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Protocolli senza qualità

Chi è stato a dieta conosce per esperienza come si controlla l’efficacia della prescrizione medica. La persona che accusa un “disturbo” va dal “medico”, questi esaminata la situazione individua ad esempio una combinazione di condimenti utilizzata come il responsabile del malessere e quindi prescrive una dieta che porti ad una riduzione/eliminazione del “disturbo”, cioè del motivo per cui si è ricorsi alla cura. Per verificare se la prescrizione è giusta si deve monitorare nel tempo la scomparsa di quanto accusato dal paziente; se questo non avviene occorre inevitabilmente rivedere la dieta.

Una dinamica simile accade in qualsiasi azienda che applichi i concetti della qualità; le fasi dell’azione di direzione sono: pianificare, fare, verificare se gli obiettivi sono stati raggiunti ed eventualmente correggere o migliorare il prima possibile la nostra azione. E’ fondamentale individuare gli indicatori del processo per comprendere i fenomeni che accadono.

Se volessimo applicare tale “modus operandi” in termini di un piano ambientale e/o sul clima, i passi da svolgere con un “ordine ciclico” sarebbero1:

  1. Osservare e documentare i cambiamenti nell’ambiente e/o sul clima.
  2. Analizzare i dati ed estrapolare l’effetto dovuto all’azione umana2.
  3. Prevedere gli scenari futuri e valutare l’affidabilità dei vari scenari.
  4. Valutare ed Analizzare le conseguenze del cambiamento previsto su ecosistemi terrestri e marini, sugli aspetti economici, sociali, sanitari, sulla popolazione, etc.
  5. Valutare con prudenza le eventuali Azioni di Risposta (adattamento) e Strategie di mitigazione rispetto ai cambiamenti.
  6. Verifica oggettiva dei risultati delle azioni ed eventuale correzione delle politiche messe in atto al punto 5 ripartendo dal punto 1.

I punti 1, 3 e 4 sono quelli che dovrebbero essere sempre svolti da enti di ricerca autorevoli, affidabili ed indipendenti in grado di fornire sempre dati e relativo errore, le previsioni e la loro affidabilità.

Il punto 2 è quasi sempre è trascurato, lo abbiamo già scritto nel post “Terra: un pianeta vivo trattato come fosse morto”.

Il punto 5 riguarda le azioni di mitigazione3, ad esempio il “protocollo di Kyoto”, in cui si decide cosa fare per ridurre il cambiamento osservato e/o previsto, attraverso la messa al bando del presunto “colpevole” (lo stesso criterio “di mitigazione” è dietro a molte delle azioni ambientali come quello utilizzato nel caso dei CFC per l’ozono, le emissioni dei gas serra per il riscaldamento globale, il fumo passivo per i tumori polmonari, le antenne telefoniche per leucemie, etc).

Il punto 6 è indispensabile a verificare se l’azione messa in atto con sacrifico, produce i benefici previsti. Gli stessi modelli di previsione che sono stati utilizzati nei punti 3 e 4 per comprendere gli scenari futuri e dare l’allarme, dovrebbero coerentemente aver descritto il sistema e quindi essere in grado di stimare nel tempo i benefici dovuti alle azioni messe in atto4.

Ad esempio nel caso della diminuzione di emissioni di anidride carbonica, come prescritto dal “Protocollo di Kyoto”, la verifica va effettuata principalmente controllando se la temperatura globale seguirà l’andamento determinato dalla minor quantità di emissioni (non solo verificando se ogni partecipante ha ridotto la quantità di tonnellate emesse secondo quanto previsto). Ma tanti altri possono essere gli esempi.

Il “buco dell’ozono”, secondo quanto si è letto sui giornali, ha avuto effetti sulla quantità di radiazione ultravioletta e sull’incremento di tumori della pelle e malattie degli occhi. Giustamente 20 anni fa si è deciso di mettere al bando i gas CFC, però si dovrebbe dire ogni anno di quanto sono diminuiti i tumori e le malattie, non è sufficiente limitarsi solo a descrivere il comportamento della concentrazione dell’ozono stratosferico.

Il fumo passivo “notoriamente” causa il cancro, si è deciso di proibirlo nei luoghi pubblici. Ogni anno si dovrebbe dire quanti sono stati i morti ed i tumori in meno e non solo il numero di fumatori che hanno smesso (ora non si dicono neanche più quelli).

Lo smog causa secondo le stime “statistiche” decine di migliaia di malati e morti in città. Dopo aver preso i provvedimenti del blocco del traffico, abbassato le soglie del PM105, deciso il passaggio dalla benzina rossa alla verde, disposta l’installazione nelle auto del catalizzatore, ridotta la concentrazione di benzene, incentivata la sostituzione di auto vecchie con quelle meno inquinanti, quante sono ogni anno il numero di persone salvate rispetto alle stime di migliaia che morivano per questi problemi? Non ci si può limitare solo a dire occasionalmente quali concentrazioni misurano le centraline relativamente solo ad alcuni inquinanti.

Le onde elettromagnetiche si è letto e sentito che causano problemi gravi alla salute e numerosi tipi di tumori. Si dovrebbe dire dopo l’entrata in vigore della normativa quanti morti e malati ci sono in meno in Italia ogni anno.

