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Antartide più caldo e più sottile, ma anche no.

Una passione decisamente irresistibile quella per le porzioni ghiacciate del Pianeta. Tutti lì a misurare, studiare, analizzare e…prevedere.

Da Nature:

Lower satellite-gravimetry estimates of Antarctic sea-level contribution – King et al., 2012 – doi:10.1038/nature11621

Si tratta di una nuova analisi dei dati gravimetrici forniti dai sensori dei satelliti GRACE, dati cui è stata applicata un nuovo modello di correzione isostatica. Ne risulterebbe un sensibile ridimensionamento sia del margine di incertezza che del totale della massa che il continente starebbe perdendo. In particolare le nuove stime sarebbero pari da un terzo alla metà di quelle più recentemente pubblicate. La perdita di massa, poi, sarebbe concentrata sulla Costa di Amudsen, sede del bacino di drenaggio del Pine Island Glacier, mentre l’Antartide occidentale sarebbe praticamente in equilibrio e quello orientale in guadagno di massa, anche in questo caso soprattutto sulla costa.

E’ capitato inoltre molto spesso di sentir parlare e leggere di una “pericolosa accelerazione” del rateo di diminuzione della massa glaciale antartica. In questo paper, si trova in effetti una accelerazione, ma la sua ampiezza è pari al 15% di quella precedentemente stimata sempre con i dati GRACE. Gli autori giudicano questa accelerazione non statisticamente significativa. Ancora una volta però, sulla costa di Amudsen l’accelerazione sarebbe statisticamente significativa.

Ne deriva che il contributo all’innalzamento del livello del mare della deglaciazione antartica (deglaciazione, cioè un processo che procede dall’inizio di questo interglaciale), potrebbe sarebbe meno del 10% delle più recenti osservazioni del rateo di aumento del livello dei mari a scala globale (3,2mm/anno) e meno della metà di quanto precedentemente stimato.

Su Science Daily la stessa notizia è un po’ più colorita. Spiccano delle dichiarazioni alquanto drammatiche degli autori chiamati a spiegare il loro lavoro – drammi che nel paper non si ritrovano, anzi – e la curiosa spiegazione circa il fatto che il livello del mare non stia risentendo in modo significativo di questa perdita di massa: gran parte della massa glaciale persa sarebbe infatti finita sul continente in forma di precipitazione nevosa.

[error]

[…] la grande quantità di acqua che fluisce via dall’Antartide occidentale per lo scioglimento del ghiaccio è stata in parte bilanciata dal volume di acqua che cade sul continente in forma di neve, suggerendo che alcuni studi precedenti abbiano sovrastimato il contributo dell’Antartide al veloce aumento del livello dei mari. […]

[/error]

L’unica frase che trovi riscontro nel paper è quella relativa alla sovrastima del contributo dell’Antartide all’innalzamento del livello dei mari. Di tutto il resto nel paper non c’è traccia, tanto per cambiare. Gli unici riferimenti all’accumulo nevoso sono i seguenti:

[info]

[…] I tentativi di quantificare il recente squilibrio tra l’acqua che il continente riceve (un forma di neve) a quella che perde (principalmente attraverso i flussi di ghiaccio) devono ancora raggiungere un consenso […]

[…] L’aumento di massa dell’Antartide orientale che abbiamo trovato è in conflitto con i cambiamenti prossimi a zero ottenuti dalla differenza tra la perdita di massa osservata e l’accumulo nevoso modellizzato, ma è in accordo con studi di altimetria satellitare che usano dati relativi alla decade precedente a quella del nostro studio. […]

[/info]

Per cui, circa il recente squilibrio non ci sono riferimenti nel paper e inoltre la dimensione di questo è ancora velata da molta incertezza. Però, con riferimento al secondo periodo citato, o c’è un flusso in uscita osservato inferiore, cosa improbabile perché si tratta di osservazioni, o c’è più neve, cosa probabile perché si tratta di modellazioni. Tuttavia, anche su questo, nel paper non si fa riferimento ad alcuna osservazione dell’accumulo del manto nevoso (maggiori precipitazioni) che possa validare o confutare i dati modellistici.

