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Monsoni e global warming, un futuro oscuro ma anche no

Direttamente dal “Dipartimento catastrofi in agguato ma anche no”, un paio di input di letteratura scientifica in materia di monsoni.

Al primo sono arrivato due giorni fa attraverso Science Daily, un paper uscito su Environmental Research Letters:

A statistically predictive model for future monsoon failure in India

Mentre il secondo, appena più datato, l’ho trovato sul blog di Roger Pielke sr e viene dai PNAS:

Indian Ocean warming modulates Pacific climate change

Scopriamo subito le carte del primo. Dalla fine di questo secolo (ancora in fasce) e per tutto quello che seguirà, si potrà dire addio al monsone indiano, con tutto quello che questo comporta in termini di impatto per la popolazione del continente asiatico. Infatti, notoriamente, la parola monsone riferita ai mesi estivi, quelli che caratterizzano la stagione piovosa e la separano da quella invernale arida e fredda, significa “ritorno alla vita”. Perciò, niente monsone, niente vita.

Ad emettere il verdetto, il modello impiegato dagli autori del primo paper, i quali, dopo attento esame della situazione e dopo aver applicato al loro modello lo scenario climatico A1B hanno registrato i seguenti sviluppi:

  • Aumento della frequenza di condizioni favorevoli a monsoni intensi sino alla metà di questo secolo;
  • Rapida diminuzione della frequenza di condizioni favorevoli a monsoni intensi dalla metà di questo secolo al 2200.
  • Definitiva inversione della distribuzione statistica degli anni con monsone debole e con monsone intenso, come da figura che segue.
Schewe & Levermann, 2012 – Fig_1

A generare questi effetti, naturalmente, il forcing antropico che si realizza attraverso l’aumento della temperatura degli oceani con conseguente attenuazione della Walker Circulation, la circolazione latitudinale dei tropici che nello strato superficiale si identifica con gli Alisei e che favorisce, insieme a molti altri meccanismi ma giocando un ruolo determinante, la convezione e le piogge nel settore orientale dell’Oceano Indiano. Il fatto che le dinamiche siano praticamente opposte nel periodo di previsione – aumento prima e diminuzione poi – risulterebbe dal conflitto tra l’aumento della disponibilità di vapore acqueo indotta dal riscaldamento nella prima fase e l’indebolimento della Walker Circulation nella seconda, con definitiva prevalenza di quest’ultima situazione.

In sostanza, secondo quanto si evince dal ragionamento degli autori, quella cui si dovrebbe andare incontro sarebbe una situazione di persistente o comunque molto più frequente occorrenza di condizioni ascrivibili a El Niño, quando cioè l’aumento delle temperature di superficie nell’area del pacifico orientale attenua gli alisei e indebolisce la Walker Circulation, decretando stagioni estive aride per il continente indiano.

Entra in gioco il secondo paper. Un estratto dall’abstract:

[info]

Si è largamente creduto in passato che i trade winds [Alisei] del Pacifico tropicale si siano indeboliti nell’ultimo secolo e debbano ulteriormente indebolirsi in un clima più caldo nel 21° secolo. Tuttavia, recenti osservazioni di alta qualità, suggeriscono che i venti del Pacifico tropicali si sono di fatto accentuati nelle ultime due decadi. Le cause precise di questo recente shift climatico del Pacifico sono incerte. Si esamina come l’accentuato riscaldamento dell’Oceano Indiano tropicale nelle decadi recenti favorisce trade winds più forti sul pacifico occidentale attraverso l’atmosfera ed è probabile che abbia contribuito alla situazione La Niña-like (con accentuata est-ovest Walker Circulation) attraverso le interazioni oceano-atmosfera del pacifico.

[/info]

Cioè, piuttosto che andare nella direzione di una accresciuta quantità di vapore acqueo disponibile che dovrebbe almeno inzialmente attenuare gli effetti negativi dell’attenuazione della Walker Circulation e degli alisei, è accaduto che che gli alisei – e quindi la Walker Circulation – si sono rinforzati. Secondo questo paper, oltre al fatto che le osservazioni smentiscono le attese e le previsioni, almeno con riferimento alle decadi recenti in cui certamente non è mancato il forcing antropico, le sorti dell’Oceano Indiano in termini di dinamiche di riscaldamento sarebbero determinanti per le dinamiche climatiche dell’area del pacifico in funzione di una differente velocità di riscaldamento in favore del primo.

Sicché, pare che siano le dinamiche dell’Oceano Indiano ad avere effetti su quelle del Pacifico o, come nella maggior parte delle interazioni climatiche, quanto meno lo stato dell’uno influisce su quello dell’altro e viceversa.

Ora, può anche darsi che queste dinamiche recenti siano assorbite da un segnale di più lungo periodo, oppure che rappresentino la realizzazione di quella che nel primo paper si identifica con una prima fase di aumento delle piogge monsoniche, ma, se così dovesse essere, non si può fare a meno di notare che questo si realizza attraverso meccanismi diversi da quelli descritti nel paper e prospettati dai modelli e che, almeno con riferimento al passato recente, quanto si pensava dovesse accadere non è accaduto.

Vedremo, nel frattempo, buona lettura con i due paper.

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

4 Comments

  1. Alex

    “nel frattempo, buona lettura con i due paper”

    g.g. non pretendere troppo, a noi spettatori della curva sud basta e avanza la tua sintesi, che almeno per me, e’ chiara e soprattutto oggettiva. Aggiugo due considerazioni, anzi i miei 2 cents, come va di moda dire ora.

    Innanzitutto qualunque ipotesi si voglia sostenere, basta cercare e si trova un paper che la appoggia.

    In secondo luogo, ancora una volta i dati reali non confermano il modello matematico. Qui, io non posso che citare, se pure a memoria, Richard Femyan, quello si vero Nobel Laureate: “Se i risultati sperimentali non confermano l’ ipotesi, l’ iporesi e’ errata”.

    • Alex, non farti mai bastare le nostre sintesi. Lo scopo di CM non è questo, quanto piuttosto di far venire la curiosità di approfondire. I due lavori, per una volta disponibili on-line senza necessità di pagare o godere di affiliazioni, sono comunque interessanti. Quello della mancata corrispondenza tra attese e realtà osservata è solo uno degli aspetti salienti. Ove possibile quindi consiglio di leggerli.
      gg

    • Alex

      G.G., ci ho pensato subito dopo aver inoltrato il post. In effetti accettare la tua interpretazione e soprattutto la tua obiettivita’ senza aver letto il paper e’ un discreto atto di fede. Pero’ tieni presente che io ho cominciato a leggere questo sito seguendo il processo inverso. Cioe’ frequentando i blogs climatici, soprattutto in lingua inglese (io vivo in UK), qualche volta, sia per la complessita’ dell’ argomento, che per la tecnicita’ del linguaggio, inglese per giunta, mi chiedevo se avessi capito bene la tesi dell’ autore.

      Da quando ho scoperto CM, che riprendeva alcune di quelle pubblicazioni, e le analizzava in maniera chiara e succinta, ho avuto il conforto e la soddisfazione di costatare che, dopotutto, avevo capito bene. Ti confesso che quando mi trovo davanti ad un argomento che mi lascia un po’ perplesso corro subito a vedere se e’ stato ripreso e analizzato in questa sede. Quindi se qualche volta ti rilascio un assegno in bianco, lo faccio in base all’ esperienza e alla fiducia pregressa.

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