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Libero mercato?

Non voglio discutere sui gusti di ciascuno di noi, nel momento in cui casa nostra si illumina grazie alle lampadine a basso consumo energetico. A qualcuno possono piacere ad altri no, ma come anticipato si tratta di gusti personali. Vi è tuttavia una serie di considerazioni che possiamo fare sull’introduzione delle lampade a basso consumo energetico. Lo spunto ce lo fornisce un articolo apparso nella blogosfera e che contiene una interessante deduzione1 :

Continuo a pensare che tutta l’operazione “lampade a basso consumo” sia un’operazione di imposizione commerciale voluta da qualche potente lobby alla faccia della libertà di scelta dei consumatori. Infatti, se le lampade a basso consumo sono così vantaggiose, perché imporre le scadenze alla vendita di quelle a incandescenza, senza lasciare che liberamente il mercato faccia la selezione dei prodotti migliori (valutando tutti i punti di vista incluso quello della gradevolezza della luce)?

Questa osservazione è interessante per diversi ordini di motivazioni. Innanzitutto emerge la questione del libero mercato. Ebbene mi sembra che da anni ormai, Climatemonitor metta a nudo le incongruenze della Green Economy che, sostanzialmente, rappresenta una sospensione del concetto di libero mercato. Esistono sussidi pesanti all’industria green, si pensi ad esempio a quanto costa la creazione di un lavoro verde (e infatti quelli creati sono pochissimi e hanno portato all’esaurimento delle risorse finanziarie, che avrebbero potuto essere utilizzate altrove). Esistono anche notevoli sussidi alla creazione di energie rinnovabili. Se da un lato non vi è motivo di essere contrari al concetto di “energia rinnovabile”, è altrettanto vero che non si può essere d’accordo sulle modalità di implementazione di queste energie e su come vengano prodotte. La loro introduzione rappresenta tutto, fuorchè l’applicazione delle regole del libero mercato. Infatti per disincentivare il mercato delle vecchie tecnologie, da un lato, si impongono  fee all’ingresso e sconti in uscita. D’altro canto la disincentivazione all’utilizzo di energie tradizionali viene fatto in favore di tecnologie che sono costose ed inefficienti (oggi) e a tratti addirittura inutili. Un esempio su tutti è l’energia fotovoltaica che, ad oggi, produce energia quando non serve2 . Possiamo includere nel nostro ragionamento tutti i “se” e i “ma” del caso: dall’accumulo elettrochimico, alla consapevolezza che la tecnologia evolverà.

Ed è proprio su questo concetto che vorrei soffermarmi. Se l’implementazione di una tecnologia deve essere imposto in modo coatto, aggirando le regole del mercato, qualcosa significherà. Forse che la tecnologia non sia ancora sufficientemente evoluta? O forse che queste tecnologia non è ancora pronta a sostenere i nostri apparati produttivi?

E allora torniamo alle nostre lampadine a basso consumo. Perchè imporle? Chi ha deciso, per tutti noi, che si tratti della tecnologia migliore da adottare? Chi ci dice che l’eolico e il fotovoltaico siano settori per cui valga la pena salassare le tasche dei contribuenti? Per quale motivo la Green Economy in qualsivoglia aspetto essa si manifesti, alla fin fine, si traduce in una sospensione della libertà del mercato e del singolo? A voi le riflessioni.

 

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  1. http://www.aspoitalia.it/blog/nte/2011/12/14/il-mio-rapporto-con-le-lampade-a-basso-consumo/ []
  2. http://www.aspoitalia.it/attachments/305_Accumulo%20e%20PV.pdf []
Published inAttualitàEnergia

4 Comments

  1. donato

    Credo che alla fine sarà proprio il mercato a decidere le sorti della green economy. I sussidi non potranno continuare all’infinito perchè i soldi scarseggiano e, per una delle leggi non scritte dell’economia, se una tecnologia non è in grado di camminare con le proprie gambe ed autosostenersi ha vita breve. A nulla valgono le marce ed i manifesti. Chi comanda è sempre il “vile denaro”: sopravvive solo chi costa di meno. Se una lampadina a basso consumo mi consente di risparmiare dei soldini sulla bolletta e ripagare il maggior costo di acquisto, la comprerò, in caso contrario ne farò a meno. Personalmente ho realizzato il 100% dell’illuminazione del mio giardino con luci a led e con luci a basso consumo. Ho calcolato che, a parità di emissione luminosa, il costo di acquisto verrà ripagato dopo 750 ore di funzionamento. Successivamente il risparmio sarà notevole (circa 2 kw/h se decidessi di accenderle tutte).
    Con i led il risparmio sarebbe maggiore ma il costo d’impianto sarebbe notevolmente più alto. Ecco una delle ragioni per cui è conveniente installare le lampade a basso consumo. Per il resto della green economy, però, non credo che possa essere fatto lo stesso discorso.
    Comunque, alla fine, come ho detto all’inizio, sarà il mercato a decidere, inutile preoccuparsi.
    Ciao, Donato.

