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Vi faremo vedere le tasse verdi!

Appena ieri è stata discussa in Consiglio dei Ministri la bozza di riforma fiscale pronta da alcuni giorni. Il testo definitivo non è stato approvato, lo sarà presumibilmente al prossimo CdM (la delega fiscale è al punto K del testo linkato). Chissà se in quella occasione il Premier Monti, leggendo la parte relativa alla tassazione ambientale (green e carbon tax) e ricordando che negli USA aveva dichiarato di voler cambiare il modo di vivere degli italiani, affermerà riprendendo un famoso motto: “Vi faremo vedere le tasse verdi!”

Della riforma del sistema di tassazione in Europa, che sta spostando il carico dal lavoro all’emissione/consumo di energia ne scriveremo probabilmente in futuro. Ora preme di più porre l’attenzione su alcuni aspetti di quanto scritto nel testo della Relazione illustrativa alla Delega per la riforma fiscale. In essa è scritto a chiare lettere come sia “opportuno prevedere l’introduzione di una carbon tax, il cui gettito potrebbe essere utilizzato prioritariamente per rivedere il sistema di finanziamento delle fonti rinnovabili” secondo “il principio dell’inquinatore-pagatore”. La Relazione in una nota riporta i risultati di uno studio di Bankitalia secondo cui un’accisa applicata al litro di carburante tra i 4 e 24 centesimi porterebbe una riduzione delle emissioni da trasporto tra 1,1 e 1,6 milioni di tonnellate e un aumento delle entrate tra i 2 e i 10 miliardi  (Qui la Relazione, qui la Delega).

Sul “mercato dei crediti di Carbonio”, noto come ETS, i prezzi in leggera ripresa il 20 marzo 2012 erano  6,99 Euro/tonnellata (€/ton) per l’EUA e 3,75 €/ton per il CER (fonte Sendeco) ed attualmente sono convenienti come già scritto su CM in  “A.A.A. offresi quote emissione. Sconto 70% a causa previsione errata” .

Quindi, ammesso e non concesso che fosse veramente necessario ridurre l’emissione di CO2 italiana, il privato cittadino/imprenditore acquistando sull’ETS il corrispettivo di 1,1 e 6,1 milioni di tonnellate spenderebbe un valore tra 4,13 e 42,64 milioni di Euro (M€). E allora come mai lo Stato per fargli emettere la stessa quantità di emissioni gli chiede una somma stimata tra i 2 e i 10 miliardi di Euro (G€)? Non è che con questo tipo di tassazione dal “cresci Italia” si passerà al “sopravvivi Italia”? Perché versare allo Stato G€ quando per ottenere la stessa riduzione sarebbero sufficienti sul mercato M€?

Ormai tutti sappiamo che le famiglie attualmente sono costrette a spendere di più per  i carburanti che per mangiare: oggi la “tassa sul macinato” non sarebbe conveniente, per lo Stato è più favorevole tassare quello che serve ad alimentare i mezzi di trasporto che le persone. In futuro, con l’arrivo dei biocarburanti, il cerchio sarà chiuso e si tasserà il “cibo degli uomini” come quello per le auto.

Cosa affermava lo studio della Banca d’Italia esattamente? Possiamo averne un’idea leggendo qui (specie nella parte da pag. 27 a pag.30 ). Riporto l’ultima frase mettendo alcune parole in neretto:

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“Nostre simulazioni valutano l’impatto sulla spesa delle famiglie di una carbon tax sui carburanti. Un’imposta che implicasse un prezzo per tonnellata di emissioni di gas serra compreso tra 17 (l’ammontare proposto dal governo francese nel 2009) e 100 euro (un valore vicino a quanto reputato necessario per mantenere la crescita della temperatura al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali) si tradurrebbe in un’accisa al litro di carburante compresa tra i 4 e i 24 centesimi. La tassa porterebbe a una riduzione delle emissioni legate al trasporto delle famiglie compresa tra 1,1 e 6,1 milioni di tonnellate. Alla diminuzione delle emissioni si accompagnerebbe un aumento di gettito compreso tra i 2 e i 10 miliardi. La riduzione delle emissioni deriverebbe in gran parte dalla contrazione della domanda di carburante delle famiglie più benestanti. La minore domanda di carburante (tra l’1,6 e l’8,9 per cento) contribuirebbe al raggiungimento dell’obiettivo di contenimento dei consumi energetici riducendo la fattura energetica del Paese tra 0,2 e 1,0 miliardi.

