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Eventi estremi e Climate Change: Anche in Spagna nulla di fatto

Non è certo la prima volta che parliamo di cambiamenti climatici, eventi estremi e danni da essi provocati. Le analisi che abbiamo avuto modo di commentare sin qui hanno però quasi sempre riguardato l’oltre oceano a firma di Roger Pielke jr, sebbene qualcosa di più generale abbia trovato spazio anche nel recente report IPCC dedicato proprio a questo argomento.

Oggi ci avviciniamo un po’ a casa, più precisamente andiamo in Spagna. Su Natural Hazards and Earth System Sciences  è stato pubblicato un articolo focalizzato sui danni causati dagli eventi alluvionali.

Assessing trends in insured losses from floods in Spain 1971–2008

Dopo aver pulito le serie dal segnale dell’inflazione e dell’aumento del benessere, ovvero delle proprietà che possono essere potenzialmente danneggiate, la risposta è sempre la stessa. Il trend dei danni è in aumento molto significativo, ma al netto di quanto sopra scompare del tutto qualsiasi tipo di segnale.

Fig. 1. Spain’s flood insured losses 1971–2008 adjusted for inflation to 2008 Euros (linear trend in red).
Fig. 3. Spain’s flood insured losses 1971–2008 per million Euros premium paid adjusted for inflation to 2008 (linear trend in red).
Fig. 4. Spain’s flood insured losses 1971–2008 per million Euros dwelling value adjusted for inflation to 2008 (linear trend in red).

Risultato: il driver principale non è il cambiamento climatico. Chi l’avrebbe mai detto.

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Published inAttualitàEconomiaMeteorologia

7 Comments

    • Guido Botteri

      Tutto va male madama la marchesa… o forse no.
      C’è l’andazzo a interpretare ogni mutamento in negativo.
      Le statistiche sulla mortalità mensile, per esempio, dicono che si muore più nei mesi freddi che nei mesi caldi, eppure escono fior di studi peer review che affermano che con l’aumentare delle temperature (che, alla prova dei fatti, almeno finora si dimostra abbastanza contenuto, a dispetto degli allarmi) ci sarebbe meno cibo, milioni di morti, milioni di profughi climatici, e chi più ne pensa più ne mette, ogni sorta di disgrazia.
      Ma da dove gli vengono queste certezze, che, alla prova dei fatti (come ci conferma la notizia inviata da Max Pagano), si dimostrano del tutto fantasiose e arbitrarie ?
      La maggior parte delle terre si trova a nord (date un’occhiata ad un atlante), ci sono immensi spazi ora poco abitabili, pensate al Canada, alla Groenlandia, alla Siberia e tante altre zone dal clima eccessivamente rigido… davvero l’aumento di un grado o due farebbe così tanti danni ? Stento a crederlo, anzi non lo credo affatto.
      Hanno incolpato il minimo aumento di temperatura fin qui registrato delle colpe più fantasiose (più volte vi ho segnalato un sito in cui si riporta la lista delle malefatte attribuite ad un grado di aumento in più di un secolo…), ma io sono convinto che ad una verifica seria, molti di quei ricercatori dovrebbero spiegarci su che base hanno scritto quel che han scritto. Vorrei proprio poter seguire certi studi, verificare in che punto, e su quali dati e quali prove salti la conclusione della drammaticità di un grado di aumento in un secolo che avrebbe già causato danni immensi…
      Sono convinto che molti di quei ricercatori, in privato, mi confesserebbero di essersi dovuti o voluti piegare ad una pressione altrimenti insostenibile, o che per lo meno possono sopportare persone con un alto profilo di autostima, e di amore per la Scienza. Per dirla con Nigel Lawson, molti scettici sono tali perché hanno “le spalle larghe” e sono in grado di sopportare attacchi e denigrazioni, ed eventuali mobbing. Non hanno bisogno di piegarsi alle pressioni di nessuno.
      Saremmo alla fine del mondo ? Il pianeta sarebbe in pericolo ? Ma poi la realtà ci mostra conclusioni diverse, le isterie che ci hanno raccontato svaniscono come un incubo all’alba, quando ci svegliamo madidi di sudore, e ci accorgiamo che le nostre paure erano ombre della fantasia, e nella nostra camera è entrato un tiepido raggio di Sole.

