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Carbon contest

Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato un post circa uno studio recente che avrebbe misurato/osservato una diminuzione della quantità di nubi che coprono mediamente il Pianeta.

Uno dei nostri lettori, Alvaro de Orleans-B. ha posto una domanda interessante, lanciando al contempo una simpatica sfida a tutti gli altri frequentatori di queste pagine. Perché tutti possano leggerla e decidere se cimentarsi o meno la elevo al rango di post, pregando di convogliare qui eventuali commenti e/o risposte. Al tempo stesso, se credete potete utilizzare la nostra mail info@climatemonitor.it per inviare materiale o altro che supporti la vostra spiegazione.

Quanto segue è il testo del commento di Alvaro.

[info]

[…] Vi debbo confessare un mio insuccesso, ma forse, se CM (attraverso Guido che già conosce questa mia già “antica” frustrazione) lo consentisse, lo potrei rettificare in questa sede con un mini-concorso del tutto informale.

La premessa: dopo qualche miliardo (o decina di miliardi?) di dollari di ricerca sul GW, la risposta alla domanda che pongo qua sotto dovrebbe essere veloce e alla portata di chiunque, al massimo con un paio di click su Internet. Nel mio caso senza successo, perchè purtroppo di risposte ne ho trovata solo una, una pubblicazione di un gruppo di studenti tedeschi in tempi non sospetti (1998 o giù di lì) e mi pare un pò troppo solitaria per considerarla definitiva… avrò sicuramente cercato male e quindi ho calcolato la risposta — ma il risultato non mi convince…

Offro quindi un premio di 200 EURO al primo che, in queste pagine, risponda ad una semplice domanda e che la cui risposta non venga “falsificata” entro 7 giorni dagli altri lettori, sempre in queste pagine. Pregherei poi CM di proclamare il vincitore e di darmi le sue coordinate per saldare il mio debito! Non vi sono altre condizioni.

Per contestualizzare la domanda: supponiamo che a livello del mare alla nostre latitudini in un qualsiasi giorno estivo di sole senza nuvole una roccia di emissività normale avrà raggiunto verso le ore 14 una temperatura superficiale, diciamo, di 45 gradi C con una temperatura dell’aria di 30 gradi C ed una umidità relativa del 50%. La domanda è semplice — sempre attraverso queste pagine accetterei con riconoscenza qualsiasi suggerimento per redigerla meglio — ed è la seguente:

[blockquote]

“Misurandola a partire dalla roccia, di quanto si accorcia la lunghezza del percorso atmosferico che avrà fatto assorbire alla CO2 nelle sue bande di assorbimento il 90% della radiazione infrarossa emessa dalla roccia in quelle bande se la concentrazione media attuale atmosferica della CO2, arrotondata a 400 ppm, aumentasse del 50% raggiungendo le 600 ppm?”

[/blockquote]

Suggerimento: applicare la legge di Beer-Lambert.

Piccolo divertimento accessorio: chiedete agli amici una stima di questo percorso, calcolate la media e lo scostamento medio delle loro risposte e comparate il tutto con la risposta calcolata.

Grazie fin d’ora a CM se vorrà ospitare questa piccola manifestazione di curiosità — non tanto per il numero che risultasse quanto per le sue implicazioni.

[/info]

Ecco qua. Buon divertimento.

