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Per chi mastica statistica

Fine agosto, tempi di fermo biologico per parecchie specie ittiche, ma qualcosa mi dice che questo post originatosi da una visita a casa del “solito” Antony Watts, farà felice più di qualcuno tra i lettori di CM. Il più contento di tutti però sarà l’altra anima di questo blog, CG, che queste cose me le aveva spiegate già parecchio tempo fa.

Di che si tratta? Semplice, della madre di tutte le ricerche, del più discusso di tutti i grafici, del più abusato dei preconcetti che la scienza del clima abbia mai conosciuto, l’Hockey Stick, naturalmente.

Temperature stabili, clima placido, Terra benigna e vita prospera per un millennio o giù di lì, poi zac, ecco arrivare la zampa dell’homo industrialis e tutto va in malora. Le temperature schizzano verso l’alto e inizia a piovere dove non pioveva, seccarsi dove non era secco, nevicare dove non nevicava e far caldo dove faceva freddo. Insomma, un casino.

Tutto efficacemente mostrato appunto dall’Hockey Stick.

Problema: quella ricostruzione, se la togli e ci metti le serie storiche dei numeri di Topolino o della caduta dei miei capelli (questa sì tragicamente inarrestabile), genererà sempre e comunque un bastone da hockey, piatto prima e filante verso l’alto poi, per effetto dell’abile mescolanza tra la scelta dei contenuti e il trattamento statistico (che qualche buonempone ha definito “valore aggiunto”) ad essi riservato.

Provare per credere. Con questo tool in Excel e con le istruzione che chi lo ha generato fornisce, potete provare a fabbricare il vostro Hockey Stick personale. Leva questo, metti quello, accorcia lì, allunga quell’altro, non se ne esce, sempre a a hockey si gioca.

Enjoy.

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Published inAttualitàClimatologia

3 Comments

  1. Mauro

    Interessante. Anche in relazione a tutto questo volevo fare una domanda: secondo voi cosa ne pensano i 470 minatori della Carbonsulcis di “Hockey Stick” e Co2, visto che,quasi sicuramente, perderanno il lavoro? ….da Il Sole 24ore.com di oggi: “…Il nodo è il progetto di rilancio della miniera stessa, con la produzione di energia pulita dal carbone attraverso lo stoccaggio di CO2 nel sottosuolo. Un progetto di riconversione da circa 200 milioni di euro da realizzare in collaborazione con l’Enel. «Il progetto sarebbe dovuto partire a dicembre dello scorso anno… La Regione lo aveva presentato alla Commissione Ue che, però, ha chiesto nuova documentazione. Nel frattempo siamo venuti a sapere che il governo non vuole prendere in considerazione l’idea di una centrale nel Sulcis per privilegiare quella dell’Enel di Porto Tolle…”
    A me risulta,però, che il progetto verrebbe finanziato con un prelievo nella bolletta di tutti gli italiani…come al solito 🙁 e che, particolare non da poco, il carbone cinese costa meno della metà del nostro. Saluti

    • maurizio rovati

      Parafrasando la famosa battuta (E’ la stampa, bellezza e non ci puoi fare niente- H. Bogart in Quinto potere) mi vien da dire che “è la decrescita, bellezza”. Non so se sia felice, ma dopo aver goduto di anni e anni di miniera ci può anche stare. Sulcis in fundo…?

    • donato

      Convengo con M. Rovati. Tutto ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni è la conseguenza logica ed inevitabile delle scelte energetiche e di sviluppo industriale effettuate fino ad oggi. Alcoa, Ilva, Sulcis e, prima di esse, Montedison, rappresentano i casi più eclatanti di quella “decrescita (in)felice” tanto cara a certi ambienti. Per quel che riguarda il carbone del Sulcis, per quel che ne so, è molto costoso e di qualità non eccezionale, nonostante ciò, però, il destino dell’ultima miniera di carbone italiana è segnato (e non da ora) a causa delle politiche di decarbonizzazione dell’economia italiana. I quasi cinquecento lavoratori di quella miniera resteranno a casa, in cassa integrazione, e non credo che potranno essere “riciclati” in qualche lavoro “verde”. Dopo i più anziani, forse, saranno accompagnati alla pensione, gli altri abbandonati a se stessi. Stessa sorte per i lavoratori dell’Alcoa (messa fuori mercato dal costo proibitivo dell’energia italiana).
      La mazza da hockey, come possiamo vedere, sta colpendo pesantemente le fasce più deboli della società. Non è un innocuo gioco statistico. Ogni giorno che passa mi rendo conto che essa ha un taglio molto affilato ed incide profondamente nelle membra delle (ex)opulente società occidentali.
      Così, mentre ci si accanisce negli infiniti dibattiti per stabilire se la famigerata mazza sia o meno responsabilità dell’uomo, le scelte economiche ed energetiche conseguenti al trattato di Kyoto (fondato, tra l’altro, proprio sulla mazza da hockey) stanno cominciando a cambiare la faccia della nostra società.
      Come ha scritto in altra parte di CM A. de Orleans-B., ci stiamo avviando verso un futuro miserabile. Ed il guaio è che lo sappiamo e non stiamo facendo nulla per impedirlo (il plurale vale per la società nel suo complesso e non per chi urla nel deserto senza essere ascoltato, ovviamente).
      Ciao, Donato.

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