Se i proventi della carbon tax fossero utilizzati per ridurre gli oneri attualmente imposti per incentivare le energie rinnovabili, la maggior parte della riduzione delle emissioni verrebbe finanziata proporzionalmente di più dai responsabili delle emissioni legate al trasporto privato (in particolare le famiglie benestanti) e non in modo uniforme da tutti gli utenti del sistema elettrico (le cui spese incidono maggiormente tra le famiglie meno abbienti). Alternativamente, volendo mantenere costante la pressione fiscale, i ricavi della tassa potrebbero essere utilizzati per ridurre altre imposte con effetti più distorsivi (come ad esempio quelle sul lavoro)”.

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Avete capito bene! Pagherà più tasse non chi guadagna di più ma le “famiglie benestanti” che utilizzano l’auto; quelle talmente benestanti da esser dovute andare a vivere nelle periferie o i paesi satelliti delle città, quelle che non possono prendere i mezzi pubblici perché debbono portare e prendere i figli a scuola. Le “famiglie ricche” invece hanno le auto blu o aziendali e vivono in centro.

Inoltre si scrive chiaramente che al cittadino italiano si farà pagare una “carbon tax” tra i 17 ed i 100 €/ton, un importo che nessun paese al mondo si sogna di imporre. Non dimenticate che solo l’anno scorso in Italia il costo dei carburanti è salito mediamente di 30 c€/litro di cui 21 c€/litro d’imposte, solo il 7 dicembre 2011 le accise aumentarono in un sol giorno di 10 c€/litro per la benzina e 14 c€/litro per il Gasolio. Ma allora quella non era detta “carbon tax” e quindi non va tenuta nel conto della riforma verde.

Alla fine le famiglie pagheranno nuove tasse pur avendo l’illusione di prendere la stessa busta paga e, bene che va, solo una “piccola” parte degli introiti andranno a finanziare le energie rinnovabili, per le quali riprendo dallo stesso documento di Banca Italia:

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“Secondo l’Autorità per l’Energia, i costi per il sostegno delle fonti rinnovabili del settore elettrico ammontavano a 3,4 miliardi nel 2010 e dovrebbero raggiungere i 5,7 miliardi nel 2011. Poiché questi sussidi sono finanziati attraverso il prezzo che gli utenti pagano in bolletta per l’energia elettrica, i cosiddetti oneri di sistema, non rientrano nell’imposizione energetica e sono considerati oneri parafiscali”, “Se si considera che le imposte energetiche del 2009 ammontavano a 32 miliardi si capisce la rilevanza di questi sussidi, che accrescono i costi sostenuti in bolletta da famiglie e imprese che, in media, già pagavano quasi un terzo in più rispetto alle loro controparti europee”.

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Ma perché ci dobbiamo tassare ulteriormente per le rinnovabili? Sempre Banca d’Italia:

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“L’incentivazione delle fonti rinnovabili è motivata dal fatto che i loro costi di generazione (determinati dai costi di investimento) sono superiori a quelli delle fonti tradizionali. Inoltre, in presenza di incertezza sull’evoluzione dei prezzi energetici e di investitori avversi al rischio, senza incentivi si avrebbe uno sviluppo delle energie rinnovabili inferiore al valore ottimale”.

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Ottimale per che cosa? Insomma, le rinnovabili da sole non si mantengono, saranno sostenibili ma non si auto sostengono, hanno bisogno della sporca e deprecata old-economy che le fa vivere e finanzia.

Alla fine, attraverso l’aumento dell’energia, si tasseranno ulteriormente le famiglie e le aziende (che tutti dicono di voler difendere) allo scopo (e con la scusa) d’investire in energie rinnovabili che per il momento hanno costi più alti delle tradizionali ed hanno necessità d’incentivi per sostenersi. Intanto il sistema Italia perde competitività rispetto la Cina e le altre tigri economiche mondiali che presentano altri approcci alle problematiche ambientali. Inoltre alle nostre aziende basta dislocare già in Albania per ricevere sgravi fiscali e non doversi più porre il problema emissioni di CO2.

