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Cosa significa non voler capire che la musica è cambiata

Il 2011 è agli sgoccioli, un anno che non si è certo risparmiato dal punto di vista meteorologico, anche nel recentissimo passato. All’inizio dell’autunno piogge torrenziali, perturbazioni atlantiche entrate nel Mediterraneo come un coltello nel burro, territorio flagellato da una tipica circolazione meridiana, con il Paese è flagellato da eventi che non si vedevano dagli anni ’60 e ’70. Se sei sotto l’aria calda sub-tropicale ti viene voglia di andare al mare e aspetti le rondini. Se sei sul bordo discendente del flusso corri a controllare l’attrezzatura invernale. Per gli ottimisti gli sci, per tutti gli altri pneumatici invernali.

E ti dicono che è colpa del riscaldamento globale.

Nel frattempo la east coast americana si beccava la nevicata più precoce dai tempi della guerra d’indipendenza. Morti e feriti. Sempre colpa del global warming.

Poi un flusso ad elevato indice zonale, che tecnicamente significa aria che corre veloce da ovest a est sulla fascia delle medie latitudini. Un flusso sceso sempre più in basso, fino a portare la zona di confine tra l’aria polare e quella appunto delle medie latitudini sul mediterraneo.

Semplice (si fa per dire) variabilità interannuale? In buona parte sì, ma non solo.

Il clima ha virato. Ormai dall’inizio di questo secolo siamo entrati in un nuovo regime circolatorio. Scambi meridiani accentuati, redistribuzione del calore dalle basse alle alte latitudini molto più rapida e impattante di quanto non avvenga con i flussi zonali che scorrono da ovest verso est adagiati nelle westerlies. E se non avessimo insegnato ai termometri delle stazioni di osservazione a vivere in città come facciamo noi lo vedremmo anche nelle serie di temperatura. Che comunque da dieci e più anni sono piatte.

Il nostro territorio doveva diventare un deserto. E’ bagnato fradicio e scivola al mare lungo valloni e fiumare che chissà perché qualcuno pensa che siano state disegnate da un artista pazzo invece di essere state plasmate dalla furia del tempo nei secoli.

Doveva fare sempre più caldo e si susseguono inverni da cartolina, con i policy makers impegnati su un fronte a promettere fiumi di denaro perché il mondo non si scaldi di più e sull’altro a grattare il fondo del barile per comprare il sale da spargere sulle autostrade.

Sapete quando è successo l’ultima volta? Negli anni ’70, quando qualche buontempone andava in giro spargendo la voce che si stava preparando una nuova era glaciale.

Quale il comune denominatore? Il maltempo? No, anzi, non solo. Il trend negativo della temperatura media del Pianeta (fermi sulle sedie, dall’inizio del secolo le temperature hanno smesso di aumentare e hanno cominciato a diminuire), e il segno degli indici oceanici. Con l’aggravante che nel frattempo si è anche addormentato il Sole. Quanto ci vorrà perché i sapienti si accorgano che questa fase climatica ha come caratteristica principale gli scambi meridiani perché è il Vortice Polare a menare le danze? Quanto ci vorrà perché ci si renda conto che aver smesso di guardare il mondo nella sua complessità e interezza prediligendo spiarlo dallo schermo di un terminale ci ha portati completamente fuori strada?

Ecco due coppie di immagini che dovrebbero far riflettere: Le prime due rappresentano l’anomalia dell’altezza del geopotenziale alla quota isobarica di 10hPa nei periodi 1988-1999 e 2000-2011 mentre le altre due rappresentano l’anomalia del vento zonale per la stessa quota negli stessi periodi. La fonte è il database della reanalisi dell’NCEP/NCAR.

 

 

Quale la differenza? Come si può facilmente notare si è ribaltato il trend di fondo. Nel primo periodo (1988-1999) si è rilevato un abbassamento di quota in zona polare ed un innalzamento nel resto dell’emisfero, viceversa nel periodo 2000-2011. Il risultato è un rafforzamento netto del vortice polare nel primo caso con un dislivello tra alte e medie latitudini incrementato e con conseguente accelerazione della circolazione zonale. Nel secondo periodo si evidenzia un dislivello più attenuato tra alte e medie latitudini con conseguente decelerazione della circolazione zonale. Sicché nella prima coppia leggiamo le cause, nella seconda gli effetti.

Nel secondo periodo, inoltre, il vortice polare è stato più espanso, una situazione quest’ultima non molto dissimile da quella degli anni ’70.