Spesso però, purtroppo, si continua ad agire come se, nell’esempio della dieta iniziale, il controllo avvenisse non sulla scomparsa o riduzione del disturbo per il quale siete andato dallo specialista, ma solo sulla effettiva riduzione/eliminazione del condimento indicato come “colpevole” dall’esperto.

Anche azioni prudentemente attivate, se non sono seguite nel tempo da una continua verifica dell’effettiva efficacia, tale da rendere possibile la scelta di comportamenti alternativi in caso di diagnosi sbagliate, possono diventare occasione per sottovalutare imprudentemente il contributo di altre cause. Se non c’è una vera attività di controllo nel programma d’azione adottato, si può rischiare di non investire le nostre risorse al meglio, di non cercare la scelta dell’azione migliore ma accontentarsi solo di individuare un “nemico” per eliminare il quale si è pronti a determinare i comportamenti delle persone con la minaccia della catastrofe imminente. Con il risultato di vivere continuamente emergenze che esplodono e poi delle quali nessuno più s’interessa non appena ciò che certi interessi desideravano è stato approvato.

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  1. Per ogni passo si dovrebbe specificare l’Istituzione responsabile dell’attività, chi dovrebbe svolgerla rendendo disponibili tutti i dati ed informazioni a chiunque volesse effettuare un controllo. Inoltre ci dovrebbe essere un coordinatore delle varie attività. []
  2. Ammessa e non concessa la possibilità di realizzare previsioni credibili a lungo termine, possibilità alla quale si può credere ascoltando il Premio Nobel per la Pace Al Gore e leggendo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), mentre lo si esclude ad esempio leggendo testi scientifici relativi alla “teoria del Caos” di  Edward Norton Lorenz (1917- 2008) e/o quanto scritto dal premio Nobel per l’economia del 1974, Friedrich A. von Hayek (1899-1992), che affermava:”L’uomo non è e non sarà mai padrone del suo destino, la sua stessa ragione progredisce sempre portandolo verso l’ignoto e l’imprevisto, dove egli impara cose nuove. […] Limitare l’evoluzione sociale a ciò che si può prevedere significherebbe arrestare il progresso.”(in “Legge, legislazione e libertà”). []
  3. Le azioni di mitigazione per problemi globali hanno un senso solo se fatte globalmente e quindi sono possibili solo in presenza di un grande accordo internazionale. Di mitigazione se ne devono occupare in primis gli stati e le grandi organizzazioni sovranazionali. L’adattamento invece sono le azioni da mettere in atto per convivere con il cambiamento, è la modalità di vita con cui finora l’uomo è l’unico animale ad essere sopravvissuto ai vari tipi di clima ed è riuscito a popolare quasi tutto il globo.  Molte volte l’adattamento è avvenuto come reazione ed ha funzionato velocemente perché è stato ogni singolo “costretto” dalle condizioni ad agire. Da notare che se si salta l’approfondimento del punto 2 si rischia di tentare di mitigare la normale variabilità della natura e l’adattamento può divenire un dispendioso e continuo rifacimento in cui l’uomo tenta inutilmente di trasformare la natura “viva” in apparentemente “morta”, la casa dell’uomo in un museo. []
  4. La capacità di prevedere il sistema è insita nell’aver già approfondito i punti 3 e 4 ed aver individuato il presunto “colpevole”. Altrimenti gli scenari usciti da questi punti non sarebbero “d’allarme” ma da “possibilità di rischio”, come ad esempio la caduta di un meteorite, un terremoto in zone non sismiche, il diffondersi di un virus micidiale o di un’epidemia, etc. La prudenza in questi casi porterebbe ad investire su problemi reali, come la fame, mancanza di acqua, malattie, efficienza energetica, etc, piuttosto che su possibili scenari. []
  5. Ad esempio per il miglioramento della qualità dell’aria il decreto 60/02 prevedeva un progressivo abbassamento dei limiti di sei inquinanti in tre tappe: 2003, 1.1.2005, 1.1.2010. Abbassamento dei limiti che spesso, aumentando il numero dei superamenti dei valori limite, viene percepito dalle persone “meno esperte” come un peggioramento delle condizioni dell’aria e non come un graduale percorso di miglioramento rispetto al passato. []
Published inAttualità

Un commento

  1. donato

    Articolo molto interessante. Ciò che mi meraviglia è la riluttanza ad adottare certe procedure di valutazione a posteriori delle scelte effettuate. Tornando al protocollo di Kyoto, mi chiedo, se qualcuno abbia valutato i risultati di oltre un decennio di politiche di mitigazione. A noi europei sono stati chiesti sacrifici molto forti: quale ne è stata l’utilità pratica? A me sembra che il trend di crescita della CO2 atmosferica non abbia subito alcuna flessione. Se non avessimo adottato queste politiche, però, sarebbe cresciuto, potrebbe obiettarmi qualcuno. Nessuno può dirlo, però, perché non esiste un modo per verificarlo sperimentalmente. Vi è stata, invece, una stasi nella crescita delle temperature. Questo dovrebbe allarmare, in quanto questa stasi non è dipesa dalla riduzione di CO2 (che non vi è stata). Mi sembra che solo alcuni si pongano il problema di indagare sulle cause di questi strani comportamenti del sistema atmosfera mentre molti si stracciano le vesti per la mancanza di risultati nella lotta alla CO2 in sede di trattative internazionali.
    Mah, speriamo che ce la caviamo (per parafrasare il titolo di un vecchio libro e di un altrettanto vecchio film).
    Ciao, Donato.

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