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Unisci i puntini

Importa a qualcuno cosa dice la scienza? E’ questo l’interrogativo che si pone Roger Pielke jr in uno dei suoi ultimi post. A ispirarne la scrittura, un articolo uscito recentemente sul New York Times.

Argomento, l’ennesimo sondaggio d’opinione sul global warming. Ma con quesiti nuovi, essenzialmente volti a ‘saggiare’ la convinzione del pubblico sul collegamento tra l’occorrenza di eventi estremi e le recenti dinamiche del clima. E così, malgrado il consenso del pubblico stia calando – una consapevolezza per ovvie e giustificabili ragioni per lo più disinformata – sale quello dello stesso pubblico circa il fatto che il tempo stia diventando sempre più pazzo perché è impazzito il clima. Lo definiscono “erratic”, la cui traduzione più idonea potrebbe essere “bizzarro”.

Si tratta di un altro sondaggio condotto da alcuni ricercatori dell’università di Yale. Inutile domandarsi se abbiano tenuto conto del fatto che parlare ad esempio di caldo estremo e global warming durante un’ondata di caldo o alla fine di un’annata ricca (purtroppo) di fenomeni intensi potrebbe condizionare un tantino l’opinione del pubblico, perché non lo hanno fatto. Del resto la copertina del loro report non lascia adito a dubbi, non erano alla ricerca di risposte, ma di conferme.

Bene, per prima cosa rinfreschiamoci la memoria con quanto scritto appena qualche giorno fa proprio questa su presunta novella bizzarria. Poi è il caso di chiedersi come mai, non pretendendo che chi scrive sul NYT possa essere aggiornato sulla ricerca più recente, o che i ricercatori fossero al corrente per esempio dell’uscita dello studio che abbiamo commentato, non abbiano comunque pensato di dare un’occhiata al recente rapporto dell’IPCC proprio sugli eventi estremi piuttosto che speculare insieme al per nulla interessato rappresentante di 350.org circa il fatto che dopo tutti gli eventi estremi del recente passato la gente stia finalmente “unendo i puntini”. Per esempio, piuttosto che chiedere alla gente se pensava che il tempo fosse stato molto peggio o molto meglio del passato, avrebbero potuto chiedere: “Il rapporto IPCC sugli eventi estremi esclude che ‘il maltempo’ possa essere collegato al global warming, come giudica l’informazione scientifica riguardo queste problematiche?”

E invece no, hanno preferito andare sul semplice. Sembra un’iniziativa tipo quella presa dal WWF qualche anno fa, in cui si chiese al pubblico di raccontare cosa trovavano di strano sul tempo e sul clima del proprio paese rispetto alla propria esperienza passata per poi far ‘validare’ questa percezione a volenterosi scienziati selezionati alla bisogna. Praticamente l’opposto del processo scientifico.

E siamo arrivati a Connect the dots, cioè a quello che sarà lo slogan di una massiccia campagna di marketting che proprio 350.org lancerà nei prossimi mesi. Guarda caso, proprio ora che quacuno ha fatto questo sondaggio e il NYT ci ha scritto un articoletto. Bizzarre coincidenze, le si potrebbe quasi definire “erratic”.

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Published inAttualità

3 Comments

  1. luigi Mariani

    Oggi passavo davanti a un giardinetto non molto lontano da casa mia, costruito al di sopra di un parcheggio sotterraneo ultimato circa 3 anni orsono.
    Il “geniale” progettista ha scelto 5 palme da datteri già abbastanza grandi (e immagino quanto saranno costate) per “arredare” l’area, memore immagino del global warming e del fatto che “farà sempre più caldo” (per dirla con i “climatologi della domenica” che oggi imperversano sui media).

    Ebbene, nonostante l’isola di calore che domina il centro di Milano portando a minime superiori di 3-6°C rispetto a quelle delle aree rurali circostanti, quattro delle cinque palme sono già aora stecchite per effetto delle ondate di freddo invernali mentre la quinta, in posizione più riparata, non se la passa bene ma sopravvive in attesa del colpo di grazia.

    Questo racconto ci parla di ignoranza totale circa le caratteristiche del nostro clima e la dice lunga su gente che non ha altra “percezione” del clima se non quella che le deriva dai media. Si avvera così la profezia di “Oltre il giardino”, l’ultimo geniale film di Peter Sellers.

    In ragione di ciò penso che i sondaggi riferiti al clima non ci dicano assolutamente nulla se non il livello di ignoranza di chi viene interpellato. E’ infatti già difficile percepire il tempo atmosferico, immaginiamoci il clima che è un’astrazione statistica.

    In proposito penso a quanto di forviante vi sia:

    A) nei giornalisti che vanno a intervistare un ottuagenario che ha assistito a un’ondata di caldo o di freddo e gli domandano se abbia mai visto qualcosa di simile nel corso della sua vita. La risposta è immancabilmente “mai!”, il che dimostra solo quanto fallace sia la nostra memoria in relazione al clima

    B) nella figura del “testimone del clima che cambia” creata dai sagaci ideologi del WWF.

    Conclusione: il clima non si percepisce e dunque un suo giudizio circa il suo stato ed alla sua variabilità non si può affidare ai sondaggi ai testimoni. Viceversa una nozione razionale e non ideologica di clima non può che derivare da analisi statistiche rigorose su dati di buona qualità e prodotti con regolarità.

    Luigi

    • E questo la dice lunga sul bias ideologico di questa iniziativa, che, e’ bene ricordarlo, viene dall’ambiente accademico e non commerciale.
      gg

    • donato

      Caro Luigi, il “geniale” progettista cui fai riferimento più che ignorante in campo climatico è ignorante nel campo della progettazione dell’arredo urbano. Se non fosse così non si spiegherebbe la scelta di essenze arboree che non fanno parte della flora tipica del luogo. Questo, però, ammettendo la buona fede del progettista. Da progettista piuttosto esperto dell’ambiente dei lavori pubblici, però, posso assicurarti che certe scelte hanno poco a che fare con l’ignoranza “tecnica” e molto con quella delle regole della convivenza cilile (leggi dello Stato, per essere più espliciti). Non per niente sono state scelte cinque palme e non cinque pioppi o betulle o ontani: le palme costano senz’altro di più (molto di più). 🙂
      In quest’ultima ipotesi, infine, possiamo anche scagionare i media circa le responsabilità per i messaggi “fuorvianti” da essi trasmessi. 🙂
      Ciao, Donato.

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