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Lavori socialmente utili

Scavare delle buche di giorno per riempirle di notte non è produttivo ma dà lavoro, per cui se si trova chi paga ci sta che qualcuno ne tragga comunque beneficio.

Con il termine ‘lavoro’ in ambito scientifico si intende a volte la pubblicazione di uno studio, una ricerca, insomma un articolo. In lingua inglese la stessa cosa si dice ‘paper’.

Ecco, apprendiamo dal blog di Roger Pielke sr della pubblicazione di un lavoro che nella fattispecie si può ironicamente definire socialmente utile perché non aggiunge né toglie nulla ma giova a chi lo ha scritto. E naturalmente non ha nulla a che vedere con tutte quelle occupazioni di reale utilità sociale normalmente identificate con questa definizione.

Questo il titolo: Examining Regional Climate Model (RCM) projections: What do they add to our picture of future climate in the region?

Si parla di proiezioni climatiche a scala regionale. I modelli di simulazione climatica (GCM) hanno una risoluzione spaziale molto ampia (100-300 km), che non consente di fornire informazioni utilizzabili ai fini della pianificazione delle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici. Nasce quindi l’esigenza di ridurre la scala spaziale di queste simulazioni, con un processo che si definisce downscaling. Il processo può essere statistico o dinamico. Secondo gli autori, “Uno dei principali vantaggi del downscaling dinamico rispetto a quello statistico è che il primo riproduce la fisica dei processi climatici”. Vero in parte, perché molti di quei processi non sono affatto efficacemente riprodotti. In compenso è anche vero che vengono riprodotti gli errori del modello globale utilizzato per le condizioni al contorno restituendo dei risultati la cui attendibilità non  e’ superiore a quella ottenibile con un downscaling statistico, e questo accade perché le simulazioni climatiche falliscono sistematicamente la riproduzione di tutti quei meccanismi climatici di breve e medio periodo rappresentati dagli indici ENSO, PDO, AMO etc, le cui variazioni hanno un enorme impatto anche e spesso soprattutto a scala regionale.

Considerato che questo lavoro viene da un non meglio specificato Intermountain West Climate Summary su commissione di quello che da noi si chiamerebbe servizio idrografico, si può fare un esempio. Gli autori focalizzano la necessita’ del downscaling sulla previsione delle precipitazioni, ai fini della determinazione delle risorse idriche. Le oscillazioni dell’ENSO, modulate nel lungo periodo dalla PDO, spostano le precipitazioni da una parte all’altra dell’Oceano Pacifico scandendo, anche con il loro contributo alle piogge monsoniche la vita di milioni di persone. E questo accade da sempre. Bene, se non sono in grado di determinare nel medio e lungo periodo l’ampiezza di queste oscillazioni, di che utilità potranno essere le indicazioni fornite ai fini dell’adattamento?

Risposta semplice, nessuna. E gli autori lo sanno, perché nel loro articolo scrivono:

Inoltre, mentre i 50 km di risoluzione dei dati NARCCAP sono un grande miglioramento rispetto alla risoluzione del GCM, con conseguente aumento da 20 a 40 volte del numero di celle della griglia, cio’ è ancora insufficiente a risolvere compiutamente sia la scala orizzontale che quella verticale delle locali caratteristiche topografiche. Per esempio, la rappresentazione RCM delle San Juan Mountains raggiunge solo 3300 m (11.000 ft) invece dei reali 4300 m (14.000 ft), limitando così l’influenza climatica della topografia (ad esempio, sul sollevamento delle masse d’aria al di sopra del livello di condensazione). E come già detto, nessuna delle simulazioni RCM ha catturato la climatologia mensile delle precipitazioni della regione. In particolare, tutti i modelli hanno avuto problemi a riprodurre le varie caratteristiche del monsone Nord Americano da luglio a settembre. Nella maggior parte dei casi, non era simulato alcun monsone, e in quelli restanti, il monsone non è stata mantenuto per un periodo abbastanza lungo. Inoltre, la maggior parte delle simulazioni RCM ha avuto problemi nel riprodurre l’osservata tendenza all’aumento delle precipitazioni con l’altitudine durante autunno, inverno e primavera, il periodo in cui si accumula il manto nevoso. Questa analisi indica che i modelli delle proiezioni climatiche sulle variazioni delle precipitazioni hanno una incertezza molto maggiore che per le temperature e, di conseguenza, devono essere trattati con maggiore cautela.

Nel medio periodo, le proiezioni delle temperature indicavano una stabile tendenza all’aumento per gli ultimi 15 anni, quando è ormai noto che la temperatura è rimasta stabile o, addirittura in lievissima diminuzione a livello globale. Circa la scala regionale nessuno lo sa, ma per quanto sopra non è possibile che abbiano avuto risultati migliori. Una attendibilità ancora minore di quella che sbaglia completamente il segno della tendenza non la riesco proprio a immaginare.

Nonostante ciò, e qui scatta l’utilità sociale di questo lavoro, gli autori affermano:

“Detto questo, non vi è alcuna chiara evidenza di un futuro andamento verso maggiori precipitazioni annue in questa regione che possa essere abbastanza consistente da controbilanciare l’effetto di inaridimento del previsto aumento della temperatura. Quindi, è probabile che in futuro la disponibilità d’acqua si ridurrà.”

Poteva mancare una sana e preoccupante previsione espressa senza la benché minima traccia di informazioni attendibili e solo per ripetere all’infinito il dogma del riscaldamento globale?

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Published inAttualitàNews

4 Comments

  1. donato

    Guido, negli ultimi tempi mi sono fatta un’idea un po’ strana. Ai climatologi di noi contemporanei non interessa molto. Essi, in via prioritaria, pensano al futuro, ai nostri figli ed ai nostri pronipoti. Non so se hai notato ma le principali critiche che vengono mosse ai lavori di Spencer & B., alle tesi di Salby e via cantando sono sempre le stesse: l’intervallo temporale preso in considerazione è troppo breve per assicurare proiezioni attendibili per il FUTURO. Ciò che interessa al mondo della climatologia sono le tendenze da qui a 50/100 anni almeno. Il resto è …noia! Il fatto, poi, che i modelli falliscano a scala decadale è di scarsa importanza in quanto, come si dice nell’ambiente, in un trend rialzista a lungo termine ci può anche essere un periodo di breve durata che va in controtendenza. Rumore, in altre parole.
    Il fatto che i modelli non riescono a dare dei trend affidabili a scala regionale perché non tengono conto di variabili geografiche e topografiche, continua ad essere poco rilevante in quanto ciò che interessa è la scala globale e non quella locale. Per quel che riguarda la mancanza d’acqua, del resto, ci si potrà sempre attrezzare realizzando tanti laghetti montani che raccolgono e conservano l’acqua per i periodi secchi o, eventualmente, ricoprire di teli riflettenti la neve in modo da conservarla per il futuro.
    Questo se i modelli hanno visto giusto nel futuro. Se hanno toppato, nessun problema: siamo uomini, quindi fallibili. I costi? Mo’ quanti fatti volete voi altri! Hanno lavorato per noi ed i nostri figli!
    Ciao, Donato.

    Reply
    Non e’ un problema di interesse, e’ un problema di verificabilità delle previsioni e di impiego operativo – ovvero in supporto alle policy – delle stesse. Le proiezioni di medio periodo su scala regionale, pur essendo quel che realmente servirebbe, sono attualmente terra di nessuno. Chi lavora su queste cose lo sa e si guarda bene dal fare brutte figure garantite, a meno di clamorosi colpi di fortuna o semplici coincidenze.
    gg

    • donato

      A questo punto bisogna presupporre la malafede, però.
      Ciao, Donato.

  2. Maurizio Rovati

    Ormai è noto che le prossime guerre non saranno più per il petrolio ma per l’acqua. Ovvero si stanno portando avanti col lavoro, fomentare la paura della casalinga-di-Voghera con un nuovo terribile problema, ovviamente futuro, per fronteggiare il quale occorrerà spremere soldi in tasse per creare altri greenjobs assistiti e incentivati. Immagino che, analogamente a quello della CO2, sarà anche messo in atto un mercato di scambio di quote di consumo di H2O con le quali un fiume di denaro scorrerà dalle vacche grasse (una volta…) occidentali verso i furbetti del terzomondo, e parte del quale resterà naturalmente nelle tasche dei gestori.

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