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Ma guarda un po’, un’altra lettura interessante: Gli egoisti della decrescita.

Appena ieri l’altro abbiamo letto ‘La Natura non e’ un dogma’, oggi ci capita di leggere ‘Gli egoisti della decrescita’, un interessante breve articolo di Antonio Pascale sul clube della lettura del Corriere della Sera. Per l’occasione, per di più, sono già presenti in calce all’articolo i primi rimbrotti di alcuni ansiosi di decrescere, oer i quali la frase che segue e che campeggia sull’articolo deve essere una autentica stilettata.

[blockquote cite=”Antonio Pascale”]Filosofi, intellettuali, editori invitano a rallentare. ma chi è indietro ha tutto il diritto di accelerare.[/blockquote]

Credo che a suscitare la subitanea reazione sia stata l’amara verità che Pascale svela piuttosto presto nel suo discorso: decrescita felice si’, ma sempre per qualcun altro. Ahi come mi suona familiare questo approccio!

Scienza ufficiale si’, ma solo se dice le cose che si vogliono sentire. Finanziamenti a pioggia si’, ma solo se toccano a noi.

Due lampi in due giorni. Che strana aria ha portato l’ultima ondata di freddo, è come se qualcuno cominciasse a svegliarsi dal torpore, è come se la ninna nanna del stai-buono-qui-che-il-mondo-lo-salviamo-noi stesse perdendo il suo potere soporifero.

E tutto perché il disastro annunciato tarda ad arrivare. Vatti a fidare della Natura…

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Published inAttualità

10 Comments

  1. Guido Botteri

    Ho già citato il detto latino che gli ambientalisti dovrebbero stamparsi in mente, e richiamare alla memoria ad ogni loro ragionamento:
    est modus in rebus.
    Molte delle loro idee, infatti, sarebbero, anzi sono, buone, anzi ottime, ma a certi livelli di scala.
    Non è forse buono, anzi ottimo, essere una persona parsimoniosa ? Non certo essere avari, però;
    non è forse buono mettere un po’ di sale nei cibi ? Ma non fino a renderli salati, immangiabili;
    non è forse buono mangiare (moderatamente), ma non certo fino a fare indigestione, e diventare obesi;
    non è forse buono bere del vino rosso ? Ma non certo esagerare, fino ad ubriacarsi, fino a farsi venire una cirrosi epatica;
    non è forse buono prendere una medicina, quando lo consiglia il medico ? Si, ma nella dose giusta, perché eccedere può essere molto pericoloso.
    E così via, potrei fare esempi a migliaia, ma tutti mi dicono che le cose non sono buone in sé, ma sono buone in rapporto alla loro misura.
    Ed è questo che non hanno chiaro gli ambientalisti.
    Infatti
    parlano di baratto (alcuni) come se potesse sostituire la moneta;
    parlano di autoproduzione e di km zero (di fascista memoria), come se potessero costituire un sistema economico efficiente;
    parlano di energie di nicchia, come il fotovoltaico, l’eolico, e tante altre ancora più di nicchia, come se potessero sostituire il petrolio, il gas, il carbone o il nucleare, sognando di tappezzare l’Italia di pannelli e pale in un convincimento euforico che non si confronta col costo e coi benefici.
    Eppure, se una villa fosse in posizione isolata, e fosse molto costoso farvi giungere la corrente elettrica, certamente varrebbe al pena di alimentarla a pannelli, e pale, e qualcos’altro ancora, per tener conto delle bizzarrie del solare e dell’eolico. Una buona riserva di legno, e un buon camino varrebbe ben la pena di tenerseli.
    Ed è proprio per questo motivo, perché le cose non sono buone o cattive in sé, ma nella misura in cui vorremmo usarle, che l’ambientalismo fa adepti, e affascina e conquista persone abbagliate da buoni motivi, ma che non si rendono conto che, cambiando prospettiva, quegli ottimi motivi diventano deleteri e disastrosi.

