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Dalla teoria ai fatti

Penso tutti, o comunque moltissimi, avranno ascoltato l’ultima delle tante versioni che gli studiosi affezionati all’ipotesi (sempre più tale) dell’Anthropogenic Global Warming (AGW) sono obbligati a confezionare per dimostrare la validità delle loro affermazioni.

Mi rendo conto che per molti c’è a rischio il posto di lavoro prima che della stessa “faccia” ma ora non si tratta più di difendere uno studio scientifico ma una evidente ideologia. Dalla metà degli anni ‘80 dello scorso secolo la tesi prevalente era quella per la quale avrebbe fatto sempre più caldo con una certa tropicalizzazione del clima nelle medie latitudini, introdotta da uno scivolamento verso nord delle note fasce climatiche. Quindi il caldo avrebbe portato sempre più caldo (chiara logica da retroazione positiva). Dalla fine degli anni novanta l’aumento delle temperature globali (sottolineo “desunte globali” per via di grosse approssimazioni) si è interrotto, e mostra negli ultimi anni, quindi già XXI secolo, una certa controtendenza.

E qui è scattato il cambio di strategia: ora il nuovo pilastro dell’AGW si poggia sull’affermazione che se fa freddo è perché in realtà fa più caldo. Non ho bevuto niente lo giuro! In verità questa semplice affermazione modifica di 180° la teoria dei feedback positivi fin qui calorosamente – e senza mezzi termini dogmaticamente imposta – a favore di una a feedback negativi ma avente in uscita lo stesso risultato (questa di per se è già un’aberrazione). Come cambio di strategia non c’è male! In aziende private dove si discutono strategie fondamentali questi stravaganti cambi di pensiero avrebbero portato i legittimi proprietari a fare la coda presso le varie agenzie di collocamento, evidentemente non è così visto che i sovvenzionamenti dell’AGW sono per massima parte pubblici.

Questa nuova posizione è la ciliegina sulla torta nel complesso panorama delle dichiarazioni sul tema delle variazioni climatiche. Se fosse un copione di una commedia di Totò sarebbe un successo esilarante ma detta dalla scienza del clima, o presunta tale, sembra una tragedia al suo apice.

Studiare il clima è difficile perché le variabili che lo condizionano sono molteplici e distribuite gerarchicamente in modo tale che la conoscenza parziale del sistema non solo non è in grado di garantire la comprensione dell’evoluzione passata ma mina in maniera profonda e senza scampo un qualsivoglia esercizio di prognosi sul futuro. A questa nuova teoria provo a contrapporre una domanda che forse più di qualcuno si sarà già posto. “Ma se l’attuale pattern circolatorio è imputabile al riscaldamento globale perché le stesse configurazioni di circolazione della metà del XX secolo erano invece imputate al raffreddamento globale (teoria largamente sostenuta in quel periodo)?”

La variazione della circolazione generale che ha contraddistinto il periodo tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’90 e maggiormente tra la fine degli anni ’80 e gli anni ’90 del XX secolo ha prodotto una riduzione fino a zero di configurazioni retrograde del tipo di quella in atto, contribuendo non poco al riscaldamento di intere aree dell’emisfero nord proprio come la Siberia. Allora, come oggi, chi teorizzava l’AGW gridava alla prova che la circolazione era dichiaratamente verso il caldo. Quindi maggiore zonalità uguale a clima (almeno per l’emisfero settentrionale) più caldo.

Maggiore zonalità significa che la circolazione ovest-est è più veloce e che quindi la corrente a getto è più forte, il che si traduce in ridotti se non nulli scambi meridiani tra basse ed alte latitudini. Semplificando il concetto possiamo affermare che nelle fasi interglaciali, come quella che stiamo vivendo, una circolazione ovest-est rapida muove verso nord il fronte polare, contrariamente una circolazione più lenta lo muove verso sud. Il principio alla base di questo ragionamento sta nel fatto che una qualsiasi particella di aria che si muova nel serpentone della corrente a getto è soggetta ad una forza che si conserva e si chiama momento angolare. Per un fluido, come l’atmosfera, questa forza prende il nome di vorticità.

