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Il clima non è lineare, ma l’editoria lo è?

C’è una certa ritrosia da parte di alcune riviste scientifiche nel pubblicare articoli non main stream, cioè non allineati all’ortodossia sul riscaldamento globale via gas serra? Desidero portare un esempio per poi discuterne.

A gennaio 2009, Steig et al. pubblicano un articolo su Nature che dimostrerebbe, a loro dire, che anche l’Antartide si sta scaldando ad un ritmo paragonabile al resto dell’emisfero australe e che tale riscaldamento è poco spiegabile se il forcing radiativo della CO2 & c. non è preso in considerazione. Prima di quest’articolo, anche l’IPCC nel suo ultimo rapporto del 2007 riconosceva il comportamento peculiare del continente ghiacciato. Capirete, quindi, l’importanza che il lavoro di Steig avrebbe sulla nostra percezione del cambiamento climatico.

Ecco in cosa consiste il lavoro pubblicato su Nature. Il gruppo di Steig usa i dati da satellite sull’infrarosso termico (Tir), disponibili dal 1979, e li calibra con i dati delle stazioni al suolo che, come è risaputo, sono poche e concentrate sulla penisola antartica e lunga la costa. Ottenuta la calibrazione dei dati del satellite, con un algoritmo noto come Regularised Expectation Maximisation (RegEM), è possibile, secondo loro, ricostruire il campo di variazione della temperatura sull’intero continente, anche prima dei dati da satellite, e non solo nelle poche zone con i dati meteorologici convenzionali. A conferma della bontà del loro metodo di analisi, gli autori propongono i risultati ottenuti con un terzo campione indipendente di dati, costituito dalle stazioni meteorologiche automatiche (Aws).

Il loro risultato mostra che l’intero continente antartico, ma in particolare la sua parte occidentale, si è scaldato a partire del 1957, anno internazionale per la geofisica, sia secondo la ricostruzione con i dati dal satellite sia per i dati delle stazioni automatiche.

Non convinto dalle conclusioni di Steig, Luigi Mariani propone un’analisi indipendente dei dati e scriviamo una lettera a Nature in cui dichiariamo il nostro dissenso e proponiamo un’altra via alla lettura dei dati.

Innanzi tutto, il nostro lavoro non mette in discussione i dati e la tecnica di calibrazione e ricostruzione all’indietro, anche se questo è stato fatto con successo da molti altri attivi nella “blogosfera”, che sono stati capaci di individuare diversi problemi. Da parte nostra, si desidera usare le medesime serie storiche adoperate da Steig. Vediamo, dunque, che cosa ci dicono i dati così come sono, se reggono le conclusioni che ne sono derivate dalla loro analisi.

Una semplice ispezione visiva dei grafici suggerisce di applicare il test di Bai and Perron al fine di cercare la presenza di abrupt change, cioè di discontinuità temporali o regimi nell’andamento delle temperature superficiali. E questi punti di discontinuità sono venuti fuori sia per i dati satellitari sia per quelli di stazione automatica, sia per l’Antartide occidentale sia per quella orientale. Eccoli:

  • 1994 per West Tir
  • 1969 per West Aws
  • 1966 per East Tir
  • 1969 per East Aws

Il test evidenzia, quindi, che la parte orientale del continente ha avuto una discontinuità termica alla fine degli anni ’60, comune anche alla parte occidentale, ma solo per i dati da stazione. I dati da satellite collocano la discontinuità nel 1994. E che cosa si può dire riguardo ai trend nell’intero periodo (1957-2006) e nei sottoperiodi definiti dal precedente test? Il trend è significativo rispetto all’intero periodo per le due serie occidentali, mentre lo è solo nei dati da satellite per le aree orientali. Inoltre, la ricerca di un trend nei sottoperiodi, individuati dai punti di discontinuità, non evidenzia alcun numero significativo. Che cosa vuol dire tutto ciò? Che l’aumento di temperatura in Antartide è avvenuto essenzialmente in maniera repentina alla fine degli anni ’60, con un regime iniziale più freddo e uno più caldo a seguire, senza trend apparente né prima né dopo.

Il nostro risultato, quindi, confuta la prima conclusione di Steig, cioè di un riscaldamento avvenuto in maniera lineare negli ultimi 50 anni. L’evidenza di punti di discontinuità nelle serie storiche scarta l’ipotesi dell’andamento monotonico della temperatura sia ad oriente sia ad occidente!

Tale evidenza rigetta anche la seconda conclusione di Steig e cioè la necessità del forcing dei gas serra affinché i modelli climatici ricostruiscano la temperatura osservata, in quanto non è stata fornita una spiegazione che leghi l’aumento monotonico della forzante all’andamento a scalino della temperatura.

Da parte nostra, inoltre, si è voluto vedere se esistesse una meccanismo causale che potesse suggerire un collegamento tra la circolazione a larga scala al polo sud e gli osservati. Forse questo sfugge, ma la temperatura in un certo posto è frutto dell’interazione tra la circolazione a larga scala, le dinamiche meteorologiche alla mesoscala, o scala intermedia, e i processi di scambio di energia tipici della piccola scala. Se uno di questi elementi cambia, è probabile che si abbiano ripercussioni anche nelle altre scale e che questi tornino ad influenzare la scala di partenza, magari da un’altra parte.

Alla ricerca di un cambiamento di circolazione, uno di noi (Mariani), che è fissato, chissà perché, con il vortice polare, ha trovato un punto di discontinuità nell’indice che descrive l’intensità della circolazione attorno al minimo polare, il Southern Annular Mode (SAM), collocandolo nell’anno 1992. Un anno più tardi anche l’estensione dei ghiacci marini subisce un netto incremento (dati del Metoffice) e, guarda caso, la nostra analisi evidenzia un punto di discontinuità nel 1994 nelle temperature da satellite sull’Antartide occidentale, l’unico cambiamento post 1970. Beninteso: potrebbe essere tutto un caso fortuito.

Insomma, mandiamo la nostra bella letterina a Nature e, dopo un po’, arriva la risposta, in cui si dichiarano dispiaciuti per non poter pubblicare il nostro commento perché i criteri “che sono usati tipicamente per giudicare adatto un Brief Communication Arising includono se le conclusioni del lavoro pubblicato sono messe in dubbio; se sono inclusi nuovi e importanti dati a supporto del commento critico; se i problemi discussi possono essere d’interesse ad una vasta parte dei lettori; e se i punti tecnici sollevati sono accessibili ai lettori.

Nel caso specifico, Nature non ha dubbi che la vostra analisi sui punti di discontinuità sulle temperature, SAM e ghiaccio marino possano essere d’interesse ad altri che lavorano in queste aree di ricerca. Dato che avete fornito una spiegazione di solo uno dei quattro punti di discontinuità da voi individuati, legato ai dati di ghiaccio marino relativi ad un differente intervallo temporale, e che non mette in dubbio la conclusione centrale del lavoro (di un complessivo riscaldamento continentale) siamo costretti a concludere che il vostro lavoro è adatto ad una rivista specialistica, piuttosto che a Nature.

E’ vero che i dati sul ghiaccio marino si riferiscono ad un periodo diverso, i dati attendibili partono nel 1979 come i loro per il satellite, e non abbiamo ricostruito i dati all’indietro, ma la nostra lettera di critica serve a dimostrare che applicare un’analisi lineare ad una serie che di lineare non ha nulla porta a conclusioni fuorvianti. Inoltre i dati convenzionali dimostrano che l’aumento di temperatura è avvenuto alla fine degli anni ’60 e che il salto più recente nei dati del satellite potrebbe essere legato temporalmente ad una variazione di circolazione atmosferica.

