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Il “rinascimento nucleare” dopo Fukushima

Come già spiegato in altri articoli, pubblicati tempo fa su CM (ad esempio qui), è oggi in atto il cosiddetto “rinascimento nucleare”. Dopo una stasi durata un ventennio, infatti, in tutto il mondo sta riprendendo l’edificazione di nuove centrali nucleari. Tuttavia, proprio all’inizio di questa nuova fase, il catastrofico terremoto e maremoto del Tohoku ha causato il disastro nucleare della centrale di Fukushima-I. Ammettiamolo senza tanti giri di parole: una certa imperizia umana c’è stata, dato che in contemporanea la centrale di Fukushima-II, sottoposta alle medesime condizioni estreme, non ha subito alcun incidente minimamente paragonabile. Solo un decennio di sviluppo tecnico, ha fatto la differenza tra le due centrali (rispettivamente di 6 e 4 reattori). Questi avvenimenti hanno dimostrato sia la necessità di severissime misure di sicurezza per le centrali, comunque da tempo alla nostra portata (vedesi appunto il “successo” di Fukushima-II), sia di reattori moderni e non spinti troppo oltre la loro vita utile (i reattori di Fukushima-I erano progettati negli anni ’60 per durarne 20).

Il disastro nucleare giapponese non è dunque passato inosservato: tuttavia, possiamo dire che finora l’impatto reale è stato minimo. Le centrali più recenti, infatti, vengono costruite già con modalità che vanno anche oltre le norme di sicurezza richieste; un grave incidente nucleare, infatti, causerebbe un’enorme perdita finanziaria (fino al possibile fallimento) sia per la compagnia che ha in gestione l’impianto, sia per chi ha costruito la centrale. L’investimento iniziale, inoltre, è particolarmente gravoso, e solo l’elevata vita utile dei reattori (oggi portata a 60 anni) permette di rientrare dei costi sostenuti e di averne un grosso guadagno finale. Persino la tanto chiacchierata TEPCO, in passato al centro di alcuni scandali per la cattiva gestione delle proprie centrali, è “capitolata” solo di fronte ad una catastrofe di proporzioni bibliche e solamente a causa delle proprie unità più obsolete.

Che fine hanno fatto, però, i progetti e gli investimenti del “rinascimento nucleare”? La risposta è forse sorprendente, per chi vive in Italia: infatti, siamo stati abituati ad una pressante quanto allarmistica campagna di stampa post-Fukushima, tendente ad enfatizzare i rischi (anche quelli poco realistici), a massimizzare le poche decisioni anti-nucleari e a minimizzare invece la continuità dei precedenti programmi nucleari nella grande maggioranza del pianeta; come recentemente denunciato da un nutrito gruppo di scienziati e tecnici italiani. La nostra stampa, infatti, anche in quella parte divulgativa che dovrebbe mantenere toni più scientifici, alimenta volentieri questo “stato di paura” a riguardo del nucleare. Qualcuno si ricorda forse gli stress tests per le centrali europee, tanto pubblicizzati dopo Fukushima. Il fatto che i reattori europei li abbiano superati, non sembra aver riscosso lo stesso successo nella stampa nostrana.

Vediamo dunque di analizzare in breve la situazione dell’industria nucleare nel mondo, partendo proprio dai paesi che pare vogliano rinunciare al nucleare. La situazione italiana è ben conosciuta: un programma che già partiva con ritardi e difficoltà e che è stato accantonato in seguito al referendum del 2011. Il Giappone è rimasto comprensibilmente “scottato” dal disastro nucleare, ed era dunque prevedibile una certa cautela nel continuare ad utilizzare l’energia atomica. La cautela, però, è stata forse eccessiva, dato che il 90% dei reattori nipponici è oggi fermo, in parte per ispezioni o manutenzione, in parte per una scelta deliberata: scelta che si sta rivelando costosissima e della quale stanno beneficiando (come prevedibile) i combustibili fossili e non le “energie rinnovabili“.