Ragioniamo sul momento angolare. Assimiliamo, per semplicità, il movimento di una particella d’aria che si muove attorno al pianeta come un punto che ruota attorno ad un centro di rotazione. La particella d’aria avrà massa m ad una distanza r dal centro di rotazione con una velocità trasversale V. Il centro di rotazione è per noi il polo nord. Il momento, o impulso, angolare sarà determinato da:

L=m*V*r

La velocità trasversale di rotazione V è inversamente proporzionale al prodotto  m*r e quindi determinata da:

V=L/m*r

Ma al variare di V, giacché L e m rimangono costanti, deve variare r. Questo è il principio per il quale un pattinatore in esecuzione di una piroetta per variare la sua velocità di rotazione sul proprio asse deve allargare o raccogliere a sé le braccia.

Tutto ciò per descrivere, sia pur semplicisticamente, il motivo per il quale ad una zonalità elevata corrisponda una spostamento verso nord dei getti e così del fronte polare (come le braccia del pattinatore). Senza addentrarci in approfondimenti, di cui in verità dovremmo tenere conto per spiegare il moto retrogrado del freddo siberiano come ad esempio la forza di Coriolis, ci limitiamo a comprendere il meccanismo appena descritto.

Per riscaldare la Siberia è necessario che si apra la finestra delle miti correnti occidentali che con il loro fluire favoriscono il continuo rimescolamento dello strato limite inibendo un eccessivo raffreddamento dei suoli per irraggiamento, tipico di quelle zone nel periodo invernale. Al contrario circolazioni zonali deboli o assenti favoriscono il raffreddamento invernale siberiano con formazioni di anticicloni termici al suolo. I pattern circolatori appartenenti alla elevata zonalità sono contraddistinti da depressioni polari ed alte pressioni nelle medie latitudini viceversa nei casi di bassa zonalità. Ma se il riscaldamento è sinonimo di alta zonalità, e secondo la teoria dell’AGW più energia ancora maggiore zonalità, come si può coniugare il fatto che pattern votati al caldo possano generare ondate di gelo nelle medie latitudini tipici dei pattern a bassa zonalità?

In pieno global warming gli eventi di freddo dovrebbero essere ridotti al lumicino derivati solo da “congiunzioni astrali” per le quali si possano effettivamente costituire quei determinati pattern favorevoli ma che loro malgrado si trovano in un contesto di segnale di fondo ad elevata zonalità così da non essere in grado di raggiungere livelli che popolarmente definiremo “storici” (intensità e durata). Infatti questo è quanto avvenuto dalla fine degli anni ’80 ai primi anni 2000. C’è una discrasia tra la nuova teoria alla base dell’AGW invernale e i fatti che la natura sta ponendo in campo. Vista l’inconciliabilità delle due posizioni uno dei due sta mentendo, chi sarà?

Contrariamente alle teorie dei sostenitori dell’AGW, i cui sforzi sono massimamente orientati a scrutare scenari futuri, passiamo a verificare i fatti per valutare se quanto fin qui esposto è supportato dai dati. Lasciamo spazio ai grafici per la spiegazione pratica. I dati utilizzati sono di reanalisi dell’ESRL riguardanti la fascia geografica compresa tra i 55°N70°N e 0°W150°E corrispondenti alla zona europea fino a quasi l’intera Siberia.

Figura 1

In figura 1 è possibile notare l’anomalia delle correnti zonali nella porzione geografica di 55°N65°N 0°W150°E dal 1948 al 2011.  Come è possibile constatare il periodo tra il 1948 (anno in cui partano i dati di reanalisi) fino al 1977 è stato contraddistinto da anomalia zonale negativa ovvero da una circolazione zonale lenta. Due i periodi particolarmente negativi compresi tra il 1950 e il 1957 e il secondo tra il 1967 e il 1972. Il periodo 1958-1966 ha visto una certa ripresa della zonalità. La linea tendenziale gaussiana su 5 anni ci descrive l’andamento generale che ha visto, appunto, l’intero periodo in anomalia negativa. Seguendo sempre la tendenziale si nota come dal 1970 la zonalità sia andata crescendo ponendo l’anno 1977 come nuovo spartiacque tra l’ormai conclusa fase mediamente negativa ad una nuova positiva che si è protratta fino al 2004. A far seguito da quest’ultima data sembra conclamarsi un nuovo cambio di segno con fase negativa della zonalità.

