Salta al contenuto

Maltempo, eventi estremi, ricerca e divulgazione.

Prima di cominciare questo post vorrei che leggeste con attenzione le frasi che seguono. Vengono dal Sunnary for Policy Makers dello Special Report dell’IPCC sull’esposizione al rischio da eventi estremi (SREX – SPM).

Si prende atto:

[info]

Le incertezze nelle serie storiche dei cicloni tropicali, l’incompleta comprensione dei meccanismi fisici che collegano i parametri dei cicloni al cambiamento climatico e l’ampiezza della variabilità dei cicloni tropicali genera soltanto un basso livello di confidenza per l’attribuzione di cambiamenti misurabili dell’attività dei cicloni tropicali all’influenza antropogenica. L’attribuzione di un singolo evento estremo al cambiamento climatico è un’azzardo.

[/info]

Poi quasi con rammarico si chiarisce:

[info]

C’è un basso livello di confidenza nell’osservazione di ogni genere di aumento di lungo periodo (40 anni o più) nell’attività dei Cicloni Tropicali (intensità, frequenza, durata), dopo aver tenuto conto dei cambiamenti intervenuti nella capacità di osservazione. E’ probabile che ci sia stato uno spostamento verso nord delle rotte principali delle tempeste extratropicali. C’è un basso livello di confidenza nei trend osservati dei fenomeni a ridotta scala spaziale come i tornado e la grandine a causa della disomogeneità dei dati e dell’inadeguatezza dei sistemi di monitoraggio.

[/info]

E infine si prevede:

[info]
E’ probabile che a scala globale la frequenza dei cicloni tropicali possa diminuire o restare essenzialmente invariata.
[/info]

Bene, teniamole a mente.

Alcuni mesi fa sono usciti degli articoli che investigavano la possibilità che i danni causati dagli eventi estremi, nella fattispecie i cicloni tropicali, potessero subire un aumento a causa dei cambiamenti climatici prospettati dagli scenari di emissione (Emmanuel 2011, Mendhelson 2011). La questione non è nuova, nè sono nuovi i risultati cui questi team di ricerca sono giunti. Infatti, se e solo se gli scenari climatici prospettati in ragione del forcing antropico dovessero risultare corretti (cosa che ad oggi, non è), prima di poter intercettare un segnale distinguibile dell’influenza umana sulle dinamiche dei cicloni tropicali dovranno passare da un minimo di quattro a oltre dieci decadi, vale a dire da mezzo secolo a più di uno. Questo significa, ma del resto lo abbiamo appena letto dagli estratti dell’SREX, questo è lo stato dell’arte della ricerca in questo settore. Anzi, il discorso si può estendere, e si deve, anche agli eventi a più ridotta scala spaziale, quelli per intenderci con cui di fatto ci confrontiamo alle latitudini mediterranee.

Bene, sempre Emmanuel, appena pochi giorni fa, ha pubblicato un altro articolo sull’ultimo numero della rivista Nature Climate Change:

Physically based assessment of hurricane surge threat under climate change (abstract).

Nella fattispecie si affronta più direttamente uno degli effetti più temibili che possono essere generati dagli uragani quando essi ‘atterrano’ sulle zone costiere, gli storm surge, ovvero le inondazioni improvvise. Sembra infatti che le modifiche alla climatologia dei cicloni tropicali che si pensa possano intervenire secondo gli scenari climatici, sommate al prospettato (sempre secondo gli scenari) innalzamento del livello del mare (fermo da 8 anni), aumenteranno la frequenza di eventi con tempi di ritorno dell’ordine del secolo fino a renderli probabili molto più spesso, addirittura da tre a venti anni.

Sicché, non sappiamo come si possano collegare le dinamiche di questi eventi a un cambiamento climatico che non è osservato ma previsto, disponiamo di previsioni recentissime che non indicano alcuna tendenza ad un cambiamento nella frequenza e intensità di questi eventi, collegare i singoli eventi alle dinamiche del clima o, peggio, del clima che cambia è un azzardo, però state certi, la frequenza degli effetti più temibili che questi eventi generano aumenterà. Perché? Perché lo dicono i modelli. Gli stessi da cui scaturiscono le previsioni di cui sopra.

