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Il mondo senza di loro (parte quarta)

Nella serie di post in cui abbiamo affrontato temi sociali e culturali molto importanti e controversi, non poteva mancare l’opinione di Carlo Colarieti, uno dei lettori ed autori più attenti di CM. Quello che segue è il messaggio che ho ricevuto.

[…] Mi permetto di offrire anche un mio pensiero in merito.
Ebbene a mio avviso il problema, come accade sempre quando si discute della vita o anche della morte, è di tipo etico e guai confonderlo o peggio ancora inquinarlo di messaggi quali difesa e salvaguardia ambientale magari per un fine apparentemente nobilissimo quale quello di un vita migliore e sostenibile dell’umanità (superstite in questo caso). Ebbene io ho sempre diffidato di chi mi proponeva facili guadagni attraverso semplici ma apparentemente efficacissime azioni. Mi sembra un po’ come la cosiddetta “catena di S. Antonio” nella quale apparentemente sembrano beneficarne tutti ma che in realtà  glorifica solo chi l’ha fatta partire, il primo anello.

Facendola rientrare nei giusti parametri etici, ai quali premetto avrei personalmente una mia intima risposta, non possiamo discutere di riduzione delle nascite o di eutanasia con la leggerezza di chi discute sull’efficacia o meno delle scelte tecniche operate da questo o quell’allenatore al pomeriggio della domenica dopo la fine delle partite (ovviamente), neanche per mezzo di scrittori o filosofi, anche di livello, ma che comunque  nel tema specifico non ne sanno molto di più  di chiunque altro. Un dato però è certo; non è vero che siamo tanti. L’intera popolazione mondiale non occupa che l’1% delle terre emerse di questo pianeta.

E’ anche certo che grazie alla nostra diversità  dal resto delle creature abbiamo potuto sviluppare sistemi di società sempre più  complessi grazie anche a quello che oggi non è più  praticato, ovvero la tecnica Galileiana delle prova sperimentale. Tutto oggi è modellizzato, il tempo, il clima (per rimanere nell’argomento) fino anche lo sviluppo demografico e delle società finalizzato pure al suo impatto ambientale. Le uscite modellistiche sono divenute la vera Bibbia del neo illuminismo. Sono l’obiettivo finale, il Verbo e non il mezzo o l’ausilio con cui tentare di comprendere i meccanismi e le evoluzioni di ciò che si studia.

La vita non è riproducibile attraverso una modellazione matematica come pure non lo sono in verità le cose elencate poco fa (da cui deriva la mia personale diffidenza nei confronti della modellazione). Non lo sono perché seppur rientranti nell’analisi deterministica non possono essere rappresentate efficacemente se non attraverso una cospicua semplificazione del problema esaminato. Questo spiega l’incapacità di un qualunque modello di rappresentare fedelmente nel futuro una situazione o un oggetto, tanto più quanto ci si allontana dalle condizioni iniziali e reali, a meno di opportuni e periodici condizionamenti esterni (tuning), in grado di riportare nei giusti binari l’opera prognostica. Ecco perché le previsioni meteorologiche si sbagliano ed ecco perché si sbagliano ancora di più quelle climatiche.

Non confondiamo la sfera di cristallo della veggente con cui vede (e non prevede) il futuro con le uscite dei modelli matematici. Dico questo perché  se così non fosse non ci saremmo trovati nella più grande tempesta finanziaria del XXI secolo, un qualunque modesto modello di sviluppo socio-economico l’avrebbe dovuta evidenziare.

E poi chi si prenderà la responsabilità di limitare o impedire la nascita di nuovi Galileo, Leonardo, Einstein o Marconi (solo per citare i più noti) che grazie alle loro indubbie superiori capacità hanno permesso all’attuale umanità di vivere e godere delle loro scoperte. Se costoro non fossero mai nati perché privati dell’opportunità della vita per l’applicazione di una qualche teoria sul sovraffollamento terrestre forse oggi guarderemo il mondo con occhi diversi e sopratutto con conoscenze diverse.

L’etica non è semplicemente una filosofia, è prima di tutto il rispetto per la vita.

Con questa frase di Carlo Colarieti Tosti, chiudiamo questa serie di post ed attendiamo, se vorrete, il vostro contributo.

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Published inAmbienteAttualitàVoce dei lettori

4 Comments

  1. Angelo

    Ho scritto “bruciare”, ma era meglio dire “consumare” in senso lato (deformazione professionale!).