    Alla luce di quanto detto, e a titolo di esempio, cerchiamo di inquadrare il fenomeno fotovoltaico in un Paese simbolo e faro del fotovoltaico, la Germania
    da:
    http://www.nuclearmeeting.com/forum/showthread.php?tid=331
    Fotovoltaico (Photovoltaik)
    – Potenza installata: 17 GWp
    – Percentuale della potenza installata sul totale (166,659 GW): 10,2 %
    – Energia elettrica prodotta: 11,8 TWe
    – Percentuale dell’energia elettrica prodotta sul totale (588,1 TWh): 2 %
    – Capacity factor reale (medio): 7,9 %
    per confronto vediamo i dati del nucleare
    Nucleare (Kernenergie)
    – Potenza installata: 20,5 GWe
    – Percentuale della potenza installata sul totale (166,659 GW): 12,3 %
    – Energia elettrica prodotta: 132,9 TWe
    – Percentuale dell’energia elettrica prodotta sul totale (588,1 TWh): 22,6 %
    – Capacity factor reale (medio): 74 %
    Potete notar che a fronte di una potenza installata comparabile (12,3% piuttosto che il 10,2% del fv) ci sia una notevole differenza nell’energia prodotta (22,6% piuttosto che il 2% del fv)
    Mi pare che le cifre parlino da sole per inquadrare le dimensioni di spesa del fotovoltaico (che sono una montagna) rispetto ai risultati (il classico topolino).
    Secondo me.

  2. Anch’io terrei tranquillamente un’auto anche per vent’anni se potessi cambiare il motore e le singole parti soggette ad usura. Guido B., la tua obiezione non è valida, o per lo meno va contestualizzata: è verissimo che si arriva ad una soglia di frequenza di riparazioni oltre la quale è meglio cambiare tutta l’auto, ma questo accade proprio perché le auto attuali non sono progettate per durare a lungo. Questo sia perché effettivamente le auto sono oggetti molto complicati (le compatibilità tra pezzi meccanici diversi, in più con il vincolo di spazi compatti, sono difficili da realizzare), sia perché per come sono strutturate oggi – e qui devo deludere agrimensore g – le case automobilistiche non sono pensate per un business fatto prevalentemente da parti di ricambio.
    Questo potrebbe però cambiare in futuro. Non ho trovato i link, ma ricordo molto bene di aver visto già un po’ di anni fa ad un salone automobilistico il prototipo di un’auto a pezzi intercambiabili. Ricordo che il costruttore spiegava che un passaggio fondamentale è il motore elettrico, per due motivi: prima di tutto perché il motore elettrico è molto più semplice, inclusa la sua interfaccia verso il resto dell’auto; in secondo luogo perché sarebbe possibile usare quattro motori montati sui mozzi delle ruote eliminando gran parte della meccanica (trasmissione e differenziale), riducendo notevolmente i vincoli di progettazione e di integrazione. Come contro-argomento, però, faccio presente che anche l’elettronica ha dei limiti ai ricambi “interni” ad un dispositivo. Per esempio, io ho una collezione di schede madre di PC in armadio, che potrebbero benissimo funzionare ancora (se avesse un senso…), ma successivi cambiamenti negli standard (dal bus alla disposizione dei connettori) hanno fatto sì che oggi sia impossibile trovare pezzi di ricambio, se non nel mercato amatoriale.

    Dal punto di vista industriale non so se si arriverà ad un break even dopo il quale inizia ad essere conveniente anche per le case automobilistiche il mercato “esteso” dei pezzi di ricambio rispetto a quello delle auto intere. Siccome si va decisamente verso un accorpamento delle industrie, avremo poche industrie in grado di dominare il mercato e potranno facilmente frenare l’evoluzione della tecnologia verso l’auto completamente intercambiabile se lo riterranno conveniente.

