Salta al contenuto

Non solo scettici ma anche insensibili

La saga continua. Nella comunità scientifica del clima c’è un manipolo di studiosi che proprio non ne vuol sapere di piegarsi alle sirene del catastrofismo climatico. Hanno un carattere strano: sono convinti che il sistema climatico sia molto meno sensibile alle perturbazioni esterne di quanto sostenga il mainstream scientifico, ma sono anche altamente sensibili alle critiche sul loro lavoro.

Ciò significa che quando fanno delle affermazioni, se qualcuno le confuta ci tornano su e cercano di correggere il tiro. Questa pratica, piuttosto sconosciuta ai più accaniti sostenitori dell’AGW, è parte indispensabile del metodo scientifico. Per far correggere il tiro a Michael Mann sul suo Hockey Stick ci sono voluti un paio di lustri, e non una parola di contrizione è mai stata espressa per l’uso alquanto disinvolto dei dati di cui disponeva e delle procedure statistiche che ha impiegato. Questo tanto per fare un esempio.

Un paio di anni fa Lindzen e Choi hanno pubblicato un articolo nel quale analizzando le osservazioni provenienti dalle sonde satellitari giungevano alla conclusione che la sensibilità climatica – leggi quanto potrebbero aumentare le tempeature per un raddoppio della concentrazione di CO2 rispetto all’era pre-industriale – sarebbe consistentemente più bassa di tutte le stime fatte dal mainstream scientifico e impiegate nei modelli di simulazione climatica.

On the determination of climate feedbacks from ERBE dataGEOPHYSICAL RESEARCH LETTERS, VOL. 36, L16705, 6 PP., 2009 doi:10.1029/2009GL039628

La ricerca era concentrata sulla fascia tropicale, l’area ove secondo L&C sarebbero concentrati la maggior parte dei feedback atmosferici la cui sommatoria identifica appunto la sensibilità del sistema. Il loro lavoro è stato soggetto a numerose critiche, sia per la scelta dell’area esaminata, considerata limitante e non rappresentativa dell’intero sistema, sia per l’uso dei dati satellitari, a loro volta soggetti ad un margine di errore che pare L&C non avessero tenuto nel giusto conto.

Per esempio qui:

Relationships between tropical sea surface temperature and top-of-atmosphere radiationGeophys. Res. Lett., 37, L03702, doi:10.1029/2009GL042314

Ma anche e soprattutto qui:

Lindzen and Choi UnraveledRealClimate 8 gennaio 2010

Così, dopo un paio d’anni di tentativi per accedere alla pubblicazione (evidentemente il circuito delle riviste scientifiche più importanti considerava chiuso il discorso), L&C hanno finalmente pubblicato un altro lavoro con cui ribadiscono il loro approccio, lo estendono all’intero Pianeta, migliorano i dati impiegati e…giungono alle stesse conclusioni.

On the Observational Determination of Climate Sensitivity  and Its ImplicationsAsia-Pacific J. Atmos. Sci., 47(4), 377-390, 2011DOI:10.1007/s13143-011-0023-x

Quello che segue è l’abstract:

Si stima la sensitività climatica dalle osservazioni, utilizzando le fluttuazioni destagionalizzate delle temperature superficiali del mare (SST) e le contemporanee fluttuazioni della radiazione in uscita dal top dell’atmosfera (TOA) dagli strumenti satellitari ERBE (1985-1999) e CERES (2000-2008). Per valutare i feedback sono stati impiegati differenti periodi di riscaldamento e raffreddamento delle SST. Uno studio precedente (Lindzen e Choi, 2009) è stato oggetto di critiche significative. Il presente documento è un’espansione del precedente lavoro in cui vengono prese in considerazione le varie critiche. La presente analisi tiene conto del periodo di precessione di 72 giorni del satellite ERBE in modo più appropriato rispetto al precedente lavoro. Si sviluppa un metodo per distinguere il rumore nella radiazione uscente così come nelle variazioni della radiazione che stanno forzando le SST da quelle variazioni nella radiazione che costituiscono un feedback delle variazioni di SST. Si dimostra che il nostro nuovo metodo si comporta abbastanza bene nel distinguere i feedback negativi da quelli positivi e nella quantificazione dei feedback negativi. Al contrario, si dimostra che i metodi di regressione semplice utilizzati da diversi studi esistenti generalmente amplificano i feedback positivi e mostrano anche feedback positivi quando questi sono in realtà negativi. Si sostiene che i feedback siano in gran parte concentrati nei tropici, e il feedback tropicale può essere regolati per tener conto del loro impatto sull’intero globo. Infatti, si dimostra anche che l’impiego di tutti i dati di CERES (non solo per i tropici) porta a risultati simili a quelli che sono ottenuti per i tropici da soli – anche se con più rumore. Ne risulta nuovamente che la radiazione uscente derivante da oscillazioni delle SST supera la risposta zerofeedback, implicando quindi un feedback negativo. In contrasto con questo, il calcolo dei flussi di radiazione in uscita TOA da 11 modelli atmosferici forzati dalle SST osservate è inferiore alla risposta zerofeedback, coerentemente con i feedback positivi che caratterizzano questi modelli. I risultati implicano che i modelli amplificano la sensibilità climatica.

In sostanza, come potrete leggere nel pdf di questo lavoro, L&C stimano 0.7°K (0.5 – 1.3) di aumento della temperatura per il raddoppio della CO2, cioè molto ma molto meno dei 3°K (1.5- 5) che scaturiscono dalle simulazioni climatiche.

Lindzen stesso dice di essere certo che anche questo lavoro sarà preso di mira dalle batterie del mainstream scientifico (non vedo perché no del resto). Perciò, che la festa cominci. Nel frattempo sarà il caso di far notare che questa come altre stime della sensibilità climatica di cui abbiamo parlato anche recentemente, si basa su osservzioni e non su simulazioni e, guarda caso, va molto più d’accordo con quanto è avvenuto negli ultimi anni di quanto non abbiano fatto proprio i modelli.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologiaNews

3 Comments

  1. teo

    Ma l’IPCC e’ policy-relevant! Qualunque suo dire e’ policy-relevant! Nonostante da anni si critichi ragionevolmente (e con robusta base fisica) gli sbarellamenti dei valori della sensitivita’ climatica quanto scritto nei rapporti IPCC e’ policy-relevant!
    Direi che l’unico argomento forte dell’allarmismo climatico e’ proprio questo: nonostante tutto IPCC e’ policy-relevant!

  2. Ecco una critica già sentita…Lindzen e Cho si occuperebbero della risposta transiente (nel giro di anni), mentre i Lorsignori Modellisti di quella a lungo termine (decenni e secoli). Ergo, Lindzen e Cho non contano…

    Sarà…ma quale delle due risposte pensiate sia più rilevante del punto di vista della policy? Non ho ancora visto nessun summit p.es. dove Capi di Stato e di Governo abbiano discusso della situazione finanziaria del 2050. CI sono già abbastanza guai finanziari al momento, così come ci sono già abbastanza disastri naturali.

    Quindi, verrebbe proprio da abbracciare tale “critica” a Lindzen e Cho, perché potrebbe essere facilmente usata per dimostrare come l’IPCC abbia sbagliato il suo focus (essere “policy-relevant”) quasi interamente.

Rispondi a Maurizio Morabito Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »