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La verità, nient’altro che la verità

Internet 2.0. I social network. Le discussioni incrociate sui blog. Lo scambio delle informazioni. Questi sono i nostri tempi. Tempi in cui quando nevica a Roma il 99% dei romani invece di uscire a godersi la neve corre ad aggiornare la bacheca di Facebook. Per carità, non tutto passa attraverso video e tastiera, siano essi di un PC, di un palmare o di un semplice cellulare. Non tutto ma molto. E la discussione sul clima, naturalmente, non fa eccezione. Anzi, a ben vedere senza l’esplosione della comunicazione globale il dibattito non si sarebbe mai aperto, vista la blindatura che il mainstream scientifico ha costruito sulle riviste scientifiche tradizionali.

I media generalisti, quindi, pur avendo ancora un ruolo primario nella diffusione delle notizie se non vogliono perdere ulteriore terreno non possono esimersi dall’entrare nel merito, ma lo fanno inevitabilmente secondo i canoni appunto tradizionali. Bianco o nero, buoni e cattivi, vero o falso, in una ridda continua di prese di posizione e di supporto alla posizione di quello che hanno compreso essere il mainstream.

Nel frattempo però il dibattito continua, ed ecco che qualcuno si chiede se questa forma di comunicazione, che ha dato la possibilità di rendere pubbliche le macroscopiche incertezze che minano quella che alcuni si ostinano a definire una conoscenza scientifica ‘settled’, non sia in qualche modo scomoda o addirittura dannosa.

Il discorso nasce da questo post di Mike Lemonick su Climate Central:

Dovremmo dire tutta la verità sul cambiamento climatico?

Ovvero, la comuicazione scientifica, così come viene normalmente tradotta e riportata a toni comprensibili ai non addetti ai lavori, dovrebbe tener conto di tutti gli aspetti poco chiari in ordine al cambiamento climatico o dovrebbe essere focalizzata sul messaggio principale?

L’argomento è interessante, se credete possiamo sviluppare una discussione intorno alla questione. Ma direi sia più interessante sollevarne un’altra, nella fattispecie relativa a questo post, ma decisamente adattabile a molto di quanto viene normalmente scritto e detto in materia di riscaldamento globale, sue cause e sue eventuali conseguenze. La questione è la seguente: ci si può interrogare sul tema della differenza tra una comunicazione completa e una comunicazione efficace mentendo?

Già, perché l’autore dell’articolo, mente già dalle prime righe del suo pezzo, presentando quella che ritiene essere la parte acquisita e incontrovertibile del messaggio che si dovrebbe trasmettere, salvo poi soffermarsi – se del caso – a discutere sui dettagli. Ecco qua:

[error]
La terra si sta scaldando; la causa è prevalentemente umana; sarà sempre più caldo a meno che non si faccia qualcosa e ci sono alte probabilità che le conseguenze possano essere disastrose.
[/error]

Di queste affermazioni, soltanto la prima è vera, sebbene non esattamente definita. Tutto il resto non è mai stato sottoposto ad idonea verifica scientifica, ovvero, essendo frutto esclusivamente di simulazioni e non avendo riscontri nel mondo reale non può e non deve essere in alcun modo dato per acquisito. Non è una questione di dettagli, sono le fondamenta ad essere minate dall’incertezza. E ho il sospetto che chi scrive lo sappia, altrimenti non avrebbe scelto il più classico degli esempi sbagliati come termine di paragone in materia di incertezza scientifica, cioè il collegamento tra vizio del fumo e incidenza del cancro ai polmoni. E’ vero, come scrive il nostro reporter non è detto che il fumo provochi il cancro, ma con riferimento a questa conoscenza scientifica ci sono milioni di fumatori che hanno contratto il cancro. In poche parole ci sono i dati.

Che sul cambiamento climatico non ci sono, regnano infatti le simulazioni. Tanto che per adattare in qualche modo gli output di queste ultime alla realtà di quello che è accaduto negli ultimi anni è stata ‘rispolverata’ una variabilità naturale che i messaggi ‘efficaci‘ precedenti indicavano come del tutto assente. Tanto che si assiste praticamente ogni giorno a ‘revisioni‘ di dataset di dati osservati e acquisiti perché meglio si accordino alle simulazioni.