C’è da farsi venire il mal di testa, non vi pare?

Ma tranquilli, ci pensa la divulgazione scientifica a spiegarvi tutto.

Ecco infatti il press release del MIT, da cui ha tratto largamente spunto anche questo articolo nostrano, uscito sulle pagine di greenreport.it.

I primi cominciano con una bella bugia sull’uragano Irene, quello che ha terrorizzato la costa orientale degli Stati Uniti nell’agosto scorso, anche se non era un uragano. La chiamano tempesta di categoria 3. Falso, quando Irene ha toccato terra era di categoria uno. Sei ore dopo era una tempesta tropicale. Quando è arrivata su New York era un ciclone extratropicale: vento massimo osservato 55kt (per intenderci la Bora a Trieste dei giorni scorsi è arrivata intorno a 90). Tutt’altro che la ‘Tempesta dei cent’anni’, come la chiamano loro, e come si guarda bene dal fare la NOAA, nel report compilato al termine dell’evento. Si dimenticano poi, sempre al MIT, che sarà per cabala, sarà per variabilità naturale, sarà per il clima che cambia ma non come dicono loro, la frequenza con cui gli uragani arrivano a toccare le coste USA non è mai stata bassa come ora. E però, statene certi, gli eventi saranno sempre più numerosi.

Segue a ruota la pagina nostrana, ma prima di propinare anche a quanti parlano la nostra lingua le balle su Irene, ci sta tutta una bella premessa, perché, come al solito, non ci facciamo mancare niente. Se almeno al MIT hanno avuto la buona creanza di parlare in chiave centenaria (per allora chi ha avuto ha avuto chi ha dato ha dato), da noi gli effetti dirompenti dei cambiamenti climatici sugli eventi estremi sarebbero già una realtà, lo dimostrano gli eventi di Genova e della Lunigiana e quello dell’Elba. Tutti eventi a ridotta scala spaziale (rileggere sopra please). E poi giù con la copia della balla su Irene, prima di passare a spiegare la ricerca nel dettaglio.

Tutto questo, badate bene, mentre un eventuale segnale di influenza del forcing antropico sulle dinamiche del clima è previsto ma non osservato, mentre non c’è alcun trend nella frequenza di occorrenza di questi eventi, mentre si pensa che se e solo se gli scenari climatici sono corretti (cosa che ad oggi non è), prima di capirci qualcosa con riferimento agli eventi estremi potrebbe passare un secolo.

Alcuni anni fa, quando abbiamo iniziato a mettere l’accento sulle licenze poetiche che un certo genere di divulgazione si prende nel raccontare le vicende del clima, ci hanno spesso rimproverati di non tenere nella dovuta considerazione il verbo dell’IPCC. Ora che l’IPCC ha cambiato verbo, nessuno legge più i suoi report, e la licenza poetica rimane. Sempre perché, statene certi, il disfacimento climatico è alle porte.

 

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

9 Comments

  1. gbettanini

    Sempre a proposito di scienza e divulgazione pare che la scoperta dei neutrini-superman si sia dimostrata una non-scoperta.
    http://www.repubblica.it/scienze/2012/02/22/news/neutrini_pi_veloci_della_luce_c_era_anomalia_in_strumenti-30349960/

    E tristemente riscrivo un commento che avevo qui postato il 23 settembre scorso nella speranza che si riesca a fare qualcosa per lo stato comatoso della ricerca in questo Paese… cominciando col prendere a pedate qualche sedere. Se c’è la cultura del merito ci dev’essere anche quella del demerito.