    Rimane da vedere un punto di vista culturale. Gran parte dell’appeal di un’auto è modaiolo e la moda, per sua natura, cambia in continuazione per vendere sempre. Presumo quindi che se certe fasce di utenza hanno soldi da spendere, cambieranno comunque tutta l’auto. Ma è anche vero che se dopo tot anni/km un’auto è ancora usabile sostituendone delle parti, questa potrebbe benissimo essere ricollocata nel mercato dell’usato.

    Per quanto riguarda i teorici della decrescita, l’unico mio dubbio è se ci sono o se ci fanno (per vendere libri e far soldi), un po’ come i teorici del complotto 9/11.

    • Guido Botteri

      Fabrizio, come tu stesso hai osservato, nella progettazione a volte cambiano cose fondamentali. Tu stesso hai notato come sia cambiato il bus, e delle tue schede funzionanti (per una tecnologia più che superata) non hai che fartene, che non sia il piacere del vintage, e dell’immersione nel passato.
      Cosa ce ne faremmo dei dischi di vinile, dei floppy disc, delle cassette VHS (ne ho tante, di arti marziali, originali americane della Panther, e veramente mi rode doverci rinunciare, o dover impiegare tempo e danaro per “ricomprarle”, nel senso di riversarle in uno standard più moderno).
      Anche le foto, e tante altre cose del passato, finiscono per vivere dimensioni diverse.
      Alla fin fine, voler imporre uno standar eterno non ha senso. Forse per un limitato numero di anni, e per qualche particolare articolo. Ma per altri questo assemblaggio infinito implicherebbe una competenza che molti non hanno. Secondo me è roba da appassionati, e tecnicamente competenti, ma non è un filone commercialmente valido. Stiamo allora parlando di hobby o di economia ?

  3. gbettanini

    Perfettamente d’accordo con l’analisi di Pascale la decrescita felice non esiste e chi la vuole imporre è un dirigista (per non dire di peggio)… ma non sono d’accordo su una cosa, non credo che le risorse disponibili siano in diminuzione, casomai aumenta la competizione per ottenerle e quindi il prezzo. E non è con un atteggiamento disfattista e decrescista che l’Italia può pensare di rimanere il grande Paese che è.
    Ma c’è qualcuno che abbia il coraggio di dire che su grandi temi come energia ed economia negli ultimi anni al grande pubblico sono arrivati messaggi sostanzialmente errati?

    • Max, io non credo che esista nessuno che si sottopone per masochismo alla tortura del raccordo anulare, o delle tangenziali di Milano, Napoli, Mestre etc etc. Nè fa piacere sentirsi dare del caprone da chi ha potuto – perché è questa la parola chiave, potere, non volere – permettersi scelte diverse. Se domani potessi avere un bel lavoro part time che mi permette di sostenere me e la mia famiglia lo accetterei senza remore. ma ho come l’impressione che dietro queste scelte, ci sia qualcuno che fa il caprone, perché in questo paese non esistono lavori part time che ti consentano di campare, altrimenti non staremmo qui a discuterne.
      gg

