi,con poca luce e senza movimento(per non parlare poi dei
    mangimi).
    UN CARO SALUTO VEGETARIANO.

    • Claudio Costa

      ci conosciamo?

      Non la carne non fa male nè se proviene da allevamenti intensivi nè se proviene da allevamenti allo stato brado come più del 50% della carne bovina conusmata in Italia, ovviamente la carne deve essere inserita in una dieta equilibrata senza eccessi

      gli allevamenti in Ue devono rispettare norme severe di illuminazione che deve essere un decimo della superficie e di metratura.
      Si stupirà ma per me questo tipo di critiche sono quelle più accettabili, tanto che gli unici mercati che stanno crescendo sono quelli del pollo al campo, delle uova a terra e del biologico

      mangimi: a volte ci sono problemi,(vedi diossina) la qualità però fa la differenza ….anche nei cibi per vegetariani: metanolo, pesticidi fitormoni, cere ecc ecc

  4. Guido Botteri

    dici “Eppure ci sono quelli che affermano che dovremmo smettere di mangiare carne entro il 2050, per salvare l’umanità dall’estinzione di massa.”
    In realtà ho il sospetto che proprio quelle persone mirino a portare l’umanità a poche centinaia di milioni, o anche meno. Ci sono molte dichiarazioni in questo senso, alcune le potete trovare qui:
    http://green-agenda.com/
    Dato che più o meno sono le stesse persone a volere le due cose, diminuzione di popolazione e eliminazione del consumo della carne… io, da buon matematico (al liceo vinsi una gara di matematica), farei “1+1” e vi invito a fare altrettanto. Nell’algebra comune fa 2 (lo dico per i booleani…) 🙂

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