    “Ma se diciamo che i soldi andrebbero piuttosto investiti in ricerca e poi i nostri ricercatori finiscono su tutti i giornali del mondo a raccontare che una particella con massa diversa da zero (il neutrino) può viaggiare più veloce della luce……. beh, credo che ci sia una grossa probabilità che ci mandino tutti, meritatamente, a zappare!
    Spero di sbagliarmi…. ma non credo.”

    • donato

      Quando lessi questo commento ci rimasi piuttosto male. Oggi, dopo le notizie apparse sul Corriere della Sera di oggi 23/02/2012, questo commento si presenta sotto una luce diversa. All’epoca le critiche mi sembrarono piuttosto esagerate in quanto, trattandosi di due misurazioni piuttosto banali (distanza e tempo), la probabilità che fossero sbagliate appariva piuttosto remota (considerando anche il prestigio degli enti di ricerca coinvolti). La banalità, ovviamente, è relativa in quanto, in ogni caso, si tratta di misurazioni di grande commplessità! Oggi apprendo, con disappunto, che i problemi sembrerebbero riguardare la sincronizzazione degli orologi e, soprattutto, un banalissimo cavo di connessione di un orologio ad un computer. Errori grossolani, mi sembrerebbe di capire. Mah. Speriamo che le vicende di CLOUD e del bosone di Higgs, abbiano un epilogo diverso.
      Ciao, Donato.

    • Maurizio Rovati

      Se non ho capito male i problemi erano al CERN e non al Gransasso, se qualcuno avesse informazioni a riguardo, ben venga. Però non voglio dare la croce addosso a nessuno.
      Che ci sia bisogno di aria nuova nella ricerca mi trova d’accordo.
      Comunque non mi risulta che gli scienziati abbiano comunicato la certezza del risultato. Piuttosto hanno espresso con forza la necessità di fare nuovi controlli a fronte di una misura anche per loro sconcertante.

    • donato

      Neanch’io voglio mettere croci addosso a qualcuno. Figuriamoci! Ad onore del CERN la capacità di riconoscere l’errore e l’impegno a cercare di capirne le cause. L’errore, in campo scientifico, è un fatto normale. In campo scientifico, infatti, si cerca di gestire l’errore non di annullarlo in quanto è sciocco pensare di non avere errori in una misurazione. Da italiano (tifoso 🙂 ), però, ho avvertito un certo (passeggero) disappunto. La razionalità, però, ha preso il sopravvento ed ora cercherò di seguire la vicenda con il distacco che bisogna riservare alle cose scientifiche.
      Ciao, Donato.

  2. Fabio

    A proposito di eventi estremi, ricordo che le cronache del tardo Medioevo (all’inizio del raffreddamento che portò alla cosiddetta “Piccola Era Glaciale”) riportarono molti eventi estremi (caldo, freddo intenso inconsueti, piogge, siccità). Forse sono eventi legati più ad un raffreddamento che ad un riscaldamento……..

  3. donato

    Certo che è strano. In USA la frequenza degli eventi estremi comincerà ad aumentare a partire dal 2080/2100, da noi l’aumento è già in atto: portenti del bel Paese! Meno male che, a scanso di equivoci, esperti nostrani, sicuramente non scettici, ci hanno assicurato che gli eventi di Genova e della Lunigiana poco (anzi nulla) avevano a che fare con il cambiamento climatico.
    Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      Donato, mi stupisco di te, non sai che gli eventi estremi dipendono dalla percentuale di CO2 in atmosfera ? E non sai che la porzione di atmosfera sopra la nostra testa è blindata rigorosamente, e ogni molecola che voglia immigrare viene accolta, da noi, a braccia aperte, mentre da altre parti c’è un rigoroso respingimento delle molecole clandestine ? 🙂

    • donato

      Buono a sapersi! Questa veramente mi mancava! E’ proprio vero, non si finisce mai d’imparare 🙂 🙂 .
      Ciao, Donato.

  4. Grazie per tenerci sempre informati sulle “balle” stratosferiche che propinano.
    😉

    Pitta

Rispondi a gbettanini Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »