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L’Australia e le “Megaballe” di Cotone

In Australia per il 2010-11 era stato previsto un raccolto record di oltre 3,5 milioni di balle di cotone da 420.000 ettari di terreno coltivato. La stima dei ricavi da proventi di esportazione era di 1,9 miliardi dollari. Tutto grazie alla crescita della produttività. L’ultimo record di produzione in Australia risale al 2010, quando i coltivatori di cotone ricavarono 3,5 milioni balle su un’area coltivata di 540.000 ettari1.

Uno sguardo agli anni passati ci aiuta a capire che una balla corrisponde a 227 kg, quindi 3.5 megaballe sono 794.500 tonnellate.

Alla fine della primavera in Australia sono arrivate le drammatiche inondazioni che sicuramente ricordate ne hanno parlato tutti i mass-media, una situazione eccezionale.

Il 29 dicembre 2010 si scrisse:

“Si calcola che i danni ammonteranno fino a un miliardo di dollari australiani (oltre 700 milioni di euro), con perdite massicce ai raccolti di cotone e semi di girasole, colpendo un settore che già soffriva gli effetti di una lunga siccità”.

L’allarme per la mancata produzione ha contribuito a far schizzare in alto il prezzo del cotone, poi una breve discesa per la fine del 2010 e poi una nuova rapida salita.

Il 12 febbraio è uscito un articolo dal titolo “Il cotone supera il picco toccato nella Guerra civile” ed al suo interno:

Da ieri si può invece affermare che davvero, a memoria d’uomo, il cotone non è mai stato così caro […]oltre il picco massimo di 189 cents che storici ed economisti calcolano fosse stato raggiunto ai tempi della Guerra di secessione americana, circa 150 anni fa. All’epoca la produzione nel Sud degli Usa si era quasi azzerata, per la necessità di convertire i terreni a colture alimentari e per l’abolizione della schiavitù negli Stati del Nord, che aveva provocato una fuga dalle piantagioni. Oggi è la speculazione ad alimentare un rally che sembra diventato inarrestabile, nonostante gli sforzi compiuti dalle autorità di borsa[…]”.

Il 17 febbraio 2011 le informazioni avevano il seguente tenore:

“Nuovi record storici per le quotazioni del cotone. A New York il future sul cotone ha superato i 2 dollari per libbra attestatosi a 2,0193 dollari. Le quotazioni, che da gennaio hanno registrato un incremento del 40%, nelle ultime sedute hanno registrato un accelerazione dopo che l’Australia, il quarto esportatore mondiale, ha ridotto da 871 a 839 mila tonnellate la stima per la produzione 2011. Per la stagione 2010-2011 l’USDA (United States Department of Agriculture) pronostica una domanda dalla Cina pari a 47 mln di balle, al di sopra quindi dei 30 mln di output stimato. Il deficit è destinato a portare le scorte, sempre secondo l’USDA, a 42,8 mln di balle, a livelli che non si vedevano dal 1996”. (il neretto è nostro)

L’invito è a rileggere per un attimo la produzione prevista a settembre e le produzioni degli anni passati. Si noterà che anche 839.000 tonnellate rappresentano una produzione di tutto rispetto per l’Australia; è comunque un record storico.

Arriviamo ai giorni nostri:

12:50 – Australia: raccolto record di cotone dopo grandi piogge

11.04.2011 SYDNEY, 11 APR – Il prossimo raccolto di cotone in Australia sara’ il piu’ ricco nella sua storia, superando per la prima volta la soglia ’magica’ di 4 milioni di balle, grazie alle piogge torrenziali degli ultimi mesi nel nordest del continente dopo una lunga siccita’. Cotton Australia, l’ente rappresentativo del settore, calcola che il raccolto nazionale arrivera’ a 4.056.000 balle, contro i 3,7 milioni previsti solo poche settimane fa, per un valore pari a 1,65 miliardi di euro, pari a quasi il 10% del totale delle esportazioni agricole. Il record precedente di 3,6 milioni di balle era stato segnato nell’anno finanziario 2000-01, l’ultimo prima del decennio di siccita’ che aveva messo in ginocchio l’Australia rurale. Una fortunata coincidenza di forti piogge e alti prezzi internazionali, fa si’ che in questa stagione i coltivatori non solo potranno produrre in abbondanza, ma anche ricevere introiti record. (ANSA – versione originale)

4.056.000 balle sono 920.712 tonnellate, quindi molto più di quanto allarmisticamente si prevedeva a febbraio 2011 ed a settembre 2010, il massimo della storia raggiunto anche grazie all’aumento dell’estensione di terreno coltivato a cotone. Mi sorge un dubbio, forse perché non sono un economista: come mai la produzione è record, i prezzi sono alle stelle, mentre il ricavo è minore di quello previsto a settembre 2010?