La nostra lettera all’articolo su Nature ha preso adesso un’altra strada e, per questo motivo, non presentiamo i grafici che avrebbero reso il tutto ancora più chiaro. La domanda che però rivolgiamo ai lettori di Climate Monitor é: può il rifiuto di Nature essere definito una risposta politica, del tutto svincolata dai dati, che rinforza la nostra percezione che loro perseguono un obiettivo ben preciso, vale a dire di non voler pubblicare lavori che possano mostrare i dubbi esistenti sulla ricerca climatica?

Riferimenti

  • Steig E. J., Schneider D. P., Rutherford S. D., Mann M.E., Comiso J.C., Shindell D. T,. Warming of the Antarctic ice-sheet surface since the 1957 International Geophysical Year, Nature Vol 457|22 January 2009| doi:10.1038/nature07669
  • Brief Communication Arising – Non Natura Sed Caelum Saltum Fecit – Luigi Mariani, Simone G. Parisi, Gabriele Cola, Paolo Mezzasalma, Maurizio Morabito, Teodoro Georgiadis
  • Risposta di nature del 24 febbraio 2009 (pdf)
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Published inAmbienteAttualitàClimatologiaMeteorologiaVoce dei lettori

30 Comments

  1. Teo Georgiadis

    Caro Galati,
    non mi riconosco affatto nel suo sunto.
    Romanziamo i fatti:
    A dice in base alla mia analisi moriremo tutti N la pubblica
    B dice guarda che ti sei sbagliato N dice troppo specialistico

    Io continuo a vederci una discrasia: sono troppo malizioso?

  2. MeteoGeek

    Non ne sarei convinto, forse stiamo guardando due film diversi 🙂

  3. Luca Galati

    27 commenti (fin’ora) per giungere alla conclusione che non c’è nulla di malizioso nel rifiuto di Nature a pubblicare l’articolo bensì saggezza, onestà e correttezza nel successivo consiglio a pubblicarlo su rivista specialistica, come peraltro sembrava ovvio dalla lettura del post stesso…
    Che fatica: se questo è il prezzo da pagare, ovvero litigare quando non ce n’è motivo, cambio lavoro.

  4. PlelLenumnber

    Hi, Congratulations to the site owner for this marvelous work you’ve done. It has lots of useful and interesting data.

  5. Achab

    @teodoro georgiadis

    In questo senso ha ragione lei, Nature e Science hanno un carattere più “generalista” rispetto ad altre riviste di settore. Ma forse propio per questo non sono graditi articoli paarticolarmente tecnici. Questa è una scelta squisitamente editoriale e in fondo comprensibile.

    Per quanto riguarda il valore di queste riviste, devo dire che in parte mi sorprende. Vero è che pubblicano materiale molto selezionato e di particolare impatto, ma vista l’estrema specializzazione della scienza in tutti i suoi settori spesso le “colonne portanti” si trovano nelle riviste di settore. Non voglio ovviamente sottovalutare Science e Nature, ma forse ogni tanto si tende a sopravvalutarle a discapito di altre.

  6. teodoro georgiadis

    @Achab
    io penso che sia leggermente diverso per Nature e Science rispetto a un JAS o JGR (GRL in effetti e’ in una posizione intermedia molto piu’ vicina a Nature).
    E’ la premessa del dibattito di attualita’ che sostanzia l’esistenza di queste ‘grandi’ riviste, e nel passato questo e’ sempre avvenuto (ricordo in particolare il dibattito sulla sequenziazione del DNA).
    Quindi la ‘logica’ di queste riviste e’ oggettivamente diversa dalla logica di ogni qualunque altra rivista.
    Se cosi’ non fosse, perche’ a Nature e Science viene attribuito un cosi’ alto ‘valore’? (e non parlo di impact factor)

  7. teodoro georgiadis

    Mi permetto di ritornare sulla risposta dell’Editor di Nature.
    Il nostro lavoro era una ‘arising question’ stimolata dal lavoro di Steig et al.
    Nature ha quale caratteristica peculiare di accettare letters di forte impatto scientifico (e l’articolo di Steig et al. lo e’)e di estrema attualita’. Inoltre, la rivista si caratterizza per la possibilita’ estremamente bene accolta, anzi una vera e propria mission, di ospitare il dibattito scientifico (proprio in virtu’ del fatto che piu’ veloce e’ una notizia scientifica ad essere pubblicata, tanto piu’ stringente dovra’ essere il dibattito per accoglierla).

    Steig et al. attraverso una analisi dati sembrano dimostrare un trend crescente per tutto il continente antartico.
    Questo cosa se dimostrata sarebbe un importante, anzi -issimo, tassello nell’attribuzione del GW.
    Noi facendo un’altra analisi dati sullo stesso continente antartico otteniamo un risultato che di fatto impedisce di potere considerare per quel continente un trend crescente come voluto da Steig et al. Inviamo quindi la cosiddetta ‘arising question’ che deve essere un vero e proprio articolo scientifico a modifica o confutazione o completamento.

    Ora l’editor ci risponde che la rivista Nature non e’ specialistica quindi…..

    Scusate ma cosi’ e’ con profondo dispiacere che mi devo rendere conto che Nature e’ diventata S-Nature: e’ proprio la “mission” della rivista che viene snaturata e la scienza perde un altro pezzo di obiettivita’.

    Ripeto ancora la nostra e’ una ‘arising question’ di un articolo pubblicato e non un articolo indipendente che e’ stato rifiutato per la qual cosa ci starebbero tutti i commenti che avete fatto. Qui si e’ disarticolato il processo che dovrebbe tenere in piedi appunto i due grossi nomi del dibattito scientifico Nature e Science. In questo modo si trasformano in riviste come le altre: anzi: in questo modo, dato il loro generalismo, non si capisce neppure piu’ cosa ci stiano a fare se non a pubblicare pagine di pubblicita’……o una parte del problema e’ proprio li’?
    Teo

    • Achab

      Se è vero, come abbiamo discusso nel post del 13 Maggio di Guidi, che quella di non pubblicare articoli anti-AGW è una linea editoriale predefinita mi sembra non ci sia altro da aggiungere, come io stesso ho commentato in quel post. Se invece non è vero, rientra nella normale logica di ogni rivista, sia essa Nature, GRL o qualunque altra.

  8. Esiste una questione di fondo molto, molto importante che andrebbe considerata.

    In questi anni e’ esploso il numero di blog scettici del clima, e tanti hanno ospitato delle analisi davvero straordinarie (penso a WUWT, quello di Lucia, quello di Jeff Id, e naturalmente il blog di McIntyre). Dall’altra parte invece e’ continuata la pubblicazione su riviste come Nature.

    La spiegazione “classica” e’ che gli scettici (o meglio, i non-catastrofisti) non fanno lavori degni di riviste come Nature, e quindi si rifugiano in blog dove possono scrivere senza controllo.

    E’ davvero cosi’? Quali “prove” sarebbero necessarie a dimostrare invece che c’e’ un problema molto piu’ serio, e cioe’ il pregiudizio editoriale?

    Basterebbe il rifiuto del famoso lavoro di McIntyre e McKitrick che smontava i risultati dell’Hockey Stick? Oppure l’episodio raccontato da Mezzasalma? O il caso dell’articolo approvato da tutti i peers ma comunque rifiutato dall’editor?

    Io la mia risposta c’e’ l’ho, ed e’ qualcosa da convincere un santommaso, perche’ c’ho sbattuto il naso e per ben due volte.

    E ho capito allora perche’ McIntyre ha mandato a quel paese la prosopopea di chi ha trasformato prestigiose riviste scientifiche in capisaldi dell’ortodossia, e dunque l’anticamera della rovina del progresso scientifico.

