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Un clima armonico, delle previsioni stonate

Negli ormai quasi cinque anni di attività di Climatemonitor, abbiamo pubblicato parecchi post sull’attività di ricerca di Nicola Scafetta. Alcuni a sua firma, altri, la maggior parte, in forma di commento delle sue pubblicazioni. Se desiderate dare un’occhiata è sufficiente mettere il suo nome nel campo ‘Search‘ in home page, la lista dei contributi è piuttosto corposa.

Il commento più recente riguarda naturalmente il suo ultimo lavoro:

Testing an astronomically based decadal-scale empirical harmonic climate model versus the IPCC (2007) general circulation climate models – Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics

(qui per il download del pdf)

Nel paper c’è una figura particolarmente interessante, quella cioè che mette in comparazione il suo modello di ricostruzione e previsione delle dinamiche delle temperature medie superficiali globali (basato su armoniche che ricostruiscono il forcing solare e planetario) con i modelli climatici impiegati dall’IPCC, allo scopo di confrontarne la performance rispetto al trend più recente delle osservazioni.

Questa immagine è diventata oggetto di un widget sul blog di Antony Watts, WUWT. Per widget si intende uno di quei tool che compaiono generalmente in home page con contenuti auto-aggiornanti. Ad esempio sono widget i riquadri degli ultimi commenti, degli ultimi post e degli interventi sulla pagina facebook di CM che trovate a destra di questo post. Ciò significa che si tratta di contenuti ad elevata visibilità. Non stupisce quindi che la previsione/comparazione di Scafetta in quanto resa così visibile sia stata oggetto di approfondita discussione. Sicché Scafetta ha deciso di pubblicare un post, sempre su WUWT, in cui spiega e chiarisce alcuni aspetti della sua ricerca, ribattendo nell’occasione ad altrettanto numerose critiche giunte puntualmente dai soliti noti.

Tuttavia non è specificatamente di questo che vorrei parlarvi – se desiderate approfondire il post è comunque a questo link – quanto piuttosto vorrei mostrarvi un’altra immagine che viene sempre da quel post e, prima ancora, dall’ultimo lavoro di Scafetta:

I contenuti, in termini di matrici di dati, sono sempre gli stessi, cioè la ricostruzione/previsione di Scafetta e i modelli climatici impiegati dall’IPCC. Si tratta di un’analisi statistica della performance rispetto alle osservazioni di questi due diversi approcci. Quanto più la matrice si avvicina allo zero, tanto più è in accordo con le osservazioni; valori superiori a 1 indicano una divergenza dalle osservazioni statisticamente significativa. Due gli elementi importanti:

  1. La previsione di Scafetta (in blu) rispetta i canoni di confidenza statistica necessari a ritenere la ricostruzione/proiezione abbastanza buona (questa non è comunque garanzia di attendibilità nel prossimo futuro, lo dirà il tempo piuttosto), tuttavia dal momento che l’autore è sempre Scafetta, forse non si dovrebbe chiedere all’oste se il vino è buono :-).
  2. Molto più importante è a mio parere l’andamento della curva rossa, relativa alla performance dei modelli IPCC. Dapprima una ottima performance, poi la debàcle a partire dal 2006. Perché? Forse perché alla pubblicazione del 4AR erano disponibili dati osservati fino al 2005 e quindi è con quelli che è stata tarata la previsione grazie ad operazioni di tuning? E quindi, la pessima prestazione dal 2006 in avanti non è una inequivocabile dimostrazione che questi modelli non sono concettualmente in grado di ricostruire il trend delle temperature nel breve-medio periodo perché sovrastimano clamorosamente il riscaldamento?

Come fa notare Leif Svaalgard, che ha sollevato pesanti critiche al lavoro di Scafetta, dimostrare che i modelli IPCC sono in errore non implica affatto che il proprio approccio sia corretto. Vero, assolutamente vero. Con la differenza però che la previsione di Scafetta per ora tiene, e nessuno pretende di costruirci su le policy energetiche, climatiche e ambientali dei prossimi cento anni. Quella dell’IPCC è andata lunga alla prima curva, e nonostante ciò è il punto di riferimento delle suddette policy. C’è qualcosa che non funziona.

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Published inAttualitàClimatologia

4 Comments

  1. Post molto puntuale e ben fatto. La risposta di Scafetta a Leif Svalgaard e´ la risposta di chi ha tranquillamente ragione e con calma lo dimostra, senza possibilita´ di essere contraddetto. Io, su CM e privatamente, ho definito i commenti di Svalgaard “una quantita´ industriale di sciocchezze” basandomi quasi sulle stesse cose che appaiono evidenti a chiunque non sia prevenuto ma e´ ovvio che la risposta di Scafetta e´ molto piu´ precisa, in particolare sull´uso delle armoniche a periodo maggiore dei 60-100 anni.
    Ribadisco un concetto gia´ espresso: chiunque abbia qualcosa da dire sull´AGW deve prima dimostrare che Scafetta dice cose errate.

    Per agrimensore g: concordo anche io con quanto dici e non credo riceverai molte critiche, almeno su CM. Chiunque, sano di mente e che abbia visto l´andamento della CO2 nel corso del tempo puo´ immaginare che un contributo aggiuntivo all´effetto serra possa esistere e che qualche politica di attenzione/contenimento sia possibile o giusta, purche´ fatta nei modi e nei tempi adatti alle (piccole o medie) variazioni reali.

    Chiedo scusa a chi legge: sto scrivendo con una tastiera tedesca e credo di aver perso la battaglia degli accenti …

    • Franco,
      Visto che hai colto il messaggio di Agrimensore amplio un po’ la mia risposta. Il contributo della CO2 e’, al netto dei feedback, un fatto fisico. Ma e’ anche molto piccolo. Tanto da poter essere paragonato agli effetti del rateo di decarbonizzazione già in atto grazie al progresso tecnologico e quindi e’ anche sostenibile in quanto tale. E questo vale anche in ottica ambientale (cosa diversa dal clima), perché e’ un fatto altrettanto noto che cura dell’ambiente e progresso vadano a braccetto. Per tutto questo, che e’ tanto, non servono n’è catastrofismo ne’ scetticismo. Basta la ragione.
      gg

  2. donato

    La critica principale che viene mossa ai lavori di N. Scafetta non riguarda tanto le sue analisi quanto il supporto fisico che sta alla loro base. Mi spiego meglio. Secondo i suoi detrattori (io non sono tra questi) le armoniche individuate da Scafetta sono solo delle curve che, con opportuni interventi di tuning, riescono a replicare in modo piuttosto preciso l’andamento delle temperature dal 1850 in poi. Esse sono basate su cicli di 9,1 anni, 11-12anni (ciclo solare) e 60 anni. Il prof. Scafetta, rispondendo ad una mia domanda, ebbe a dire che non si sentiva di escludere l’esistenza di cicli multi secolari o millenari che rendessero conto di oscillazioni a frequenza più bassa. Egli, inoltre, in merito ai fondamenti fisici delle sue ricerche fece l’esempio delle maree che vengono predette in base ad un algoritmo che tiene conto di opportune ciclicità e non dei fenomeni dinamici estremamente complessi che le determinano. Ultimamente il prof. Scafetta ha cercato di spiegare mediante complessi calcoli astronomici le sue armoniche e, almeno per ora, riesce a modellare l’andamento delle temperature. Uno dei principali vantaggi del suo metodo, comunque, è costituito dal fatto che le sue previsioni sono verificabili. Tra pochi anni, infatti, sapremo se il suo modello è affidabile o meno. Egli, infatti, a partire dal 2015, prevede un nuovo incremento delle temperature globali. Tempo qualche anno e potremo trarre le opportune conclusioni. Nel frattempo cerco di seguire l’interessante dibattito in corso da qualche mese su WUWT. Si imparano un mucchio di cose interessanti! 🙂
    Ciao, Donato.

  3. agrimensore g

    Per il periodo rilevato, si vede a occhio che la previsione di Scafetta è migliore di quella dell’IPCC, per il confronto non ci sarebbe nemmeno bisogno del test del chi quadro. Devo dire però che, a mio parere, non ha molto senso definire la striscia turchese (è l’intervallo di 1-sigma in analogia all’area verde relativa alla previsione IPCC?) se non si definisce a priori su quale base effettuare la media mobile. Dobbiamo prendere per buona quella della effettuata sui 4 anni, cui il test del chi quadro si riferisce?
    Comunque, dal punto di vista della capacità predittiva a me sembra decisamente migliore il modello di Scafetta.
    Un’altra considerazione, con la quale forse riuscirò nell’impresa di ricevere critiche sia da sostenitori che da scettici sull’AGW: il modello di Scafetta include una parte dovuta all’effetto serra antropogenico, anche se in misura molto minore rispetto all’AGW sostenuta dall’IPCC. In questo senso, non lo ritengo un lavoro contrario a una qualche politica di riduzione CO2. Anzi, mentre a dar retta a qualche teoria pro AGW pare che ormai siamo fuori tempo massimo, dando per buono il lavoro di Scafetta potremmo giungere alla conclusione che siamo in tempo per attrezzarci, magari migliorando le tecnologie a disposizione. Solo che molti sostenitori pro AGW sono talmente timorosi di ogni critica al modello IPCC, che non colgono questo aspetto della questione.

    Reply
    Concordo.
    gg

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