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L’Europa tra fabbisogno energetico ed emissioni

di Gianluca Alimonti

Alla base di qualunque attività umana vi è l’energia: volendo mantenere una propria autonomia politica, economica e culturale, l’Europa si deve assicurare un adeguato approvvigionamento che garantisca l’indipendenza energetica.

Sino a qualche secolo orsono la domanda energetica era piuttosto limitata: le poche rinnovabili ed il legname erano sufficienti ed anche quando l’invenzione della macchina a vapore ha rivoluzionato la società, il carbone autoctono europeo bastava a soddisfare la domanda. Oggi l’enorme crescita delle richieste energetiche ha rivoluzionato completamente il panorama mondiale e dal grafico seguente si osserva quali siano le potenze emergenti e quali quelle in declino.

Partendo dalle precedenti considerazioni, ho cercato di interpretare la politica energetica che l’Europa sta seguendo. A tal fine provo a sintetizzare la situazione energetica attuale per macro aree mondiali: Europa, Nord America, Cina, Russia.

Nonostante le notevoli differenze di popolazione, il fabbisogno energetico delle prime tre aree non è poi così diverso. Ho preferito considerare a parte la Russia perché, pur se inserita in Europa, ne maschererebbe la reale situazione energetica. Infatti tra le quattro macro aree prima indicate e’ la sola ad avere una bilancia energetica decisamente in attivo (esporta circa la metà della propria produzione); se ne ricorda infatti l’interessata ratifica del protocollo di Kyoto, reso quindi esecutivo nel 2005, con l’assegnazione di quote di emissione ben oltre le proprie necessità (con la possibilità quindi di venderle) ed il conseguente stimolo di una crescente domanda per la propria produzione di gas.

Delle altre tre macroaree, il Nord America (USA e Canada) non ha certo problemi di carbone ed uranio e, grazie alle recenti tecniche di estrazione e lavorazione, anche le prospettive per petrolio e gas non sono certo preoccupanti; la Cina ha enormi giacimenti di carbone e grazie alle sue notevoli riserve valutarie, compra senza problemi ciò di cui ha bisogno; l’Europa invece non ha uranio, ha poco carbone e sta esaurendo rapidamente quel poco petrolio e gas che ha nei mari del Nord. Infatti, se guardiamo alle bilance commerciali energetiche, si vede che Nord America e Cina importano solo circa il 15% del proprio fabbisogno energetico, mentre l’Europa e’ oltre al 60%, con prospettive di peggioramento.

Cosa fare per uscire da questa scomoda situazione di forte dipendenza?

Produrre energia con altre fonti che non dipendano dalle importazioni: le fonti rinnovabili. Peccato che queste, oltre ad avere notevoli limiti tecnologici, siano molto più costose delle fonti tradizionali e non possano quindi rappresentare una possibile soluzione, andando ad intaccare la gia’ ridotta competitività europea…a meno che….
A meno che non si convincano anche le altre macro aree economiche ad utilizzare le stesse fonti, riportando quindi la competizione su una base comune.

E come? Trovando ad esempio dei forti svantaggi, o supposti tali, delle fonti tradizionali rispetto alle rinnovabili e che si traducano, possibilmente, in un aggravio economico delle fonti tradizionali che possano riportare ad un livello competitivo quelle rinnovabili…e qui entrano in gioco i cambiamenti climatici.

Non voglio certo entrare nei dettagli, ma è indubbio che se e quanto le emissioni umane siano responsabili dei CC e’ una questione scientificamente aperta: nessun governo si incamminerebbe su una via così incerta e costosa a meno di una forte richiesta popolare…ottenibile grazie ad una intensa azione mediatica.

Apparentemente in contraddizione con le evidenze palesi che emergono osservando il mix delle fonti primarie utilizzate dai suoi 27 membri (dove il carbone ed il nucleare sono di l’ossatura del sistema elettrico europeo), l’Europa sembra aver sposato questa strategia, fornendo oltretutto un obiettivo a filoni ideologici che dopo la caduta del muro di Berlino hanno visto di molto limitata la propria possibilità d’espressione. Ci si riferisce in particolare alle ideologie umanitarie (aiutare i più deboli), ecologiste (salvare il mondo e la Natura) e di riscatto sociale alle diverse scale (sono i potenti che inquinano ed i danni li subiscono gli altri). Sarà forse anche per questo che la maggior fautrice di questa politica è proprio la Germania e cioè il paese che ha vissuto in prima persona il crollo del muro?

