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Rinascimento Nucleare – Parte seconda

Con un certo ritardo (circa un mese), dovuto ad un viaggio negli USA ed a motivi di lavoro, mi accingo a rispondere alle critiche mosse dall’utente Paolo B. nel suo commento all’articolo. Critiche che meritano rispetto, ed alle quali bisogna quindi rispondere, al fine di sgombrare il campo da ogni malinteso. Andiamo dunque punto per punto.

Prima di procedere, riproponiamo di seguito il commento di Paolo B.

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Paolo B. 23 aprile 2012

Qualsiasi crociata pro nucleare si scontra con l’insicurezza intrinseca di una centrale nucleare. Puoi metterci tutta la tecnologia che vuoi per garantirne la sicurezza, ma fondamentalmente produrre energia elettrica dalla fissione è intrinsecamente pericoloso. Resta poi il problema insormontabile delle scorie nucleari, non trattabili ed ineliminabili, a meno di non trasformare il pianeta in un globale cimitero di scorie, senza alcuna garanzia di tenuta ‘eterna’ a prova di fughe radioattive. Per non parlare degli enormi e crescenti costi di costruzione di una centrale, di demolizione di quelle obsolete e dello smaltimento delle scorie. Oltre che dell’esauribilità dell’uranio la cui produzione ha già piccato (o magari pensi al torio?), tanto è vero che yankee e Francesi ricorrono da tempo alle testate nucleari dismesse. Ne discende che la fissione non avrebbe mai dovuto essere impiegata, né ovviamente per scopi bellici, né per scopi pacifici. Nessuna produzione di energia dovrebbe comportare rischi per l’ambiente, ma tant’è. La fusione invece è ben lontana nel tempo dal diventare la cosiddetta energia inesauribile, considerando anche che serve solo a produrre energia elettrica e che non sostituirebbe affatto la grande versatilità del petrolio. Guido, non mi aspettavo che fossi filonuclearista. Peccato…

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A) Sicurezza. Nulla è sicuro al 100%, a questo mondo. A tale proposito, non possiamo non fare notare come le industrie (petrol)chimica ed estrattiva abbiano requisiti di sicurezza assai meno stringenti che non il nucleare, ed un tasso di incidenti molto più elevato, spesso con eventi gravi o gravissimi. Eppure, nessuno ha chiesto una moratoria sul petrolio dopo l’incidente del Golfo del Messico, né altri sono disposti a rinunciare al costo contenuto (tasse a parte!) dei prodotti chimici e petrolchimici: costi che inevitabilmente salirebbero, se venissero applicati gli stessi standard di sicurezza dell’industria nucleare. Faccio questo esempio non tanto per polemica professionale, quanto per comparazione reale tra il nucleare e (molte) altre fonti d’energia: come già scritto alcuni mesi fa, il nucleare è di gran lunga la fonte d’energia più sicura a parità d’energia prodotta. Inoltre, è da poco uscita l’anticipazione di due diversi studi, su Nature, eseguiti da WHO e UNSCEAR, sui rischi correlati al disastro nucleare di Fukushima (del quale si era già parlato, all’epoca, anche su Climate Monitor): essi concluderebbero che il rischio sanitario, correlato alla dose di radiazione assunta sia dai tecnici impegnati sul campo, che dalla popolazione evacuata, sia minimo se non insignificante; molto maggiore, invece, l’isteria sul tema, e relativi problemi psicologici indotti nella popolazione dal panico così diffuso.