Figura 2

Il grafico in figura 2 dell’andamento della pressione sul livello del mare della zona geografica compresa tra i 55°N70°N 60°E150°E, comprendente la sola Siberia, ci suggerisce come sia stato mediamente opposto a quanto espresso dal grafico del vento zonale (verificare i vari periodi seguendo la tendenziale). Infatti ponendo nello stesso grafico le due matrici dati, come da figura 3, si nota come risultino in ottima correlazione negativa pari a R=-0,82 che possiamo ben apprezzare anche attraverso l’analisi di regressione lineare offerta dal grafico 4.

Figura 3
Figfura 4

Ora introduciamo l’ultima delle variabili in esame ovvero la temperatura nella sola area siberiana e la confrontiamo, come da grafico 5, con l’andamento delle anomalie di pressione per quella stessa zona. Il grafico è anch’esso eloquente, le due variabili son in buona correlazione negativa con R=-0,49.

Figura 5

Facciamo la stessa cosa con la variabile vento zonale a 300hPa, come da figura 6, dalla quale risulta evidente una correlazione positiva pari a R=0,5 proprio tra le matrici vento zonale e temperatura.

Figura 6

Riassumiamo tutto quanto evidenziato: se la zonalità invernale diminuisce la Siberia si raffredda e di conseguenza aumenta la pressione al suolo. Ovvero alta zonalità invernale (condizione necessaria per garantire un crescente AGW) comporta un riscaldamento del comparto siberiano con una flessione dei valori di pressione al suolo. Bassa zonalità e AGW, quindi, sono inconciliabili e a causa di questa semplice ricerca abbiamo dimostrato come non sia scientificamente possibile il nuovo slogan dei sostenitori dell’AGW: “Fa freddo? E’ perché fa più caldo!”. Con un po’ di malizia mi verrebbe da pensare che il nuovo slogan sia coniugato per cadere sempre in piedi così se gli inverni saranno miti è perché c’è il GW e se saranno rigidi la motivazione sarà la medesima. Per l’estate la teoria è rimasta la stessa anche perché la neve in agosto io ancora non l’ho mai vista, nell’eventualità sarà da attendersi un saggio, quanto provvidenziale, cambio di filosofia.

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

25 Comments

  1. […] tempo fa abbiamo pubblicato un post in cui, dati alla mano, si è dimostrato quanto influisca sulla piega che il clima prende […]

  2. […] un’ondata di freddo, notoriamente più difficile da attribuire al caldo. Ah, no, dimenticavo, è già successo… […]

  3. Sono arrivato un po’ in ritardo ma incuriosito. Da profano ma da frequentataore di montagne noto che la regeressione dei ghiacciai è costante da qualche decennio. Domanda: non è questo parametro sufficiente per parlare di AGW? Cioè: è possibile una regressione pur in presenza di clima costante e non verso il riscaldamento? Ovviamente vale aanche l’inverso: ovvero se è dalla fine degli anni ’90 che una certa tendenza al riscaldamento si è ridotta, come mai non ci sino effetti sulla regeressione?
    Grazie.