  9. Luigi Mariani

    Mi è noto che l’editor di una rivista è come il capitano di una nave e le sue decisioni sono pertanto insindacabili (e a riprova di ciò cito la seguente frase che campeggia nell’area di submission degli articoli di un’importante rivista internazionale “Editors may reject papers without review if contents do not fulfill GRL’s criteria for high impact, broad implications, innovation, and timeliness”).

    Quello che tuttavia mi lascia perplesso della mail dell’editor di Nature è proprio la frase citata da Teo Georgiadis e cioè il fatto di invocare a sostegno della decisione presa un presunto eccesso di specialismo nella nostra analisi.

    Mi lascia perplesso perché non riesco ad immaginare come si faccia a contestare argomenti del genere di quelli portati da Steig et al. (argomenti che peraltro su Nature trovano negli anni più recenti uno spazio enorme) senza adottare un approccio di tipo “specialistico”.

    E se gli argomenti addotti da Steig et al. non sono da considerare specialistici sorge allora spontaneo il dubbio che Nature non sia una rivista scientifica come la intendiamo noi e che dunque forse non meriti:
    1.l’enorme impact factor che viene attribuito agli articoli che su di essa sono pubblicati
    2. l’ossequiosa frase di prammatica “lo afferma l’autorevole rivista Nature” con cui i nostri giornalisti si riferiscono agli articoli che su di essa appaiono, ritenendoli manifestazione di “pura scienza”.

    Insomma: abbiamo scritto a quella che ritenevamo essere una rivista scientifica ma forse ci siamo sbagliati; vorrà dire che la prossima volta scriveremo al “Corriere delle Scienze”.

  10. Teo Georgiadis

    Al di la’ del contenuto scientifico, sul quale ovviamente possiamo dissentire e accettare critiche una volta possibile esporre dettagliatamente i risultati (e i commenti degli amici che partecipano appassionatamente e costruttivamente a questo blog, pro o contro che siano alla nostra posizione critica sull’AWG, ci stimolano ad approfondire e proseguire), uno dei punti fondamentali della risposta dell’editor e’ il seguente:

    we are forced to conclude that your work would find a more suitable outlet in a specialist journal, rather than Nature.

    Ora, nella comunicazione della scienza, giusta o sbagliata che sia, una notizia di Nature del tipo “moriremo tutti” fa il giro del mondo. Nature la pubblica (anthropogenic footprint ci va molto vicino alla mia definizione ‘esagerata’).
    Poi. quanto arriva un lavoro che dice “una attimo, andiamoci piano…” l’editor ci risponde come la famosa rivista della parrocchia, della quale peraltro siamo accusati di pubblicare non avendo reference come Nature, dicendo NOI DI NATURE NON SIAMO SPECIALISTI! (e scusate l’upper case).
    Ma allora quando e’ un dramma siete specialisti e quando si dimostra che proprio cosi’ non e’non lo siete piu’?
    Mi darete atto che e’ un curioso atteggiamento nella comunicazione del trovato della scienza?
    Non ci viene in mente che il dibattito scientifico del quale la scienza si nutre cosi’ vengo tragicamente strangolato?
    Non ci da’ un sentore da grande distribuzione, 3×2, questo modo di essere rivista scientifica?
    Giuro domande senza pruriti particolari perche’ nel mio caso, come co-autore, non e’ che un Nature mi cambi la carriera.
    Teo
    PS: e giuro di avere apprezzato moltissimo tutti i commenti ricevuti, se questa particolare fase della scienza fosse caratterizzata dall’approccio dimostrato dagli amici del blog mi sentirei piu’ sollevato

    • Achab

      Come “scusante” per Nature posso solo trovare il fatto che mentre l’articolo di Steig aveva il respiro dell’analisi di un’ampia regione, il vostro riguarda molto specificatamente la tecnica dell’analisi dati.
      Comunque a me non sembra che l’artcolo di Steig sia un urlo alla catastrofe. Mi sembra piuttosto che abbia un’impatto limitato su quello che è il disegno globale dell’AGW.