  1. donato

    A volte si parte per fare un piccolo commento e … si scrive (quasi) un post. E’ quello che mi è capitato in questa occasione. 🙂
    La prima considerazione che ho fatto, leggendo il post, è stata: altri dati che “scagionano” il cambiamento climatico dalle responsabilità legate agli eventi estremi. La cosa mi dava un certo sollievo. Subito dopo mi sono augurato che, almeno da questo punto di vista, “quelli bravi” avrebbero potuto riconoscere un po’ di ragione alle tesi scettiche. In altre parole, leggendo il post, il report IPCC ed i lavori di R. Pielke jr., sembrerebbe sempre più evidente che gli eventi estremi non sono conseguenza del cambiamento climatico. Questo fatto sembrerebbe demolire clamorosamente uno dei pilastri del catastrofismo prossimo venturo: l’aumento degli eventi catastrofici conseguente al surriscaldamento globale di origine antropogenica. Nonostante ciò i media sono pieni zeppi di riferimenti continui al cambiamento climatico per ogni catastrofe, naturale e non, che affligge questo nostro povero mondo. Per problemi di lavoro ho sospeso la scrittura del commento e, in questo modo, ho avuto il tempo di riflettere, ancora una volta, sui corto circuiti mediatici che vengono a costituirsi intorno ai problemi connessi al riscaldamento globale. Ho ricordato, in particolare, che qualche sera fa, mentre facevo un po’ di zapping, mi capitò di ascoltare il resoconto della giornata da parte di un giornalista inviato nelle aree emiliane colpite dal terremoto. Non ci crederete, ma il nostro, con una serie di voli pindarici, riuscì a infilare il cambiamento climatico anche nelle vicissitudini drammatiche del terremoto. E a questo punto mi sono ricordato di un passo letto su un sito della “concorrenza” 🙂 che aveva ad oggetto proprio gli strani legami che, ormai, si sono venuti a creare tra il mondo della ricerca scientifica ed i media. Il brano, a parte l’analisi del rapporto tra scienziati e pubblico (mediato dai mezzi d’informazione di massa) che mi sento di condividere, dimostra, a mio avviso, due cose: che decontestualizzando un certo discorso si può dire tutto ed il contrario di tutto e che certe “sentenze” sono buone per tutte le stagioni. Dal punto di vista scettico sembrano perfettamente cucite sul corpo dei sostenitori dell’ipotesi AGW. Esse, però, erano utilizzate da un agguerrito sostenitore dell’AGW come arma contro gli scettici. Vedi i casi della vita 🙂 .
    Dal libro di Federico Di Trocchio “Le bugie della scienza”, con riferimento a quella che il prof. Tullio de Mauro ha definito “imbroglionica”, leggiamo:

    [Si tratta di una disciplina d’avanguardia che non costituisce materia di insegnamento, ma fa ormai parte integrante del bagaglio culturale degli scienziati di professione. Essa non consiste nel rendere credibile l’incredibile e l’impossibile alla gente comune, come fanno astrologi, maghi, guaritori e volgari impostori, ma nel fare la stessa cosa con i propri colleghi. Il che è nello stesso tempo più facile e più difficile. Più facile perché spesso gli addetti ai lavori sono stranamente più ingenui degli ignoranti.
    Ma imbrogliare gli scienziati è anche più difficile perché bisogna conoscere la materia e i dettagli delle tecniche sperimentali ….
    L’imbroglionica dunque è la scienza che insegna agli scienziati come imbrogliare gli altri scienziati. Questi a loro volta convincono i giornalisti i quali infine seducono le masse. Le quali masse non sono dunque le vere vittime dei falsi scientifici che, proprio per questo, non possono, a rigore, essere considerati come delitti contro la fede pubblica. [omissis] L’obiettivo reale è infatti costituito dagli scienziati che siedono negli organi statali di finanziamento della ricerca e che hanno il potere di decidere quali studi e quali ricercatori debbano essere sostenuti economicamente …]

    Le considerazioni di F. Di Trocchio, visto il pulpito da cui venivano declamate, probabilmente, si riferiscono agli scienziati scettici al soldo delle big oil. 🙂
    A mio giudizio, però, riescono a descrivere perfettamente ciò che sta avvenendo intorno alle tesi che sostengono la validità della proposizione:
    cambiamento climatico => maggiori catastrofi.
    Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      Donato, stavo giusto preparando un pezzo sullo stesso articolo 🙂
      Ok, anche se c’è qualche ripetizione, lo mando lo stesso.