A me sembra che questo paper ridimensioni non poco il problema, ponendolo tra l’altro nel contesto di una deglaciazione di lunghissimo periodo climatico, iniziata appunto al termine dell’ultimo massimo glaciale.

Se poi voleste avere un’idea sulle temperature, sempre in Antartide, anche lì c’è parecchio da divertirsi. Tra i vari dataset delle temperature globali ce n’è uno, quello del GISS, che assegna al continente un netto riscaldamento, brillando tra l’altro per la sua unicità, perché di dati su quella regione del globo ce ne sono solo fino al 1945. Prima di allora poco o nulla. Sicché da dove viene il riscaldamento?

Ecco qua.

Ce ne parla Roger Andrews su Tallbloke.

Nel grafico sotto c’è la ricostruzione del GISS (dati) cui è sovraimposta una ricostruzione di Andrews che utilizza i dati grezzi del GHCN. L’accordo tra le serie è buono, per cui nella seconda metà del secolo scorso pare non sia successo niente di particolare.

Ora, analizzando al serie del GISS, si scopre che le fonti (siamo in Antartide, ricordate?) da cui provengono i dati sono sostanzialmente tre: Una serie da Base Orcades per le prime decadi del secolo scorso (una sola), dati provenienti dalla Penisola Antartica per metà secolo scorso e dati misti, ma comunque sempre relativi alla porzione occidentale del continente per i tempi più recenti.

Diciamo che da metà secolo in poi abbiamo visto che non ci sono problemi. ma volete sapere dov’è Base Orcades?

Non in Antartide, ma oltre il 64° parallelo, cioè oltre la latitudine (64-90) con la quale hanno etichettato la serie. E inoltre, delle due serie disponibili per quella località il GISS usa quella tra le due che presenta il maggiore riscaldamento nonostante una evidente discontinuità nei dati di tipo certamente non climatico. Una discontinuità che aggiunge – scrive Andrews – circa 1,5°C alla serie in modo sistematico. Pare che il problema sia dovuto ad un cambiamento nella gestione del sito di osservazione, con l’avvicendamento tra il Ministero dell’Agricoltura Argentino prima e la Marina Argentina poi.

Come slogan funzionerebbe alla grande: Un continente, una temperatura! Peccato che sia tutto vero. Sicché, chiudendo con le parole di Andrews, pare che il GISS abbia ricostruito l’andamento delle temperature in Antartide fino al 1945 con i dati gravemente affetti da bias di una sola stazione che non è neanche in Antartide. Ahhh, la scienza…