    • Paolo,
      prima togliamo la A, poi parliamo di GW, che in una certa misura e’ documentato. Magari così vediamo anche che il regresso dei ghiacciai e’ iniziato alla fine della PEG. Quindi non e’ questo il documento adatto.
      gg

  4. […] su CM abbiamo affrontato l’argomento con un post di Carlo Colarieti Tosti che per quanto ci riguarda chiude la questione, ma non per presunzione, quanto piuttosto perché […]

  5. Alessio

    Visto che tutti i commenti sono elogiativi, mi permetto di sollevare alcune questioni.
    Nell’articolo si mostrano ben noti modi principali di variabilita’ della circolazione invernale (e non solo) dell’emisfero nord. Non e’ pero’ chiaro come l’autore possa alla fine dell’articolo dichiarare che le semplici correlazioni mostrano:
    1)”se la zonalità invernale diminuisce la Siberia si raffredda e di conseguenza aumenta la pressione al suolo”. E’ vero che la zonalita’ in area nord europea/asiatica e’ legata a pressione e temperature (non solo in area siberiana), tuttavia le causalita’ come li descritte non si evidenziano in quei grafici e restano idee dell’autore
    2)”Bassa zonalità e AGW, quindi, sono inconciliabili e a causa di questa semplice ricerca abbiamo dimostrato come non sia scientificamente possibile il nuovo slogan dei sostenitori dell’AGW” Questa affermazione non e’ supportata dai semplici grafici di cui sopra.
    Domanda (retorica): davvero mostrare che la zonalita’ invernale e’ legata alla pressione al suolo (o viceversa, i grafici non lo evidenziano) e’ abbastanza per coprire tutti i possibili elementi che concorrono nel definire la variabilita’ naturale della circolazione invernale? Ed ad evidenziare quelli potenzialmente (direttamente o indirettamente) legati a modifiche nel bilancio radiativo terrestre?

    • Gentile Alessio,
      se lei ritiene che ciò che si evidenzia nei numeri delle variabili poste in grafico nell’articolo non soddisfano efficacemente ed esaurientemente la relazione esistente di causa ed effetto suppongo che abbia la possibilità di dimostrare il contrario con evidenze che meglio supportano la relazione tra le variabili esaminate. Tuttavia, se così fosse, le sarei grato di postare questi dati perché per chi ritiene di essere studioso del clima non è importante sconfessare le tesi altrui quanto riuscire a capire i meccanismi che lo regolano, qualsiasi essi siano.

    • Alessio

      Ribadisco, le correlazioni mostrate non supportano affermazioni perentorie come ”Bassa zonalità e AGW, quindi, sono inconciliabili e a causa di questa semplice ricerca abbiamo dimostrato come non sia scientificamente possibile il nuovo slogan dei sostenitori dell’AGW”. E’ l’autore che deve mostrare su cosa basa la conclusione. Se lei vuole dimostrare che modifiche nel bilancio radiativo globale (i.e. modifiche nella concentrazione dei gas serra) non possono essere collegate con cambiamenti nella circolazione atmosferica (o zonalita’ degli inverni boreali), non basta mostrare che il vento zonale in troposfera e’ correlato a cambiamenti in figure bariche. Questi sono fenomeni quasi-geostrofici di base, che sono sicuro lei conoscera’ bene.
      Mi deve anche mostrare come cambiamenti di circolazione non siano collegati a loro volta a altre variabili (ad esempio cambi nella temperature oceaniche, Nord Atlantiche in questo caso, cambi nella posizione dei getti sub-tropicali e conseguenti modifiche nei trasporti di vorticita’, cambi nelle dinamiche di accoppiamento stratosfera/troposfera per citarne alcune) e che a loro volta queste non siano in alcun modo collegabili a modifiche nella concentrazione di gas serra. Non saro’ certo io a dimostrarle queste connessioni, la letteratura la’ fuori e’ esaustiva a proposito. Buon lavoro.

    • Alessio ma giochi a fare Trenberth? Mi deve mostrare questo, mi deve mostrare quello… Guarda che quello di cui si parla in questo post e’ la base del funzionamento del sistema in termini di circolazione emisferica. E’ chi e’ convinto che il sistema sia cambiato che deve spiegare come. E spiegazioni come quella fa più freddo perché fa più caldo (la nuove moda cui ci si riferisce in questo post) non mi pare soddisfino questi requisiti.
      Poi, se credi, della complessità del sistema e della sua variabilità intrinseca possiamo parlare quanto vuoi, ma certo che sganciare il segnale del vento zonale da quello delle caratteristiche della masse d’aria la vedo dura.
      gg

    • Alessio

      Se, vabbe’ Guido. Al solito si risolve tutto in blabla. Voi rimanete convinti di aver “dimostrato scientificamente” in 2 grafici l’inconciliabilita’ di AGW e bassa zonalita’ e io gioco a fare KT. Ok. Giochiamo.

