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Precipitazioni intense: il “Tachisenzametro” ovvero il “Tachimatematico”.

Il tachimetro (dal greco ταχύς tachýs, “veloce”) è lo strumento di misura della velocità istantanea di un mezzo di trasporto, generalmente terrestre. Facciamo finta che ancora non sia stato inventato e che, delle carrozze e negli ultimi due secoli, siano stati archiviati solo i giorni in cui si sono mosse ed in questi, generalmente, quanti km  sono stati percorsi.

Ipotizzate ora che qualche  statistico-matematico armato di un ottimo calcolatore, effettui uno studio sull’evoluzione temporale della velocità aggregando i dati e calcolando giornalmente la “velocità della carrozza” come distanza giornaliera diviso le 24 ore. Alla fine, confrontando i dati,  ipotizziamo che si arrivi ad affermare scientificamente che le carrozze sono divenute più veloci di una volta.

Certo sarebbe un evento raro che la “velocità” così definita rimanesse costante nel tempo, l’evento più probabile è che la grandezza si modifichi, aumentando o diminuendo. Da notare che spesso però essere messi a conoscenza di questa inevitabile modificazione crea sorpresa e talvolta angoscia.

Avrete già capito che questo tipo di “velocità” nulla a che vedere con quella reale misurata dal tachimetro e che, con il tipo di dati archiviati, nessuno può affermare esattamente che velocità raggiungevano le carrozze di un secolo fa; possiamo confrontare valori medi che, pur contenendo dell’informazione, hanno un significato diverso.

Per quanto riguarda le precipitazioni, ascoltando certe spiegazioni scientifiche capita spesso che mi sembri di ripercorrere il percorso logico appena descritto. Anche se già Marsilio Landriani (1751-1815) realizzò il famoso “cronyometro” ponendosi la problematica del rapporto quantità e durata precipitazione nell’epoca in cui le piogge intense erano benedette ed attese, in quanto si riteneva che rendessero salubre l’aria (basta ripensare al provvidenziale temporale descritto nei Promessi Sposi quando Renzo esce dal lazzaretto). Generalmente nelle stazioni meteorologiche si è annotata nei registri la precipitazione cumulata sulle 24 ore, questo è anche il dato quasi sempre presente nei messaggi meteorologici codificati che popolano i database dei centri di calcolo.

Il problema della misura dell’intensità della precipitazione è ritornato prepotentemente alla ribalta relativamente da pochi anni. La prima intercalibrazione di strumentazione utilizzata per tale misura è stata effettuata in Italia nel periodo 2007-2008, con relativo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (da pg 3 a pg 7 potete leggere anche una breve ed interessante storia delle precedenti intercalibrazioni, ad esempio lo studio per scegliere l’altezza di misura).

Se di omogeneità della strumentazione che misura dell’intensità della precipitazione si comincia a parlare seriamente da relativamente pochi anni in meteorologia (in idrologia è un po’ differente), se negli attuali messaggi meteorologici ancora è codificata solo la precipitazione cumulata, se gli errori su tale misura s’iniziano a stimare ed eliminare solo relativamente da poco tempo, come si può affermare che le piogge di oggi sono più intense di un tempo? Se si tratta solo di dati aggregati giornalmente, perché non a 2 gg o a settimana o un mese?

Come si tiene conto nelle serie storiche dello spostamento del pluviometro o della sua altezza, dei cambiamenti di strumentazione e dell’effetto del vento durante l’evento?

Non sono molti i campi in cui sarebbe stato possibile studiare l’evoluzione di una grandezza ad iniziare da quando di essa ancora non si aveva a disposizione un idoneo strumento di misura ed archiviazione del dato. Però con la famosa “statistica” di Trilussa si può far tutto, talvolta il risultato è più importante che sia verosimile che vero.

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Published inAttualitàMeteorologia

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