      L’imbroglionica, secondo Shelburn.
      (Variazioni su un articolo di fede gaia, riconvertito a solido rispetto scientifico della scienza umana.)
      Una ricerca, anche se si incanala nel coro (quasi) unanime di consenso che è stato creato intorno alle vicende della questione climatica, va considerata con attenzione, e verificata.
In realtà se si approfondisce, se si leggono le forti obiezioni degli scettici, con le modalità di richieste di investimenti di fondi pubblici per validare la scoperta stessa, lo scetticismo è “necessario”.
La vicenda ha infatti spesso molti aspetti in comune con tanti altri casi, che hanno riguardato anche il tema dei cambiamenti climatici. Casi di tesi deboli, se non strampalate, che hanno ottenuto notorietà per un breve periodo per finire poi cestinate senza appello. A volte per imperizia dei proponenti, altre per la ricerca di visibilità, altre volte per i vantaggi di cantare nel coro, altre ancora per interessi meno trasparenti.
La storia della scienza è piena di esempi di studiosi svogliati, furbi, ma anche bugiardi e disonesti. Il libro di Federico Di Trocchio “Le bugie della scienza” è una rassegna divertente e impietosa dei casi più clamorosi, degli imbrogli di scienziati anche famosi. L’antica arte dell’imbroglio è diventata secondo Di Trocchio una disciplina scientifica, con tanto di nome, coniato da Tullio de Mauro, “Imbroglionica”:
      “Si tratta di una disciplina d’avanguardia che non costituisce materia di insegnamento ma fa ormai parte integrante del bagaglio culturale degli scienziati di professione. Essa non consiste nel rendere credibile l’incredibile e l’impossibile alla gente comune, come fanno astrologi, maghi, guaritori e volgari impostori, ma nel fare la stessa cosa con i propri colleghi. Il che è nello stesso tempo più facile e più difficile. Più facile perché spesso gli addetti ai lavori sono stranamente più ingenui degli ignoranti.
Ma imbrogliare gli scienziati è anche più difficile perché bisogna conoscere la materia e i dettagli delle tecniche sperimentali…
L’imbroglionica dunque è la scienza che insegna agli scienziati come imbrogliare gli altri scienziati. Questi a loro volta convincono i giornalisti i quali infine seducono le masse. Le quali masse non sono dunque le vere vittime dei falsi scientifici che, proprio per questo, non possono, a rigore, essere considerati come delitti contro la fede pubblica. Sono piuttosto truffe…
L’obiettivo reale è infatti costituito dagli scienziati che siedono negli organi statali di finanziamento della ricerca e che hanno il potere di decidere quali studi e quali ricercatori debbano essere sostenuti economicamente e con quanto…”
      Anche nel campo dei cambiamenti climatici ci sono diversi esempi di imbrogli, o quantomeno di tesi sostenute senza le necessarie verifiche e cautele, a volte teorie o illazioni buttate lì senza cura. Ce ne sarebbero tante, che a volte tralasciamo per la loro palese insensatezza o per non doverci ripetere.
Sul famoso caso del “Climategate” che secondo alcuni avrebbe mostrato i presunti imbrogli degli scienziati del clima, per attribuire un maggiore peso alle attività umane negli attuali cambiamenti climatici, e che è stato archiviato come un caso privo di sostanza, forse troppo frettolosamente, e forse con eccessiva indulgenza, mi riservo di fare una più profonda disanima (ma mi ci vorrà molto tempo).
      L’umanità intera sarebbe felice di scoprire che il riscaldamento globale non c’è, o che non è colpa nostra, o che esistono forme di energie accessibili senza grandi sforzi e a prezzi modesti, ma è necessario applicare il necessario scetticismo (in ogni direzione, anche in quella dei catastrofisti) e non perdere tempo e energie in strade che non portano a nulla, motivate spesso da interessi monetari a breve termine, come certe fonti c.d. “rinnovabili” ma che “rinnovabili” non sono, perché non basta che il Sole e il vento lo siano…anche le tecnologie lo hanno da essere, e per l’intero ciclo di produzione.
      Per chi non è esperto del settore, a volte non è facile districarsi fra le tesi contrapposte. Però ci sono alcune regole che possono essere seguite.
Innanzitutto va ricordata la celebre frase di Carl Sagan “Extraordinary claims require extraordinary evidence”: “se la scoperta è sensazionale, anche le prove devono essere straordinarie”, e non basta una pallida apparente correlazione o il principio di precauzione. Inoltre, se il contesto in cui la ricerca si colloca si mostra opaco, con interferenze della politica, dell’ideologia o della religione (magari quella pagana), o degli interessi personali, lo scetticismo è ancora più doveroso.
Infine, se chi sostiene la tesi straordinaria mostra riluttanza a discutere davvero nel merito, ma si comporta da avvocato difensore, magari rispondendo con stizza o arroganza alle critiche che vengano mosse, o rifiutando di consegnare dati e metodi che dovrebbero essere pubblici, nonostante precise e reiterate richieste a norma di legge (FOI) la probabilità che sia tutta una bufala raggiunge la (quasi) certezza.
Anche gli scienziati sono esseri umani, e per questo molti degli errori fatti o che si faranno per cercare di risolvere i problemi dell’energia e del clima possono essere scusati. Ma in un periodo in cui i fondi pubblici alla ricerca sono più miseri che mai, distinguere la ricerca seria dall’imbroglionica è più che mai importante.
       

    • donato

      Ultimamente, caro Guido, siamo piuttosto in sintonia 🙂 . Il bello è che (purtroppo) non ci siamo mai incontrati se non sulle pagine di CM e, tra l’altro, da poco più di un anno. A volte, però, sembra che ci conosciamo da sempre, tanto sono affini i nostri modi di ragionare e di esporre le nostre idee. Idee maturate in modo completamente indipendente, bisogna precisare!
      Il commento è OT rispetto all’argomento, ma sono restato letteralmente stupefatto per quanto è successo per cui, dopo aver letto il commento di G. Botteri, non ho resistito. 🙂
      Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      Io non saprei come contattarti, tu invece mi puoi trovare facilmente su facebook.

    • donato

      Non ci crederai, ma non ho un account facebook. 🙂
      Ho anche io le mie fisime e piccole paranoie: una di queste è l’avversione per i social network. Ad ogni buon conto ho visionato la tua pagina facebook (per quel che è possibile a un utente non registrato, ovviamente). Alla fine, probabilmente, vincerò la repulsione e mi registrerò. Vedremo, mai dire mai.
      Ciao, Donato.

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