Ad ogni modo questa è la mia opinione, senza nessuna pretesa di trasmettere messaggi con dignità scientifica. Lascio quindi a chi invece può farlo l’onere di chiarire la questione. Dal blog di Judith Curry:

[success]

La complessità del problema dei cambiamenti climatici rende sempre più difficile la comunicazione con il pubblico. I giornalisti hanno preso la scorciatoia di dipingere la questione come quella dei buoni contro i cattivi, con l’dentificazione dei buoni e dei cattivi che varia a seconda del giornalista. Molti scienziati (compreso l’IPCC) hanno semplificato troppo il problema nell’intezione di essere ‘efficaci‘; efficaci presumibilmente a giustificare l’azione delle policy dell’UNFCCC. E a seconda di quale pate politica dovesse essere al potere, gli scienziati che lavorano su argomenti politicamente sensibili potrebbero essere zittiti.

Dal momento che questo accade nel contesto del problema dei cambiamenti climatici da più di venti anni, abbiamo capito che la semplificazione non funziona, e i bravi ragazzi spesso si comportano male (qualunque sia la parte che ritenete essere ‘buona’; Peter Gleick è l’esempio più recente). Infatti, quando si svela l’eccesso di seplificazione (leggi ad esempio hide he decline), possono esserci dei significativi contraccolpi e perdità di credibilità degli scienziati.

L’unico modo che vedo per uscire da questa empasse è rendere note tutte le informazioni (dati, modelli, etc) in una forma che sia accessibile al pubblico e lasciare che siano discussi da una estesa comunità di revisione, dai policy makers e dai loro consiglieri scientifici. Questo approccio mal si adatta al giornalismo tradizionale, ma si adatta molto bene ai social media.
[/success]

Contraccolpi. Sicché a una domanda stupida posta in modo tendenzioso non si può che rispondere come ha fatto un commentatore sullo stesso articolo ricordando una memorabile battuta di Bart Simpson: “Se non dirai tutta la verità, vedrai che tornerà a morderti le chiappe!

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Published inAttualità

9 Comments

  1. Guido Botteri

    il Sole “abbia”…

  2. Guido Botteri

    Superando la profonda antipatia che nutro per quella persona, mi limiterò ad osservare che titola:
    “Cambiamento climatico: il sole non c’entra!”
    Non dimentichiamoci di questa sua affermazione. Gliela ricorderemo tra qualche anno, quando il ruolo del Sole sarà più chiaro.
    Nel frattempo, mi domando:
    chi faccia la differenza tra il caldo diurno e il freddo notturno;
    chi faccia la differenza tra il caldo estivo e il freddo invernale;
    chi faccia la differenza tra il caldo libico e il freddo lappone.
    Se non è il Sole, chi sarà mai, secondo il prof bardi ?
    A me pare che quando ci mette lo zampino, il Sole ha un effetto immediato sulle temperature, altro che meno di un grado in un secolo….

  3. donato

    “Perdurando (chissà per quanto) le incertezze in materia, l’unica cosa saggia da fare sarebbe di ridurre già da oggi fortemente le emissioni di gas serra, ma al momento non mi sembra che le politiche dei governi vadano in questa direzione.”

    A me, invece, sembra di si. Gli incentivi “forzosi” che paghiamo sulle bollette elettriche a favore del fotovoltaico, dell’eolico, delle biomasse, ecc. mi sembra che siano un ottimo esempio di come i governi europei applicano “il principio di precauzione” cui tu hai fatto cenno. Stesso discorso può farsi con riferimento ai vari euro3, euro4, euro5, ecc. ecc.. Non parliamo, poi, dei certificati verdi e del mercato delle emissioni (carbon trade) di cui tante volte si è discusso su queste pagine. Il protocollo di Kyoto lo hanno ratificato buona parte degli Stati o mi sbaglio? Le ricerche per la decarbonizzazione del sistema economico le finanziano i privati o gli Stati? Personalmente ho l’impressione che la riduzione delle emissioni di CO2 sia una cosa che gli Stati stanno già facendo o tentando di fare in modo estremamente attivo. Sul fatto che sia saggia, però, ho qualche dubbio (anzi molti dubbi). 🙂
    Ciao, Donato.