Nonostante ciò, al di là dei proclami pubblici, l’Europa sta facendo molta fatica a convincere i governi delle altre macro aree a produrre energia più costosa ed è attualmente l’unica ad essersi posta degli obiettivi vincolanti con forti ripercussioni economiche:

  • la Russia ha aderito al protocollo di Kyoto grazie alle convenienza economica prima descritta
  • USA e Cina si guardano bene dall’aderirvi ed il Canada ne è recentemente uscito
  • la maggior parte dei Paesi che vi aderiscono lo fanno per forte convenienza: emettono poco e ne subiscono le peggiori conseguenze (ipoteticamente) pretendendo quindi forti risarcimenti economici.

Nessuno può illudersi di vincere una gara automobilistica se, a parità di tutto il resto, agli altri concorrenti è permesso emettere, e quindi consumare, di più!…

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Una nuova voce nel club di CM

Gianluca Alimonti, dopo la laurea in Fisica, e’ stato Guest Scientist per 4 anni al Fermilab di Chicago ove ha realizzato e gestito lo spettrometro magnetico a microstrip di silicio di Focus, esperimento di fotoproduzione del quark Charm. Rientrato in Italia come ricercatore INFN, ha proseguito la sua attivita’ scientifica collaborando in Atlas, esperimento al CERN di Ginevra, alla realizzazione del tracciatore a pixel di silicio. Grazie all’esperienza maturata sui rivelatori al silicio, ha brevettato una cella fotovoltaica ad alta efficienza ed e’ ora titolare del corso di Fondamenti di Energetica per la laurea magistrale in Fisica presso l’Universita’ degli Studi di Milano. Ha oltre 200 lavori tra pubblicazioni scientifiche e presentazioni a conferenze internazionali.

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Published inAttualitàEnergia

12 Comments

  1. Rinaldo Sorgenti

    E’ stato molto interessante ed utile rileggere la riflessione di Gianluca Alimonti circa 6 anni dopo.

    Pare che il tempo, per i ns. politici al governo passi inutilmente e continuano a cavalcare le ideologie e sperperare enormi risorse.
    Evidentemente la preoccupazione non è per le sorti del Paese.
    Per fortuna domani si vota.

  2. Alessandro

    Davvero interessante Gianluca, sono passati più di 4 anni e credo che la Germania sia riuscita a produrre effetti nella creduloneria popolare attraverso questa intensa azione mediatica!

  3. donato

    Solo oggi ho avuto modo di leggere l’articolo estremamente interessante di G. Alimonti. Nell’unirmi al coro di complimenti per l’analisi estremamente precisa della situazione energetica mondiale (che, per quello che può contare, condivido in toto), vorrei svolgere qualche breve considerazione collegandomi anche all’ultimo commento di Gianluca.

    “Sino a qualche secolo orsono la domanda energetica era piuttosto limitata: le poche rinnovabili ed il legname erano sufficienti ed anche quando l’invenzione della macchina a vapore ha rivoluzionato la società, il carbone autoctono europeo bastava a soddisfare la domanda.”
    Si parla, ovviamente, di una società piuttosto arcaica che aveva poca fame di energia: una società contadina che non utilizzava concimi, non aveva a disposizione acqua corrente, viveva in case anguste e malsane, denutrita e falcidiata dalle malattie e molto meno numerosa di quella attuale. Per una società come la nostra simili condizioni di vita sarebbero inaccettabili e, quindi, è del tutto illogico postulare una decrescita che ci riporti indietro nel tempo. E’, altresì, autolesionista una politica energetica che ci conduce a ” … illudersi di vincere una gara automobilistica se, a parità di tutto il resto, agli altri concorrenti è permesso emettere …”.
    Eppure, incredibilmente, è ciò che sta accadendo tra l’approvazione incondizionata di una consistente parte dell’intellighentia più “progressista” del mondo occidentale (europeo, in particolare).
    Oggi, alla radio, ascoltavo un resoconto giornalistico circa i risultati della “convention” di Doha sui cambiamenti climatici: il giornalista dopo aver snocciolato, dandole per certe, tutte le “verità” del movimento pro AGW (picco del petrolio, febbre del pianeta che i cattivi benestanti non vogliono far scendere, eventi estremi, ecc., ecc.,) ha chiuso il suo servizio riferendo dell’intervento del rappresentante filippino che, tra le lacrime, ha supplicato di ridurre le emissioni di gas serra per porre fine agli eventi estremi che, nel suo Paese, sarebbero aumentati del 500%(!) con l’inevitabile strascico di migliaia di morti e miliardi di dollari di danni!
    Splendido esempio di quella che Gianluca ha definito “… intensa azione mediatica”, il cui scopo è quello di creare quella forte richiesta popolare in grado di condizionare le scelte dei governi.
    E condizionarle male, aggiungo io. Come ha scritto Gianluca nel suo ultimo commento, infatti, i governi stanno investendo somme enormi per incentivare per una risorsa energetica inefficiente e costosa, invece di concentrarsi in un’azione di massiccio finanziamento della ricerca scientifica e tecnologica allo scopo di ottenere soluzioni energetiche (anche nel campo delle rinnovabili) economicamente vantaggiose. E tutto a spese del povero cittadino tartassato anche sotto il profilo “energetico” (corrente elettrica, gas, carburanti e via cantando).
    E mi fermo qui altrimenti G. Guidi mi accusa di catastrofismo. 🙂
    Ciao, Donato.