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Published inAttualità

18 Comments

  1. stefano

    Grande Alvaro !
    … mi riferisco sopratutto al commento sul fatto che i piloti sono sempre troppo appiccicati al costone…
    Nato prapendista, passando in aliante mi sono subito reso conto che chi comanda le termiche è sempre il vento meteo, quindi spesso è uno sbaglio cercare le ascendenze pensando che siano solo attaccate ai costoni… Poco, pochissimo vento meteo, basta a far partire e mantenere in vita una bella giornata. Se non c’è proprio vento meteo allora saranno le brezze di valle da farla da padrona. E solo quando e dove le brezze di valle cessano il loro effetto, quasi sempre malefico sulle Alpi, più spesso fantastico sugli appennini, si può trovare anche in giornata con pressione “alta”, o sperare di trovare, L’INSTABILITA’ DI COSTONE… che ha mietuto così tante vittime fra gli amici aliantisti.
    Ci sono moltissimi “punti caldi” in giro per le montagne che si portano dietro il segreto per allungare moltissimo i nostri voli (o darci la planata per il rientro). Tutti sono caratterizzati da un mix “diabolico” di terreno roccioso, di conformazioni non sempre ideali per la sicurezza del volo, e chissa come mai quasi sempre si trovano in posti e a distanze spesso tali per cui sbagliare l’aggancio significa rischiare grosso… e questo inevitabilmente porta alla conclusione prematura di qualche volo, solitamente alla quota dell’inversione dove si è tentati di insistere per cercare di bucarla anche quando si dovrebbe sapere che non è possibile…
    Si narra di piloti inglesi di deltaplano che sono riusciti a far staccare una termica facendo scappare un grecce di pecore, altri (francesi) che l’han fatto urlando contro una parete rocciosa… Ho delle tracce dei miei voli fatti strisciando per chilometri sui fianchi delle montagne a quote che qualche volta mi han permesso di saltare diversi colli…
    Cosa centri tutto questo con la CO2 (e più con il vapore acqueo e i “germi” d’aggregazione), però, resterà un mistero fin tanto che non ci sarà un sensore dedicato per l’Ipad….
    Intanto tengo sempre ben a mente che ho perso, con un aliante motorizzato 18m, ben 600 metri in una sola virata a 180° semplicemente perchè son finito sottovento ad una montagna e ad un bellissimo ed inarrivabile cumulo a 1000m sopra una cresta… Non sempre quando si fanno i 4000m si può andare in giro per montagne e colline a occhi chiusi…

  2. donato

    Il lavoro di J. Nicol citato da Alvaro è molto interessante e, per vie diverse, conferma il fatto che la radiazione infrarossa viene assorbita, per la massima parte, negli strati atmosferici più vicini alla Terra. Fino ad ora ho utilizzato il termine “assorbita” con riferimento alla radiazione infrarossa. In realtà tale termine è alquanto impreciso e, puntualmente, Tore Cocco lo ha sottolineato. In effetti egli ha ragione. La radiazione infrarossa, infatti, interagisce con le molecole di CO2 determinando un aumento della loro energia cinetica e, quindi, riscaldando il gas (quindi l’aria). In questo senso, pertanto, deve intendersi il concetto di assorbimento. Se le molecole di CO2 sono molto numerose (maggiore concentrazione), intercetteranno più facilmente la radiazione infrarossa e, quindi, diminuirà lo spessore dello strato di gas che sarà eccitato. In altre parole se con una concentrazione di CO2 di 380 ppm le molecole di CO2 eccitate dalla radiazione infrarossa si concentrano in uno strato di 25 m da terra, con una concentrazione doppia di CO2 esse si concentreranno in uno strato di 12/13 m. Nel suo lavoro J. Nicol sostiene che la concentrazione limite di CO2 che determina la saturazione dell’atmosfera è molto minore di quella attuale. Con la fig. 6 del suo lavoro, infatti, egli ritiene di aver dimostrato che anche raddoppiando la concentrazione di CO2, lo strato di atmosfera in cui la radiazione infrarossa ha effetto sulle molecole di CO2, resta praticamente immutato.
    Una volta che la CO2 è stata eccitata, però, essa trasferisce la sua energia cinetica ad altre molecole che costituiscono l’atmosfera a seguito degli urti con esse. In mancanza di urti, però, l’energia in eccesso viene restituita sotto forma di radiazione (attraverso l’emissione di fotoni) per cui la molecola ritorna nel suo stato di equilibrio. Questa radiazione, a sua volta, interagirà con altre molecole oppure avrà una lunghezza d’onda tale da attraversare l’atmosfera come se essa fosse trasparente. In altri termini la radiazione infrarossa “riscalda” lo strato d’aria più vicino alla superficie e, successivamente, per convezione l’aria trasporta in alto il calore. Nel frattempo le molecole di CO2 e di altri gas serra emettono radiazione infrarossa a lunghezza d’onda tale da interagire con altre molecole o da sfuggire verso lo spazio esterno. Quantificare questo discorso qualitativo, però, è molto difficile, come riconosce lo stesso Nicol. Ed è questo il motivo per cui i climatologi fanno ricorso ai modelli matematici per schematizzare il bilancio radiativo della Terra. E qui cominciano i problemi che alimentano il dibattito sul riscaldamento globale. Quanta parte di energia viene trasmessa per convezione e quanta per irraggiamento? Quanta parte dell’energia trasmessa per irraggiamento ritorna verso terra con chiaro effetto riscaldante? Quanta parte dell’energia radiativa emessa dalla CO2 sfugge nello spazio con altrettanto chiaro effetto raffreddante? Esiste un meccanismo che determina l’equilibrio del sistema modificando la “miscela” tra effetto riscaldante ed effetto rinfrescante?
    Insomma le solite domande che tormentano gli scettici ed a cui nessuno è riuscito a dare risposte convincenti per tutti.
    Come non sarà convincente per tutti, del resto, quella che io ho dato al quesito proposto da Alvaro. 🙂
    Cn questo credo di aver espresso il mio parere (personale e non da esperto, per carità) anche sul punto 4 dell’ultimo commento di Alvaro. Ciao, Donato.