Tornando in Europa, la Germania ha anche lei assunto una posizione anti-nucleare, non limitandosi alla chiusura dei reattori più vecchi ed obsoleti, ma annunciando la graduale uscita dal nucleare: di sicuro, una posizione meno drastica e più intelligente di quella italiana nel 1987 (chiusura totale ed immediata, con enormi perdite finanziarie); tuttavia, rimane pur sempre una posizione che comporta elevatissimi costi, che stanno mettendo in difficoltà le aziende energetiche tedesche anche sui mercati internazionali, e che cominciano a creare i primi problemi anche alla rete elettrica germanica, con il rischio di dover ricorrere al nucleare anche oltre il 2022. Quindi abbiamo la Svizzera, dove il governo confederale anti-nucleare s’è scontrato con l’opposizione dei cantoni filo-nucleari sulla dismissione delle centrali, giungendo comunque alla decisione di non costruire nuovi reattori per sostituire quelli che (entro il 2034) termineranno la propria vita operativa. Poi abbiamo… Chi abbiamo? Nessuno! Questi sono infatti gli unici quattro paesi che stanno rinunciando al nucleare dopo Fukushima, tra tutti quelli con un programma nucleare.

Facciamo dunque una veloce carrellata di chi invece procede, anche qui iniziando dalle difficoltà. Finlandia e Francia, infatti, procedono nella costruzione dei due primi reattori EPR operativi: reattori già di loro molto complessi e potenti, che risentono di un gravoso aumento di costi e tempi essendo i primi della serie. Procedono invece speditamente i reattori coreani, sia in patria che nei paesi arabi: la differenza la fanno una tecnologia già ben implementata e minori pastoie burocratiche (e non sempre, a maggiore burocrazia, corrispondono migliori controlli). Procedono anche i reattori AP1000, americani, i cui cantieri cinesi sono già in fase molto avanzata, mentre sono pronti a partire anche quattro nuovi cantieri negli USA, approvati negli ultimi mesi; sia il governo cinese che l’amministrazione Obama, infatti, ritengono il nucleare indispensabile sia per produrre energia che per contenere l’inquinamento. In particolare, la Cina prevede di costruire un centinaio di reattori nei prossimi anni, a ritmo serrato (già 25 sono in costruzione) ed avvalendosi di tutte le tecnologie disponibili.

Proseguendo l’elenco, sono sicuramente da citare i programmi nucleari di Russia ed India, mai messi in discussione: il primo paese deve rimodernare le proprie centrali, molte delle quali basate ancora sui vecchi reattori sovietici (alcune addirittura sul famigerato RBMK, lo stesso di Chernobyl); il secondo, invece, ha un programma ambizioso quasi come quello cinese, destinato a garantire l’energia ad una nazione di oltre un miliardo di abitanti. Paesi come l’Argentina hanno deciso di potenziare il proprio programma nucleare, anche mediante nuovi reattori. Ritornando nel vecchio continente, pur con qualche difficoltà di bilancio, prevedono di costruire nuove centrali, ovvero nuovi reattori in centrali già esistenti, il Regno Unito, la Romania, la Slovacchia, l’Ungheria, l’Ucraina, la Lituania. Un programma tutto nuovo è invece quello della Polonia, a confutare il luogo comune (esclusivamente italiano) che sia troppo tardi per iniziare un programma nucleare da zero; soprattutto, però, è la dimostrazione della dinamicità della “nuova Europa”, specie in un paese che tra pochi anni avrà superato il nostro Sud come PIL. Un discorso simile alla Polonia può essere fatto per la Turchia, dove la costruzione di nuove centrali (sempre “da zero”) è ormai prossima. Potremmo continuare ancora a lungo, citando paesi europei, asiatici, africani, americani, che quantomeno stanno seriamente considerando l’opzione nucleare nei propri piani energetici.

In conclusione, possiamo dire che il “rinascimento nucleare” è ancora tale, ed ha subito riassorbito il colpo ricevuto da Fukushima. Semmai, l’unico vero ostacolo sarà la domanda d’energia, il cui incremento è stato rivisto al ribasso di qui al 2050, in seguito all’attuale depressione economica.

Purtroppo, in Italia, un’informazione tendenziosa e poco realistica tenta di deformare la realtà dei fatti, anche a fronte di notizie moderatamente incoraggianti, pur di continuare a fomentare la paura del nucleare. Questo però non fa altro che danneggiare il paese, rendendolo succube di una irrazionale fobia, e lasciandolo indietro rispetto a chi dispone di governi più coraggiosi e di opinioni pubbliche meglio informate.

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Published inAttualitàEnergia

17 Comments

  1. […] (circa un mese), dovuto ad un viaggio negli USA ed a motivi di lavoro, mi accingo a rispondere alle critiche mosse dall’utente Paolo B. nel suo commento all’articolo. Critiche che meritano rispetto, ed alle quali bisogna quindi […]

  2. donato

    “Leggiamo, ragioniamo, decidiamo se chiamati a farlo, ma con la nostra testa!”