    • duepassi

      In effetti i Filippini hanno subìto molte vittime, come ho in parte documentato in altro intervento (ma gli eventi luttuosi sono molto più numerosi).
      Ma tutto questo è stato causato da un blando aumento di CO2 ? Credo assolutamente di no.
      E, soprattutto, puntando sul taglio delle emissioni di CO2, potremmo garantire ai Filippini che non avvengano più disastri naturali ? Credo assolutamente di no.
      Mi pare che la posizione del rappresentante filippino, pur nella comprensione delle tragedie del suo popolo (a cui va la nostra solidarietà) sia piuttosto demagogica e melodrammatica, e non porterebbe alcun beneficio al suo popolo.
      Se davvero vuole fare qualcosa di concreto, sviluppi il suo Paese, e vedrà che gli eventi calamitosi faranno molte meno vittime. Il suo Paese ha bisogno di sviluppo, di progresso, NON di limitare (o farci limitare) la CO2.
      Ma se poi davvero è convinto dell’effetto magico e salvifico della riduzione di CO2 (che io escluderei assolutamente) perché non si rivolge al massimo emettitore di CO2, il suo vicino Cina ?

  4. Alex

    Analisi molto lucida e intressante. Ancora piu’ intressante sarebbe una previsone sulle rinnovabili, in particolare sul fotovoltaico, vista la competenza specifica del Dott Alimonti.

    Il bluff dei mulini a vento mi senbra che ormai sia stato scoperto, ma se il costo reale del fotovoltaico diminuisse drasticamente (almeno del 50%), forse sarebbe conveniente senza l’aumento artificiale del prezzo delle fonti tradizionali. Resta il problema della discontinuita’ di produzione che puo’ essere ammortizzato solo con centrali tradizionali e qui io penso che a lungo termine non ci sia altra soluzione che il nucleare di futura generazione. Non per noi ( anzi, voi, io vivo in UK) in Italia, pero’.

    • Gianluca

      Caro Alex,
      peccato, anzi forse buon per te…, che vivi in UK: nei prossimi giorni saro’ all’Universita’ di Sassari per fare un seminario proprio sul tema che solleciti.
      Per rispondere al tuo quesito non bastano certo due righe e probabilmente neanche un articolo dedicato: cerco solo di dare un paio di spunti.
      Il limiti della tecnologia FV attuale sono due due tipi: economici e tecnici.
      Economici: oramai sono in molti a ritenere che i moduli FV siano venduti a prezzi di dumping e che il reale costo sia ben al di sopra di questi livelli. Difficile ipotizzare una ulteriore discesa del 50%, se non forse per motivi contingenti e transitori. Piu’ probabilmente, per sfruttare l’enorme potenziale di produzione di EE dal Sole, sara’ necessario lo sviluppo di nuove tecnologie FV (e ce ne sono parecchie): in tal senso sarebbe forse piu’ lungimirante investire qualcosa in piu’ in R&D (in Italia circa 6 milioni di Euro all’anno) e qualcosa di meno in incentivazione (sempre in Italia siamo oramai oltre i 6 miliardi di Euro all’anno!….)
      Tecnici: il FV produce EE quando splende il Sole, non necessariamente quando serve e l’EE elettrica non si riesce ad accumulare in grande scala (tranne il pompaggio idroelettrico ma questo risente delle limitazioni geografiche). Inoltre e’ causa di instabilita’ per la rete elettrica che non puo’ andare oltre ad una certa percentuale di potenza intermittente (ed in Italia siamo oramai al limite…): tutto cio’ origina “esternalita’ ” del FV che richiedono interventi tecnici, e quindi altre spese da dover sommare al gia’ elevato costo di produzione.

