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IEA: Un colpo all’atomo e uno alla pala

Alcuni giorni fa, abbiamo riportato su CM le impressioni di Roger Pielke Jr in ordine alle anticipazioni su un report dell’IEA che uscirà in novembre. Il lavoro è focalizzato sulla prospettiva di ridurre considerevolmente (50%) l’aumento dell’impiego di energia nucleare in ragione di quanto si sta materializzando dopo il sisma in Giappone e il grave incidente di Fukushima.

Tre le conseguenze di questa prospettiva:

  1. Il mondo si rivolgerà al gas, alle rinnovabili e al carbone (carbone e gas in Cina, gas e rinnovabili in Europa e negli USA). Questo avrà un impatto sui prezzi del gas e del carbone, rendendo poi inevitabilmente più dispendioso produrre energia.
  2. Ci sarà una minore diversificazione delle fonti energetiche, una brutta notizia per la sicurezza energetica.
  3. Potrebbe esserci circa mezzo miliardo di tonnellate di CO2 in più in atmosfera, rendendo i target climatici più difficili da raggiungere.

Da queste prospettive si deduce che secondo l’IEA rinunciare a una quota considerevole di energia prodotta con l’atomo non è esattamente una bella prospettiva.

Appena due giorni fa poi, è uscito su naturenews un articolo dal titolo interessante: “Non wind? No problem”. Si tratta del commento a un altro report IEA “Harnessing Variable Renewables: a Guide to the Balancing Challenge“, nel quale si legge che la variabilità della capacità di erogazione delle fonti rinnovabili (Sole e Vento), se affrontata fattivamente in termini di ammodernamento delle reti, flessibilità del mercato e gestione della domanda energetica, potrebbe portare le cosiddette VRE (Variable Renewables Energy) ad assolvere dal 19 al 63% del fabbisogno di molti paesi. Il limite inferiore è riservato al Giappone e quello superiore alla Danimarca. In mezzo molti altri come Canada, Messico, Regno Unito, Irlanda e Stati Uniti.

E’ evidente che questo contributo fa riferimento anche a quella quota di rinnovabili che dovrebbe supplire al mancato ricorso all’energia nucleare. Sicché, sarà davvero un bell’andare in termini di costo dell’energia e costo dell’ammodernamento infrastrutturale, dover poi gareggiare sul piano economico con paesi che non si porranno il problema. O forse sì, ma solo per trarre ulteriore vantaggio producendo quanto necessario e vendendocelo, esattamente come accade già ora.

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Published inAttualitàEnergiaNews

2 Comments

  1. gbettanini

    L’importante è che questi maggiori costi siano attribuiti alle rinnovabili e non socializzati come generici ‘costi di sistema’ come avviene ora.
    Faccio un esempio: devo fornire una certa potenza elettrica ad una città e posso farlo solo con un parco eolico ed un impianto a gas a ciclo combinato.
    Quando il parco eolico produce la sua potenza massima, l’impianto a gas funziona al 70% della potenza, mentre si porta al 100% quando il vento manca. In questo modo ho equilibrato la produzione energetica con quello che c’è, anche senza sistemi di accumulo dell’energia elettrica, ma i costi relativi alla minore efficienza dell’impianto a gas ed al mancato guadagno dei proprietari dell’impianto a gas stesso dovrebbero essere imputati all’eolico.

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