    Credo che G. Guidi abbia messo il dito nella piaga. Questo è il problema di fondo che, purtroppo, assilla la nostra società. L’opinione pubblica difficilmente riesce a ragionare. Ragionare implica conoscenza dei problemi, studio dei pro e dei contro e, alla fine, decisione. In un senso o nell’altro, non importa. L’importante è decidere. Decidere, però, con oculatezza (con la diligenza del buon padre di famiglia, si direbbe in ambito giuridico). Dalle nostre parti, invece, non si vuole che la gente ragioni, si vuole che l’opinione pubblica applauda l’uno o l’altro degli attori non sulla base della “ratio” delle cose che dice, ma sulla base della sua capacità imbonitrice.
    G. Guidi dice che bisogna abbandonare le barriere ideologiche ed esprimere un giudizio razionale quando si è chiamati a decidere. In occasione dell’ultimo referendum sul nucleare, per esempio, come faceva un normale cittadino a decidere? Sarebbe stato necessario che le ragioni del “si” e quelle del “no” venissero spiegate con calma da esperti (come F. Turturici, per esempio). Invece ci sono stati ammanniti degli stucchevoli talk-show in cui si cercava deliberatamente la rissa e la sovrapposizione delle voci in una cacofonia incomprensibile. Ciò che contava era lo spettacolo e l’auditel del giorno dopo, non l’informazione per il cittadino. E’ ovvio che alla fine si è votato sulla base delle sensazioni trasmesse dalla pancia e non in base al “consenso informato”. E, per finire, uno sguardo oltralpe. I due candidati alla presidenza della Francia, intervistati da Nature, si sono ben guardati dal dire che il nucleare doveva essere bandito. Sarkozy ha confermato, in caso di sua rielezione, anche per il futuro la politica energetica francese. Hollande ha preannunciato, in caso di sua elezione, una riduzione dell’apporto nucleare alla produzione di energia elettrica: dal 75% attuale, al 50% (tra quindici anni, però).
    Il motivo? Sarebbe stupido rinunciare oggi ad una forma di energia così a buon mercato a vantaggio di una molto più costosa (leggi rinnovabili) o molto inquinante (leggi fossile). Parola di candidato alla presidenza della Repubblica Francese. Vorrei che i miei rappresentanti politici (di destra e di sinistra) avessero solo una parte degli attributi di quelli francesi.
    Ciao, Donato.

    • Massimiliano Santini

      Complimenti alla Germania… bel progresso. A quando i treni a vapore?

    • donato

      Loro hanno bisogno di energia sicura (che non sia soggetta ai capricci del vento o del Sole) ed a buon mercato. Essendo i tedeschi gente concreta e con i piedi per terra, mi sembra del tutto logico che puntino quasi tutte le loro carte su gas, carbone (che hanno in abbondanza ed a pochissimo prezzo) e sulle centrali ad accumulo idrico (pompaggio). Comunque non bisogna preoccuparsi: si tratterà di carbone pulito. 🙂
      Una piccola curiosità, però, mi resta. Cosa faranno i cittadini delle zone in cui verranno insediate le nuove centrali a carbone (pulito 🙂 )? Succederà come a Civitavecchia o le cose andranno diversamente? Dalle risposte a queste due domande potremo capire perché noi e i tedeschi ci troviamo in condizioni così differenti (economiche, sociali e politiche).
      Ciao, Donato.

    • Maurizio Rovati

      Saranno pure bravi ma le loro ecoisterie ce le hanno, eccome!

    • donato

      Caspita se ce le hanno! Si sono posti l’obbiettivo di ottenere l’ottanta per cento della loro energia elettrica da fonti rinnovabili. Se non è ecoisteria questa….
      Bisogna vedere, però, se per raggiungere l’obbiettivo sono disposti a fare bancarotta. 🙂
      Ciao, Donato.