    • Guido Botteri

      Ho letto il link segnalato. Ma non sono d’accordo.
      Intendiamoci, è tutta una questione di dimensionare le cose nella loro giusta dimensione.
      Poi, tutto può essere giusto, a patto di considerarlo nella sua dimensione naturale,
      e tutto può essere ingiusto, se applicato fuori del suo contesto naturale.
      Faccio qualche esempio proprio su quello che hanno scritto le due sostenitrici della decrescita felice.
      Il baratto.
      Cosa ci sarebbe di male se tu avessi il biglietto di una partita del Napoli, e io,uno della tua squadra del cuore (come questo sia possibile, lasciamo perdere, è solo un esempio) e ce li scambiassimo ? sarebbe un baratto.
      Ma se io volessi andare a vedere a Stamford Bridge la prossima partita del Napoli, cosa dovrei portarmi dietro da scambiare con qualcuno del posto, per avere il biglietto, se non esistessero i soldi, e se dovessi quindi barattare il biglietto ? E cosa dovrei barattare col proprietario del ristorante, per mangiare, e coll’albergatore, per dormire, e col tassista, per raggiungere lo stadio ? Rendiamoci conto, il baratto è un’ottima cosa, nelle sue dimensioni, ma non può essere pensato come una ragionevole sostituzione del denaro.
      Anche l’autoproduzione, vantata dalle stesse, può essere una ottima cosa. Ho un orto e mi autoproduco molti ortaggi e frutta, dal sapore, credimi, incredibile. Ma non basta nemmeno per noi, e sono costretto a comprare ortaggi e frutta, anche nel periodo estivo. Per vivere di quello, dovrei avere un orto più grande, e dedicare la mia intera vita a quello. Ma come farei ad autoprodurmi le scarpe, il rasoio, il telefonino, la tv, il frigorifero ecc. ecc.? Come farei a vivere una vita decente se dovessi autoprodurmi tutto…vestiti, mezzi di locomozione, divertimenti ed ogni cosa ?
      L’autoproduzione va bene, benissimo, come aggiunta ad una vita normale. Mi voglio autoprodurre lo yoghurt, che c’è di male, se mi diverte (e finché mi diverte…io, per esempio, mi sono più che stufato, quandoi l’ho fatto).
      Ma l’auto produzione non può “sostituire” il nostro modello di vita.
      E il km zero ? Anche quello hanno citato. Mussolini ne sarà felice e si grogiolerà nella tomba, per aver trovato chi condivide la sua politica autarchica. Ma già allora fu un fallimento. L’autarchia è un sistema che non funziona, crea miseria. E pensa se fossimo davvero al km zero ed a acquistare la frutta dal contadino…poveri noi ! Pochi giorni fa ne abbiamo avuto una prova. Bloccate strade e produzioni dalla neve, la gente si è salvata perché ha comprato i surgelati… perché non ha avuto bisogno di andare dal contadino a procurarsi il cibo, perché se le campagne a km zero erano sotto la neve, il cibo arrivava da altri posti e da una società non fondata sull’autarchia e sul km zero.
      Ma, ancora una volta, c’è del buono in quel che hanno detto le due, perché anch’io (a parità di altre condizioni, per esempio il prezzo) preferisco comprare italiano, e a km zero, ma senza farmene un dogma ideologico.
      E’ vero che è meglio che i soldi è bene che rimangano vicini, piuttosto che andare all’estero, ma il tutto va visto e gestito con moderazione, e senza farsi imporre dei diktat, senza dover sottostare a “impatti ambientali” e altre burocrazie che hanno una pessima visione dei fattori di scala, e ci stanno portando alla recessione non alla “felicità”, perché se è vero che i soldi non fanno la felicità, la miseria ci riesce molto bene a renderci infelici.<
      (e a farci vivere di meno)
      Secondo me.

  4. Benedetto Rocchi

    Non entro nel merito delle argomentazioni di Pascale: un breve commento solo per raccontare che ieri mi sono concesso il lusso di ascoltare dal vivo il guru “decrescista” Latouche e tutte le pessime impressioni che avevo ricavato da una serie di sue interviste sono state purtroppo confermate.
    Tante le cose assurde per me che sono economista di professione che mi è toccato ascoltare. Non ha presentato nessuna “teoria” della decrescita, semmai un’utopia della decrescita che comprende concetti come “abolizione del lavoro” e “moratoria sulla ricerca scientifica e tecnologica” (letterale…).
    Vorrei però segnalare che la catastrofe ambientale provocata dal cambiamento climatico, e in particolare dall’innalzamento delle temperature è un elemento fondamentale della sua “teoria” e ovviamente è totalmente frutto di attività umane: è frutto infatti del “capitalismo” che la decrescita dovrebbe mandare in pensione. Ho provato a osservare che le previsioni di innalzamento di 2 gradi di IPCC 4 sono solo proiezioni frutto di simulazioni alle quali è difficile (per usare un eufemismo) associare un qualche livello di probabilità. La replica è stata: 2 gradi è lo scenario più favorevole, quindi è una previsione minima e quindi sicura… ma ovviamente il riscaldamento potrebbe essere molto più alto….
    Grazie per il blog, lo leggo regolarmente e mi piace molto