    • Alessio, abbi pazienza ma blabla lo hai fatto tu. L’autore del post ti ha risposto in un commento e tra domani e dopo pubblicherò una risposta più dettagliata in forma di post. Ti consiglio di leggerla perché in parte ti riguarda.
      gg

    • Guido Botteri

      Vedremo gli sviluppi di questa tecnologia, sperando che arrivi sul mercato con le sue gambe.
      Sono ben d’accordo nel finanziare la ricerca, ma non a buttare sul mercato una tecnologia non ancora matura.
      E’ giusto che la ricerca percorra tutti i possibili sviluppi delle varie tecnologie, ma non confondiamo la ricerca col mercato.
      In Italia non abbiamo mai avuto una mentalità favorevole alla ricerca, purtroppo.
      Secondo me la ricerca ha i suoi cadaveri nell’armadio, e temo soprattutto in Italia. Quindi sarebbe giusto aumentare di molto i finanziamenti alla ricerca, ma facendo bene attenzione a dove vanno i soldi, come vengono spesi, cosa si ottiene da quegli investimenti. C’è un tipo di ricerca, applicata, che vuole risposte quasi immediate, o per lo meno molto veloci, per necessità di mercato. Il ferro va battuto finch’è caldo, altrimenti è lavoro sprecato.
      Altre ricerche richiedono tempi più lunghi e risultati più incerti. In quei casi è difficile valutare gli avanzamenti, e se davvero la ricerca stia procedendo, e quindi bisogna dare più tempo.
      In ogni caso sarebbe sensato valutare come vengono impiegati i soldi affidati alla ricerca, e sarebbe sensato finanziare maggiormente la ricerca (come fanno i Paesi all’avanguardia).
      In ogni caso però è profondamente sbagliato buttare i soldi investendo sul mercato in tecnologie costose e non mature.
      Il mio è un discorso di carattere generale, non diretto ad una tecnologia in particolare, naturalmente.
      Secondo me.

  6. Mario

    Ciao a tutti, condivido l’articolo al 100%; mi piacerebbe però sapere qualcosa di più circa gli effetti sull’estate visto che si viene da periodi in cui d’estate l’anticiclone azzorriano sembra aver lasciato spazio all’africano con effetti ben diversi.
    Tra l’altro i ghiacciai estivi stanno sempre più diminuendo (credo sia un dato di fatto) a causa dello zero termico estivo più in alto rispetto al passato.
    Si può prevedere in futuro un riabbassamento dello zero termico estivo sulle alpi a valori da rifavorire un aumento della glaciazione ad alta quota?
    Grazie in anticipo della risposta.
    Mario

    • La questione da lei posta non è secondaria. Non voglio fuggire dal rispondere ma in un lavoro di ricerca che sto trattando, circa le variazioni climatiche nel Mediterraneo centro-occidentale inserite in quelle globali, viene affrontato anche il problema che lei ha posto. Darle una risposta secca non è facile proprio per la complessità del problema e proprio per questo penso sia il caso affrontare la trattazione specificatamente qui su Climate Monitor. Nel frattempo posso anticiparle che le dinamiche atmosferiche che contraddistinguono le varie stagioni nell’area del Mediterraneo centrale non seguono lo stesso trend o meglio lo stesso segnale di fondo annuale che definiremo portante. In sostanza il segnale di comportamento annuale dell’atmosfera in sede mediterranea centrale è il risultato della sommatoria dei segnali che contraddistinguono le varie stagioni. In definitiva dalla ricerca, di cui ho accennato, emergerebbe la tendenza ad un progressivo e graduale deterioramento sia della stagione estiva che primaverile. Cosa significa deterioramento? Significa un cambiamento rispetto a quanto fin qui spesso vissuto, ovvero per quanto riguarda la stagione estiva una riduzione in frequenza e durata della presenza dell’anticiclone africano a favore del più classico degli anticicloni oceanici ovvero delle Azzorre. Sinotticamente parlando mi attendo un progressivo cambio di circolazione estiva da meridiana a zonale che diverrà più evidente a partire o dall’intorno del 2018 e anni successivi.
      Carlo CT