  3. Sempre la stessa storia. Forse è questo che ci dovrebbe fa capire che non siamo maturi, ma non per utilizzare l’energia nucleare, neanche per cadere dall’albero!
    Questo post, come quelli dello stesso autore che lo hanno preceduto, non è pro, non è contro, semplicemente è. Il fatto che chi vede l’energia nucleare come il peggiore dei mali non ne voglia neanche sentir parlare ignorando il ruolo che ha nel mondo, è chiarificante di quanto ideologico sia questo atteggiamento. Lo stesso vale dire di chi non vede l’ora di leggere queste cose per manifestare la propria approvazione.
    Leggiamo, ragioniamo, decidiamo se chiamati a farlo, ma con la nostra testa!
    gg

  4. Gianni

    Vorrei sottolineare che il petrolio subdolamente uccide più persone dell’energia nucleare perchè la combustione anche di prodotti raffinati produce comunque le PM 10 e composti potenzialmente cancerogeni.Quanto alla visione di una terra cimitero di scorie è fasulla perchè esse occupano pochissimo volume,cioè non sono come l’immondizia.Comunque chiaramente il nucleare ha certamente dei problemi, ma non è da demonizzare.Il futuro io lo vedo nella fusione ,non certo nel fotovoltaico caro e discontinuo

    • Maurizio Rovati

      Gianni. In campo energetico, ma anche altrove, ogni medaglia ha il suo rovescio. Il petrolio avrà anche “ucciso”, ma in realtà si dovrebbe dire che ha causato danni alla salute, talvolta curabili e altre no.

      Per inciso, io non ho mai visto un morto causato da polveri sottili, si dice che siano centinaia di migliaia, milioni, ma non se ne vede uno, eppure esistono davvero. Perchè non si vedono? Perchè saltano fuori dalle statistiche sono e queste troppo spesso elaborate da organizzazioni che hanno qualche interesse in merito.
      Come sempre nelle statistiche la qualità dei dati è fondamentale, ma di questa non passa sui media. Abbiamo solo risultati, tanti risultati, tutti diversi e tutti in gara a chi la spara più grossa.
      La realtà è che, dato non sappiamo veramente quanti sono i morti da PMxx, allora manipolando i numeri possiamo trarre qualsiasi conclusione che però la gente non è minimamente in grado di verificare. Il gioco è fatto!

      Invece che un demone, un mostro, il petrolio è stato e sarà ancora una risorsa importantissima per l’umanità. Quello che bisogna migliorare è la qualità del suo impiego.
      Il vantaggio che abbiamo avuto dal petrolio non dovrebbe essere sottovalutato, tutto sommato è maggiore dei suoi danni collaterali. Prova a immaginare cosa saremmo oggi senza petrolio, senza l’energia e i prodotti che si ricavano da questa fantastica materia prima. Come sempre accade si paga un prezzo, ma, come sempre, abbiamo imparato a gestire sempre meglio questa risorsa di grande utilità e ancora abbiamo da imparare, altro che “picco del petrolio”.

    • Gianni

      Maurizio.Io non intendevo demomizzare il petrolio,non fosse altro che per le centinaia di prodotti di grande utilità che da esso derivano.Volevo solo dire che a fronte di una visione estremamente negativa dell’energia nucleare da parte di molti,neanche il petrolio è senza pecche.Tutte le fonti energetiche hanno dei lati negativi,ma è un prezzo che dobbiamo pagare al progresso.L’energia nucleare non è un mostro come lo si dipinge

  5. donato

    La fusione nucleare probabilmente resterà un’utopia ancora per molto tempo. Le difficoltà tecniche sono tante e tali che difficilmente ne ricaveremo qualcosa di utile nei prossimi decenni (mi riferisco alla fusione senza virgolette, ovviamente). 🙂
    Sul problema del nucleare già ho avuto modo di esprimere la mia opinione in diverse occasioni, quindi, evito di ripetermi. Ad ogni buon conto sarà la storia ad esprimere un giudizio definitivo sul problema del nucleare. Per ora consoliamoci con l’energia più cara d’Europa, con le migliaia di posti di lavoro che verranno persi in Sardegna quando chiuderà l’Alcoa a causa degli elevatissimi costi energetici che rendono il nostro alluminio del tutto antieconomico. Nel frattempo ci trastulleremo con le centrali fotovoltaiche e quelle eoliche. Fino a quando? Ovviamente fino a quando cesseremo di essere una grande potenza industriale ed economica e diventeremo una nazione di mezza tacca che vedrà completamente azzerato il proprio sistema produttivo ed invecchierà in quanto i nostri figli ed i nostri nipoti saranno destinati ad emigrare in nazioni più lungimiranti di noi. Dopo, quando la capocciata contro il muro avrà schiarito le idee a molti, potremo iniziare da zero (non solo in campo nucleare, ma in tutti i campi). Le nazioni dell’Europa orientale stanno recuperando il gap che li caratterizzava all’uscita dall’epoca sovietica e si avviano a superare il PIL del nostro Sud, dice F. Turturici. Io sono un uomo del Sud e posso testimoniare in modo diretto che le nostre comunità si stanno trasformando. Decine, centinaia, migliaia dei nostri giovani migliori stanno prendendo la via dell’emigrazione in cerca di un futuro migliore. Le scuole registrano questi cambiamenti con la drastica riduzione del numero di classi e, in qualche caso, chiudono i battenti per mancanza di alunni o si trasformano in scuole pluriclassi (come le scuole campestri di una volta). Il Paese non cresce e non crescerà se non rivoluzioneremo profondamente il nostro schema di pensiero. Con i NO “senza se e senza ma”, con la sindrome del NIMBI, non si va da nessuna parte. E’ necessario che questo sciagurato Paese si doti di un piano energetico di lungo respiro, che faccia delle scelte oculate in ambito industriale, infrastrutturale, burocratico, scientifico e, soprattutto, nel campo dell’istruzione scolastica ed universitaria.
    Questi sono i fatti che ognuno di noi può verificare. Il resto sono solo ed esclusivamente elucubrazioni socio-filosofiche che lasciano il tempo che trovano. Con buona pace di certi ambientalisti, antipolitici, antiscientisti, sostenitori del baratto, della decrescita felice, NO-TUTTO e chi più ne ha più ne metta.
    Ciao, Donato.