    Si hai ragione, probabilmente quando ho scritto il 12 % pensavo al contributo del rinnovabile poco superiore a quello di eolico e idro insieme.

    Ci sono ancora possibilità con “idro ad acqua fluente” che almeno soffre solo di una parte dei problemi che tu hai evidenziato. Anche se, non essendo programmabile, non è un buon approccio per le infrastrutture energetiche (vedi “dispacciamento” ecc..).

    Circa “vivere” e “sopravvivere” condivido, ma vedi che il vero terrore dei nostri tempi è quello di perdere il benessere garantito dal petrolio, più che quello di estinguersi quando il petrolio si esaurirà. Tuttavia le informazioni sono date (dico dai massmedia) con l’approccio del terrore.

    Grazie per la tua risposta.

    Ciao

  2. Hydraulics

    Tu però confronti lo scenario attuale e reale con uno “impossibile” in quanto non è assolutamente realizzabile il secondo. Non è possibile “bruciare” tutta la biomassa terrestre perché l’uomo stesso non sopravviverebbe!

    Angelo, non ho mai scritto che si debba bruciare. Il numero mostra solamente che se i consumi fossero per tutta l’umanità quelli delle società più sviluppate, o se vogliamo più sprecone, già ora il fabbisogno energetico della nostra specie – per quanto unica e dotata di intelligenza – sarebbe paragonabile all’energia fissata dall’intero mondo vegetale come ordine di grandezza. La pura e semplice quantità è solo uno degli aspetti da tenere in considerazione: un litro di benzina equivale energeticamente più o meno a 2.5 kg di legna, ma converrai che sarebbe difficile muovere tutti i TIR e le automobili a legna (il gassogeno è stato un tentativo dovuto alla disperazione).

    Lo scopo non è mostrare alcuno scenario catastrofico, e non capisco il motivo di ricorrere con tanta insistenza a questo termine: l’obiettivo era mostrare esattamente che non si possono trarre conclusioni da un semplice numero, e mi sembrava di averlo spiegato alla fine dell’intervento. Se tu dal mio calcolo deduci che siamo “tanti”, parli di “catastrofi” e ti metti sulla difensiva parlando di scenari diversi vuol dire che ho fallito, e me ne dispiaccio.

    Riguardo l’energia solare: quella che giunge sulla Terra è circa 4 ordini di grandezza superiore a quella che consumiamo oggi. La frazione di idroelettrico non è il 12 ma il 6%, ed è una rinnovabile con due importanti problemi: la durabilità del calcestruzzo e l’interrimento dei bacini, entrambi fenomeni avvertibili su scale temporali delle decine di anni, al massimo del secolo, e non ancora risolti in modo soddisfacente. In Italia comunque è rimasto spazio al più per un po’ di mini/micro/nano idroelettrico.

    L’eolico è una tecnologia matura; il solare termodinamico (il termico è quello per scaldare l’acqua di casa) non ancora, sebbene sia molto pubblicizzato; sul fotovoltaico si fa molta ricerca. Complessivamente il contributo di queste tecnologie è al momento assolutamente ininfluente, e tutte presentano il problema dell’intermittenza. E questo, voglio che sia chiaro, non lo dico con intenti disfattisti: sono convinto che non abbiamo altre possibilità, ma c’è ancora tantissimo da studiare, e non possiamo cavarcela dicendo che “si svilupperanno”.

    Per finire, non metto in dubbio che l’uomo sia riuscito a sopravvivere per centinaia di migliaia di anni: però c’è una bella differenza fra “vivere” e “sopravvivere”. Può darsi che il cervello riuscirà a tirarci fuori in qualche modo da situazioni difficili, ma sarebbe preferibile in primo luogo evitarle.

