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La forza delle coincidenze

“Ancora una volta gli uccelli delle coincidenze si erano posati sulle sue spalle” scrive Milan Kundera nell’Insostenibile leggerezza dell’essere e suo è anche il paragone con “gli uccelli sulle spalle di Francesco d’Assisi”.

Ed eccole allora le coincidenze che scendono sulle nostre spalle a scandire l’ultimo ventennio del XX secolo come epoca topica, croce e delizia di chi si occupa di climatologia. Perché è lì che succede tutto:

  • Nella rete sinottica avviene una rapida e tumultuosa transizione da stazioni meccaniche ad automatiche (al che nelle serie storiche sono conseguite discontinuità di origine non climatica in quanto dovute al cambio di strumentazione).
  • Nella rete sinottica cala sensibilmente il numero delle stazioni (e qui per inciso si impone una nota antropologicamente interessante: all’aumentare della paura per l’olocausto climatico l’uomo sente sempre meno la necessità di misurare piogge, temperature, ecc. e viceversa si affida sempre più all’oracolo dei modelli; davvero un comportamento strano e certamente non improntato alla razionalità).
  • Si registra un brusco cambio di fase nella circolazione anulare dell’emisfero Nord, segnalato ad esempio dagli indici NAO (Oscillazione Nord Atlantica) e AO (Oscillazione Artica).
  • L’AMO (l’Atlantic Multidecadal Oscillation, legata alle temperature della superficie marina nel Nord Atlantico) passa in fase positiva (Knight et al., 2006).
  • Le temperature europee subiscono un brusco salto verso l’alto e qui posso citare un recentissimo lavoro di analisi riferito agli effetti di tale fenomeno sulle colture che il mio gruppo di ricerca ha pubblicato sull’Inernational Journal of Biometeorology (Mariani et al., 2012).
  • Le temperature globali subiscono anch’esse un brusco innalzamento segnalato dalle varie raccolte globali di dati realizzate dalla CRU dell’East Anglia University, da Nasa GISS, da NCDC e dalle misure satellitari del sensore MSU).
  • L’attività solare fa registrare un considerevole balzo in avanti (Foukal, 2002).
  • Crollano i regimi del socialismo reale e con essi scompare un sistema industriale che emetteva in atmosfera valanghe di SO2.
  • La CO2 continua tranquillamente a salire con tassi di incremento di 1.5 ppm l’anno (dati di Mauna Loa riportati su climate4you.com).
  • Dal 1987 al 2000 la copertura nuvolosa globale cala gradualmente dello 0.3% l’anno (grafici riportati su climate4you.com – fonte: International Satellite Cloud Climatology Project).

Sicuramente avrò dimenticato qualcosa; fatto sta che già di fronte a questa lista viene da domandarsi come sia possibile trovare il bandolo della matassa nell’inestricabile rete di cause ed effetti che i succitati fenomeni ci additano.

A questo punto mi preme però attirare l’attenzione sull’analisi sviluppata dall’economista ambientale Ross McKitrick con riferimento al diagramma che per comodità dei lettori riportiamo in figura 1 e che mette a confronto per il periodo 1950-2000 due serie storiche: numero delle stazioni globali e andamento delle le temperature globali. Quel che colpisce dal diagramma è che l’aumento brusco delle temperature globali coincide con un drastico calo nel numero delle stazioni globali.

McKitrich ci spiega anzitutto che il diagramma del numero di stazioni disponibili nel dataset globale GHCN (Gobal Historical Climatology Network) è ottenibile ad esempio da NASA GISS mentre dall’Università del Delaware è invece possibile ottenere la distribuzione delle stazioni utilizzate per le analisi globali.

McKitrich sottolinea anche che la serie storica delle temperature globali è stata ottenuta prendendo le medie globali tal quali e cioè senza apportare quella correzioni che nei dataset GISS o CRU sono operate per cercare di ovviare alle discontinuità indotte dalla variazione delle stazioni considerate.

In sostanza, secondo McKitrich, il diagramma non vuol essere un atto d’accusa nei confronti di coloro (GISS, CRU, ecc.) che eseguono medie globali ma vuole invece porsi come campanello d’allarme poiché una variazione così sensibile nel numero di stazioni può aver comportato problemi in sede di omogeneizzazione. Ma lasciamo che parli McKitrick:

[success]

“maybe the anomaly series are fully corrected for the problem of station closure and the shift in the 1990s was climatic. Or maybe the anomaly series are not fully corrected for the problem of station closure, implying not all the shift in the 1990s data was climatic. To accept the claims that the post-1990 anomaly index is continuous with the pre-1990 data, and only reflects a climatic change, requires the assumption, as a maintained hypothesis, that any effects of the sudden sample change around 1990 have been removed. It has puzzled me why this assumption is not more rigorously tested by people whose research depends on the optimistic interpretation of the gridded data.”

