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Cina all’arrembaggio?

Oggi, lunedì 5 dicembre, siamo entrati nella seconda settimana di lavori alla conferenza di Durban. Dopo una prima sessione assolutamente piatta e incolore, vedremo nel corso dei prossimi giorni cosa accadrà. Tuttavia oggi, la giornata è partita con la quinta marcia innestata, dal momento che il capo della delegazione cinese Xie Zhenhua, durante la propria conferenza stampa, ha annunciato una serie di intenzioni del governo di Pechino.

La Cina sta lentamente acquisendo la consapevolezza di non essere più un paese in via di sviluppo, la cui economia quindi va protetta ad ogni modo, comprese le eventuali rigidità di sistema da introdurre per combattere le emissioni di gas serra. La Cina, al contrario, è annoverabile tra le economie industrializzate che, attraverso le proprie attività, inquina ed emette gas serra.

Zhenhua quindi ha affermato che la Cina è sempre più favorevole ad un trattato legalmente vincolante: ma non l’avevano già detto, i cinesi, pochi giorni orsono?

Esattamente, è un concetto reiterato addirittura dalla conferenza di Copenhagen.

Attenzione però a non sottovalutare questi segnali provenienti da Pechino, è infatti chiaro che un assenso a procedere da parte della Cina basterebbe da solo a decretare il tanto auspicato successo di Durban, con il conseguente riscatto delle precedenti edizioni disastrose (Copenhagen e Cancun).

Quindi è di fondamentale importanza analizzare le mosse della Cina nei prossimi giorni. Zhenhua, ad ogni modo, pone alcune condizioni (quanto vincolanti non è dato saperlo):
[list style=”lower-roman” float=”none”]
[li]Il trattato successore di Kyoto deve essere firmato già a Durban[/li] [li]Tutte le nazioni presenti devono uniformarsi alla timeline entro il 2020[/li] [li]Durban deve vedere il varo del fondo per il clima, che dovrà ammontare a 100 miliardi di dollari all’anno, fino al 2020[/li] [li]Si deve dare seguito in via definitiva agli accordi di Cancun[/li]
[/list]

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Published inDurban

2 Comments

  1. Massimo LR

    La Cina riuscirebbe a demolire la gran parte della concorrenza residua occidentale aderendo a queste politiche di deindustrializzazione (dell’occidente sia chiaro).
    Insomma, la CIna ci prova, gli abbiamo aperto le frontiere e abolito i dazi, e ora loro passano all’attacco, ci impongono di fallire definitivamente, tanto a loro chi li controlla?

  2. donato

    Caspita, questa si che è una notizia! Il guaio è che già la scorsa settimana si dissero le stesse cose e, anche in quell’occasione, il negoziatore cinese ebbe a dire che un nuovo trattato era possibile a certe condizioni. Ora sembra che le condizioni stiano materializzandosi. A prima vista non mi sembrano delle condizioni da poco, però. La prima mi sembra molto ambiziosa in quanto bisognerebbe fare in quattro giorni quello che non si è riusciti a fare in tre anni (le vie del signore, però, sono infinite). La seconda non è da meno: unanimità (anche in questo caso non poniamo limiti alla Provvidenza). La terza è quella più difficile da realizzare, secondo me. Chi metterà mano al portafogli con i tempi che corrono? Considerando il giro d’affari che circonda le tecnologie verdi (di cui la Cina detiene una fetta considerevole) mentre sulle altre condizioni si potrà trattare, su ques’ultima la Cina, credo, non farà sconti. Non voglio essere pessimista, ma penso che ci voglia una specie di miracolo. L’unica cosa positiva è che se ci sarà, lo sapremo presto, Molto presto.
    Ciao, Donato.

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