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Reazione solare a catena

Vi ricordate della First Solar (ne abbiamo parlato qui)? E’ stata un’azienda sulla cresta dell’onda fotovoltaica per qualche tempo, finchè ha seguito il destino di tutte le altre: un inesorabile tracollo. Avevamo lasciato la First Solar con la pesante decisione di chiudere un importante stabilimento produttivo in Germania. Ora invece è arrivata la trimestrale.

E sono dolori. Dall’inizio dell’anno la First Solar ha già perso 449 milioni di dollari, in seguito ad una ristrutturazione che ha portato al taglio del 30% della forza lavoro.

Tralasciando gli aspetti finanziari del tracollo (vi risparmio i dettagli su margini operativi e quotazioni), ci concentriamo invece sulla catena degli eventi. Le società americane produttrici di pannelli fotovoltaici, dopo un iniziale periodo (breve) di vacche grasse, sono tutte cadute in disgrazia. Le motivazioni sono fondamentalmente due: da un lato i produttori cinesi ci hanno messo lo zampino. Come in ogni settore dell’industria moderna, si sono messi a fare quello che fanno tutti, ma ad una frazione del costo complessivo e su scala mondiale. Ed ecco che siamo stati invasi da pannelli solari che, ad un certo punto, pure te li regalavano a colazione. D’altro canto, e questa è la seconda causa di disgrazia per le aziende americane, il più grande mercato per i pannelli fotovoltaici, l’Europa, ha cominciato ad acquistarne meno.

Ricapitolando, da un lato i cinesi hanno inondato il mondo di pannelli fotovoltaici low cost, dall’altro, i più grandi acquirenti di pannelli, cioè l’Europa, ha smesso di comprarli a ritmo forsennato, poichè i soldini dei sussidi statali… sono finiti. Ovviamente questa iper produzione ha causato un crollo verticale dei prezzi che è riuscito a erodere completamente il vantaggio competitivo delle iper tecnologiche aziende americane.

Non c’è che dire, il comparto del fotovoltaico ha davvero bruciato le tappe!

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Published inAttualitàEnergia

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