  7. Su climate monitor sto scoprendo cose ” che voi umani non potete neanche immaginare”.
    Mi sembra di vivere in MATRIX. Ma quanti soldi si spendono questi del GW per allarmare tutto il mondo di cose non vere, o quantomeno, di cose non dimostrabili?
    Compimenti per l’articolo molto chiaro e fluido, spiegando cose molto difficili a umani normali come noi che ci beviamo le storie del GW

    Pitta

  8. Ciriaco

    Ottimo intervento ed ottimi commenti.
    Ora però mi chiedo e vi chiedo (in particolare al dr.Guidi) come (cosa) bisogna fare per pubblicizzare quanto più possibile queste notizie che mi sembrano completamente ignorate dai mezzi di informazione più popolari?
    Non sono un esperto di climatologia ma l’esperienza di geologo mi ha sempre consentiro di controbattere l’idea aberrante che i cambiamenti climatici attuali (e la loro portata) non hanno precedenti nel passato della storia dell’uomo (glaciazioni del quaternario con relative variazioni del livello del mare – estinzione dell’uomo di Neandertal ecc., per non andare troppo indietro) e sono convinto che per la Terra i mutamenti climatici sono assolutamente (e fortunatamente) fisiologici, con o senza la presenza dell’attività antropica – questione di ordini di grandezza).
    Confesso che ho avuto a volte difficoltà persino con i miei figli (libri scolastici e TV altro che “veline”) ad esporre questi semplici concetti.
    Ripeto, come (cosa) fare per non rimanere isolati o peggio essere considerati alieni?

  9. Gianni

    Concordo con lei che i sostenitori del AGW ormai difendono un’ideologia.Per esempio non vogliono nemmeno prendere in considerazione una possibile influenza del sole sul clima.Per loro se fa più caldo è colpa della CO2. se fa più freddo è sempre colpa della CO2,che tramite speciali meccanismi causa raffreddamento dell’emisfero nord.Ultimamente persino la PEG è per loro causata dagli aerosol emessi dai vulcani,salvo poi dire, quando fa loro comodo,che i vulcani emettono gas serra.Considerando che gli oppositori del AGW non vedono alle volte neanche pubblicati i loro articoli,concludo che non siamo messi bene

    • Per quanto riguarda la PEG e gli aerosol, ne abbiamo parlato qui

    • Guido Botteri

      Gianni, a conferma di quanto dici ecco un articolo che esprime lo stesso concetto
      http://www.real-science.com/volcanoes-make-lots-of-co2-when-it-suits-the-argument
      L’effetto dei vulcani, in particolare quelli sottomarini, è stato probabilmente sottovalutato.
      Quando eruttano emettono aerosol, che raffreddano il pianeta, ma anche tanta CO2.
      I vulcani sono considerati una causa raffreddante, ma non ho mai letto (forse colpa mia) in uno studio serrista che l’aumento della CO2 sia attribuibile alle eruzioni vulcaniche (in quanta parte non saprei, è compito degli studiosi specifici della questione, valutarlo).
      Anche l’acidificazione degli oceani è riconducibile in qualche parte anche all’azione dei vulcani, ma temo che chi ritiene di aver capito già tutto sia sordo a questi segnali.
      La presenza, poi, di vulcani con relative eruzioni proprio nelle zone in cui i ghiacci artici si stanno maggiormente sciogliendo, ci dà un’altra chiave di lettura di questo tanto propagandato allarme, tutto da valutare.
      Secondo me.