  6. Paolo B.

    Qualsiasi crociata pro nucleare si scontra con l’insicurezza intrinseca di una centrale nucleare. Puoi metterci tutta la tecnologia che vuoi per garantirne la sicurezza, ma fondamentalmente produrre energia elettrica dalla fissione è intrinsecamente pericoloso.
    Resta poi il problema insormontabile delle scorie nucleari, non trattabili ed ineliminabili, a meno di non trasformare il pianeta in un globale cimitero di scorie, senza alcuna garanzia di tenuta ‘eterna’ a prova di fughe radioattive.
    Per non parlare degli enormi e crescenti costi di costruzione di una centrale, di demolizione di quelle obsolete e dello smaltimento delle scorie. Oltre che dell’esauribilità dell’uranio la cui produzione ha già piccato (o magari pensi al torio?), tanto è vero che yankee e Francesi ricorrono da tempo alle testate nucleari dismesse.
    Ne discende che la fissione non avrebbe mai dovuto essere impiegata, né ovviamente per scopi bellici, né per scopi pacifici. Nessuna produzione di energia dovrebbe comportare rischi per l’ambiente, ma tant’è.
    La fusione invece è ben lontana nel tempo dal diventare la cosiddetta energia inesauribile, considerando anche che serve solo a produrre energia elettrica e che non sostituirebbe affatto la grande versatilità del petrolio.
    Guido, non mi aspettavo che fossi filonuclearista. Peccato…

    • Ma peccato che? Peccato per aver lasciato a chi lavora nel settore l’opportunità di fare una fotografia della situazione? Peccato per non averlo impedito? Io sono stufo marcio di posizioni e contrapposizioni. Non sono filo proprio di niente, solo di buon senso, quello almeno che sono in grado di percepire come tale.
      gg

    • Mario

      Non sostituirebbe in tutto il petrolio certo, ma con grande disponibilità di energia elettrica, prodotta a basso costo si spera, non si potrebbe, ad esempio, realizzare il sogno del motore “pulito” ad idrogeno?
      🙂

    • Maurizio Rovati

      Mi viene difficile pensare a qualcosa di non intrinsecamente pericoloso in campo energetico, e non intendo solo la generazione, per cui il nucleare figura essere ta i sistemi più intrinsecamente sicuri (vogliamo parlare delle dighe per es.?). La crociata è casomai quella antinucleare, basata sulla disinformazione, sulla propaganda e sullo “stato di paura”. Tutto questo parlare di “picchi” in ogni campo, basati quando va bene su ricerche di parte è un esempio della disinformazione di queste crociate. Il fatto (ed è un fatto) che molti paesi non coinvolti dall’isteria antinucleare stiano spingendo per diversificare la produzione energetica costruendo nuove centrali nucleari (vedi per es. cina india e addirittura ukraina nonostante abbia subìto Chernobyl) mostra che tali “picchi” sono basati su speculazioni fantasiose, mentre la realtà è un’altra.

  7. Mario

    E la “fusione” nucleare a che punto è?
    Saluti 🙂

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