  3. Tore Cocco

    Ebbene la domanda è formulata in maniera incompleta, e quindi per adeguarmi vi do una risposta precisissima e un pochetto ambigua, la radiazione non viene mai assorbita, MAI! A prescindere dalla concentrazione della CO2, la radiazione riuscirà sempre e comunque a passare l’intera colonna 🙂

    scriverò un post per chiarire meglio, arriverà nei prossimi giorni. Saluti

    • donato

      Proprio oggi mi chiedevo come mai Tore Cocco non partecipava ad una discussione di questo tipo. E’ proprio il caso di dire: lupus in fabula! 🙂
      Sono molto curioso di leggere il post.
      Ciao, Donato.

  4. Paolo da Genova

    Non rispondo nemmeno alla domanda, la risposta è una supercazzola prematurata evidente come se fosse antani… altre domande?

  5. donato

    Ho cercato di approfondire il quesito posto da Alvaro e ho potuto ottenere qualche risultato anche se non sono riuscito ad ottenere il “numero” che egli desidera.
    Inquadriamo il problema dal punto di vista teorico. Un fascio di radiazione (luminosa, infrarossa, UV e via cantando) attraversa una soluzione e ne emerge in modo attenuato. Ipotizzando che il solvente ed il contenitore della soluzione siano del tutto trasparenti, la responsabilità dell’attenuazione dellintensità del fascio di radiazione luminosa deve essere attribuito interamente al soluto. Bouguet, prima e, successivamente, Lambert e Beer hanno trovato nel lontano 1700 un modo per quantificare l’attenuazione dell’intensità della radiazione. Oggi la legge di Lambert-Beer, come viene comunemente chiamata, è basilare per determinare sperimentalmente la concentrazione di soluti e, in modo estensivo, le concentrazioni di sostanze in miscele gassose. NOx, CO, PM10, CO2 e via cantando, per esempio, sono determinati con strumentazioni basate sulla legge di Lambert-Beer. Essa, inoltre, è applicata in tutti i laboratori ove si studiano soluzioni chimiche e/o biologiche.
    In tutti questi casi, però, l’incognita è la concentrazione del soluto o della sostanza dispersa nella matrice gassosa. Il dato, invece, è rappresentato dalla lunghezza del cammino ottico (perfettamente misurabile negli apparati sperimentali). Alvaro chiede di utilizzare la legge di Lambert-Beer al contrario: nota la concentrazione si determina la lunghezza del cammino ottico. In teoria il problema sembra semplice in quanto si tratterebbe di applicare una banalissima formula inversa (equazione di 1° grado, tanto per intenderci). Il problema, però, è rappresentato dal valore di alcuni termini che compaiono nella formula e che sono di difficile determinazione, almeno per le mie modeste disponibilità sperimentali. A questo punto possiamo passare a qualche formula.
    Un modo piuttosto elegante per scrivere la Legge di Lambert-Beer è il seguente:

    A=a*b*c

    Nella formula
    – “A” è l’assorbanza, cioè una grandezza fisica che rappresenta la frazione di radiazione luminosa che viene trattenuta dalla soluzione;
    – “a” è una costante di proporzionalità denominata assorbanza specifica della sostanza che si sta analizzando;
    – “b” è la lunghezza del cammino ottico percorso dalla radiazione;
    – “c” è la concentrazione del soluto.
    Nella pratica si utilizza una versione leggermente diversa di questa formula (reperibile al sito http://www.biologia.unige.it/corsi/morelli1/12.pdf )

    A=ε*b*M

    Nella formula
    – “A” è l’assorbanza;
    – “ε” è l’assorbività o assorbanza specifica molare della sostanza che si sta analizzando;
    – “b” è la lunghezza del cammino ottico percorso dalla radiazione;
    – “M” è la molarità della soluzione.

    Nel nostro caso “A” è nota in quanto si richiede la lunghezza del cammino ottico che determina un’assorbanza del 90% della radiazione infrarossa emessa dalla roccia, “c” è la concentrazione della CO2 (400 ppm o 600 ppm, da trasformare, però, in altre unità di misura). I dati mancanti sono: il cammino ottico (che rappresenta la nostra incognita) e l’assorbanza specifica.
    L’assorbanza specifica rappresenta, almeno per me, l’ostacolo principale in quanto è un parametro che dipende fortemente dalla lunghezza d’onda della radiazione che attraversa la soluzione. La dipendenza, inoltre, non è lineare per cui all’aumentare della concentrazione aumenta, raggiungendo un massimo in corrispondenza di una determinata concentrazione, salvo poi diminuire per valori superiori a quello di picco.
    Nella realtà, inoltre, intervengono fattori di disturbo come la turbolenza dell’aria, radiazioni parassite che interferiscono con quella principale dovute a rifrazione e riflessione per cui, ammesso di riuscire a calcolare il valore numerico richiesto da Alvaro, io ho fortissimi dubbi circa la sua valenza fisica quale integrale del sistema che stiamo esaminando.
    In altre parole il gioco potrebbe non valere la candela. 🙂
    Nelle ricerche che ho svolto, comunque, un numero credo di averlo trovato. Esso, però, mi lascia molto perplesso.
    Alvaro, in uno dei suoi commenti, ha citato uno studio.

    http://pubs.acs.org/doi/pdfplus/10.1021/ed074p316

    Nell’abstract dell’articolo, se non ho interpretato male l’inglese, è scritto che il 99% della radiazione infrarossa emessa nell’intervallo compreso tra 2390 e 2275 cm -1, è assorbita nei primi 25 m (??) di atmosfera. Questo significa che, passando da una concentrazione di CO2 di 400 ppm ad una di 600 ppm, il cammino ottico della radiazione infrarossa dovrebbe ridursi a 16/17 m (sempre che la legge di Lambert-Beer sia applicabile al nostro caso specifico in modo tale da consentire di ottenere risultati significativi). A me, onestamente, sembra un po’ poco e ho moltissime perplessità circa l’adeguatezza della legge di Lambert-Beer a rappresentare un sistema complesso come quello atmosferico.
    E con questo credo di aver esaurito le mie possibilità di rispondere alla domanda posta da Alvaro in quanto, secondo me, per rispondere in modo esauriente, si dovrebbe disporre di apparati sperimentali di cui non dispongo o, in alternativa, accedere a banche dati che a me sono inaccessibili.
    Ad ogni buon conto un grazie di cuore ad Alvaro per aver stimolato la mia curiosità e suscitato interesse per una disciplina che non è molto vicina ai miei campi di interesse. Ho potuto affacciarmi ad orizzonti nuovi ed affascinanti.
    Ciao, Donato.