  10. donato

    I dati confermano in maniera egregia l’assunto: maggiore zonalità, maggiori temperature al suolo e viceversa. Altro aspetto rilevante, almeno per me, è il fatto che il periodo del GW galoppante e quello di una zonalità molto accentuata (rispetto al periodo precedente) sono stati praticamente coincidenti. Sembrerebbe, quindi, che gli andamenti climatici che hanno caratterizzato il periodo compreso tra la fine degli anni ottanta e la fine degli anni novanta siano stati eccezionali, ma questo non significa che siano stati unici: si potrebbero tranquillamente inserire in un quadro di variabilità naturale (più accentuati, ma naturali). Sarebbe interessante, se esistono dati, ovviamente, andare ancora più indietro nel tempo per vedere che cosa è successo in un passato ancora più lontano (primi anni del 1900, per esempio).
    Ciao, Donato.

    • donato

      Altro aspetto che mi è sfuggito nel primo commento. Ciò che succede nell’emisfero nord e nella zona eurasiatica continentale, in particolare, è fondamentale per l’evoluzione del clima terrestre. Le terre emerse, infatti, grazie alla loro minore capacità termica rispetto agli oceani, influenzano in tempi più brevi la temperatura dell’aria. Il meccanismo analizzato nel post sarebbe in grado di influenzare le dinamiche globali della temperatura superficiale?
      Ciao, Donato.

    • Donato, penso lei abbia colto nel segno. L’emisfero settentrionale, proprio per l’affollamento di terre emerse, risulta essere più sensibile e se vogliamo più dinamico rispetto ai cambiamenti climatici. Cambiamenti che nessuno nega ma che sono ad anni luce dall’essere spiegati dal solo effetto antropico. La nuova tendenza alla diminuzione della zonalità in area siberiana e conseguente incremento della pressione al suolo a partire dal 2004, come rilevato dai dati in grafico, suggerisce che il global warming possa essere terminato e comunque al suo epilogo nell’emisfero nord.
      D’altronde i dati delle temperature globali ci suggeriscono proprio questo.

    • donato

      Grazie per l’attenzione. A questo punto, però, mi viene un ulteriore atroce sospetto. Se la curva rossa della figura n° 5 (ZW) permarrà in anomalia negativa per qualche altro decennio (seguita a ruota dalla curva tendenziale delle temperature al suolo) ho l’impressione che gli anticicloni termici di cui in questi giorni stiamo assaggiando gli effetti, diverranno sempre più comuni. Se tanto mi dà tanto credo che dovremo fare l’abitudine a irruzioni di aria gelida continentale del tipo di quella che ci sta investendo in queste ore. Il futuro non è che sia molto roseo, insomma.
      Ciao, Donato.

    • Donato,
      il concetto è esattamente questo. L’ipotesi +CO2=+caldo/+freddo non regge perché la catena causale presuppone dinamiche diametralmente opposte. Alcuni mesi fa abbiamo scritto che la Natura ci sta proponendo un esperimento in grande stile. Bene, i primi risultati di quell’esperimento dicono chiaramente che stiamo andando in un’altra direzione. In poche parole, riprendendo il titolo di un altro post su CM, la musica è cambiata. Può darsi che questo non elida il segnale di fondo sul bilancio radiativo, magari anche in parte attribuibile al forcing antropico (cui si deve aggiungere la tendenza di lungo periodo dell’interglaciale e l’uscita dalla PEG e sottrarre il bias delle osservazioni), ma è un fatto che una buona parte di quanto ci è stato raccontato sul GW in termini di dinamiche atmosferiche non trova conferma nei fatti. Aggiungerei anche che il rovescio della medaglia di questo esperimento è sotto gli occhi di tutti: il freddo fa molti più danni del caldo, non solo mentre è operativo, ma soprattutto dopo. Quando si saprà quanto è costato in termini di produttività agricola, produttività industriale e consumo energetico questo gelido inverno Euro-asiatico, forse qualcuno capirà. Ma è più probabile che qualcun altro proverà a raccontarci che è colpa dell’aumento degli eventi estremi… A quel punto però, l’aumento della frequenza degli eventi di freddo perché fa caldo sarà difficilmente vendibile.
      gg

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