I dati reali ovviamente si sapranno solo al momento del raccolto, ma qualche riflessione su questa informazione mi pare obbligata. Si tratta di un tipo di informazione che, spero involontariamente, aiuta le manovre speculative a danno degli agricoltori e del “parco buoi” dei piccoli investitori che s’illudono di aver trovato “l’orto dei miracoli”. La finanza, nata per finanziare lo sviluppo dell’economia reale, sempre più sembra solo fine a se stessa. Contribuisce a farci svolgere inconsapevolmente e contemporaneamente tre ruoli – consumatore, investitore e lavoratore- che spesso confliggono. Purtroppo mi che sembra che tanti ambientalisti volenterosi ed in buona fede stiano lavorando per mettere in mano a questo tipo di finanza un’altra possibilità di speculare. Si pensa di risolvere i problemi del clima ed invece si crea solo un’altra merce di scambio su cui i big potranno “giocare” in borsa. Spero di essere in errore.

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PS: per chi desidera maggiori dettagli sulla produzione in Australia è interessante la pag 10 di questo documento.

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  1. fonte Cotton Australia, 2010-2011 Australian Cotton Production Forecast, September 2010 http://www.nff.org.au/commodities-cotton.html []
Published inAttualitàEconomiaNews

7 Comments

  1. Luigi Mariani

    Caro Fabio,
    credo che gran parte dei temi del nostro dibattito in CM prendano lo spunto dall’evidenza di trovarci di fronte ad un’enorme bolla speculativa (o meglio una sequenza di bolle…) trainata da una lettura inadeguata o tendenziosa degli eventi meteorologici e dei trend climatici.
    Per questo mi sento in sintonia con la tua analisi.
    Confesso tuttavia di non avere ricette per intervenire, se non facendo uno scontato ma temo inutile richiamo all’illuminismo: misurare la realtà in modo onesto, interpretare i dati frutto di tali misure in modo altrettanto onesto – utilizzando sia gli occhi sulla fronte sia occhi nella mente, per dirla con Galileo – e alla luce di ciò assumere decisioni.

    Luigi

  2. Luigi mariani

    Caro Fabio,

    le manovre speculative su prodotti agro-alimentari sono sempre in aggutato. Tuttavia tieni conto che il settore agro-alimentare ha dalla sua parte un enorme vantaggio e cioè che ogni 6 mesi (fra giugno e ottobre nell’emisfero nord, fra dicembre e aprile in quello sud) abbiamo un raccolto delle principali colture, il che si rivela un ottimo sistema per raffreddare la speculazione.
    Debbo poi dire che un altro validissimo sistema per stabilizzare i mercati è costituito dalle previsioni di resa effettuate da enti pubblici (es: Usda) in base a modelli di simulazione della produzione delle colture alimentati da dati meteorologici (attuali + previsti + climatologia). Essendo questo un settore che conosco bene posso dirti che si possono ottenere informazioni di grande interesse.
    Ciò detto esiste comunque il problema, da te evidenziato, di coloro che deformano le informazioni per alterare il corso dei mercati agricoli. E qui bisognerebbe anche saper intervenire legalmente, facendo valere il reato di aggiotaggio (art. 501 del codice penale, intitolato “Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”. Il tutto evitando ovviamente la caccia alle streghe: come scordare infatti il precedente storico dei dei tumulti di Milano del 1621 di cui parla Manzoni nei Promessi…..

    Ciao.

    Luigi

    • Fabio Spina

      Caro Luigi,
      grazie del tuo intervento. Il problema che vedo è che sicuramente in giro cercando le informazioni si trovano, c’è anche una possibilità di analisi critica di ciò che accade, ma tali possibilità sono disponibili solo per una fascia di “professionisti” mentre per il “parco buoi”, che lavora dalle 8 alle 20 in altri settori e cerca di investire i propri risparmi, è costretto ad affidarsi se va bene alla lettura dei quotidiani. E’ vero che “la legge non ammette ignoranza”, ma io rimango nostalgico di De Filippo che in una commedia diceva che per prima cosa “la legge deve proteggere gli ingnoranti”, aggiungere che altrimenti questi divengono inevitabilmente “i cretini” dell’interessante intervento di Alvaro de Orleans-B. A presto e grazie.

  3. Alvaro de Orleans-B.

    E’ bene ricordare che, oggi come ieri, la “finanza” è un feroce gioco a somma zero, dove si applica ferreamente la regola d’oro (“chi ha l’oro fa le regole”), ed il cui fine reale è anche quello di separare i cretini dai loro soldi.

    E’ socialmente tollerabile perché generalmente, per prosperare, il settore deve in media allocare il capitale finanziario con intelligenza e disciplina, aumentando così il benessere collettivo.

    Nello specifico, il prezzo del cotone non è poi tanto aumentato se riferito all’aumento dei dollari in circolazione — anzi.

    • Giampiero Borrielli

      Si ma solo per “almeno per dieci o tredici anni”…poi si vedrà, par di capire!

    • Fabrizio Giudici

      Dopo i dieci anni potranno decidere di vendersi il petrolio. Ovviamente restituiranno i soldi già versati per non estrarlo. Un po’ come l’Islanda.

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