  2. Diego

    “… rappresenta una sospensione del concetto di libero mercato”: che è appunto, un concetto.

    “… esistono sussidi pesanti all’industria green,”: ne esistono, e da molti decenni, di molto più pesanti all’industria dei combustibili fossili, grazie anche all’attività di svariate lobby.

    “… si pensi ad esempio a quanto costa la creazione di un lavoro verde (e infatti quelli creati sono pochissimi e hanno portato all’esaurimento delle risorse finanziarie, che avrebbero potuto essere utilizzate altrove)”: intanto ne hanno creati in un arco di tempo relativamente breve. E poi: perché chi scrive continua a considerare lavori verdi solo quelli nelle rinnovabili? La definizione che l’UNEP dà di lavori verdi è molto più ampia.

    “… un esempio su tutti è l’energia fotovoltaica che, ad oggi, produce energia quando non serve”: non è un problema della tecnologia fotovoltaica. È un problema di rete.

    “… se l’implementazione di una tecnologia deve essere imposto in modo coatto, aggirando le regole del mercato, qualcosa significherà. Forse che la tecnologia non sia ancora sufficientemente evoluta? O forse che queste tecnologia non è ancora pronta a sostenere i nostri apparati produttivi?”: entrambe le cose, forse, ma questo non significa che non si debba investire in ricerca e innovazione.

    “E allora torniamo alle nostre lampadine a basso consumo. Perché imporle?”: non le si impone, il contribuente potrebbe adottare le candele di sego. Poi però il contribuente fa due conti e, liberamente, le installa.

    “… chi ha deciso, per tutti noi, che si tratti della tecnologia migliore da adottare?”: lo hanno deciso gli attori dei vari processi decisionali, in base a considerazioni di varia natura, che non attengono alla programmazione dei piani quinquennali. E poi: chi ha deciso che sulle automobili devono essere installate le marmitte catalitiche?

    “… per quale motivo la Green Economy in qualsivoglia aspetto essa si manifesti, alla fin fine, si traduce in una sospensione della libertà del mercato e del singolo?” forse perché il mercato così com’è si basa su presupposti errati, è distorto da un’infinità di sussidi, vede svariati oligopoli, fornisce informazioni incomplete, si basa su metriche poco sensate ecc. ecc.

    “A voi le riflessioni”: sostituirò le lampadine a basso consumo con quelle a Led.

  3. gbettanini

    Un paio di settimane fa se ne è rotta una nel mio salotto (una lampada a fluorescenza a torciglione come quella nell’immagine). Per paura dei vapori di mercurio contenuti nella lampada per non saper ne leggere ne’ scrivere ho liberato la stanza (c’erano anche bambini) ed ho tenuto spalancate per 5 minuti le finestre… fortunatamente (causa Global Warming) non faceva freddissimo ma nell’utilizzo di queste lampade ci sono anche dei drawback.

    Sono comunque d’accordo che gli interventi dirigistici soprattutto in campo energetico andrebbero evitati. Mi puoi informare, mi puoi sensibilizzare ma l’imposizione è sbagliata.

  4. donato

    La prima riflessione non è mia, ma di Piero Angela e della redazione di Superquark. Proprio ieri sera, passando davanti ad un televisore acceso, la mia attenzione è stata attratta da un servizio in cui si faceva il punto sullo stato delle energie alternative in Italia: solo il 2% dell’energia che consumiamo è di origine “alternativa” (fotovoltaico ed eolico). Se ci impegnassimo, probabilmente, potremmo arrivare al 5% nel 2030. Se ci impegnassimo ancora di più, nel 2050 potremmo raggiungere il 15%. Comunque la giriamo e la voltiamo, nella migliore delle ipotesi, ci manca l’85% dell’energia di cui abbiamo bisogno. Molto interessante mi è parsa la chiosa di Piero Angela: la nostra energia alternativa veramente valida è costituita … dai soldi con cui possiamo comperare all’estero l’energia di cui abbiamo bisogno! Sono completamente d’accordo con P. Angela. Il problema è che, ormai, non siamo più in grado di produrre ricchezza con cui approvvigionarci di energia in quanto, contrariamente alla Corea del Sud, per esempio, non riusciamo a produrre innovazione, ricerca di punta, brevetti e via cantando. La spiegazione? Semplice: la Corea del Sud investe in ricerca il 3% del suo PIL, noi poco più dell’1%. Tradotto in valore assoluto la Corea del Sud con metà del nostro PIL investe in ricerca ed istruzione il doppio di noi. Altro che lampade a basso consumo.
    Ciao, Donato.

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