Ora, il regime circolatorio su larga scala regola in continuazione la redistribuzione del calore sul Pianeta, ma definisce anche il tempo atmosferico. Una zonalità alta di latitudine significa per il Mediterraneo sistemi perturbati meno frequenti, con l’aria calda dal nord-Africa che sale invece più spesso. Con una zonalità più bassa di latitudine invece, non solo è più facile che le correnti assumano temporaneamente una direttrice meridiana accentuando il gradiente termico e favorendo perturbazioni molto intense, ma tutto il sistema freddo delle alte latitudini espande il suo dominio.

In un modo o nell’altro, questo ha inevitabilmente il suo peso sulle temperature medie. Noi pensiamo di sapere come, così come lo pensano molti altri che da qualche tempo in qua hanno preso atto della stasi del global warming e dell’imminenza di una fase di raffreddamento (forse già iniziata). Nei prossimi anni vedremo chi ha ragione, ma temo di saperlo già. Vince sempre la Natura.

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

12 Comments

  1. Approfitto e lo pubblico anch’io sul mio blog dedicato al meteo, ovviamente con il nome dell’autore. Veramente interessante.
    Buon Lavoro

  2. Roberto Breglia

    Complimenti per l’ottimo articolo. Fino ad ora l’Inverno (tranne rapidi affondi artici),non ha sfoderato le sue armi migliori a causa della esuberanza del VP. Effettivamente se si verificasse un potente stratwarming,allora la situazione potrebbe mutare radicalmente e l’Inverno potrebbe fare la voce grossa…del resto la piu’ potente ondata di gelo del secolo sul nostro continente(Gennaio 85),ebbe origine proprio da questo fenomeno…staremo a vedere.
    Ancora complimenti ed i miei piu’ sinceri auguri.

  3. Fabio

    Per quest’anno l’inverno potrebbe anche non riservare sorprese eclatanti (si vedrà). Ma per i prossimi anni sì, stante il ragionamento dell’articolo. Non resta che pazientare e vedere che cosa accadrà.

  4. Massimo

    Ma se le cose stanno così come si spiega che il cenro Italia è stato sottposto dal mese di Agosto a una carenza pluviometrica da primato? (circa 250 mm in meno rispetto alla media)come mai le temperature medie dei mesi che vanno da Agosto e Dicembre compreso risultano mediamente molto sopra media? come mai a giudicare dalle previsioni NOAA stagionali si prevede un inverno e primavera secchi e molto sopra media in fatto di temperature in particolare nelle zone europee e asiatiche che dovrebbereo essere le più fredde del continente?

    Reply
    Massimo,
    come mai le previsioni stagionali dicano altro non lo so. Né so perché è piovuto poco, a parte la normale analisi ex-post, ovviamente.
    Il tempo dirà come andranno le cose.
    gg

  5. Pienamente d’accordo con la sua tesi..,sposata anche dal dott.Madrigali..,altro che riscaldamento imminente e desertificazione rapida del mediterraneo.. Ne vedremo delle belle a partire da Gennaio.. Buon Natale e buon freddo a tutti..

  6. Alvaro de Orleans-B.

    Post interessantissimo, che mi porta a porre una domanda: a noi uomini e donne che ci piace tanto segmentare le nostre conoscenze, dove sta la frontiera che separa la meteorologia dalla climatologia?

    Quando, come nel post, l’accumulo temporale di dati meteorologici diventa un “dato climatologico”, da “sottrarre” ai meteorologhi, per definizione (non la mia!) climatologicamente “ignoranti”?

  7. Articolo spiegato benissimo, se è possibile posso pubblicarlo anche sul mio sito citando la relativa fonte? Grazie.

    Reply
    Certamente Daniele, grazie a te.
    gg

    • Antonio Pallucca

      Egr. Sig. Guidi,

      i cambiamenti climatici, su vasta scala, non si possono misurare attraverso eventi estremi e localizzati o stagioni particolarmente miti in fase pre autunnale o inizio invernale (cfr. autunno ed inizi inverno 2011). Dei sostanziali cambiamenti , nella circolazione globale, sono sicuramente in atto. Basti pensare alle ultime annate (decennio) ove il VP. non riesce a “collassare” e gira sempre nelle stesse aree, producendo una sorta di risposta piatta alle oscillazioni della corda atlantica (medio /alta zonalità). Non per questo dobbiamo tralasciare l’attività di certi anticicloni che, a causa della QBO, si dispongono in maniera non reattiva in sede quasi sempre sub tropicale. Le spinte dinamiche sono sempre meno presenti e di breve durata. La depressione d’Islanda è stata oramai, inglobata da anni, nella rotazione multicentrica del VP e fa parte a pieno titolo della circolazione depressionaria e fredda nelle aree sub polari. Discorso a parte, la bonifica delle terre fredde dell’Euro/Asia (Siberia) che non riesce più a produrre in maniera degna e nella stagione invernale, gli immensi anticicloni termici (effetto Albedo). Insomma, osservando l’atmosfera, da oltre 30 anni a questa parte, sono tantissime le cose e le combinazioni che sono mutate!