    • Paolo B.

      Ah, ma non sai (o lo sai?) che i contributi CIP4 per le rinnovabili in bolletta, anzi per le “assimilate”, vanno anche a foraggiare l’energia elettrica prodotta da quei mostri ambientali detti ‘termovalorizzatori’, volgari forni che ingoiano tonnellate di rifiuti plastici (e chissà quali altre porcherie) per restituire fumi-serra pieni di particolato finissimo che nessun filtro riesce a bloccare?
      Le automobili euro x incentivate dallo stato in passato (oggi non più grazie a Dio), sono state solo un escamotage per far fare profitti ai costruttori perché nessuna automobile a carburante fossile è ad emissioni serra 0. Qualsiasi riduzione di tali emissioni è stata vanificata dall’aumento esponenziale del numero di veicoli privati circolanti, specie nelle economie emergenti. La Cina poi usa carbone alla grande per la generazione di energia elettrica.
      Effettivamente c’è stato anche un certo risparmio energetico in occidente grazie al miglioramento dell’efficienza degli elettrodomestici ma lo spuntare come funghi dei climatizzatori ha spaventosamente aumentati i consumi elettrici estivi.
      La cosa saggia sarebbe tornare ai consumi energetici degli anni ’80, che erano la metà di quelli di oggi, e stavamo ugualmente bene in quanto a benessere. Purtroppo l’imperativo del sistema economico di allora come di oggi è ancora la crescita infinita, un’idea di turbo capitalismo che si sta scontrando rovinosamente col sistema fisico Terra a risorse finite.
      Siamo agli sgoccioli, questo nostro stile consumistico di vita è alla fine…

    • Guido Botteri

      Paolo, nel tuo stesso post c’è nascosta la ragione del perché non può funzionare fermare il progresso. Il risparmio e l’efficienza energetica sono bellissime cose, da attuare senz’altro, ma in cui non credere.
      “Non credere” nel senso di non affidarsi ad esse come se ciò bastasse a risolvere i problemi.
      Sarebbe come se in una famiglia si decidesse di risolvere i problemi col risparmio e l’efficienza… ma finché non si trova lavoro, finché non entrano denari e stipendi, non è col risparmio che risolvi.
      Prova ad andare in casa di disoccupati e dirgli che risolverebbero i loro problemi risparmiando…
      Certo, se uno ha “già” un lavoro e uno stipendio, non farà male a risparmiare, senza però idolatrare il concetto, che a prenderlo troppo a cuore diventa tutt’altro. Una cosa è la persona parsimoniosa (che è un pregio) altra è l’avaro.
      La base del progresso sono il rischio e l’attività. Cose viste col fumo negli occhi da tanta gente, lo so.
      E’ ormai un po’ di tempo che sto cercando di aprire gli occhi alla gente sul fatto che le cose hanno un loro campo di validità. Il risparmio come gli altri. Non mettiamolo davanti a tutto, perché finiremmo in miseria. Ci sono cose più importanti. Altra cosa buona è il riciclo, ma fondare una Società sul riciclo è da suicidio.
      Una volta accumulai oltre 100 chili di carta, e la portai ad una ditta che la comprava. Mi dettero una miseria, ci rimisi anche la benzina e il tempo. Potrei mai fondare la mia attività sul riciclo della carta ?
      Potrei produrre energia pedalando su una bici. L’hanno fatto, in via sperimentale, in una scuola, e sono tanto orgogliosi. Hanno però anche confessato che un’ora di pedalata produce un reddito valutabile in centesimi di euro. Tu faticheresti un mese per guadagnare il prezzo di un (solo) pranzo (forse) ?
      Insomma, occhio alla realtà, per favore.
      Molte delle “soluzioni” proposte, come l’energia da sbattimento, il baratto, l’autoproduzione, le energie rinnovabili in genere, le maree, gli aquiloni e quel che vuoi tu, a cominciare dal risparmio, sono cose bellissime, ma nella loro reale, piccola, a volte piccolissima, dimensione…e cioè inadatte a risolvere i problemi energetici di una Nazione moderna.
      Tornare indietro e avere il benessere di allora non si può. Tornare indietro, forse ci riusciremo, ma non sarà bello, almeno che non ti piaccia andare a fare il badante in India…
      Il nostro passato, Paolo, appartiene ad una Società diversa, in un mondo diverso, con altre risorse, altre popolazioni (minori), altri problemi. E’ tanto difficile capirlo questo ? E’ difficile capire che il mondo evolve, e con esso cambia tutto, e noi dovremmo rispondere alle sfide del futuro con animo capace di adattarsi alle nuove esigenze, interpretarle, dominarle. Non possiamo rifugiarci in un passato che non troveremmo più, come il verde della via Gluck, che non c’è più. In compenso qualcuno che è andato via ha fatto fortuna, e se fosse rimasto lì sarebbe uno dei tanti poveracci che gironzolano per il nostro Paese. Darwin ha detto che il mondo evolve, e le specie che resistono sono quelle che si adattano al cambiamento. Le altre si estinguono. Non possiamo avere paura del cambiamento, ma dobbiamo cavalcarlo.
      Secondo me.