    • Alvaro de Orleans-B.

      @ donato:

      Lei scrive: “Nelle ricerche che ho svolto, comunque, un numero credo di averlo trovato. Esso, però, mi lascia molto perplesso”

      E’ la stessa perplessità mia… il percorso di saturazione, inteso come quella distanza entro la quale viene assorbita praticamente tutta la radiazione immessa, è così breve da risultare fortemente anti-intuitivo — rispetto al suo picco di radiazione, la roccia calda risulta immersa in una “nebbia” padana, con visibilità di pochi metri!

      Al riguardo:

      1. questa è la ragione per stimolare un “ragionamento pubblico” ed invitare chiunque a verificarlo, nel senso che una cosa è leggere in fretta il risultato in una pubblicazione e un’altra è valutarla tutti insieme con spirito critico — non sarà tanto “peer” ma è pur sempre un “review”;

      2. anche perché se il suo percorso di saturazione fosse veramente così breve (parliamo di pochi metri), diventa difficile capire perché l’aumento della CO2 rappresenti un rischio così alto per il clima, dato che la CO2 attuale assorbirebbe già tutta la radiazione e l’aumento non cambierebbe nulla;

      3. peraltro, o esiste un vero rischio, magari in base a meccanismi del tutto diversi, oppure diventa legittima la curiosità di capire come siano state promosse e realizzate le notevoli istituzioni di ambito planetario (IPCC, Kyoto, carbon trading) orientate a ridurre l’emissione della CO2 e/o a mitigarne gli effetti — in altre parole, in base a quali evidenze decidiamo poi le nostre azioni collettive?

      4. devo però confessare che il mio interesse personale è completamente diverso e, nel mio piccolo, per me più importante: pratico un sport, il volo a vela, che soffre di un elevato tasso di incidenti mortali quando (spesso!) si vola vicino (~ 30-50 metri) ad un pendio assolato. Piloti anche molto esperti subiscono incidenti apparentemente inspiegabili, “cadendo” improvvisamente sul pendio, ma le spiegazioni classiche (micro-downburst super-adiabatico) non mi convincono.
      A mio parere il nostro semplice modello mentale “…il sole scalda la roccia, la roccia scalda l’aria per contatto, l’aria sale” è incompleto o addirittura sbagliato. Se risultasse che, grazie alla CO2 (e al vapore acqueo) la radiazione infrarossa della roccia scaldasse l’aria a distanza di qualche metro ancor più che per il contatto superficiale roccia-aria, il modello mentale (e il pilotaggio) dei volovelisti potrebbe cambiare sostanzialmente: “…il sole scalda la roccia, l’irraggiamento della roccia scalda l’aria entro qualche decina di metri, l’aria sale” e indurci a stare più lontani dal pendìo — perché l’origine dell’aria più calda non si troverebbe più a contatto con la roccia, ma a qualche decina di metri da essa.
      Resta da scoprire se la maggior parte di trasferimento dell’energia dalla roccia calda all’aria avviene per contatto o per irraggiamento — qualcuno ha qualche idea in merito?

      5. Le osservazioni di donato sono rinforzate, affrontando il suo legittimo dubbio “…il gioco potrebbe non valere la candela”, da una pubblicazione (purtroppo in inglese) molto più approfondita del 2008, che conferma la brevità del percorso di saturazione ma estende l’analisi ad un bilancio termico/radiativo molto più articolato:

      http://www.middlebury.net/nicol-08.doc

      Se i calcoli di Nicol sono corretti, la fig. 7 della pubblicazione dà molto da pensare.