Il tutto in nome di una “ideologia verde” europea, una visione unilaterale, che vede nella tassazione anche un modo di determinare il comportamento delle persone, o meglio cittadini. Se va avanti così, più che le tasse, verdi saranno le tasche delle famiglie. Solo allora forse la maggioranza della popolazione si accorgerà bruscamente che non sempre vero che “Le tasse sono buone Basta che siano verdi”.

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Published inAttualitàEconomia

8 Comments

  1. Piero Iannelli

    Grazie Donato per l’apprezzamento.

    Le mie parole non erano profetiche, erano solo “riportate”, semplicemente lette:

    “L’europa ha bisogno di crisi per fare passi avanti.
    I passi avanti per l’Europa sono,per definizione, cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario.

    I politici e i cittadini sono pronti a questa cessione solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perchè c’è una crisi in atto…”

    http://www.antoniopicco.it/articolo.asp?id=77

    Dunque la “crisi” di cui l’EUROPA aveva bisogno ?

    Inutile girare tanto intorno alla questione.
    La TATA molto semplicemente ha dichiarato:

    ..Tata ha annunciato che tra i motivi che hanno portato alla chiusura di uno stabilimento che dava lavoro a 1500 persone hanno giocato un ruolo importante le politiche climatiche dell’Unione Europea.

    Fonte: Telegraph http://www.telegraph.co.uk/finance/newsbysector/energy/8570141/UK-faces-job-losses-as-businesses-threaten-to-flee-abroad-to-escape-green-energy-levies.html

    Le aziende stanno delocalizzando o chiudendo e la lotta alla CO2 con il relativo caro energia ne sono l’innesco lampante come candidamente si legge.

    Donato ho quasi l’impressione da quanto scrivi, che tu consideri la Banca d’Italia come se fosse d’ITALIA.

    Non è propriamente così.
    Basta il titolo per comprendere e magari cercare altre fonti:
    La “BANCA d’ITALIA” NON e’ PUBBLICA…ma PRIVATA…!

    http://www.mednat.org/finanza/banca_italia.htm

    Dunque.
    L’ EUROPA HA BISOGNO DI CRISI.. questa altra dichiarazione completa il quadro :

    “Il 2009 è anche il primo anno di governo globale, con la creazione del G20 nel bel mezzo della crisi finanziaria globale. La Conferenza sul Clima di Copenaghen sarà un altro passo avanti verso il governo globale del nostro pianeta”.

    ..annunciava la creazione di nuove tasse da versare direttamente alla UE, compresa una tassa sui voli aerei, una tassa sui carburanti e l’IVA europea,..