    • Alex

      Gianluca,

      grazie della precisazione, in effetti non ero conscio che tra i problemi del fotovoltaico (e a maggior ragione del vento), non c’e’ solo la mancanza di produzione quando serve, ma anche la sovraproduzine nei momenti di stasi che puo’ sbilanciare al rete di distribuzione.

      Quanto al tuo prossimo seminario, anche se vivessi ancora in Italia, Sassari non e’ esattamente dietro l’ angolo, pero’ se qualcosa verra’ messa in rete sono sicuro che un link farebbe molto piacere alla maggior parte degli utenti di questo sito.

  5. Analisi molto interessante.
    Visto che si parla di energia e CM bacchetta spesso gli allarmismi e le assurde ricette per “curare” il riscaldamento globale, vorrei segnale questo link: http://transitionitalia.wordpress.com/
    E’ un movimento che ho scoperto ieri, non so se lo conoscete anche voi. Propongono una sorta di decrescita economica con produzione di cibo solo a livello locale (Km0) e rigorosamente biologico, per salvare il pianeta e salvare noi stessi perché il picco del petrolio sta arrivando. Si sono anche bevuti tutte le idiozie sulle bombe d’acqua, “sull’uragano di Taranto” e sugli eventi estremi in costante aumento. La cosa grave è che pare stiano dilagando, con addirittura amministrazioni comunali che li appoggiano e li finanziano.
    Secondo me iniziamo a rasentare la follia pericolosa.

    • Claudio Costa

      “Propongono una sorta di decrescita economica con produzione di cibo solo a livello locale (Km0)”

      SI peccato che l’Italia sia talmente sovrappopolata che importa più di due terzi dei propri fabbisogni agricoli che non sono solo cibo ma comprendono legnami, tessili, thè e caffè

    • “SI peccato che l’Italia sia talmente sovrappopolata che importa più di due terzi dei propri fabbisogni agricoli che non sono solo cibo ma comprendono legnami, tessili, thè e caffè”
      Già, il problema è che la gente che aderisce a queste cose ignora questo fatto.
      Mi sto un po’ documentando su di loro: danno per scontato il riscaldamento globale (il gestore del blog ha detto di essere documentatissimo e in contatto con climatologi vari) e dicono che la “scienza del clima” è assolutamente solida; affermano che il picco del petrolio si sia già verificato; voglio trasformare l’attuale sistema industriale in un sistema resiliente, cioè che si possa adattare a tutti i problemi, ma mi chiedo: se si produce solo a livello locale, non basta una grandinata per mandare a farsi benedire tutta questa resilienza? Insomma, più mi documento e più inorridisco.
      Pare che ci siano molte comunità attive in molte città e che stiano facendo di tutto per fare proseliti, secondo me la cosa è preoccupante.

  6. Claudio Costa

    Benvenuto Gianluca!

    complimenti per l’analisi, ti criticheranno dall’altra sponda dandoti del complottista eppure le tue riflessioni sono verosimili.Però gli scienziati più catastrofisti e più convinti non sono tedeschi ma americani e inglesi.
    Un riscontro reale sugli ideali nascosti nel catastrofismo climatico c’è nel libro “tempeste” di James Hansen che propone una tassazione sul carbonio a tutti, con ridistrubuzione dei redditi accumulati ai più poveri, insomma il vecchio e fallimentare comunismo che cambia solo nome.

    • Gianluca

      Caro Claudio,
      scusa per il ritardo con cui ti rispondo ma sono stato un po’ preso.
      Che dire?….quando un’epidemia si diffonde, non e’ detto che faccia piu’ vittime ove ha avuto origine….

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