      6. …circa il mini-concorso, se entro il 18 settembre non vi sono obiezioni, presumo che sono debitore nei confronti di donato, che offre una stima di 8-9 metri per l’accorciamento del 99% (in luogo del 90%) della radiazione infrarossa.

      Nel frattempo grazie a tutti e a CM,
      Alvaro

    • agrimensore g

      Ragazzi, un momento… Premesso che sul tema sono estremamente arruginito, e quindi potrei scrivere un cumulo di sciocchezze, ma a me sembra che lo studio si riferisca a numeri d’onda (unità di misura cm-1), cioè inverso di lunghezze d’onda, della fascia del visibile (se non ho sbagliato la divisione siamo appena oltre i 400 nanometri). Lì la CO2 non credo assorba granchè. Bisogna andare verso i 15000 o 16000 nanometri, se non sbaglio, per valutare gli effetti dell’assorbimento (se ho scritto una sciocchezza fatemelo notare, non mi offendo 🙂 )

    • agrimensore g

      oops… credo di aver sbagliato di un fattore 10, in effetti dovrebbero essere proprio la fascia di numeri d’onda in cui la CO2 assorbe. Comunque le osservazioni di Donato mi sembrano convincenti,

  6. Maurizio Rovati

    Ma poi si fa anche la verifica sperimentale?

    Mi dispiace per i 200 euri perchè purtroppo non sono in grado concorrere e ultimamente bigoil mi ha tagliato del 50% i fondi.

    • Alvaro de Orleans-B.

      Sfruttando un fenomeno fotoacustico, una divertente verifica sperimentale “low cost” — anche se per una concentrazione di CO2 più alta — la si può già trovare in:

      http://pubs.acs.org/doi/pdf/10.1021/ed8000446

      Ad una concentrazione di CO2 cinquanta volte superiore a quella atmosferica, la saturazione inizia attorno ai 10 centimetri di percorso…

    • maurizio rovati

      Già, la saturazione spiega bene il perchè il mondo non è mai andato arrosto anche in presenza di concentrazioni di CO2 10 volte maggiori.
      Ma la Saturazione è cosa prettamente scientifica? O, nel nostro caso, è solo orientata politicamente da un’ideologia mercenaria e/o cospirativa?
      Mi spiego.
      Un paper (Lewandowsky et al) sostiene con prove scientifiche, dice lui, che chi s’oppone al consenso è pagato da bigoil e/o crede alle teorie cospirative come il falso sbarco lunare.

    • Maurizio, a parte l’intrinseca debolezza del genere di ricerca cui fa riferimento il papero che hai citato, faccio notare che il complottismo, almeno nella forma che nega lo sbarco sulla luna e, visto che siamo in una triste ricorrenza, anche l’11/9, é proprio e anche caro a una parte consistente di quanti coltivano l’AGW. Noto un po’ di confusione nella tirata di Lev. Et al.

    • Maurizio Rovati

      Guido, il dettaglio non mi era sfuggito, anzi il mio primo pensiero è stato: “il classico bue che dà del cornuto all’asino…”.

  7. franco

    …uhmm….vabbè!… nun me ricordo bene…maaaa!!…posso esse interrogato a prossima vorta pressò??????

    • Alvaro de Orleans-B.

      Quanno ‘voi… Pe’ du’ verdoni, cerca de scoprì si er fiatone de noantri l’afa la smorza subbito o te l’abbiocca sull’allungo 🙂

      Ehm…. chiedo scusa, stile OT — echi dell’immortale Pascarella, laddove chiese “Ah quell’omo! – chi siete?”

    • franco

      Franco non è nessuno. E’ soltanto uno che, attraverso il Blog C.M. ed altri, cerca di capire qualche cosa di clima ed argomenti correlati ma che appena risolve una equazione di 1° grado. La prossima volta scrivilo ” Riservato ai laureati in Fisica ed oltre…”
      Distinti saluti Franco

    • Alvaro de Orleans-B.

      Allora chiedo sinceramente scusa per la mancanza di rispetto — Alvaro

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