    http://www.ecplanet.com/node/816

    Più chiaro di così 🙂

  2. donato

    Le mie idee non sempre coincidono con quelle di P. Iannelli, però, qualche giorno fa, egli usò parole profetiche. In un commento ebbe a scrivere che mentre noi ci trastullavamo in disquisizioni circa equazioni, grafici e via cantando, qualcuno ci stava preparando un bel … servizio (le parole di P. Iannelli, in realtà furono altre ma il senso era questo). Qualche giorno dopo sui giornali si cominciò a parlare di “carbon tax” e ora la cosa sembra fatta.
    Ho letto e riletto i brani dello studio della Banca d’Italia citati da F. Spina (non ho letto tutto lo studio in quanto è un “malloppo” impressionante) perché non riuscivo a credere ai miei occhi. Quello che più mi ha colpito è stato il ragionamento che traspare dal testo. Dobbiamo colpire con maggiori tasse i responsabili delle emissioni, cioè quelli che usano la macchina. Poiché quelli che usano maggiormente la macchina sono benestanti in primo luogo possono permettersi di pagare e, in secondo luogo, se non vogliono pagare smetteranno di usare la macchina. Io sono uno che la macchina la usa. Anche molto. Per lavoro, però, non per farmi la passeggiata in centro. Il mio posto di lavoro si trova a 30 km di distanza dalla mia abitazione, non esistono mezzi pubblici che collegano il luogo dove abito con quello in cui lavoro. Che faccio? Mi licenzio o mi trasferisco nel luogo in cui lavoro? Ovviamente non farò nessuna delle due cose, continuerò ad usare la macchina (spendendo di più) ed il potere di acquisto del mio stipendio diminuirà, diventerò più povero in poche parole, avrò meno soldi da spendere per vestirmi, informarmi, mangiare, divertirmi. In ultima analisi contribuirò alla recessione in atto. E come me milioni di altre persone. Ciò determinerà degli effetti a cascata (altro che forcing antropico) e una forte riduzione del PIL. Lo Stato sarà costretto a imporre più tasse per far fronte ai suoi bisogni o ridurre i servizi ai cittadini innescando una spirale perversa il cui epilogo finale sarà quella “decrescita felice” tanto agognata da alcune frange radical-chic della nostra società. Non sono un economista (neanche un ragioniere, ad essere sincero), ma questi “conti” così semplici so ancora farli. Possibile che le teste d’uovo che redigono gli studi della Banca d’Italia non riescono a rendersi conto degli effetti perversi che le loro ricette generano? Io non so se questi signori hanno il tempo di affacciarsi alle finestre dei loro uffici per rendersi conto di quel che avviene al di fuori del Palazzo. L’economia langue in quanto le imprese non riescono più ad accedere al credito, non riescono ad investire in ricerca ed innovazione, sono soffocate dalla burocrazia e, alla fine, falliscono buttando sul lastrico decine di persone (nel frattempo qualcuno si riempie la bocca con parole come “dobbiamo difendere i diritti dei lavoratori” ignorando che tra poco di lavoratori ce ne saranno sempre di meno). L’agricoltura oppressa da tasse, balzelli vari, scartoffie ed adempimenti è sul punto di esalare l’ultimo respiro in quanto del tutto surclassata dai prodotti a basso costo importati dall’estero. In questo quadro desolante che cosa pensano di fare le “teste pensanti” che reggono le sorti dell’economia? Aumentare le accise sui carburanti perché le macchine le usano i benestanti! E i trattori agricoli come funzionano, con l’acqua? O, forse, gli agricoltori possiamo annoverarli tra i benestanti? L’energia per far andare le industrie ed i mezzi di trasporto la produrremo con i pannelli solari e le pale eoliche a prezzi proibitivi, ovviamente. Ed i nostri prodotti su quali mercati saranno competitivi? Boh! Paolo B. se leggerà questo commento sarà contento perché sono stato più catastrofista di lui. 🙂
    Io, però, sono arrabbiato perché queste scelte mi sembrano sciagurate. Mi si dirà che ormai il petrolio sarà sempre di meno e sempre più costoso perchè abbiamo superato il picco di produzione, ecc. ecc.. Benissimo, però, perché quello che resta lo dobbiamo lasciare a chi ci fa concorrenza e ci sotrae fette di mercato a causa di costi inferiori? Utilizziamo gli stessi mezzi degli altri e quando avremo esaurito il petrolio saremo di nuovo tutti alla pari a produrre con il fotovoltaico, l’eolico ed il nucleare. In questo momento è come se stessimo disputando un incontro di box con una mano legata dietro la schiena: non potremo né vincere, né pareggiare. Io, però, non sono un “pari” di coloro che sanno di economia e, quindi, le mie (come al solito) saranno considerate solo chiacchiere da bar. Giusto, probabilmente. Mi auguro che le mie siano veramente chiacchiere da bar e, quindi, la mia analisi sia del tutto errata e color che sanno abbiano ragione. In caso contrario saranno c**** amari per tutti (anche per le teste d’uovo della Banca d’Italia, ovviamente). 🙂
    Ciao, Donato.