    • Guardi che se Steig respirava un’ampia regione, noi, che abbiamo usato gli stessi dati, abbiamo pure noi respirato un’ampia regione.
      Ecco, questo mi sembra un commento pretestuoso.

      Ovviamente l’impatto non è limitato e probabilmente lei non ha seguito nel passato la discussione sull’Antartide che, diciamo così, rappresenta il tallone di Achille dell’ipotesi AGW.
      Se anche l’Antartide si allinea, il collasso della calotta glaciale occidentale, per quanto ancora incredibile, almeno avrebbe una presa maggiore tra i meno informati.

    • Achab

      Quando lei confonde l’impatto dell’articolo di Steig nell’opinione pubblica meno informata con la scienza e per giunta supponendo una mia carenza di informazione con la stessa arroganza che lei critica a Monti ho poco da aggiungere. Senz’altro ottiene ciò che mi chiedeva, non continuerò questa inutile discussione.

    • Giovanni Pellegrini

      Non sono molto d’accordo con la sua analisi, anche se capisco perfettamente il suo punto di vista. Mi è capitata una cosa simile. Ho spedito un paio di anni fa una articolo a Physical Review Letter, e questa è stata la risposta di uno dei referee:

      “The authors report on MMG/GMM simulations of Ag/Au nanocluster
      systems as those reported before in [18,19]. While those simulations
      are certainly interesting for specialists in the field the results
      seem to lack both the broad interest and novel physics aspects to
      warrant publication in PRL.[…]”

      una risposta simile dunque: interessante per specialisti, quindi nel campo dell’ottica plasmonica, ma non di interesse cosi’ vasto per essere pubblicato su PRL. Ritengo che la situazione sia assolutamente analoga. Risultato: seguendo quanto detto dal referee l’articolo è stato mandato ad un’altra rivista (ottima), specialistica quindi di ottica, ed è stato accettato:

      http://www.opticsinfobase.org/abstract.cfm?URI=oe-15-16-10097

      Mi sembra che ci siano delle forti analogie. E il fatto che si suggerisca la rivista specializzata, sembra indicare che il commento non è di un interesse tanto vasto da giustificare la pubblicazione su nature. Si può sindacare ciò, anch’io ho visto su PRL articoli che giudicavo molto peggiori e di interesse minore del mio, ma non c’è molto da fare, capita. Non penso quindi che si possa invocare una decisione politica da parte di Nature.
      Aspetto sinceramente, e con ansia, di vedere il vostro articolo pubblicato. Se i risultati sono significativi, riceverà certamente l’attenzione che merita.

      Cordiali Saluti.

  11. MeteoGeek

    Ringrazio Mezzasalma e CM per le occasioni di approfondimento che ci forniscono ogni volta. Mi rendo conto che in Italia questo sito sia davvero sempre più unico.

    Detto ciò (ed è doveroso), un pochino sorrido. Ricordo ancora bene il tono un po’ sbruffonesco di qualcuno quando richiedeva di vedere questi benedetti lavori non pubblicati da Nature, ricordo ancora come fosse ieri il tono un po’ canzonatorio di chi diceva che brucia tantissimo vedersi rifiutato il proprio paper (come se Mezzasalma et al. essendo fatti di pura cibernetica non fossero già al corrente di queste sensazioni umane). Derisione e sfottò, ormai noto che alcuni vanno avanti così. Ma ora che i nostri hanno pubblicato quanto richiesto, no, loro ora spostano l’attenzione altrove…

    Scusate, ma un pochino sorrido.

    M.G.