      Reply
      Antonio,
      l’introduzione a questo post ha riguardato gli eventi più recenti perché è proprio chi sostiene che il clima stia cambiando (intendendo con questo un cambiamento diverso da quello che segue un corso naturale) che li attribuisce ad un non meglio specificato ‘impazzimento’ del sistema. Quanto scritto di seguito poi, è una analisi di dati decadali, e non direi proprio che si possa parlare di tempo atmosferico nella fattispecie.
      Nel suo commento introduce una serie di convinzioni circa ciò che dovrebbe essere e non è tipo, la frequenza e/o durata delle spinte dinamiche (che non ho ben capito cosa sono), la posizione giusta/sbagliata degli anticicloni, la posizione della depressione d’Islanda etc etc. Tutto questo e a suo dire molto altro, sarebbe in qualche modo mutato. Ciò significa che qualcuno sa come dovrebbe essere in realtà? Con quale frequenza dovrebbero alternarsi questa o quella configurazione?
      Quello che ha letto nel post sono dati cui segue un’analisi da cui scaturisce un modello di circolazione. Sarà semplice e non darà conto della ‘giusta’ (?) posizione della depressione d’Islanda e dell’anticiclone russo, ma mi pare un po’ più oggettiva di paventati cambiamenti rispetto a non si capisce bene cosa.
      gg

    • Antonio Pallucca

      Sicuramente, Sig. Guidi, quando parlo del comparto euro/asiatico, mi riferisco al piano di 25 in 25 anni, introdotto, dall’ex Unione Sovietica e che ha in qualche modo portato una diversa configurazione , tramite bonifiche, nello stesso comparo considerato. Non sto disquisendo di ciò che succede e concerne un ristretto campo: “ci aspettavamo la un avanzamento dei deserti, ed invece piove…” Le sto solo indicando che milioni e milioni di ettari di steppa siberiana sono stati indubbiamente deturpati e abilmente “occultati” per questioni politiche. Una teoria sull’avanzamento dei deserti, rimane teoria pura, una bonifica e’ un atto diretto e voluto di chi lo ha messo in essere. Quest’ultimo potrebbe essere un fattore incidente circa un cambiamento climatico, altro solo esercizio statistico.
      Grazie per la risposta.

      Reply
      Antonio,
      La variazione d’uso del suolo è un aspetto molto importante, per molti aspetti più importante delle emissioni. Quello che manca in questa ipotesi però sono i dati. L’albedo è effettivamente diverso? (non è una domanda retorica ma una richiesta di informazioni)
      gg

    • Antonio Pallucca

      Sig Guidi,

      bella domanda… avere i dati? Bel problema!!!!

      A quanto ricordo tali bonifiche sono state approvate dall’ex Unione Sovietica, nel lontano 1975 (scorso secolo) ed avevamo come piano una totale bonifica delle steppe asiatiche, attraverso la deviazione del corso di alcuni importanti fiumi in tali aree ed inserimento di piante di basso arbusto. Tutto ciò, dall’effettiva applicazione di tale bonifica, dovevamo aggiungere 25 anni (????). Il resto è pubblicato in certe riviste scientifiche, ma manca di conferme solo in parte. Da quello che si può osservare da “lontano”, mi sembra che sia stato completato al 40% circa (ahime’ la cortina era di ferro)! Le conseguenze, sebbene in maniera molto disordinata, sono un po’ sotto gli occhi di tutti. “Effetto Albedo” che procede in maniera molto disordinata e a volte molto limitato nella relativa estensione. Non vorrei aggiungere la maggiore ed ovvia salinità dei fiumi che si riversano nei mari polari. Per ottenere un risultato “certo” forse dovremmo attendere ancora decine di anni (forse anche meno).

    • Antonio Pallucca

      la cosa pare che venga ancora sostenuta dalle attuali autorità:

      Op p o r t u n i t à d i c o l l a b o r a z i o n e n e l s e t t o r e
      d e l l ’ Amb i e n t e e d e l l e “Gr e e n T e c h n o l o g i e s ”
      n e l l a F e d e r a z i o n e Ru s s a

      La Federazione Russa sta promuovendo un importante programma di interventi nel settore
      ambientale. In questo ambito è alla ricerca di Imprese europee in grado di offrire
      tecnologie, prodotti e know-how qualificati per l’avvio di collaborazioni commerciali e
      partnership nel settore ambientale e delle “green technologies”.
      Tra le varie opportunità vi sono i progetti di intervento nella regione di Khanty Mansi,
      importante area della Siberia Occidentale, che prevedono la collaborazione con imprese
      operanti nel settore delle bonifiche dei terreni e delle acque inquinate da prodotti petroliferi.

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