    • donato

      Paolo,
      questa obiezione (che gli incentivi in bolletta servono a “foraggiare” anche forme di energia diverse dalle rinnovabili) mi è stata fatta tante volte, ma non cambia i fatti.
      I fatti, per quello che ne so, sono i seguenti. Il kw fotovoltaico viene pagato oltre 0,30 € mentre l’altro (quello “normale”) meno di 0,10 €. Senza questo incentivo enorme nessuno installerebbe i pannelli fotovoltaici. Se domattina tutta l’energia elettrica venisse prodotta da fotovoltaico e pagata a quel prezzo le nostre bollette aumenterebbero di 3 o 4 volte. Potremmo sostenere una spesa del genere? Certamente no. Si dice che l’incentivo serve a consentire ad una tecnologia immatura di raggiungere la maturità dopo di che si manterrà con le sue gambe. Si diceva che la “grid parity” era rappresentata da un costo di 2500 €/kwp. Da quello che mi risulta (un amico ha appena installato un set di pannelli solari FV 🙂 ) questo obiettivo è stato raggiunto. Togliamo gli incentivi? Non se ne parla proprio, rispondono i produttori. E, allora, che deve succedere per togliere gli incentivi? Boh!!
      Questi incentivi da qualche parte devono pur venire. Da dove? dalle bollette, ovviamente. Si, però, sulla bolletta sono caricati anche altri costi. Vero. I costi per la demolizione delle centrali nucleari dismesse, i costi per i termovalorizzatori e tanto altro (in Grecia anche la patrimoniale sulla casa, per esempio). Noi paghiamo volentieri questi sovracosti? Assolutamente no. Io farei volentieri a meno di pagare, però, mi staccherebbero la corrente. Pago, ma non lo considero giusto. Né per il fotovoltatico, né per il termovalorizzatore. Non bisogna incentivare per risparmiare, bisogna imporre politicamente (e far rispettare l’imposizione, ovviamente) di costruire edifici che consumano poco (molto poco), motori più efficienti (molto più efficienti), eliminare imballaggi che possano inquinare l’ambiente e via cantando. Bisogna incidere pesantemente nel tessuto vivo della nostra società, ma stai tranquillo, non lo farà nessuno perché non conviene a nessuno. Meglio i pannicelli caldi degli incentivi.
      Quando ero bambino il mio comune aveva un solo netturbino che, armato di carriola, scopa e paletta, puliva il centro urbano e versava i rifiuti in un immondezzaio a pochi metri dal centro del paese (decine di metri). Lo si poteva fare perché non esistevano i vuoti a perdere. I detersivi erano solidi e si vendevano nel cartoncino che veniva bruciato nei camini. La pasta si vendeva sfusa, le buste di plastica non esistevano e si andava a fare la spesa con la borsa di stoffa, non esistevano i piatti in plastica, i fazzoletti di carta, i pannolini (neonati, donne ed anziani, per le loro esigenze, utilizzavano pannolini di stoffa che, dopo l’uso, venivano lavati a mano e riutilizzati). Con l’avvento di tutte le diavolerie usa e getta di oggi il volume (e la massa) dei rifiuti è cresciuta a dismisura. Ritorniamo ai “bei vecchi tempi andati”? Per me va benissimo. Io continuo ad usare fazzoletti e strofinacci di stoffa (nonostante i brontolii di mia moglie), rifiuto la busta di plastica al supermercato, uso il sapone solido invece di quello liquido, mi autoproduco verdura e frutta, riciclo in casa TUTTO l’umido domestico (nuovi brontolii di mia moglie che non sopporta il contenitore del compost perché puzza). Se, però, propongo a qualcuno di seguire il mio esempio mi guardano come un marziano e con grande commiserazione: è ridotto talmente male che non si può permettere neanche di comperare la frutta e la verdura, ma deve zappare come uno schiavo per prodursela da solo; è pazzo! 🙂
      E’ semplice dire “torniamo ai livelli di vita degli anni ’80”, il problema è farlo. Comunque, non ti preoccupare, se la crisi continua con la virulenza di oggi per qualche altro annetto, altro che ritorno agli anni ’80! Se, poi, uno vuole provare basta chiudere in una stanza computer, telefonini, condizionatori, schermi piatti, tablet, i-pod, motorini, fotocopiatrici e stampanti (laser ed a getto di inchiostro), parabole, DVD, pen drive, decoder, play station et voilà si ritorna agli anni ’80. Anche nel medio evo si tornò indietro. Farlo è semplice. Ci conviene, però? Io credo di no. Ora chiudo perché mi sono dilungato troppo e sono andato talmente OT che mi aspetto (e merito) un richiamo degli adm. 🙂 Avrei tanto altro da dire per esprimere completamente il mio pensiero, ma sarà per un’altra volta.
      Ciao, Donato.