    • Giovanni Pellegrini

      Spero non ci si riferisca a me in questo commento, ma temo di si, dal momento che:

      1) Avevo espresso il desiderio e la curiosità di vedere il lavoro e la risposta di Nature
      2) Ho detto che so che brucia vedersi il proprio lavoro respinto

      Nel caso in cui ci si rivolgesse a me, e comunque per chiarire, cerco di rispondere, come ho sempre fatto, con spirito costruttivo.

      Riguardo il primo punto, esprimevo semplicemente un desiderio, ed ero curioso di vedere il lavoro, perchè so, riguardo però ad altri campi, quali sono gli alti standar qualitativi che richiede nature per vedere pubblicato un lavoro…il tono non era assolutamente sbruffonesco, ma capisco che le parole scritte diano adito a malintesi.

      Per il secondo punto, il tono non era canzonatorio. Avendo io visto respinti dei miei lavori, so quanto brutto possa essere, e so anche che è difficile essere del tutto obiettivi nella valutazione.

      tutto qua

      Cordiali saluti

  12. Achab

    Finchè si parla in generale è un conto; rispondere su un caso specifico senza averne le competenze nè conoscendo l’articolo in oggetto sarebbe presuntuoso da parte nostra. E pretestuoso chiederlo.

    • Nessuno la costringe a niente.
      Le sono stati dati gli strumenti per informarsi e partecipare.
      Se non ha niente da dire o non vuole, era meglio da parte sua astenersi.
      Una frecciatina velenosa, invece, è meglio, no?

    • Achab

      Non mi sembra di aver detto di essremi sentito costretto e comunque l’informazione, cioè l’articolo, non ci è stata data.
      Quando si posta in un blog con i commenti aperti immagino ci si aspetti che arrivino ed invitare ad astenersi è un non senso.

      La mia frecciatina, come la chiama lei, era un riferimento ad un altro post in questo stesso blog dove era già stato criticato Nature. Questa ripetizione dove la “vittima” è il curatore del blog e altri ammessi a postare qui è, a mio avviso, un pretesto soggettivo per dimostrare l’assunto della persecuzione politica.

    • Ovviamente non è vero che l’informazione non è stata data: è stato dato un sunto (di parte?) dell’articolo di Steig ed è stato fornito il riferimento. Che altro vuole, la Luna?
      Se, semplicemente, vuole il pdf dell’articolo, perchè, semplicemente, non fare la richiesta? Sarebbe tutto così semplicemente cortese e simpatico.

      Appunto, in un blog ci si aspettano commenti. Il suo era un commento? O una dichiarazione di negazione ad un commento per presunzione di uno e per pretesto dell’altro. Spero che almeno parliamo la stessa lingua!

      Lei si dichiara incompetente sulla questione e si nega la partecipazione per una questione morale, per non voler essere presuntuoso.
      Eppure ha già scovato la vittima, il pretesto ed il persecutore. Uauh!

    • Achab

      Ovviamente è vero che l’informazione non è stata data. Evidentemente abbiamo un cocentto diverso di informazione scientifica. L’articolo di Steig l’ho letto, il vostro non è ancora disponibile.
      Il mio _era_ un commento; poi certo, lei è signore e padrone delle sue idee è può facilmente definirlo come un non-commento, faccia lei. Io penso che la sua sia una non-risposta, preferisce la polemica alla discussione (“Eppure ha già scovato la vittima, il pretesto ed il persecutore. Uauh!”); ma su questo non la seguo.

  13. Giovanni Pellegrini

    Innanzitutto chiedo un chiarimento. Mi pare che la risposta di Nature venga dall’editore, e non dai reviewer. Lo chiedo perchè in un altro post si parlava di un articolo respinto nonostante il parere positivo dei referee, ma essendoci due lavori in ballo, penso che il parere dei referee non si riferisse al lavoro indicato da questo post.

