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Uno squalo in un bicchier d’acqua

E’ stata una delle notizie più gettonate di questi primi giorni dell’anno. Un team di ricercatori ha ‘scoperto’ un discreto numero di squali ibridi nelle acque della costa orientale dell’Australia. Si tratta di una specie risultante dall’accoppiamento tra esemplari di squalo pinna nera comune con un ‘parente stretto’ ma di più piccole dimensioni tipico di quella zona. Sembra che questi esemplari siano più robusti degli squali australiani, e inoltre avrebbero sviluppato la capacità di adattarsi ad acque più calde, ampliando così l’areale della specie.

La fonte principale della notizia è stata l’AFP, un’agenzia di stampa mondiale che fornito il materiale praticamente a tutti i media del mondo. A seguire sono arrivati il Business Insider e, naturalmente, anche alcuni media nostrani: il Corriere, Ecologiae.com e Greenreport.

Naturalmente, leggere una pagina o l’altra non cambia assolutamente nulla, tutti hanno più o meno ripetuto il lancio d’agenzia, e tutti sono caduti nello stesso errore, assorbendo e rilanciando pari pari l’informazione che questa normale storia di evoluzione naturale potesse essere collegata o addirittura generata dai cambiamenti climatici, nella fattispecie dal riscaldamento delle acque di quella porzione dell’oceano (forse Ecologiae.com si è distinta un po’, lanciandosi in una romanzesca storia di squali che cercano un rimedio contro la minaccia dell’estinzione, dimenticando magari il piccolo particolare che nella fattispecie si tratta di una specie in più, non di una in meno).

Praticamente laggiù lìoceano è una pentola in ebollizione, come si può constatare dall’immagine qui sotto.

[image link=”http://wattsupwiththat.files.wordpress.com/2012/01/shark_sst_graph.png?w=640&h=419″ width=”554″ height=”363″ align=”left”]http://www.climatemonitor.it/wp-content/uploads/2012/01/shark_sst_graph.png[/image]

Tre gli elementi principali di questa analisi gentilmente offerta dall’onnipresente WUWT.

  1. Il rateo di aumento delle temperature negli ultimi 35 anni è stato di 0,135°C per decade.
  2. In totale la temperatura di superficie è aumentata di 0,45°C.
  3. Anche per quella porzione dell’oceano, come per la gran parte del resto del mondo, negli ultimi dieci anni le tempeature non sono aumentate gran che.

Ora, sembra che siano stati avvistati 57 esemplari. Le specie di origine vivono mediamente 8-12 anni, per cui è presumibile che questa rapidissima corsa verso una salvezza evolutiva sia avvenuta nello spazio di poche decadi, compresa l’ultima in cui non è successo proprio niente. Per di più qualcuno vorrebbe vendere la bufala che degli animali il cui processo evolutivo dura da milioni di anni abbiano intrapreso questa strada per ‘salvarsi’ o ‘adattarsi’ ad un cambiamento di meno di mezzo grado.

Fin qui il materiale per smontare la boutade. Ora è il caso di capire chi sia questo qualcuno. Sorpresa! Non si tratta dei ricercatori. Nel comunicato stampa originale dell’università per la quale hanno seguito il programma di ricerca, non c’è nessuna traccia di cambiamenti climatici o di global warming. L’unico riferimento utile è il virgolettato di una ricercatrice del team in cui si legge che l’ibridazione potrebbe permettere agli squali di adattarsi a cambiamenti ambientali.

Ma può cambiare l’ambiente se non cambia il clima? No, si sarà detto il solerte reporter dell’AFP e, no, si saranno detti tutti quelli che gli sono andati dietro senza degnarsi di approfondire la questione leggendo semplicemente il comunicato stampa.

Ma benché solerti, questi reporter sono anche professionisti della libertà d’informazione, lbertà che si esplica anche nella possibilità di render conto del loro operato. Sicché, sempre da WUWT, scopriamo che dopo aver ottenuto una dichiarazione autografa dalla ricercatrice in questione in cui si negava di aver mai fatto alcun riferimento ai cambiamenti climatici o al riscaldamento globale, è stato possibile chiedere delle spiegazioni al Business Insider. E così l’articolo è stato cambiato (prima e dopo), naturalmente senza comunicarlo ai lettori e lasciando lo spauracchio del global warming nel titolone.

E così, ho postato un commento identico sui tre siti italiani indicati all’inizio di questo post per chieder loro di rettificare e la notizia o, quanto meno, di dar conto esattamente di quanto dichiarato dai ricercatori, escludendo quindi qualsiasi volo pindarico in materia di cambiamenti climatici o di global warming. Questo il testo:

[success]
Nel comunicato stampa ufficiale dell’università del Queensland (http://www.uq.edu.au/news/index.html?article=24232) non c’è nessun riferimento ai cambiamenti climatici o al global warming. La ricercatrice interpellata ha parlato di eventuale possibilità di adattamento a cambiamenti ambientali, confermando di non aver mai fatto le affermazioni contenute nel lancio dell’AFP. In quella porzione di oceano le temperature sono aumentate di 0,45°C negli ultimi 35 anni, con un rateo di 0,135°C per decade. Nell’ultima decade non sono affatto aumentate. Gli squali pinna nera vivono 8-12 anni, l’ibridazione è quindi probabilmente recente e i cambiamenti avvenuti (tra l’altro non recenti) non sembrano aver nulla a che vedere con il clima e/o il riscaldamento globale. Non è quindi chiaro perché si sia voluto condire la notizia con queste informazioni, forse sarebbe opportuno fare una rettifica.

Guido Guidi

www.climatemonitor.it
[/success]

Stiamo a vedere cosa succede.

 

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Published inAttualitàNews

5 Comments

  1. Grazie sig. Guidi, anche io ho fatto l’errore di altri e ho riportato la notizia senza ulteriori verifiche. Ho avuto solo qualche dubbio, di altra natura, che poi mi ha portato alle pagine del suo forum. Anche io, naturalmente, mi sono permesso di riportare la rettifica, precisa e puntuale, da lei pubblicata.
    http://www.biologiamarina.eu/Squalo_ibrido_rettifica.html
    Cordiali Saluti
    Giovanni

  2. […] L’affermazione che ovviamente resta tutta da provare, si baserebbe sul dato del riscaldamento del mare in quella zona, un riscaldamento che risulta essere stato di 0,135° per decade, che diventano 0,45° in totale, con una stabilizzazione nell’ultimo decennio, come dimostra il grafico pubblicato da Climate Monitor: […]

  3. Be’, c’è il solito lato grottesco, se solo chi legge traesse conseguenze logiche. L’AGW sarebbe pericoloso per via del fatto che, per la prima volta nella storia del pianeta, è causato dall’uomo e quindi avverrebbe con una velocità superiore a quella a cui gli ecosistemi sono in grado di reagire. Se una nuova specie “nascesse” in risposta ad uno stimolo di qualche decennio sarebbe una clamorosa smentita della premessa ed un argomento in più per quelli che sostengono che il sistema è in grado di autoregolarsi…

  4. Luigi Mariani

    Caro Guido, grazie anzitutto per il costante stimolo critico che apporti a CM. Ho letto il comunicato stampa che mi pare del tutto corretto sul piano scientifico e, anche se non è il mio settore, mi sono sorti spontanei alcuni commenti, che esprimo in modo schematico con la speranza che qualcuno più esperto di me li sottoponga a critica:
    1. La tendenza all’ibridazione fra specie diverse ma geneticamente non lontane è molto diffusa nel regno animale (es. il mulo e il bardotto sono ibridi fra cavallo e asino).
    2. gli ibridi di solito sono più robusti (più grandi, più resistenti, ecc.). Questo fenomeno è noto come “eterosi degli ibridi” e viene da noi sfruttato nel settore animale (e: il mulo e il bardotto sono più resistenti alla fatica del cavallo e dell’asino)
    3. Tuttavia spesso gli ibridi (es. bardotto e mulo) sono sterili e dunque non costituiscono il punto di partenza per nuove specie.
    4. Occorrerebbe dunque porsi la domanda: che significato evolutivo hanno queste ibridazioni in natura? Da questo punto di vista un aiuto ci potrebbe venire dagli afidi (insetti parassiti delle piante). Moltissime specie di afidi si riproducono per via sessuata solo all’ingresso in periodi più critici dal punto di vista ambientale ed in particolare in autunno, in modo da creare quella variabilità genetica che è utile a superare l’inverno. Nel periodo estivo invece, quando le risorse ambientali sono oltremodo abbondanti, la riproduzione avviene per via asessuata (partenogenesi) per cui un solo individuo (matriarca) ne produce migliaia che sono a tutti gli effetti cloni, e cioè uguali al genitore.
    In conclusione mi domando se anche l’ibridazione interspecifica fra squali non sia da considerare un modo con cui madre natura reagisce alle accresciute risorse ambientali dell’oceano che sono una delle conseguenze delle fasi climaticamente più miti e che su CM ho già avuto modo di commentare (http://www.climatemonitor.it/?p=19663); giusto l’opposto del paventato effetto di un’imminente catastrofe.
    Luigi

    Reply
    Luigi, sono certo che chi ha portato avanti questo progetto di ricerca si pone le domande da te suggerite. Lo sconforto viene quando leggi con quanto entusiasmo chi fa comunicazione approssima le informazioni nella sola direzione dell’allarmismo, del qualunquismo e dello scoop ad ogni costo. Una comunicazione che fa opinione, e questi signori lo sanno bene!
    gg

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