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Il puzzle dei cicloni tropicali

Quando si sente parlare degli effetti del riscaldamento globale, capita molto spesso di sentir parlare anche di eventi estremi. Tra questi spiccano naturalmente i cicloni tropicali, ancora più distruttivi dei tornado, specie se si tiene conto delle caratteristiche spaziali e temporali del tipo di evento.

Nel corso degli ultimi sono stati fatti parecchi studi per cercare di capire se uno dei pilastri dell’ipotesi AGW, il collegamento tra l’aumento delle temperature e l’intensità e/o la frequenza di occorrenza di questi fenomeni, potesse reggere alla prova dei fatti, ovvero alle osservazioni.

Nella maggior parte dei casi, pur osservando un aumento dei danneggiamenti ascrivibile però a fattori urbanistici e non meteorologici, la risposta più o meno unanime di quanti hanno condotto delle ricerche sull’argomento è stata che in realtà non si possiedono dati sufficienti ad identificare alcun trend sul verificarsi di questi eventi.

Questo non ha naturalmente impedito che alcuni sapienti comunicatori abbiano continuato ad agitare lo spauracchio dell’inevitabile aumento di questi fenomeni in presenza di una tendenza del Pianeta a diventare più caldo.

Però gli anni passano, e le serie di dati a disposizione cominciano a diventare un po’ più robuste, per cui si può provare ad esaminarle con maggior fortuna.

E’ quello che è stato fatto in questo nuovo studio, dal quale si evince che non solo il numero di questi eventi presenta per gli ultimi 40 anni un trend negativo, ma anche che l’Accumulated Cyclone Energy (ACE), l’indice che viene impiegato per monitorare le stagioni di occorrenza dei TC nel loro complesso, è attualmente ai minimi storici, pur presentando naturalmente una variabilità interannuale decisamente accentuata.

Con le premesse con cui abbiamo aperto questo breve post, non è che questo aggiunga molto di più alla discussione, ma certamente va fatta una considerazione. Che dipenda dalle oscillazioni della PDO o dal segno dell’ENSO, come si legge in questo studio, comunque in un mondo di cui è, seppur con un certo margine di errore, accertato l’aumento delle temperature medie superficiali globali, i cicloni tropicali NON sono aumentati. Per cui, un eventuale futuro aumento della loro frequenza o intensità potrà dipendere da molti fattori, ma non è dato sapere perché dovrebbe dipendere dalle temperature quando le osservazioni dimostrano il contrario.

NB: se volete dare un’occhiata alla situazione in tempo reale sull’area Atlantica e del Pacifico orientale (la stagione degli uragani è iniziata da poco), potete andare qui, sul sito del National Hurricane Center della NOAA.

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Un commento

  1. Guarda caso, tutto questo accade proprio mentre Scientific American si prostituisce al Pew Center e pubblica incredibili sciocchezze come “More violent and frequent storms, once merely a prediction of climate models, are now a matter of observation.

    Attendiamo fiduciosi che tali stupidaggini siano pubblicate senza spirito critico da “Le Scienze” (e “Repubblica”, ovviamente).

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