  3. Gianni

    Cè un solo commento da fare: noi italiani,investendo in un sistema di produzione energetica antieconomico,ci stiamo suicidando. Soprattutto in una situazione così difficile, dovremmo essere più pragmatici e fare come altri paesi che investono per esempio nel nucleare che non produce CO2. Più verde di così.Già,mi sono dimenticato che ci siamo lasciati terrorizzare dall’incidente in Giappone e quindi è impossibile.Prepariamoci
    perciò ad un lungo periodo di sacrifici,naturalmente per i ceti medio-bassi, non certo per i ricchi.

    • Guido Botteri

      Si, Gianni, ma se è vero che l’economia verde è per i ricchi e NON per i poveri, è anche vero che la stessa cosa vale per i Paesi. Un Paese ricco può permettersi una politica verde (diventa un po’ meno ricco, comunque), ma un Paese in crisi può permettersi di sprecare ulteriori, preziose, risorse ? Secondo me no.
      Poi, in realtà, il massimo sforzo lo sta sostenendo il popolo, perché, per esempio, quando nel costo della benzina è nascosta una tassa verde, è il popolo a pagarla, e un ricco non consuma poi così più tanta benzina di un povero lavoratore che usa la macchina per campare. Ho lavorato in posti irraggiungibili senza una macchina, e la benzina non la mettevo per sport. Tant’è che per un certo tempo la ditta mise a disposizione un pulmino. Mi è toccato andare al lavoro con i mezzi, ed è stato un disastro. Solo per tornare a casa ho impiegato più di tre ore. Come si fa se la benzina costa troppo cara, perché la gonfiano con le tasse verdi… si rinuncia a lavorare ? Si chiudono le ditte che non sono in un posto raggiungibile dai mezzi pubblici ? Tutto questo per un falso allarme ?
      Invece il pericolo di fallimento dello Stato (e di perdita concreta e ingente di benessere da parte della popolazione) è moolto reale. Il principio di precauzione dovrebbe indurci a gestire bene i nostri soldini (come cittadini, ma soprattutto come Stato) se non vogliamo fare una brutta fine. Ma pare che la brutta fine “vera” non spaventi (quasi) nessuno. Chissà perché la maggioranza degli Italiani si spaventa solo per allarmi falsi o esagerati.
      Secondo me.

  4. Mauro

    …io non sono molto diplomatico e dico a questi “signori” […] Scusi lo sfogo e se mi “banna” non mi offendo!

    Appunto.
    Admin

  5. Guido Botteri

    Continua l’orrida politica dello sceriffo delle brioche.
    Lo sceriffo (di Nottingham) che spreme il popolo come limoni con le tasse più assurde.
    C’è la fame, non c’è pane ? Dategli le brioche !
    C’è la crisi, finanziamo le tecnologie più costose per “risolvere” un non-problema, ma crearne di veri e grossi: la fame, la disoccupazione, la recessione.
    Perché finanziando le tecnologie più costose in tempi di crisi si va dritti dritti per la china della recessione.
    La politica verde è la politica dei ricchi:
    è il ricco che può comprare i prodotti (più cari) biologici…il povero deve vedere come fare ad arrivare a fine mese e far mangiare la famiglia con un reddito sempre più misero;
    il ricco può permettersi le tecnologie più verdi (e costose)… il povero ha il problema dei soldi e non può buttarli dalla finestra;
    il ricco può permettersi tutte le accise che vuole…. il povero viene “acciso” (=ucciso) dalle accise, e se non può usare l’auto perché glielo impediscono in ogni modo (e sarebbe lungo elencare tutte le infamie che subisce la gente che ha il “torto” di aver bisogno di un’auto per poter lavorare) finisce che perde anche il posto di lavoro, ed essendo povero non ha la possibilità di cercarsene come per incanto uno nuovo nuovo a due passi da casa, per rispettare la fisima del chilometro zero, e non essere acciso dalle accise.
    Green economy is an economy for rich people
    L’economia verde è un’economia per i ricchi, non per i poveri. Ma (dopo gli immensi danni che avrà fatto, purtroppo) forse in qualche modo renderà un minimo di giustizia, perché finirà per rendere poveri anche coloro che attualmente se ne arricchiscono (quando avranno finito di spennare i polli, e si accorgeranno di aver distrutto il pollaio).
    Secondo me.

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