B) Scorie e costi. Ci si perdoni l’ennesima autocitazione, ma anche di questi aspetti si era già parlato su questo blog.
Le scorie sono al 99% o riutilizzabili, o soggette ad un decadicamento naturale che le porta ad essere pressoché inoffensive entro tempi “umani”: fatte salve, ovviamente, le misure di sicurezza riguardanti i “rifiuti speciali”. Proprio considerandole tali, si può dire che oggi, in Europa, esse sarebbero pari solo allo 0.005% dei rifiuti industriali. Rimane un 1% ad elevata attività, quello che va confinato nei depositi permanenti, possibilmente ad elevata profondità: la proporzione coi rifiuti industriali tossici rimane la stessa. Insomma, la Terra sarebbe ben lungi dal trasformarsi in un cimitero di scorie pericolose a causa del nucleare! Mentre l’individuazione di depositi geologicamente adatti, ovvero la loro spedizione nello spazio profondo (soluzione tutt’altro che fantascientifica), permetterebbero di gestirle senza grossi problemi. In futuro, inoltre, si spera di poterle trasmutare in elementi meno pericolosi. I costi di costruzione delle centrali sono un argomento molto meno semplice di quel che sembri. Innanzitutto, l’investimento è in larga parte iniziale: i costi di manutenzione ed esercizio sono largamente minori, e soprattutto largamente competitivi con le altre fonti energetiche. Inoltre, si consideri che le centrali nucleari vengono costruite oggi per durare 60 anni, estendibili fino ad 80, ed entro i primi 15 rientrano dei costi di costruzione. Infine, esistono diversi modelli di reattore, con differenti potenze e costi. Senza analizzare uno ad uno questi fattori, è inutile parlare di costi del nucleare. Andrebbe poi ricordato come, nelle prime centrali costruite per un certo modello di reattore, i costi ed i tempi tendano naturalmente a lievitare, per via delle correzioni in corso d’opera, sia per motivi tecnici che burocratici: in ciò, l’industria nucleare è del tutto simile ad altre industrie; i costi andranno poi a regime. I costi dello smantellamento, invece, vengono accantonati annualmente durante l’esercizio della centrale, risultando quindi pressoché nulli alla fine: ammesso dunque che si portino le centrali a fine vita, e non si spengano dopo pochi anni come in Italia dopo il 1987 (lasciandoci tutti i costi, e pochissimi guadagni). Il kWh nucleare, in ogni caso, rimane il più competitivo di tutti: gli incentivi statali non sono una diminuzione del costo, ma un suo parziale spostamento dal costruttore alla collettività.

C) Picco dell’uranio. I dati del 2007, sono stati confermati ed anzi rivisti al rialzo già l’anno successivo (qui, qui e qui). Al tasso attuale di consumo, avremmo uranio per l’intero XXI secolo usando solo le risorse già scoperte, circa 5.5mln di tonnellate, a costi inferiori ai 130$/kg. Tuttavia, si stima che esistano altre 35mln di tonnellate di risorse economicamente sfruttabili, delle quali almeno 10mln entro i suddetti 130$/kg. Le notizie di picco dell’uranio, ed anche di un suo prossimo esaurimento, sono dunque totalmente false. Nel futuro, inoltre, questo potrebbe essere un falso problema: i reattori di IV generazione, infatti, hanno come principale obiettivo proprio quello di produrre più combustibile di quanto ne consumino(5). Un vantaggio su tutte le fonti energetiche esotermiche, non è vero?
L’uso di testate atomiche dismesse, per arricchire il combustibile nucleare, rientra proprio nei programmi di dismissione di queste testate per scopi pacifici, e non ha alcuna motivazione energetica.

D) Competizione con i combustibili fossili. Sicuramente non vedremo mai automobili ad energia nucleare: non sarebbe nemmeno augurabile. Tuttavia, in un auspicabile futuro di veicoli elettrici o propulsi ad idrogeno, servirà una grande quantità di energia prodotta esternamente, e quindi immagazzinata nei veicoli tramite questi vettori (batterie o idrogeno). O potremmo anche avere automobili ad aria compressa, il problema rimarrebbe lo stesso. Il nucleare garantirebbe una fornitura ampia e costante di energia, per produrre elettricità o idrogeno; in una rete elettrica che verrà sicuramente integrata da energie rinnovabili, smart grid e risparmio energetico (ma che non potrà basarsi solo su questi fattori).

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Published inAttualitàEnergia

Un commento

  1. Fabrizio Andreoli

    Chapeau……………..!

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