  3. Angelo

    @Hydraulics
    135 milioni di GWh (nel 2005): è il consumo di energia primaria, giusto?
    Quando passi al discorso:

    “Volendo fare i precisini (e io lo sono,…”

    Dici che ci servirebbe tutto quello stoccato nelle piante per mantenere lo stesso stile di vita per tutti gli abitanti della terra: in tal caso confronti un attuale profilo “reale”, nel quale abbiamo la “fortuna” del fossile, con quello del non fossile e dell’uso di tutto quello stoccato nelle biomasse attraverso la fotosintesi.
    Tu però confronti lo scenario attuale e reale con uno “impossibile” in quanto non è assolutamente realizzabile il secondo. Non è possibile “bruciare” tutta la biomassa terrestre perché l’uomo stesso non sopravviverebbe! che cosa mangerebbe l’uomo? che cosa gli animali che sostengono l’uomo? quindi prima di arrivare a tale scenario ce ne saranno altri ben diversi!
    Pertanto se tu volevi solo evidenziare gli attuali consumi energetici e mettere in evidenza la “catastrofe” nell’ipotesi di sostenibilità va bene, ma diversamente mi sembra solo “catastrofismo” perché il secondo scenario proprio non esiste.

    Prima di arrivare all’uso delle sole biomasse ti ricordo che di tutta l’energia solare che irradia la terra, parte diventa idroelettrico (circa il 12 % e con ulteriori potenzialità di sviluppo), parte eolico, attualmente meno importante ma sviluppabile, e siamo già a qualcosa di sensibile pari al 20-30% (con ulteriori sviluppi minimi). Poi il solare termico sicuramente si svilupperà facendo si che il bilancio che tu hai ipotizzato di sola biomassa prenda un profilo molto meno catastrofico.

    Poi, Hydraulics, c’è un’altra grande risorsa rinnovabile! Il Cervello e il buon senso che hanno permesso la sopravvivenza della nostra specie per decine di migliaia di anni, almeno!

    Mi raccomando, Hydraulics, con assoluto rispetto da parte mia e dimmi pure se ho scritto sciocchezze!

    Ciao

  4. Hydraulics

    Un dato però è certo; non è vero che siamo tanti. L’intera popolazione mondiale non occupa che l’1% delle terre emerse di questo pianeta.

    Se dicessi che l’uomo, cioè una sola specie sulla Terra, si appropria di circa il 25% della NPP (Net Primary Production, produzione netta di composti organici tramite il processo di fotosintesi), significherebbe che siamo tanti o pochi? Il riferimento si trova in questo articolo pubblicato su PNAS

    http://www.pnas.org/cgi/reprint/104/31/12942.pdf

    Se vogliamo ragionare in termini puramente energetici i risultati sono altrettanto interessanti.

    Il consumo mondiale annuo è pari a 135 milioni di GWh (nel 2005), mentre l’energia fissata annualmente da tutte le piante sulle terre emerse e nei mari è stimata in 400×10^15 kcal. Con un po’ di pazienza si può effettuare la conversione fra unità di misura e trovare che l’uomo consuma circa il 30% dell’energia fissata dalle piante. Naturalmente noi in realtà usiamo l’energia che provvidenzialmente si trova nei combustibili fossili con piccoli contributi dall’idroelettrico, cioè di tipo non rinnovabile (incluso il nucleare), non quella che viene fissata dalle piante; ma quando i fossili si esauriranno?

    Volendo fare i precisini (e io lo sono, fino alla pedanteria a volte), ai fini del ragionamento potremmo prendere come base non l’energia oggi consumata, ma quella di cui avremmo bisogno se, ad esempio, tutti avessimo la disponibilità di un abitante europeo: diciamo un francese. Bene, in questo caso la percentuale sale al 75%; oppure, messa in altri termini, quando saremo poco più di 8 miliardi avremo bisogno di una quantità di energia pari a quella assorbita dall’intera vegetazione.

    (Per i più curiosi, con i consumi dello statunitense medio già oggi la percentuale sarebbe del 140%. I dati sono presi da “Food, Energy and Society”, 3rd edition di Pimentel e dal database EIA.)

    E quindi, siamo tanti o pochi? Il punto è che la risposta non si può dare sotto forma di numero sintetico, e nemmeno si dovrebbe confondere un “dato” con le conclusioni arbitrarie che se ne traggono: chi ha un minimo di confidenza con questi problemi non si fa impressionare da espedienti dialettici.

    In estrema sintesi, un approccio metodico prevede che si debbano valutare come minimo tre fattori per cercare di stabilire se siamo in una situazione di sovrasfruttamento: la quantità totale di risorse, l’utilizzo pro capite delle stesse e il livello tecnologico; il tutto, naturalmente, valutato in una situazione di equilibrio (dinamico). Esiste un’ampia produzione scientifica che affronta la questione, principalmente in modo interdisciplinare fra ecologia, economia e termodinamica.

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