  4. Paolo B.

    Comunque a furia di gridare al GW da anni, hanno portato la maggioranza dell’opinione pubblica mondiale a crederci. Sulla buona fede di molti scienziati che si sono dannati a cercare di convincere i governi non ho dubbi, però sono convinto che qualcuno ci abbia marciato e ci marci oggi.
    Senonché nessuno spiega al pubblico che un sistema molto complesso, quale è tutto l’impianto climatico, difetta di prevedibilità e che l’equazione ‘più CO2 = più calore’ potrebbe non essere pienamente calzante alla realtà.
    Perdurando (chissà per quanto) le incertezze in materia, l’unica cosa saggia da fare sarebbe di ridurre già da oggi fortemente le emissioni di gas serra, ma al momento non mi sembra che le politiche dei governi vadano in questa direzione.
    In verità un po’ sono diminuite in seguito alla recessione mondiale scatenata dal peak oil, ma dovrebbero essere tagliate molto di più…

  5. Guido Botteri

    La questione non è nuova, e concetti simili sono stati espressi da altri.
    Risparmiatemi di trovare i link di tutti, ma a memoria ricordo Al Gore (e vari altri, perché questa “esigenza” è molto diffusa).
    Insomma la voglia di non dire la verità nuda e cruda è molto forte tra i sostenitori dell’ipotesi AGW, e li posso capire, perché quando non si hanno argomenti buoni, e si ha invece molta ansia di vincere, la tentazione di dire cose non vere è molto forte.
    Qui la classica frase di Schneider. Lo so, ci saranno smentite, accuse di cherry picking, e di aver estratto una frase che non darebbe il senso del discorso. Ben vengano queste contestazioni, così si farà chiarezza su questa frase una volta per tutte, spero.
    da:
    http://www.green-agenda.com/
    “We need to get some broad based support,
    to capture the public’s imagination…
    So we have to offer up scary scenarios,
    make simplified, dramatic statements
    and make little mention of any doubts…
    Each of us has to decide what the right balance
    is between being effective and being honest.”
    – Prof. Stephen Schneider,
    Stanford Professor of Climatology,
    lead author of many IPCC reports

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