    Mi sento di dire, senza voler offendere ovviamente nessuno, e con spirito costruttivo, che la risposta di Nature non è per nulla politica. Mi pare al contrario piuttosto trasparente. Vengono indicati quattro criteri per la pubblicazione, ed il contributo a detta dell’editore ne soddisfa apparentemente solo uno. Su questo si può discutere, e tante volte ho brontolato pure io per un articolo respinto, ma è sempre meglio rimboccarsi le maniche e fare un lavoro migliore. E comunque, rifacendomi sempre alla mia esperienza personale, limitata visto che pubblico da poco, posso dire che alcuni dei miei articoli sono stati respinti con motivazioni molto più sospette e farraginose, se non respinti senza alcuna motivazione.

    E’ comune che riviste ad alto impact factor (nature ha IF=30), compiano un pre-screening editoriale, che a me personalmente non piace, ma così funziona ora. Se può consolare altre riviste, come nanoletters (IF=10), respingono senza dare alcuna motivazione nel giro di tre ore.

    Ad onore degli autori va ascritto il fatto di aver mandato l’articolo ad un’altra rivista, e mi auguro vivamente di vederlo al più presto pubblicato. E’ questo il modo di lavorare. In relazione a questo fatto, è uscito oggi un interessante post su RealClimate, proprio sull’articolo criticato da Mariani e Georgiadis. Il post è molto istruttivo, ed anche le posizioni dell’autore, tutt’altro che partigiane, sono molto costruttive.

    Mi permetto di chiedere poi agli autori: Perché non postare l’articolo su arxiv (sono molto curioso di vederlo, lo confesso)? Assumendo che venga comunque al più presto pubblicato dopo peer-review, comunque sarebbe accessibile a tutti, conservando le garanzie sulla proprietà dei risultati.

    Cordiali Saluti

    • Sì è così, quello con il parere positivo dei reviewer è un altro articolo.

      Per quanto riguarda i quattro criteri per pubblicare su Nature, nella risposta dell’editor non è scritto quanti criteri abbiamo o meno soddisfatto.
      E’ scritto che dei quattro punti di discontinuità individuati, abbiamo provato a fornire una risposta causale solo per uno.

      Sono d’accordo che vedersi respingere un articolo provoca sempre un po’ di malumore. Però, se la conclusione di Steig era quella di un trend lineare in cinquant’anni, l’aver trovato uno scalino negli anni ’60 (o ’94) non confuta ipso facto la loro conclusione?

      Ci era già balenata l’idea di arxiv e la sua richiesta serve da stimolo ulteriore.

    • Giovanni Pellegrini

      Chiedo scusa, avevo letto male la risposta, confondendo i 4 punti richiesti da Nature con le 4 serie temporali. Mi pare comunque che l’editore ritenga però esplicitamente che almeno il primo punto dei 4 richiesti (main conclusions of the published paper are challenged) non sia soddisfatto: “does not question the central conclusions of the paper (that of overall continental warming)”. Non saprei dire per gli altri tre criteri richiesti a questo punto.

      Ovviamente si può non essere soddisfatti o d’accordo, infatti lei cita il discorso del trend lineare. L’editor non è di questa opinione, e non ha accettato il commento, ma questo accade tutti i giorni in tutte le riviste scientifiche.

      Ribadisco quindi, sempre con spirito costruttivo, che secondo la mia opinione il rifiuto di Nature non ha nulla di polico. Vi auguro di vedere il vostro articolo al più presto pubblicato (è sempre bello vedere pubblicato il proprio lavoro), e mi auguro egoisticamente di vederlo al più presto su arxiv.

      Cordiali Saluti

    • In effetti con questo intervento su Climate Monitor, noi (io?) stiamo chiedendo qualcosa in più.
      Stante i fatti così come li ho descritti in questo pezzo, l’opinione nostra e l’opinione dell’editor, voi lettori, oltre a prender atto dei fatti e delle opinioni, potete pronunciarvi e dirci se la nostra opinione è sbagliata?

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