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Bias e Tulipani

LA settimana scorsa abbiamo pubblicato un breve commento ad un articolo uscito nel numero di gennaio di Weather:

Cleaner air brings better views,more sunshine and warmer summer days in the Netherlands – Weather. Gennaio 2012. Vol 67 No 1

Qualche giorno prima sul blog di Judith Curry è uscito un post con il titolo “The Bias of Science”. Il primo periodo del post viene da un articolo di Dan Sarewitz uscito su Nature:

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Delle crepe allarmanti stanno iniziando a penetrre profondamente nell’edificio della scienza. Esse minacciano lo stato della scienza e la sua utilità per la società. E non possono essere attribuite ai soliti sospetti – finanziamenti inadeguati, comportamento scorretto, interferenzea politica e pubblico impreparato. La loro causa è il bias, e la minacciano che rappresentano va dritta al cuore della ricerca.

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Parole pesanti, che però tra un post e l’altro ci è capitato di pronunciare anche su queste pagine. Ma torniamo al post della settimana scorsa. L’articolo che lo ha ispirato è di per se interessante, perché mette in relazione la qualità dell’aria in termini di trasparenza – ma il discorso non si allontana molto dalla qualità dell’aria in valore assoluto – con le variazioni della temperatura. L’analisi è stata condotta in Olanda, misurando il numero di giorni con buona e ottima visibilità e mettendoli in relazione con la quantità di radiazione solare che giunge alla superficie, di fatto aumentandone il riscaldamento.

Luigi Mariani, attento lettore nonché firma tra le più autorevoli dei nostri post, ha però sollevato una eccezione a questa ipotesi. Di seguito vi riporto il suo commento:

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luigi mariani 17 maggio 2012

Non è possibile! La mia mail di ieri sera testimonia il mio pregiudizio positivo nei confronti del lavoro in discussione. Debbo tuttavia dire che oggi ho letto l’articolo e sono rimasto molto, molto perplesso. La mia perplessità parte dalla figura 5 che si riferisce alla serie storica delle temperature medie annue di de Bilt, serie storica che ho la ventura di conoscere molto bene per ragioni legate alle mie indagini agro-climatiche. Questa serie è in sostanza stazionaria fino al 1986 dopodiché c’è un “gradino” con un aumento abrupto di oltre 1°C circa cui segue una nuova fase stazionaria che si protrae fino ad oggi. Nel suo piccolo dunque de Bilt è simbolo del grande shift climatico europeo degli anni 80 è lo è in modo particolare perché l’Olanda si trova proprio nel “letto” delle westerlies, il grande fiume d’aria che regola il clima europeo. Ecco, nella figura 5 i due autori propongono un trend sul periodo 1958-1983 (basso) e un altro sul periodo dal 1985 al 2010 (alto). Capirete tuttavia che in questo modo sul periodo 1985-2010 si crea un trend surrettizio e che scomparirebbe del tutto se solo si analizzasse il periodo 1990-2010. Non so cosa dire: mi sfugge come si possano prendere tali abbagli nei confronti di uno shift così evidente come quello del 1987, al punto non solo da ignorarlo ma anche da strumentalizzarlo. Per tranquillità mia ho rifatto questa sera l’analisi di discontinuità sulle temperature medie annue 1901-2011 applicando il test di Bai e Perron della libreria Strucchange di R a dati di fonte http://rimfrost.no. Ricordavo bene. Ho infatti ricavato che sulla serie e sull’arco di tempo di 111 anni viene evidenziata un’unica discontinuità termica che al 95% ricade fra 1984 e 1990, con il 1987 come anno più probabile. Inoltre la media 1901-1987 è di 9.2°C e quella 1987-2011 è di 10.4°C. Invio il diagramma frutto dell’analisi a Guido Guidi che può valutare la possibilità di pubblicarlo. A questo punto quale utilità può avere a mio avviso il lavoro in questione: semplicemente esso pone in evidenza che il cambio di fase del 1987, che è peraltro frutto di un cambio di fase delle westerlies peraltro assai bene evidenziato dagli indici NAO e AO, ha avuto come conseguenza una maggior frequenza di giornate soleggiate.

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Questa che segue è la figura 5 dell’articolo in questione:

Figure 5. The average yearly temperature in De Bilt during two periods of 26 years. Period 1 runs from 1958 (year 1) to 1983 (year 26); period 2 runs from 1985 (year 1) to 2010 (year 26). The straight lines represent linear regressions for the two periods. The variance of the temperature around the mean is large during both periods (R = 0.30 and 0.44 respectively). Nevertheless, the acceleration of the warming in the second period is significant. The trend in period 1 (period 2) is 0.022°C per year (0.044°C per year).

Sotto ancora il grafico della serie De Bilt citato da L. mariani nel suo commento:

Medie nei due sottoperiodi 1901-1986 e 987-2011 (blu). Media generale (verde). Anno più probabile di brakpoint (linea tratteggiata). Intervallo di confidenza del 95% (banda orizzontale rossa).

La serie di de Bilt ha avuto inizio nel 1898 ed una discussione critica circa le modalità di rilevamento e le vicissitudini della stazione di de Bilt si trova ad esempio su Climateaudit ove fra l’altro si dice che le modifiche di sensoristica avvenute nel 1980 non parrebbero aver causato problemi di disomogenità, per cui lo shift del 1987 sarebbe da ritenere di origine climatica e non strumentale.

Sul sito del Climexplorer del Servizio Meteo Olandese KNMI la serie di de Bilt viene presentata con l’aggiunta di altre serie [Delft/Rijnsburg (1706-1734), Zwanenburg (1735-1800 & 1811-1848), Haarlem (1801-1810) e Utrecht (1849-1897)] opportunamente omogeneizzate, in modo da creare un’unica serie indicata come “Labrijn series” che copre il periodo 1706-2000.

E’ evidente che la dicontinuità improvvisa del 1987 è completamente assente se i dati vengono presentati come hanno fatto van Beleen e van Delden. E’ altrettanto evidente che una per quanto incisiva ma comunque progressiva diminuzione della concentrazione di aerosol non può aver condotto ad un ‘salto’ termico così improvviso. Molto più accreditabile quindi l’ipotesi di un cambiamento di fase della circolazione, cui l’imptto degli aerosol può essersi sommato nel tempo. Questo shift in area atlantica è per molti aspetti simile a quello più noto registrato nel Pacifico dopo la metà degli anni ’70.

Ora, anche se non ci stancheremo mai di ripetere che la temperatura media superficiale non è l’integrale del sistema e men che meno lo possono essere i dati di singole stazioni, quando quelle singole stazioni sono portate ad esempio di cambiamenti di vasta portata come quelli indotti ad esempio dalla presenza di aerosol, si devono tenere in considerazione tutte le ipotesi. E nell’analisi dei dati atmosferici, NON si può non tener conto delle dinamiche della circolazione atmosferica! L’Olanda non è nella fascia anticiclonica sub-tropicale, non è nel bel mezzo delle calme equatoriali e non è nemmeno l’arcipelago delle Azzorre. E’ invece la porta delle corrente occidentali delle medie latitudini, è il canarino da miniera della posizione latitudinale delle storm-track, della zonalità del flusso alle medie latitudini.

Evidentemente gli autori cercavano un comportamento termico correlato con gli aerosol e lo hanno trovato, a prescindere da tutto il resto. Questo è bias, certamente involontario ma è bias. La volontà di confermare l’ipotesi ha fatto loro perdere di vista l’immagine generale.

Grazie a Luigi per aver reso possibile questo approfondimento.

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