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Published inAttualità

4 Comments

  1. donato

    Articolo molto interessante che, ancora una volta, mette in evidenza gli ampi margini di incertezza insiti nelle misurazioni e nelle stime riguardanti le grandezze che influenzano l’evoluzione climatica del pianeta Terra.
    Queste incertezze, comunque, sono ben evidenziate anche negli articoli originali di cui si parla nel post e dovrebbero far riflettere chi accusa gli scettici climatici di attacchi gratuiti alla credibilità degli scienziati: gli scettici (almeno una buona percentuale di essi) sostiene che l’incertezza dei dati dovrebbe indurci alla riflessione non che i ricercatori non siano capaci di misurare le grandezze fisiche in gioco. Proprio sul problema dei ghiacci artici abbiamo assistito, nel passato, su queste pagine ed anche in altri blog, a polemiche che vertevano sulla differenza tra estensione e massa glaciale. L’articolo di King et al. 2012, pur se basato su modelli e pur in presenza di una forchetta piuttosto evidente, fa giustizia (fino a prova contraria, ovviamente) di molti distinguo tra massa ed estensione glaciale. In Antartide, infatti, la massa glaciale è pressocchè stabile ad eccezione di alcuni bacini idrografici che sfociano nel mare di Amundsen. Le stime precedenti erano affette, secondo gli autori, da errori sistematici anche molto consistenti. Questo significa che anche le stime dell’aumento del livello dei mari per effetto della fusione delle calotte continentali antartiche, deve essere drasticamente rivisto. In futuro potrebbe verificarsi che le conclusioni di questo lavoro verranno modificate. Se ciò dovesse accadere sarà giusto prenderne atto. Alla luce delle ricerche di King et al., però, il ghiaccio terrestre antartico si sta fondendo a ritmi piuttosto veloci in zone molto limitate del continente, mentre in altre zone sta addirittura aumentando di massa. Il bilancio totale, però, è ancora negativo: l’Antartide perde ghiaccio continentale.
    Questa perdita di ghiaccio è dovuta a cause contingenti (vedi AGW) o fa parte di un trend di lungo periodo? Non mi sembra che nell’articolo se ne parli e, forse, è impossibile parlarne in quanto i dati a disposizione coprono un periodo piuttosto breve paragonato alle migliaia d’anni che ci separano dal momento in cui ha avuto fine l’ultima glaciazione. Guardando le cartine allegate all’abstract dell’articolo, infine, ho notato che la penisola antartica è una delle zone a maggior rischio di fusione delle calotte terrestri. Anche questo lavoro, quindi, conferma, pur ridimensionandolo, il problema legato alla penisola antartica.

    Tutto questo se prendiamo per oro colato i dati dell’esperimento GRACE. In realtà questi dati sono oggetto di polemica da parecchio tempo. Non bisogna dimenticare, infatti, che è proprio a seguito dei dati di GRACE e delle missioni satellitari precedenti che si è registrato il raddoppio del trend di aumento del livello medio del mare rispetto ai dati mareografici precedenti. Che i dati satellitari, tra cui anche quelli di GRACE, siano affetti da notevoli incertezze ora è stato confermato anche da fonte autorevole e non sospetta di scetticismo: il JPL della NASA.

    http://ccar.colorado.edu/~nerem/EV-2_GRASP-final.pdf

    I ricercatori del JPL hanno fatto notare, infatti, che i dati di GRACE sono affetti da una serie di errori sistematici piuttosto importanti: un errore nella calibrazione dell’altimetro che comporta una sovrastima della velocità di crescita del livello del mare di 0,4 mm per anno ed un errore connesso alla posizione della rete geodetica di riferimento rispetto a cui si calcola l’orbita del satellite di altri 0,2 mm per anno. In totale i dati GRACE sono affetti da un errore sistematico di 0,6 mm/anno nella determinazione della velocità media di crescita del livello del mare. A questi bisogna aggiungere errori dovuti alla rifrazione delle onde radio nell’atmosfera terrestre ed errori dovuti alla sovrapposizione dei dati delle diverse missioni per complessivi 1,2-1,6 mm/anno di sovrastima nella velocità di crescita del livello medio del mare.
    Detto in altri termini l’errore nella determinazione del rateo della crescita del livello marino da dati satellitari si aggira su circa il 50% del rateo misurato (rappresenta quasi il 100% dell’aumento della velocità di aumento del livello del mare rispetto alle misurazioni mareografiche classiche). Allo scopo di dimezzare questo errore il JPL propone di lanciare una nuova piattaforma per la misurazione delle anomalie del campo gravitazionale terestre e, quindi, del livello del mare: GRASP. Tale missione dovrebbe essere in grado, infatti, di ridurre a zero gli errori connessi alla mancanza di una rete geodetica di riferimento rispetto a cui compensare gli errori di posizione del satellite e di calibrazione dell’altimetro.
    Teniamoci pronti, pertanto, ad una nuova messe di dati e a nuove drastiche revisioni di risultati che fino ad oggi erano spacciati per definitivi (non dagli scienziati, ma dagli addetti alla propaganda) 🙂 . Del resto questo è il bello della scienza: è vera fino a prova contraria. Ahhh, la scienza… 🙂
    Ciao, Donato.

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