    Benedetto

  5. agrimensore g

    Non sono molto d’accordo con l’articolo di Pascale.
    Stavolta lasciatemi fare un po’ l’utopista, il sognatore, dato che sul tema ho una posizione forse un po’ troppo originale.
    Secondo me l’obiettivo dovrebbe essere quello di ottenere gli stessi beni a parità di valori monetari utilizzando molte meno risorse grazie allo sviluppo di adeguate tecnologie e al cambiamento di certe abitudini. In questo senso, il PIL e gli altri parametri monetari citati nell’articolo, non cambierebbero di molto. In sostanza, la mia idea è che i beni dovrebbero durare di più. Faccio l’esempio delle abitazioni. Non è che uno, durante l’arco della sua vita, compra tante abitazioni che butta dopo averla usata per qualche anno. La compra, la abita, ne fa la manutenzione, la migliora con le nuove tecnologie (es.: migliora l’impianto elettrico) ed, eventualmente, se cambia casa, la rivende. Ovviamente, essendo la casa costruita per durare, costa molto di più di una struttura temporanea. Ecco, vorrei verificare se si può utilizzare lo stesso principio per gli altri beni. Se esce un motore nuovo, più efficiente, vorrei poter sostituire solo il motore, non comprare un’auto nuova con tutta la carrozzeria. E così anche per gli altri componenti. Un’auto progettata per essere manutenuta facilmente costerebbe di più ma durerebbe molto di più. Nessuno ci rimetterebbe. Lo stesso discorso sarebbe valido per computer, prodotti tecnologici, ma anche per vestiti, mobili, ecc.

    • Guido Botteri

      Agrimensore g
      in genere sono d’accordo con quello che scrivi, ma permettimi questa volta di spiegarti perché non condivido la tua idea.
      Hai parlato dell’auto. Anch’io ho avuto qualche esperienza con quelle scatole che si muovono da sole, senza bisogno di essere trainate da animali… e, sarà perché vivo a Napoli, ho maturato la convinzione che quando un’auto comincia ad avere bisogno del meccanico, sia meglio cambiarla, per evitare uno stillicidio (con botte non necessariamente leggere) di riparazioni, sempre più frequenti, sempre più costose.
      Mi conforta il grafico dei guasti durante la vita di un bene di consumo. Si riferisce ad una produzione, e al numero di guasti che avvengono man mano. Di solito è detta a vasca, perché c’è un periodo iniziale con molti guasti, che rapidamente vanno ad un valore minimo, poi, passato un certo tempo in cui questi guasti si mantengono su una percentuale molto bassa, e che dura per un tot tempo, i guasti ricominciano a salire in maniera sempre più ripida, come ripidamente erano scesi nella fase iniziale.
      La fase iniziale viene risolta con la garanzia. Semplicemente il pezzo difettoso viene sostituito.
      La fase finale ci dice che è inutile continuar a cambiar pezzi alla nostra auto, perché man mano avremo guasti sempre più numerosi, ed è ora di cambiare l’auto.
      Per questo non credo che la tua idea funzionerebbe.
      Ma non solo.
      Penso alla mia esperienza lavorativa, e ai computer. Immagina che avessi voluto usare il tuo metodo per aggiornare il mio computer… sarebbe stato un disastro, perché al cambiare della tecnologia, cambia anche il livello di miniaturizzazione, per esempio, e sarebbe stato assurdo, per esempio, insistere con le porte di una volta. Guarda i connettori di oggi, e confrontali con quelli di un vecchio computer… vedrai che non ha senso pensare di conservare qualcosa e cambiare via via un pezzo, mantenendo tutto il resto.
      Per un breve periodo può funzionare, ma non può essere una strategia di ricerca e di commercializzazione.
      Secondo me.

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