Può darsi che le serie delle anomalie siano completamente corrette dal problema della chiusura delle stazioni e lo shift del 1990 sia stato climatico. O forse non lo sono e ciò implica che non tutto lo shift del 199 è stato climatico. Per accettare che l’indice di anomalia pre-1990 sia in continuità con quello post-1990, e rifletta soltanto un cambiamento climatico, si deve assumere, come ipotesi di partenza, che sia stato rimosso ogni effetto dell’improvviso cambiamento del campione attorno al 1990. Mi sono chiesto come mai questo assunto non sia stato testato in modo più rogoroso da persone la cui ricerca dipende dalla migliore qualità dei dati riportati su griglie.

[/success]

Figura 1 – Diagramma che illustra l’andamento delle temperature globali non omogeneizzate e del numero di stazioni globali nel periodo 1950-2000.

Da notare infine che McKitrich, citando i dati dell’Università del Delaware, osserva che il calo delle stazioni non è omogeneo sul globo ma interessa soprattutto l’ex Unione Sovietica, la Cina, l’Africa ed il Sud America. Viene allora il sospetto che il gradino nelle temperare globali evidenziato nel 1990 sia almeno in parte frutto dell’accresciuto peso delle stazioni europee e nordamericane sui dataset globali. Da questo punto di vista non si può trascurare che in fasi a NAO positiva l’Europa è interessata da temperature più alte poiché le grandi correnti occidentali si ondulano a valle delle Montagne Rocciose intensificando l’apporto in Europa di masse d’aria che provengono dall’Atlantico subtropicale. Vuoi vedere allora che il riscaldamento globale è davvero colpa di noi europei, anche se un motivo che poco ha a che vedere con le accuse dei credenti nell’AGW?

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

  • Foukal P., 2002. A comparison of variable solar total and ultraviolet irradiance outputs in the 20th century, Geophysical Research Letters, vol. 29, n°. 23, 2089, doi:10.1029/2002GL015474, 2002
  • Knight J.R., Folland C.K., Scaife A.A., 2006. Climate impacts of the Atlantic Multidecadal Oscillation, Geophysical Research Letters, vol. 33, L17706, doi:10.1029/2006GL026242, 2006
  • Mariani l., Parisi S.G., Cola G., Failla O., 2012. Climate change in Europe and effects on thermal resources for crops, International Journal of Biometeorology doi: 10.1007/s00484-012-0528-8 (http://www.springerlink.com/content/k882rt865q3603m7/)
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Published inAttualitàClimatologia

3 Comments

  1. Gianluca Fusillo

    Ennesima evidenza, impossibile chiamarla altrimenti, di come il riscaldamento globale “possa essere” un artefatto involontariamente (o meno) costruito a tavolino.

    Grazie prof Mariani

    • luigi mariani

      caro Gianluca,
      non mi sento di essere così drastico.
      L’idea (che è poi anche quella di McKitrick) è di cercare, per quanto possibile, di ripulire le serie storiche dal rumore e vedere se, tolto il rumore, il segnale del GW permane.

  2. donato

    Nella vita le coincidenze ci sono sempre state e sempre ci saranno. Quando, però, le cincidenze cominciano ad essere troppe è buona norma cominciarsi a chiedere se, per caso, c’è qualcosa che non va. L’elenco di “coincidenze” elaborato da L. Mariani è un tipico esempio di questa situazione: le coincidenze sembrano essere troppe. A queste ne vorrei aggiungere un’altra che ho pescato ieri sera su WUWT
    http://wattsupwiththat.com/2012/04/04/a-new-paper-in-nature-suggests-co2-leads-temperature-but-has-some-serious-problems/
    L’articolo riguarda un nuovo lavoro pubblicato su Nature da Jeremy Shakun et al. che si occupa della correlazione tra variazioni di CO2 e temperature negli ultimi 22.000 anni. Secondo questi dati proxy, negli ultimi 800.000 anni, le variazioni delle temperature antartiche hanno sempre preceduto le variazioni della CO2. In base allo studio di Jeremy Shakun et al. (relativo agli ultimi 22.000 anni), invece, la variazione della concentrazione atmosferica di CO2 ha preceduto le variazioni di temperatura. Il motivo di questa inversione di tendenza deve essere ricercato nella variazione del “tipo di temperatura” che essi hanno preso in considerazione: la temperatura globale invece che quella antartica. Secondo questo studio, infatti, la temperatura antartica deve essere considerata “regionale” e, quindi, non rappresentativa di quella globale che, invece era più alta. Grazie a questa “innovazione”, con mirabile precisione, è stata ripristinata la correlazione “più CO2, più caldo”.
    Nello studio è spiegato anche il meccanismo globale che ha portato a questa inversione di tendenza. Quello che, però, mi sorprende è la “coincidenza” che è stata creata tra dati proxy e situazione attuale (secondo la scuola di pensiero AGW). Anche questa “coincidenza”, però, si presta a molte critiche (condivisibili per la maggior parte) che possono essere trovate all’indirizzo citato.
    Ciao, Donato.

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